domenica 30 giugno 2019

Sputi – La verità vera sulla “sea-watch”

L'affaire sea-watch è un teatrino degno del grand guignol. C'è il capitano che dà bastonate alla capitana, ci sono arlecchino, pulcinella, i carabinieri e le motovedette dei finanzieri e se le danno tutti di santa ragione. Il pubblico è lì che guarda appassionato; parteggia, urla, sbraita, insulta, tira pietre e pomodori marci.
Fuori dal teatrino, intanto c'è l'invasione. Centinaia di piccole imbarcazioni approfittano del fatto che tutte le motovedette sono al teatrino per sbarcare indisturbate orde di africani, che si aggirano per il palco, neri, lontani dai riflettori, senza che nessuno li noti. Neanche questa è la realtà. Il teatrino, infatti, è installato sul palco del grande teatro dell'opera dove sta andando in scena lo spettacolo dell'invasione barbarica.
Intanto, fuori dal teatro, due magnati della finanza stanno discutendo fra di loro. “Cosa ne facciamo degli italiani? Docili consumatori o produttori schiavi?” “Non vedi che sono tutti a teatro? Facciamone produttori schiavi che non se ne accorgono neanche”.

martedì 25 giugno 2019

Capo mannu trail running – Il giorno più lungo.

Foto di Nicola Dessì
Domenica 23 giugno, il sole sorge alle 5:58 e tramonta alle 21:00. È il giorno più lungo dell'anno e voglio celebrarlo seguendo l'astro nel suo tragitto da est verso ovest, dall'alba al crepuscolo.
Nelle ore centrali della giornata, il sole sfiora lo zenit e le ombre si ritirano riparandosi sotto alberi e case lasciando il dominio del territorio ai raggi infuocati del sole; a quell'ora, per evitare la pioggia di fotoni pesanti conviene fare come i gatti e collassare su un divano a fare le fusa con in mano una birra ghiacciata. Per correre, è molto meglio uscire la mattina presto o la sera al tramonto o, perché no, ad entrambi gli orari.
Sveglia alle 5:15. La gara parte alle 19:30 ma la preparazione è più lunga del solito. Inseguo il sole verso est e, quando sbuca dai monti, il parabrezza sembra un muro di fuoco. Al semaforo della 554, tiro fuori il braccio dal finestrino per spremere la borraccia sul vetro; aziono il tergicristallo e finalmente lo vedo, già bello brillante: benvenuto sole! Alle 6:30 sono già alla casermetta del parco dei sette fratelli per un allenamento di riscaldamento. Ho risposto ad un invito di Alessia senza sapere chi altro ci fosse e ritrovo molti amici, Checco, Nicola, Efisio e Silvia reduci dal barbagia crossing e altri ancora, tutti invitati da Alessia, ognuno ignaro della presenza degli altri ma Alessia non c'è. Lo scherzo dura poco, Alessia arriva e si parte per un bellissimo giro di 21 km intorno alle cime dei sette fratelli, fra boschi avvolgenti, ciliegie dolcissime, spettacoli di equilibrismo rupestre e panorami immensi appena offuscati da finissimi vapori acquei.

