domenica 29 marzo 2015

L'ultimo trail di Capoterra

“Belli questi due trail di Capoterra!”
“Due? Ti riferisci ai due anelli? Ma il trail era uno solo”
“No, due: il primo e l'ultimo”
Il primo trail è coinciso stranamente anche con l'ultimo. Ed è durato 200 metri. Dopodiché, un nastro messo di traverso l'ha fatto finire.
Chi è stato? Quel nastro era messo troppo bene. Ci voleva un software e un centro di calcolo dedicato per trovare il punto più strategico per creare il massimo del caos. Sabotaggio? La bandierina bianca e rossa sventolava a rivendicare l'azione. Forse è quella dell'isis?
Niente di tragico, anzi, molto più vicino al comico con atleti che correvano in tutte le direzioni per le strade e i sentieri della comunità montana. “Io ho fatto il secondo anello ora dovrei fare il primo” “a me mancano 2 chilometri, ne ho fatti 9 invece di 11, dove devo andare?” Molto divertente, un vero caos! 150 dispersi. Che risate al cimitero! Chi ha organizzato questa pagliacciata?
Dopo aver smontato il palco con i miei compagni di squadra, ci siamo salutati per andare via ma non ho acceso il motore. Quando gli altri sono partiti, sono sceso dalla macchina e mi sono incamminato verso il campo gara per togliere i nastri. Ho scelto il secondo anello perché è quello che sale in alto e mi avrebbe permesso di stare un po' solo a riflettere immerso nella natura. Togliendo un nastro si è staccato un rametto, e ho portato le foglioline alle labbra come per chiedere scusa. Per scusarmi davvero, come un bambino dopo una marachella, avrei dovuto dire pubblicamente “Non lo faccio più, ve lo prometto. State tranquilli, non vi faccio più nessun trail, questo è l'ultimo”.
Stavo pensando a questo, quando ho notato due panchine a lato della strada e mi sono ricordato che qualche ora prima un amico mi aveva parlato di un sentierino che scendeva in corrispondenza delle panchine. Mi sono affacciato e l'ho visto: bello pulito, liscio. Ho iniziato a corricchiare; alternava tratti ripidi in discesa ad altri pianeggianti. Le gambe ridevano e pensavo: se questo sentiero andasse a sbucare lì dove penso io … dopo un'ultima ripida rampa, sono uscito proprio dove mi aspettavo. L'amarezza di poco prima si è trasformata in entusiasmo. Sarebbe un raccordo perfetto per raggiungere il sentierino di cresta! Piacerebbe moltissimo a tutti! Non vedo l'ora di condividerlo!

Fatemene fare un altro, solo un altro, l'ultimo trail di Capoterra, poi, vi giuro che non ne faccio più!     

domenica 22 marzo 2015

Il gusto particolare dell'ultima volta

Le prime volte sono eccitanti, hanno un gusto forte, nuovo e sorprendente, leggermente asprigno e piccante.
Dopo i primi cinquant'anni, le “prime volte” cominciano a scarseggiare. I secondi cinquanta si popolano di “ultime volte”. Invece di imparare, si disimpara o, più semplicemente, passa la voglia o, ancora più semplicemente, finisce il tempo.
Anche le ultime volte hanno un gusto particolare, complesso, con un retrogusto amarognolo ma, in fondo, piacevole che ce le fa godere di più.
Facendo girare al contrario il nastro della vita, le ultime volte diventano prime anche se il suono sembra diverso: parte smorzato e finisce di colpo. La prima è netta, l'ultima è sfumata e a volte si ripete con l'eco. Quante ultime sigarette sono state fumate o quante verginità riacquistate?
Comunque sia, quest'anno andrò a correre il passatore consapevole che sarà l'ultima volta. Quando affronterò quella lunga salita, in qualsiasi condizione, fatica, caldo, freddo … passerò ogni paese, ogni tornante, ogni maledetto chilometro con la consapevolezza del fatto che non accadrà mai più. Il sollievo dell'ultimo giro si mischierà a quel pizzico di tristezza che sempre accompagna gli addii, ma la nostalgia non mi toglierà un bel sorriso di liberazione. E, se ci arriverò, sarà la prima e ultima volta che correrò nel silenzio della notte fra le lucciole dei corridori e quelle degli insetti, e al piccante della prima si unirà l'amarognolo dell'ultima in un tripudio di sapori.
Non vedo l'ora.

