martedì 31 maggio 2016

La cento chilometri del tagliatore

Senza voler linciare nessuno, per pura curiosità, mi sono chiesto: chi sono i tagliatori e perché lo fanno?

Uno è stato visto scendere di nascosto dalla macchina.
Ecco l'identikit:

69 anni
campano
qualificato come “professore” ma semi-analfabeta,
ex arbitro di calcio,
242 amici su FB.
Ha “finito” 10 volte il passatore.
Tapascione

Forse potrebbe averlo fatto in un momento di offuscamento dovuto alla stanchezza? No. Era tutto programmato. I tempi parziali, visibili nell'ultima colonna delle tabelle riportate, dimostrano come abbia tagliato per almeno tre volte negli stessi tratti nel 2014:

2015:




e 2016:


Un aiutino prima di Borgo San Lorenzo – è lì che è stato beccato – e poi, anno dopo anno sempre più spudoratamente per tutta la discesa. Ecco quello che scrive questo "professore" su FB: "Un grazie di cuore a tutti voi amici e grandi ma lo sport è anche sacrificio sofferenza nessuno ti da niente però poi grande gioia le ho avute ieri con l'arbitro di calcio oggi con il podismo amatoriale auguro a tutti voi grandi su ccessi che superano i miei ancora grazie mille ma grandi tutti." Professore? Ummmm. Forse qui abbiamo le attenuanti: semi infermità mentale.

La tecnica. Aspettare la notte, salire sulla macchina di un assistente poi scendere e riprendere a correre. Ripetere se necessario.

È un caso isolato? No, mi è bastato spulciare i tempi intermedi dei primi cinque di categoria per trovarne subito un altro, anche lui recidivo. Ecco l'identikit:

62 anni
campano.
Professore” anche lui.
Ha “finito” 4 volte il passatore
Buon atleta.

Nel 2015 ha avuto un momento di particolare forma fra Marradi e San Cassiano, dove ha fatto segnare il 36o miglior tempo. Ci avremmo potuto anche credere, se l'anno dopo non si fosse lasciato prendere la mano. 2015:



2016:


Ecco cosa scrive:
Carissimi amici,i vostri complimenti mi fanno tornare indietro negli anni,mi fanno sentire più giovane.Affrontare una 100 km è davvero una grande battaglia, una conquista di se stessi, una sofferenza che sembra di non aver mai fine, ma quando tagli il traguardo, indipendentemente dal tempo, puoi solo piangere per la gioia di avercela fatta. GRAZIE INFINITE, sperando di condividere le mie stesse emozioni assieme a voi alla prossima 100 km.” 

Li abbiamo beccati. Sono i “professori” campani ultrasessantenni quelli che tagliano. Ma aspetta, forse non sono i soli. Per esempio nel tratto fra Marradi e San Cassiano, il nostro tagliatore numero 2, andando a 3'37 al chilometro, è riuscito a fare solo il secondo tempo di frazione. C'è un altro che è andato più veloce di lui e non è certo Calcaterra!

Eccolo qui, trovato. Sempre fra i primi 5 di categoria

70 anni
friulano
finisher 32 volte!!!!

Le prime 30 potrebbero essere “pulite” ma le ultime 2 senza dubbio no. Vediamo i dati:

2014:

2016:


anche lui, dopo un primo anno di prova, ci prova gusto, insiste ed esagera.
Movente? Forse confermare la propria leggenda di inarrestabile.

Ci sarebbe poi anche l'ottantenne romano che dopo 21 arrivi onesti, e 90 chilometri del 22o passatore, cede alla stanchezza ma decide di tagliare lo stesso il traguardo. A quell'età si torna bambini.

Anche per lui, con umana pietà, gli intermedi del 2016. Negli anni precedenti sembra pulito.


Conclusioni.