Torno a casa per pranzo ma ho poco tempo per fare il gatto. Il sole si sta già dirigendo verso ovest e lo devo seguire. Alle 16, con Bruno e Claudia, ci accomodiamo sul martello pneumatico di Bruno, direzione Putzu Idu, località balneare sulla costa occidentale della Sardegna. Il mare piatto fresco e trasparente mi invita, irresistibile, ad una bella ma breve nuotata. Non c'è molto tempo, fra poco si parte. Gianni ha ascoltato il mio invito alla prudenza: partire alle 19:30 anziché alle 19:45 consentirà di rischiare meno di perdere atleti nella notte. Gianni avrebbe voluto sincronizzare il momento del tramonto con il passaggio degli atleti sulla scogliera di capo mannu per massimizzare l'impatto visivo. Partendo 15 minuti prima, la sincronia perfetta capiterà solo a noi della coda del gruppo. Poco male, anzi, molto bene. La prospettiva di partire lungo la spiaggia si infrange su un labirinto di ombrelloni e teli di mare e si parte puntuali ma sull'asfalto del lungomare. Dopo il primo km si ripassa in prossimità della partenza e mi informano che ci sono 2 atlete che sono partite in ritardo. Vado loro incontro e ci avviamo di corsa molto leggera sul percorso di gara, ben segnato e presidiato. Dopo circa 3 km di campagna pianeggiante, inizia il “salitone” alla torre. Poco più di un km di salita per oltre 40 metri di dislivello; pendenza media 4% massima 6%. Qui nelle retrovie, sembra di scalare il monte bianco. Ai 30 metri di quota la prima crisi. Non abbiamo le bombole e il respiro si fa affannoso. Siamo costretti a rallentare. “Si sale ancora?” “Sì”. Oltre la curva, si scorge la vetta, ormai vicina e riusciamo ad arrivare quasi vivi al ristoro, su, in cima. La gara corta entra ora nel percorso di rientro della lunga sul quale stanno già arrivando i primi e lascio le mie signore al loro destino, per fare le pulizie sul percorso lungo, inseguendo l'altra scopa Damaso e i suoi ultimi.
Ora sono solo e riparto relativamente veloce, abbastanza almeno da apprezzare il gusto della corsa nella natura, su un fondo che cambia in continuazione: si passa dalla terra soda dei sentieri che esalta l'elasticità del piede, alla sabbia fine e asciutta delle dune che invece assorbe ogni tentativo di rimbalzo, lo sterrato delle strade, le rocce della scogliera, la sabbia bagnata della spiaggia che cambia consistenza fra un'onda e la successiva, e il divertimento è assicurato. Al ristoro successivo vedo Damaso poco avanti. Mi fermo 5 minuti a chiacchierare con i volontari e quando riparto ho ancora da correre. Ora comincia il bello, con il percorso che segue gli alti e bassi della linea di costa su sentierini che si insinuano fra spiaggette e scogliere, sfiorandone il bordo. Sulla nostra destra, vicinissimo, il mare e il sole sempre più basso che colora il cielo. Li raggiungo di nuovo al ristoro successivo. Altra breve sosta, breve inseguimento e i miei 5 km di corsa libera sono finiti. Siamo in leggero ritardo per la perfetta sincronia del tramonto alla torre di Capo Mannu ma è facile accontentarsi della magnifica scogliera. Nel momento in cui il sole sta sparendo dietro all'orizzonte, dopo aver lasciato sfilare Damaso e Alessandro, mi sono rivolto verso il sole per il rito del “saluto”. Un bel respiro profondo e la vescica si rilassa accompagnata dal fruscio delle goccioline sulle foglie di cisto; sullo sfondo, la fantasia di colori creata dal sole mentre s'immerge nel tirreno. Il sole è onorato di questo mio omaggio: gli ho dedicato un momento di sollievo, di libertà, di vita intensa.
Dopo c'è ancora la luce che piano piano cala, portandosi via prima i colori e poi le forme delle cose, l'arrivo, la “solita” bella festa, le solite birre, il rientro a casa, stanco ma con quel leggero senso di ebbrezza, sazietà e completezza che somiglia molto all'essere felice. Il sole ora è sotto i piedi e per inseguirlo devo coricarmi. È stato il giorno più lungo ma sono riuscito a riempirlo tutto.