L'ultima.

giovedì 19 marzo 2015

Legalità


Finalmente, in Italia, primi segni di ritorno alla legalità. Il 29 marzo l'ora tornerà legale e a tutti i cittadini verrà restituita la refurtiva: la luce della sera.

lunedì 16 marzo 2015

Ultratraill dei cervi

Quando penso a “soldi spesi bene”, non posso non pensare alla vaselina. Con un tubetto da un euro, si possono risparmiare decine di ore di sofferenza. E la “non sofferenza”, per chi soffre, è pura goduria. Decine di ore di goduria: sapreste spendere meglio un euro?
Questo pensierino mi serve per introdurre il trail dei cervi, corso ieri mattina. Si parla infatti di sfregamenti di parti delicate, corse lunghe, ultratrail, sofferenza e di soldi spesi bene. Ultratrail per un pelo, perché supera i fatidici 42196 solo di qualche centinaio di metri ma se consideriamo anche i 4 km in verticale, 2 a salire e 2 a scendere, direi che merita in pieno il superlativo. Vero gambe?

La settimana scorsa, alla gran fondo del Sulcis, avevo avvertito Filippo Salaris che avrei fatto il percorso lungo e che quindi, se aveva paura di me, era meglio che si iscrivesse al corto. Non l'ha fatto ma in gara il suo timore era evidente. Scappava, l'ho visto bene. Aveva talmente paura di me che è arrivato mezz'ora prima.

Lasciamo andare Filippo e torniamo su questo pianeta. Si lotta per il secondo posto assoluto e primo fra gli umani.