Chi sono? Per lo più insospettabili anziani maschi pronti a vendere l'onore per un articolo sul gazzettino del quartiere. Sono sacchettari della peggior specie e collezionisti di medaglie rubate.
Perché lo fanno? Non provano vergogna? Evidentemente no. Sono quasi tutti tagliatori seriali per cui è chiaro che hanno provato gusto. Probabilmente si stimano così poco che un complimento di chicchessia su FB vale più di un'autocritica.
Come si può evitare? Controllando i parziali si potrebbero squalificare a posteriori quelli palesemente truccati ma i tagliatori più accorti troverebbero il modo di farla franca. La soluzione migliore sarebbe vietare l'assistenza esterna: tutti i tagliatori hanno dei complici che li trasportano in auto ed eliminando le macchine si risolverebbe il problema. Inoltre si ridurrebbe drasticamente il fastidiosissimo e pericoloso traffico automobilistico e si tornerebbe a respirare l'aria pulita dell'appennino.

domenica 29 maggio 2016

Il passatore in poltrona

Con la mano sinistra tengo il cavo dell'alimentatore attaccato al computer, altrimenti non fa contatto. È caldo, quasi scotta ma, visto che la batteria si scarica in 10 minuti, posso permettermi solo brevi pause per sventolare la mano. “È consigliabile sostituire la batteria mi dice. “Io ti cambierei tutto”, replico. Insomma, si fatica anche qui in poltrona, davanti allo schermo del PC.
Provo a vedere i passaggi a Borgo San Lorenzo, al 31o chilometro, dopo i saliscendi sulle belle colline toscane. È solo l' “inizio” ma 31 chilometri con una salita e una discesa lasciano il segno. Prima di Borgo San Lorenzo si cerca di non sentire la stanchezza, sarebbe troppo presto. Solo dopo, quando inizia la vera salita, si ha il diritto di sentire la fatica ed è un sollievo. Il sito live della sdam si aggiorna ad ogni nuovo passaggio e mi impedisce di scorrere all'indietro l'elenco degli arrivi per cercare gli amici. Decido allora di aspettarli al passo della Colla, alla fine della lunga salita: clic e sono su. Giorgio Calcaterra è già passato da un pezzo, in prima posizione, e, mentre guardo scorrere i nomi, con la mano sinistra sempre agganciata all'alimentatore, ricordo i bei boschi appenninici e la sensazione di fare un'impresa correndo su per quella strada in salita e un po' mi manca. Ecco Massimo, in 4h13 e subito dopo Luca e Giordano. È un ottimo tempo, anche se Massimo potrebbe fare anche meglio. Immagino che sia andato “tranquillo” per prudenza, evitando così le crisi degli anni precedenti. In 4h27 passa Francesco. È un fenomeno, considerato che ha corso un ironman solo sette giorni prima. Mi attardo un po' ai mille metri della Colla, fra il bar, la folla, il tendone del cambio, il pullman dei ritirati, aspettando di vedere se arrivano altri amici, poi, con un altro clic, vado ad aspettarli a Marradi, al sessantacinquesimo. Finalmente inizia la discesa. Ma è una discesa bastarda che pesta sulle gambe già martoriate da 50 chilometri di asfalto. Ricordo che la bellezza del paesaggio era solo un palliativo per i miei muscoli dolenti e i miei sogni di gloria che andavano a sbattere contro una realtà di sofferenza. La luce che calava inesorabile, come una metafora naturale, e gli inutili massaggi dopo l'arrivo in paese. Per fortuna quest'anno sono qui, in poltrona. Sono sicuro che a loro vada meglio. Ed ecco infatti Massimo, regolarissimo, in 5h41, seguito ancora a ruota da Luca. Giordano invece non arriva, sconfitto dalla strada. Dopo un quarto d'ora arriva anche Francesco, e cala la notte. L'unica volta che sono ripartito da Marradi, ho dovuto camminare per 4 chilometri prima di trovare il coraggio di ricominciare a pugnalarmi le cosce correndo. Mai più, avevo promesso, ed era stata promessa giusta di uomo saggio. E intanto, invece, Massimo, Luca e Francesco avanzano, senza fermarsi, continuando a correre. Arrivano anche a San Cassiano e poi a Brisighella, a 12 chilometri dall'arrivo. Massimo è il più veloce ed è ormai 20 minuti avanti a Luca e 40 avanti a Francesco. Io ero arrivato a Brisighella camminando ed ero ripartito dopo altri massaggi senza più riuscire a correre. Quei 12 chilometri mancanti li avevo percorsi in 2 ore e mezza. Quanta sofferenza in quei chilometri, quante domande senza risposta; il tempo si era fermato: lì all'inferno la sofferenza non ha fine. Sembra strano ma il tempo passa più veloce stando qui a guardare i nomi che scorrono sul monitor che a far scorrere pesantissimi pezzi d'asfalto sotto i piedi doloranti. Ecco Massimo, è arrivato a Faenza in 8h50, 27o assoluto. Immagino la sua soddisfazione: finalmente quest'anno è riuscito a ottenere un risultato degno di lui e della passione che ha per questa gara. Dopo mezz'ora arriva anche il bravissimo Luca. Ricordo il mio arrivo: Finalmente entro in piazza. Uno del pubblico mi affianca e mi esorta, mi dice “vai, vai!” “sto già andando”, rispondo. Non vuole capire che sto già facendo il mio sprint. Ecchecazzo, non si vede? Sto sfiorando i 6 km all'ora. Spingendomi, mi fa quasi venire un crampo, poi capisce e mi lascia tranquillo. Rispondo alle esortazioni della folla con un bel sorriso e un gesto di ringraziamento, porto il dito alla tempia con due tocchetti e poi lo allargo con un giro ad indicare tutti. Siamo tutti pazzi. Tutti pazzi.
Ricordo poi la palestra, bolgia di dannati della corsa condannati, per il contrappasso, ad una rigidità che li obbliga a muoversi come bradipi. Ma c'è una folle euforia che pervade quel posto; quella distesa di corpi distrutti non è completamente immobile ma brulica di piccoli movimenti e di sussurrii; sono quasi tutti svegli, ancora sotto l'effetto delle chilate di endorfine che li hanno portati fin lì. Si resiste a quel sonno che porterebbe al domani, facendo terminare questo giorno speciale. Mai più. Ma se solo trovassi una soluzione per proteggere i quadricipiti dal massacro potrei riprovarci. Ho un anno di tempo, a partire da adesso: via!
A mezzanotte passata, arriva anche Francesco, in 9h39: un gigante.