lunedì 17 giugno 2019

Attraversando la barbagia

Quando Gianni mi ha invitato al Barbagia Crossing, avevo già intenzione di partecipare. Volevo provare la formula particolare di questa manifestazione: 103 km di percorso, una traccia e 4 punti base presidiati con possibilità di mangiare e dormire. Nient'altro. Nessuna segnatura, frecce, tempi massimi, o altro. Si viaggia dentro l'idea di due visionari, Gianni e Alessandro con una formula che riduce al minimo i vincoli. Il resto è libertà, di tempo e di spazio. Non ho nessun ruolo, sono scopa di me stesso e mi posso godere, in piena libertà, il viaggio attraverso un territorio che conosco poco e che promette molto. La traccia gps sarà integrata da tracce mentali devianti che mi porteranno più volte ad immergermi in acque freschissime o ad arrampicarmi su rocce spettacolari.
Dopo aver seguito per qualche minuto i primi ed essermi poi attardato con gli ultimi, correndo in discesa raggiungo Checco e Nicola diventando la 12esima pecora del loro gregge.
Poi, all'improvviso, resto solo col sapore di libertà che si prova lasciando la via maestra per inseguire tracce mentali; cambio anche sport, nuotando per 300 metri lungo un bellissimo canyon che risale sinuosamente il flumendosa fra rocce chiare fino ad arrivare ad una rapida per poi rientrare sempre a nuoto fino ad avere mal di braccia. Mezz'ora di libertà, di “devo vedere cosa c'è dietro quell'ansa”, di sorpresa continua ed entusiasmante, di perfetta solitudine, di parentesi freschissima in una giornata molto calda. Oltre alla meraviglia, il lungo bagno abbassa la temperatura corporea a valori ottimali, consentendomi di affrontare la salita successiva con maggior vigore.
Dopo pranzo, birra e caffè al check point di Gadoni, la digestione pesa e non mi va di correre; mi unisco a Paolo che viaggia col suo passo regolare, lo zaino enorme e un nugolo di mosche intorno alla testa. Ogni tanto una delle sue mosche viene da me ma gliela rendo subito: “scusa Paolo, questa mosca è tua” e se la riprende. Dopo aver risalito insieme un bel ruscello canterino, entriamo nel parco di texile. Le tracce mentali mi portano a lasciare Paolo per arrampicarmi sul magnifico tacco per poi inseguirlo prima che mi si scarichi completamente il gps e con lui rientriamo a Belvì verso le 18 con i primi 40 km fatti e una camera prenotata per la notte.
Mettersi a sedere al tavolo di un bar di Belvì è pericoloso. L'ospitalità barbaricina si mischia alla generosità degli amici e non si resta a bocca asciutta ma, al contrario, con tante bottiglie asciutte e il ventre colmo. Il mio apparato digerente va in affanno e quella notte soffrirò mal di pancia e la seguente mi sveglierò per vomitare. La prossima volta dovrò allenare meglio lo stomaco con sedute di peristalsi in palestra.
Per fortuna l'assenza di vincoli temporali mi consente di dormire più a lungo. Considero la sveglia un nemico della libertà e il letto mi accoglie ben oltre le 5 del mattino, ora in cui sono già tutti in piedi.
Riparto per ultimo per poi alternare magnifica solitudine con splendida compagnia; corro, aspetto e corro ancora. Conquisto la cresta del monte e poi me la godo, viaggiando con lo sguardo fra panorami immensi, mucche e cavalli semibradi con vitelli e puledri. Incontro alberi monumentali, a cui assegnerei nome e cognome tanto sono particolari e unici. Per esempio, quell'albero isolato che suona come un orologio svizzero non è “una sughera” ma “la maestosa sughera del cuculo”; è unica e se la vuoi conoscere, la trovi lì e non altrove.
Il percorso è lineare e per non perdersi basta controllare la traccia ai bivi e ricontrollarla 50 metri dopo per assicurarsi di averla interpretata bene. Si può procedere rilassati, senza bisogno di guardare in continuazione l'orologio o di unirsi a branchi al seguito di maschi alfa. Solo nei paesi i bivi sono molti e le difficoltà aumentano. Quando entro a Meana sono solo e mi viene qualche dubbio di aver mancato il check point ma poi lo trovo, quasi all'uscita del paese, accogliente come tutti gli altri. Nei check points si trova cibo in abbondanza e belle facce note, Alessandro, Gianni, Elio, Anita, Sebastiano, …, a cui si uniscono poi Ivan e Claudio, che hanno finito la loro gara e sono lì ad aiutare. Anch'io mi unisco a quel bello spirito collettivo andando al bar a comprare birre per gli amici appena arrivati, per poi bere quelle offerte dagli altri.
Al contrario di quello che succede ai podisti normali, ogni tanto sono costretto a correre perché non ce la faccio più a camminare. Dopo l'ennesima bella sosta alla sorgente freschissima di su zurru de uatzo, le gambe sono rigide e i piedi indolenziti ma dopo poche centinaia di metri di corsa, i dolori passano completamente, come se non ci fossero stati i 90 km delle ultime 30 ore. Non voglio fermarmi più, imposto una corsa leggerissima e mi tiene compagnia Silvia. Ancora un bel bosco fresco, un passaggio attraverso un gregge con maremmani che ci abbaiano minacciosi ma si tengono lontani dal mio ringhio, una salita con pendenze letali, un noce incredibilmente bello, anzi “il noce”, proprio lui, quello con i gomiti dei rami poggiati mollemente a terra; insomma gli ultimi 10 km di “piscia piscia” come li aveva definiti Gianni, ricchissimi anche loro di contenuti e si arriva al termine di questo meraviglioso viaggio.

Avanti così. Nuove idee visionarie per armonizzare sport e territorio nel modo più naturale e semplice possibile, grazie anche alla tecnologia che consente di smaterializzare la plastica della segnaletica riducendola a pochi kbyte di memoria in una microsd. Avanti così, pronti per partire dai check points con solo 1000 millilitri d'acqua, 1000 milliampere-ora di carica e la testa piena di libertà.

martedì 11 giugno 2019

Cosa non si farebbe per un pranzo gratis!