Dopo 2, 3 chilometri sono terzo. Salaris è già sparito oltre i mutevoli orizzonti, Francesco Puddu è invece vicino, va alla mia stessa velocità e lo seguo a 50-100 metri. Mi avevano promesso pioggia e mi ritrovo fradicio ma del mio stesso sudore. Mi devo fermare per togliere la giacca. Forse avrei dovuto fermarmi prima, che tutti quei sali persi mi avrebbero fatto comodo nel finale. Durante la sosta mi superano Enrico Zaccheddu e Stefano Gervasoni. Eccoci qua. È contro questi amici che farò la corsa per il secondo posto. Forzando un po' il passo torno terzo e, dopo qualche chilometro di lentissimo avvicinamento, supero anche Francesco e mi ritrovo solo al secondo posto. Sono a un quarto di gara e avverto già qualche segno di stanchezza; non so se riuscirò ad arrivare in fondo ma intanto me la godo. Controllo il passo per non strafare e sto attento a non perdermi. Non ho orologio e il solo riferimento che ho è quel poco che mi ricordo del roadbook.
Al km 15. Foto di Antonio Cuccu
Dopo una bella e lunga discesa, ecco finalmente il pittoresco villaggio di San Gregorio; so di essere al 15esimo km. Al ristoro mi fermo a mangiare un mostacciolo e riparto. Si ricomincia a salire. Ogni tanto mi volto senza vedere nessuno. Arrivo ai bei sentieri del parco dei sette fratelli. La stanchezza aumenta ma ora il percorso è davvero piacevole e più di metà è alle mie spalle. Tutto bene … o quasi. Intorno al venticinquesimo chilometro, arrivo ad un trivio di strade sterrate e non vedo nessun segno. Mi fermo. Guardo bene, niente. Allargo le braccia e dico una parolaccia. Proseguo per una cinquantina di metri lungo la strada più bassa ma non vedo niente. Torno indietro e aspetto. Sono stanco e demoralizzato, non voglio correre a caso rischiando di stancarmi inutilmente. Dopo qualche minuto arrivano Stefano ed Enrico. Neanche loro conoscono la strada. Ne percorriamo una che sale senza trovare segni, torniamo indietro e ripartiamo piano piano per quella che avevo provato per prima. Finalmente, un centinaio di metri più in là, vedo una fettuccia di segnalazione per terra. La leghiamo su un albero e ripartiamo. In quei pochi minuti ho perso il vantaggio e l'ottimismo. Le gambe sono stanche e i miei compagni sembrano freschi. Il piacere della compagnia però compensa la delusione agonistica. Poco dopo inizia la parte più tecnica. Il percorso è tracciato sul fianco di un monte, seguendo passaggi naturali fra macchia e rocce; sono davanti e forzo l'andatura per non intralciare gli altri e, perché no, per provarne la tenuta. Mi seguono come veri amici. Solo nel tratto più ripido Stefano si lascia staccare e resto solo con Enrico. Dopo un bellissimo tratto di corsa libera con passaggi sotto rocce spettacolari e accanto ad un nuraghe, si torna sulla strada. All'ultimo ristoro, mi fermo a mangiare un biscotto mentre Enrico prosegue. Dopo una breve rincorsa lungo una facile discesa, lo raggiungo e continuo col mio passo. Non mi segue. Sono di nuovo solo al secondo posto, mancano poco più di dieci km e sono quasi tutti in discesa.
Arrivo sofferente. Foto di Antonio Cuccu
Sembra perfetto ma qualcosa di strano succede nel mio fisico. I muscoli si stanno ribellando! Io gli dico di fare una cosa e loro ne fanno un'altra, contraendosi a caso! Sembra la “corsa stocastica” che avevo teorizzato per ridurre la velocità di un fattore radice di due. Dieci chilometri non sono tanti ma con l'anarchia muscolare diventano 14. Accorcio i passi e rallento cercando di riprendere il controllo. Basta però una piccola variazione di pendenza, un appoggio sbagliato o un passo troppo lungo per provocare contrazioni dolorose a cosce e polpacci. Intanto ciuccio dal camelback sperando, con un po' di sali, di ripristinare la catena di controllo neuromuscolare. Raggiungo un compromesso con le parti in rivolta ottenendo il minimo sindacale. Ecco i termini dell'accordo: per i cinquantenni, rivendicano, sono previsti passetti lunghi non oltre 70 cm, velocità non superiore ai 10 chilometri orari e salita al passo. Insomma, è sciopero bianco. Il traguardo non è lontano ma con tutti questi vincoli sindacali, si avvicina troppo lentamente. Infatti, quando manca poco più di un chilometro all'arrivo, sento rumori dietro. Mi volto e vedo arrivare Stefano come un falco. Sta scendendo davvero veloce e non posso fare altro che spostarmi per lasciarlo passare. Mi distraggo un attimo e inciampo su una pietra. Per non cadere devo fare un brusco movimento che mi provoca un crampo grosso. Mi devo fermare per scioglierlo ma riesco comunque a ripartire e conservare il terzo posto fino all'arrivo. Enrico arriva poco dopo. Peccato: senza i miei errori di abbigliamento e quell'incrocio non segnato, quasi sicuramente sarei arrivato secondo. Ma sono contento. L'accoglienza è davvero bella e festosa e poi è podio. Un bel podio, perché quasi tutti gli atleti sardi più forti sono qui. E fra loro c'è anche un anziano velleitario canuto.
Un canuto sul podio, foto di Tore Orrù

sabato 14 marzo 2015

Scioglilingue a penzoloni

Pigre contro pigre contro pigreco
Oggi è il giorno della P, il 3/14, giorno in onore del numero irrazionale più famoso.