Come sono stanco, mi devo proprio alzare dalla poltrona per sdraiarmi nel letto.

mercoledì 25 maggio 2016

Annunciato referendum per l'abrogazione della legge di gravitazione universale.

La legge di gravitazione universale è anticostituzionale”, sostengono i promotori del referendum, “in quanto discriminatoria nei confronti di chi è sovrappeso. In particolare, ove afferma che: ogni punto materiale attrae ogni altro punto materiale con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse, fa riferimento a condizioni personali (la massa dell'individuo) in aperto e palese contrasto coll'articolo 3 della costituzione italiana che recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
In parole povere, i cittadini italiani non sarebbero tutti uguali davanti alla legge di gravitazione ma discriminati a seconda del peso.
In caso di vittoria del sì, le risorse per l'attuazione di misure idonee potrebbero venire dal turismo:
L'Italia sarebbe la prima nazione a liberarsi dal fardello di questa legge ingiusta e ci aspettiamo un grande afflusso di grandi mangiatori, stomaci di ferro, culi di piombo e portafogli pesanti.”

La parola agli elettori.

lunedì 23 maggio 2016

Clamoroso!!!

Clamoroso! La stagione che sta arrivando si preannuncia, dal punto di vista meteorologico, come la più normale da 150 anni a questa parte. Questa eccezionale normalità metterà in crisi buona parte dei siti e blog allarmistici e delle fabbriche di punti esclamativi con conseguenze potenzialmente catastrofiche sull'economia mondiale. Sicuramente gli extraterrestri ne approfitteranno!!!!!

lunedì 16 maggio 2016

Maratona di Cagliari: la mia piccola sfida

Foto Gianluca Zuddas
Dopo alcuni mesi in cui i miei chilometraggi di allenamento settimanale non hanno mai raggiunto i 50 km, nei 9 giorni che hanno preceduto la maratona ho corso un centinaio di chilometri di cui 65 intorno al ritmo maratona – fra 4'00 e 4'30 al km; ho superato una crisi ai polpacci che mi obbligava ad attaccarmi alla ringhiera per scendere le scale; ho usato 5 paia diverse di scarpe riesumando per l'occasione anche le gloriose “lunaracer 3” che dopo aver corso il passatore, due ironman, maratone e molto altro, ormai giacevano senza lacci in attesa di un degno pensionamento; ho organizzato il “big saturday” delle “scarparie”, girando, per otto volte, intorno al campo sportivo e cambiando scarpe ad ogni giro. Le vecchie lunaracer si sono piazzate prime come comfort ma seconde come sensazione di reattività, superate nella finalissima all'ultimo giro da un chilometro, dalle “lunar speed” molto più nuove ma già con squarci nella tomaia. Niente da fare neanche questa volta per le brooks e le adidas.
Tutto questo faceva parte dei precetti che il velleitario mi aveva suggerito (link) per provare a vincere la mia grande sfida: preparare in 9 giorni una maratona sotto le 3 ore.