Su invito di un amico, ho scritto un raccontino per un contest su facebook. In palio un pettorale gratis e un pranzo per 2 persone. “È un ambiente di sportivi, quindi ci si mette in gioco e vinca il migliore” pensavo ma non avendo ancora mai partecipato ad un concorso su FB, non immaginavo che mi aspettasse una discesa agli inferi!
Sul mio diario ho scritto:
Su invito di un amico, ho scritto un raccontino per un contest. Lo trovate, insieme a quelli concorrenti, al link qui sotto. Per votare basta mettere un "like" all'immagine contenente il racconto. Siccome, almeno in teoria, dovrebbe vincere il racconto migliore e non quello il cui autore ha più amici su FB, vi invito a leggere anche gli altri e a votare il migliore”. Con un po' di ipocrisia, confidavo che trovassero migliore il mio o che lo scegliessero a prescindere.
Quando ho visto che uno dei concorrenti aveva molti più “like”, sono andato a vedere cosa avesse scritto su FB:
Votatemi mettendo un like sotto il mio racconto”.
Secco. E i contenuti? Non dovrebbe vincere il migliore? Ci ho riflettuto un po' e il giorno dopo l'ho superato dal basso con un post ironico:
Adesso basta con i buonismi, se no rischio di fare servizio scopa anche al contest trailletterario.
C'è in palio un pranzo non posso farmi superare così, senza combattere. Ci sono i conchiglioni ripieni, cacchio. E' partita la salivazione e devo andare velocemente fino in fondo altrimenti rischio di inondare la tastiera.
Fate vedere che amici siete, aiutatemi a conquistare l'agognata seada: andate al link qui sotto, cliccate sul mio racconto e votatelo. Non state a leggerlo, non serve a niente o, se proprio volete, leggetelo ma PRIMA di leggerlo mettete il like che magari poi vi fa schifo. Spammate, condividete e, se vinciamo, uno di voi, sarà estratto a sorte per accompagnarmi al pranzo. Maialetto arrosto, mica scherzi! Si mangia bene, si mangia tanto, si mangia tutti! E' una promessa elettorale, badate bene. Votate votate votate!

Anche se era evidentemente scherzoso, mi sentivo di avere venduto l'anima per il pranzo gratis. Ma la mia anima non ha un grande valore di mercato. Giusto una ventina di “like” o poco più.
Mezz'ora dopo, sul diario FB dello stesso concorrente compare il seguente messaggio:
Il mio post sarcastico era stato plagiato e trasformato in uno pseudo-simpatico con tutte le faccine! Sono rimasto sbalordito. Uno che vuole vincere un concorso “letterario” e che, per di più, si definisce sportivo, si riduce a copiare i messaggi di un concorrente! Peggio di me!
Ho smesso di lottare. Ero già troppo in basso e non potevo scendere oltre, neanche per un pranzo gratis. Ho votato il suo racconto e tutti gli altri tranne il mio e sono rimasto a bocca aperta a guardare la stupefacente guerra che infiammava le pagine di FB. Cosa non si farebbe per un pranzo gratis!
I racconti? Nonostante non avessero la minima rilevanza per l'esito del contest, li ho letti tutti. Io avrei votato il mio, non perché fosse scritto meglio degli altri ma perché l'ho scritto a mio gusto, sintetico e con un minimo di struttura narrativa. Ce n'era un altro scritto decisamente meglio, che forse avrebbe meritato la vittoria ma un po' piatto per i miei gusti. Forse, al terzo posto, avrei messo quello dell'amico plagiatore. Raccontino un po' banale ma arricchito da qualche bella immagine poetica che riesce a far perdonare persino banalità tipo: “vado veloce a tratti sotto i cinque minuti a Km”. O forse no. Per esempio: “Ci si arrampica in fila indiana tutti colorati su uno sfondo di verde brillante e tutte le sfumature di colori di una primavera esplosa” è una bella immagine poetica, peccato però che quella mattina il cielo fosse coperto da una spessa coltre di nubi e pioggia e foschia rendessero tutto grigio e spento. “La primavera non c'entra un cazzo”, avevo scritto io, più prosaicamente. Dove avesse visto tutto quel fulgore primaverile è un mistero. Si era fumato qualcosa? Ecco, vedete? Mi è scappata l'invidia perché ha vinto e, maledizione, i conchiglioni ripieni li mangerà lui.
Bon appetit!
Verde brillante? Foto di Nicola Dessì

