giovedì 31 luglio 2014

Tonara, la corsa dei quattro rioni.

Tonara, luogo lontano dal tempo, con i suoi vicoli stretti, le tradizioni gastronomiche perfezionate nei secoli, l'aria pulita e tersa “di una volta”, l'ospitalità antica. Com'è andata? Molto bene! C'era un'ottima pecora in umido … ah, e poi ho battuto Teo per l'ultimo premio di categoria. Il buffettaro e il sacchettaro sono entrambi soddisfatti di questa trasferta.
Per fare meno strada in macchina, sabato pomeriggio ho lasciato la borsa a Teo e, dopo aver parcheggiato a Nurallao, ho percorso in bici la bellissima strada che attraversando Laconi e Aritzo, foreste e montagne, sorgenti fresche e abbondanti, in poco più di 50 km porta a Tonara. Francesco mi è venuto incontro per fare insieme gli ultimi km. Fra venerdì e sabato aveva già percorso più di 200 km di bici ma è gentile e instancabile. A Tonara troviamo già una bella compagnia: Nino, Betty, Carlo Alberto, Alessandra e Antonello, Teo e Manu e Checco, il padrone di casa. Altri amici ci raggiungeranno la mattina dopo.
Hanno tutti delle buone scuse per la gara di domani. Francesco dichiara che arriverà ultimo, Alessandra rilancia dicendo che non crede di arrivare, Teo zoppica vistosamente e afferma che forse non partirà neanche. Io li ascolto e mi godo in silenzio il mio prolasso. Le stelle sono talmente tante che si uniscono in strisce di luce e la notte ci porta dolcemente al mattino della gara.

Mi bastano pochi minuti di corsa per capire che per me non sarà una grande giornata. In salita mi superano in molti, anche chi di solito mi resta rispettosamente dietro onorando il mio passato di atleta decentissimo. Le mie ambizioni si erano ridotte a raggiungere il buffet. Se non ché, durante una breve salita poco dopo il terzo km, Teo, magicamente non più zoppicante, mi supera dicendo: “non ne ho più voglia, sai?” Trattengo a fatica un “allora ritirati” ma una nuova, forte motivazione ora mi sprona. Come faccio a farmi battere da Teo, zoppo, svogliato e della mia stessa categoria? In gara eravamo un centinaio ma per me c'erano solo due posizioni: prima di Teo o dopo Teo. Ricomincia la discesa, mi butto giù e lo supero. Dura poco però; sento il suo fiato sul collo e appena la strada ricomincia a salire, mi passa di nuovo. Penso che sia finita. Ci aspettano 3 km di salita in cui potrebbe staccarmi definitivamente. Tirando fuori gli artigli del predatore, aumento leggermente la respirazione e riesco a mantenere la mia preda ad una cinquantina di metri. Il fiato ora è il mio e il collo è il suo. Le tracce di saliva sull'asfalto sono le mie. Prima della fine della salita lo raggiungo ma appena lo supero lo sento ringhiare e capisco che ora la preda sono io. Finalmente arriva la discesa. È l'ultimo chilometro e allungo un po'. Mi giro, è ancora lì. “Non ce la faccio più”, dice, ma non c'è da fidarsi, bisogna infierire. Allungo ancora e finalmente si stacca.
Grazie Teo, bellissima sfida.

Dopo pranzo, il tempo di un caffè offerto da uno sconosciuto, segno di un'ospitalità antica, lascio la borsa a Francesco, faccio ancora qualche respiro profondo per gustarmi appieno l'aria fresca e asciutta, rimonto in bici e ritorno per la bellissima strada che attraversando Laconi e Aritzo, foreste e montagne, sorgenti fresche e abbondanti, in poco più di 50 km porta a Nurallao, alla mia macchina. Sulla panchina riconosco gli stessi vecchietti del pomeriggio prima, seduti nella stessa posizione.

Forse il tempo da queste parti si è davvero fermato.  

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