Quando mi alzo le gambe sono ancora indolenzite. Era inevitabile e non me ne preoccupo troppo. La pancia borbotta qualcosa e l'azzittisco con una seduta formidabile. Dopo un caffelatte con miele e qualche biscotto, alle 7:30 si parte per il capoluogo. Incontro Massimo, il pacemaker delle 3 ore; andrò con lui o, almeno, ci proverò. Dopo un breve riscaldamento ci si mette in griglia. Tutti pronti ma non si parte. Ci sono problemi sul percorso e si aspetterà un'ora prima che siano risolti e quest'attesa imprevista cambierà le mie prospettive. Incontro, infatti, Marco, reduce – decimo assoluto e primo italiano – dalla Marathon des Sables, e mi faccio raccontare della sua esperienza. Riesco così ad assaporare, senza neanche un granello di sabbia fra le dita dei piedi, un assaggio di quell'incredibile esperienza, e, con la sua storia appassionante, mi fa intuire come, uscendo completamente al di fuori della propria zona di comfort, si aprano mondi e si scoprano risorse inimmaginabili.
Foto Gavino Sole
Intanto però ci saranno le piccole sofferenze e i piccoli disagi di oggi. Finalmente si parte e piano piano mi avvicino a Massimo che lancia richiami animaleschi per radunare il suo gregge.
Il vento alza bruscolini che si infilano negli occhi e penso alla sabbia del deserto che si infila dappertutto a manciate, anche nel naso, fino a non far sentire più nessun odore se non quello di integratori che dopo qualche giorno, impregna indelebilmente pelle e vestiti. La mia piccola sfida, al confronto, è un'inezia. Via via il nostro gruppo si assottiglia. Anche Francesco, ottimo maratoneta della mia categoria ma oggi in crisi di motivazioni, si lascia staccare e, intorno al trentesimo chilometro, restiamo in due. Massimo non mi vuole perdere – per un pacemaker arrivare da soli è un insuccesso – e concentra tutte le sue attenzioni su di me. “Vuoi bere?” Mi prende l'acqua; “gasata o naturale?” Mi chiede. “Non ci sarebbe un caffè?” Se insistessi andrebbe davvero al bar a prendermelo. Approfitto spudoratamente della sua disponibilità, lasciandomi servire e trascinare. Il vento contrario si fa sentire e mentre cerco riparo dietro Massimo, i suoi palloncini mi sbattono in faccia; sono morbidi, non come le sferzate di sabbia del deserto. È mezzogiorno passato e fa caldo ma non è certo il caldo secco del deserto che ti prosciuga in pochi chilometri quando hai finito la scorta d'acqua. Sento le energie calare e prendo la confezione di gel che ho conservato nelle mutande, non comodissima ma sempre meglio di uno zaino da otto chili.
Foto Arnaldo Aru
Le gambe sono sempre più rigide; per seguire Massimo, devo lottare contro la stanchezza ma, per fortuna, ieri notte ho dormito in un comodo letto e non per terra in una tenda di beduini cercando di appoggiare la testa dove le pietre sono meno appuntite e stanotte ritroverò ancora il mio comodo letto.

Dopo il trentaseiesimo chilometro, a causa dello scarso allenamento, soffro anche le piccole salite e i cavalcavia. Non sono certo dune alte 50 metri ma mi costringono a rallentare l'andatura e Massimo, paziente, mi aspetta e continua a spronarmi. Ormai è fatta, abbiamo un buon margine per chiudere sotto le tre ore. Vorrei rallentare ulteriormente ma Massimo non me lo permette. Non voglio deluderlo e, soffrendo, cerco di resistere. Finalmente ecco l'arco dell'arrivo: il cronometro scandisce 2h58'52. La mia piccola sfida è vinta. Forse, altre, più serie, seguiranno.
Foto Giorgio Piras

giovedì 12 maggio 2016

Svelato, finalmente, il programma di allenamento di 9 giorni per scendere sotto le tre ore in maratona.