domenica 9 giugno 2019

Riu Alinu – La prudenza può essere troppa

Foto di Andrea Mentasti
Un mesetto fa, Priamo mi ha detto che gli sarebbe piaciuto celebrare l'anniversario dell'uscita in cui si era rotto il malleolo ritornando sul posto dell'incidente, alle cascate di riu alinu. Mi è sembrata una bella idea, sia perché è un periodo in cui c'è molta acqua e le cascate si presentano belle prosperose, sia per ricordare l'incidente affrontando lo stesso rischio con maggiore consapevolezza. Con maggiore prudenza, quindi, ma non troppa: la troppa prudenza ci avrebbe lasciati a casa. Dopo un sabato di esplorazione, il percorso è deciso. Partono gli inviti fb, compro birra e anguria e, all'insegna della prudenza, preparo 30 metri di corda, 5 chili di prudenza che porterò sulle mie spalle e che non useremo mai.
La mattina, appena sveglio, vedo un lampo. Piove ma non mi preoccupo troppo. Smetterà. Forse era un presagio; la notizia brutta, infatti, mi arriva poco dopo. Il malleolo di Priamo, che avremmo dovuto festeggiare, rimarrà a casa a causa di una congestione dell'organismo ospite. Oltre all'osso festeggiato e il simpaticissimo gigante che lo ospita, ci mancherà anche il comodo fuoristrada di Priamo.
Al ritrovo siamo 16 e 3 ajomen stanno arrivando da Pula. Siamo 19 con solo 3 auto che possano risalire i 7 km di strada sterrata. Grazie all'inventiva e adattabilità di Nicola, scopriamo che si può viaggiare comodamente anche in 7 su un doblò.
Foto di Andrea
Si parte. Dopo 5 km di strada, prevalentemente in salita, siamo abbastanza caldi e pronti per una bella rinfrescata. Il “bordo vasca” di riu alinu è peggio del poetto a ferragosto. Non si sa dove stendere il telo. Siamo solo noi ma riusciamo a riempirlo completamente. Si torna ragazzi con tuffi e urla di gioia ed emozione che scaturiscono a contatto con l'acqua gelida. L'unico che si comporta da adulto è il mio ragazzo che, in posizione defilata con la sua felpina, si distingue dalla massa seminuda.
foto di Andrea
Scendiamo poi alla cascata inferiore, lungo la scarpata in cui 12 mesi fa era avvenuto l'incidente. Un pietrone, smosso da sopra, rotola, prende velocità e lo vedo volare ad altezza d'uomo. Lancio un urlo e abbiamo il tempo di controllare che non ci venga addosso; forse avremo fatto in tempo anche a schivarlo. Buon anniversario malleolo!
La cascata inferiore alimenta un bel laghetto immerso nel verde. Più giù, emerge la pura roccia, dove il torrente ha scavato una serie di canali e piscine naturali. È magnifico ma guardare non mi basta più. Vorrei vivere, sentire, immergermi completamente in quella bellezza e percepirla anche con la pelle, con i recettori epidermici del corpo intero. Sarebbe bello tuffarsi in tutte ma quelle più giù non offrono un'evidente via di risalita e a malincuore rinviamo l'immersione ad una prossima escursione.
Foto di Andrea

Si ridiscende allora su tracce di sentiero che seguono il torrente, fino all'ultima pozza dove, come da programma, si fermano tutti mentre, in tre scendiamo all'auto a prendere birra e anguria per tutti. Intanto, anche chi, come Nello, aveva, per prudenza, rinunciato a scendere alle cascate, ha modo di fare una tranquillissima doccia, in tutta sicurezza, sotto la cascatella.
Foto di Bruno Di Paola
Dopo un picnic di lusso, si rientra alle auto e si riparte verso casa.
Mentre supero un fuoristrada che procede lentamente sulla sterrata, sento il suo motore che accelera per non farsi sorpassare. Il conducente mi guarda con un gran sorriso: “Dai, procediamo così, affiancati fino a giù!” Mi dice. Non colgo la sfida, siamo in 8 sul doblò e non siamo abbastanza ubriachi, non come loro, almeno. Rallento e lo lascio passare; in fondo stiamo celebrando la prudenza, stiamo rientrando a casa e ora non c'è motivo alcuno per prendere dei rischi. Buon malleolo, Priamo!