Ranieri si è rifiutato categoricamente di aiutarmi:Non posso accettare sfide che non abbiano almeno una probabilità su 5000 di riuscita”.
Donati mi ha liquidato: A te non servirebbe un allenatore ma un mago”.

Non mi resta che frugare in internet, alla ricerca del millantatore giusto. Sentiamo che mi dice il mago velleitario”: Non ha senso fare il recupero se non hai un carico da recuperare: sarebbe come bere birra da un boccale vuoto.
Il mio dolore ai polpacci, in effetti, non è dovuto ad un eccesso di carico ma solo a mancanza di allenamento specifico. Questo ne capisce davvero!
Venerdì hai fatto il lungo?
Domenica corsa lunga a cazzeggio con supercompensazione di carboidrati etilici?
Bene. Sei a buon punto ma non basta ancora. Non stare ad ascoltare i polpacci che parlano con lingua biforcuta. Se vuoi provarci davvero, non ti resta che prendere dosi massicce di ergonomia a ritmo maratona aumentato del 3% (iva inclusa). Reintegra mischiando in un boccale maltodestrine con maltosinistrine e luppoline fino ad ottenere una bevanda spumeggiante.
Ecco il programma.
Martedì, mercoledì e giovedì 10km al dì a 4'05-4'10, lontano dai pasti, dopo un buon riscaldamento. Poi stretching e birra.
Venerdì mezza dose, (non di birra, mi raccomando) con allunghi finali.
Sabato recupero con doppia seduta al bagno e doppia birra.
Domenica, se sarai sopravvissuto, maratona in 2h59'59”99 e quattro birre”.

Così parlò; questo volevo sentire e questo farò.

lunedì 9 maggio 2016

La preparazione per la maratona continua a sa Crabarissa.

Il piede è un appoggio. Si distingue dal sedere perché è più piccolo ed inutilmente complicato. E' infatti pieno di atavismi, retaggi fossili di un passato ormai lontano. Ci sono le dita, con cui non solo non si riesce a prendere niente, ma è anche difficile suonare il piano o comporre un numero di cellulare. Per non parlare delle unghie, il cui unico scopo è diventare blu quando si corre troppo. A noi corridori, basterebbe una base morbida, un sederino con due cuscinetti su cui appoggiare il peso ammortizzando l'impatto col suolo ... .
I tecnici della “Hoka” devono avere letto queste mie parole e hanno concepito le loro scarpe come morbide natiche che trasformano i piedi dei clienti in semplici e morbidi sederi: quando le calzi, correre è come stare seduto e ti puoi quasi dimenticare di avere i piedi. Dopo il lungo di venerdì, i polpacci ridotti come polpette avevano bisogno di essere dimenticati per almeno un altro giorno e ho deciso di correre con le Hoka. Il ritmo tranquillo, mi ha consentito di dimenticare anche cosce e articolazioni e, come in poltrona, concentrarmi sulla bellezza dei paesaggi. Vado, con lo sguardo, a frugare fra il susseguirsi di rocce che emergono maestose dal bosco finché come una visione compare lei, magnifica e dolente, scolpita dal soffio di un vento cubista, artista visionario, paziente e perfezionista che in millenni ha modellato il suo capolavoro: la maestosa “crabarissa”, la ragazza di Cabras pietrificata dalla leggenda.

Incantato, rischiavo di trasformarmi in zucca e di scordarmi la preparazione per la maratona. Per fortuna però, negli ultimi 4 chilometri, la forza di gravità della discesa o forse il magnetismo dell'aspettativa mi attirano, al ritmo esatto della maratona, verso il banchetto. È qui che si svela il senso della vita: scambio calorico portentoso, metabolismo accelerato, vita intensa. Sono entrato nel bellissimo gruppo di famiglia di Caterina per la porta principale, quella della sala da pranzo.


Malloreddus e riso, agnello e cinghiale, concorso di vini rossi artigianali, varietà infinite di dolci; dopo caffè, ammazzacaffè e secondo ammazzacaffè, non senza una certa esitazione, ho avuto il coraggio di dire no ad una ciambellina. E questa è la forza mentale che mi servirà ad arrivare in fondo alla maratona (o forse era puro istinto di sopravvivenza)
Grazie a Gavino Sole per le foto