Quarantatre quentintarantini ...
Domani sarà il giorno della Q, il 3/15, l'irrazionale giorno dell'onore.
Quarantatre chilometrini … tutti e quarantatre trotterellando

giovedì 12 marzo 2015

Gran fondo del Sulcis A/R. Non spingete, scappiamo anche noi!

R
A Pantaleo stanno arrivando gli ultimi atleti. Il clima di festa si sta scaldando sotto un bel sole primaverile. Mi dispiace ripartire ma la gloria mi aspetta a Santa Lucia.
Francesco è partito da una mezz'oretta, Nello da pochi minuti. Dopo esser stato atteso a lungo, Efisio parte coi suoi passetti regolari senza aspettare nessuno. Io provo a seguirlo cercando di sollevare le mie gambe di legno; staccarle entrambe da terra imitando un'azione di corsa è un'impresa ma si scioglieranno, ne sono certo. Checco resta indietro 50 metri. Siamo allo sbando. Come un esercito in rotta ognuno va per conto suo. Ognuno con la sua gomma da raggiungere, il suo passatore da esorcizzare, il suo divano tentacolato che lo insegue. Provo a cucire le fila col filo da imbastire. Avanti e indietro, un dritto e un rovescio. Parto con Efisio, poi aspetto Checco, poi vado a raggiungere Nello. Faccio un po' di strada con lui; finisco gli argomenti di conversazione, lui il fiato e vado avanti al mio ritmo. Poi, al dodicesimo chilometro, mi fermo ad aspettare tutti. Sono a un bivio amletico. Da una parte la grigliata allestita dai miei compagni di squadra, dall'altra polvere e fatica. Mentre aspetto, Lello è lì; per 4 volte mi ha invitato ad andare con lui a banchettare e per 4 volte ho rifiutato. Ho la gloria bucata, la devo cambiare … si può essere più stupidi?

Efisio passa e va. Poco dopo arriva Checco scortato da Agnese in mtb. È molto stanco ma sempre sorridente e deciso a continuare. Riparto anche io. Da quel punto in avanti ho deciso di non aspettare più i miei compagni d'avventura e di correre gli ultimi 13 km col mio passo. Intanto, a Pantaleo, sono finite le premiazioni e molti atleti tornano in macchina passandoci accanto. Polvere amica. Un saluto, un incoraggiamento e una passata di polvere. La polvere non fa in tempo a depositarsi che passa un'altra auto. Ma va bene così. I disagi dovuti al traffico veicolare sono una componente del passatore e tanto vale farsi il callo al naso. Le gambe girano bene, assecondando la strada. Non c'è sofferenza. Il cambio di scarpe e la passata abbondante di vaselina hanno evitato che il continuo sfregamento di parti in movimento provocasse la consunzione di tessuti epidermici con i tipici disagi associati. Non ho messo la vaselina al cervello e un po' di consunzione lì c'è. La fatica aumenta progressivamente. Cerco di non guardare la strada, ne ho già vista abbastanza. Alzo lo sguardo agli alberi alle montagne e al cielo dietro, alla ricerca di una ragione, di una motivazione valida. In lontananza mi sembra di scorgere orizzonti di gloria. Guardo meglio. Che gloria c'è in questa fuga scomposta dai fantasmi della vecchiaia? Dai tentacoli del divano? Somiglia più a l'antieroismo cantato dai gufi. Non spingete, scappiamo anche noi!

lunedì 9 marzo 2015

Gran fondo del Sulcis A/R. L'andata è andata.

A
Foto di Gavino
L'andata è andata. Col freno inibitore tirato e la spia rossa accesa. Ad ogni passo mi stavo allontanando dalla meta finale. Posso? Non posso? Respiro ogni tre passi, va bene o è troppo? Posso affannarmi un po', almeno in salita? Ti prego! Quello è Samuel, posso forzare un po' per raggiungerlo? Mi fa sempre le feste quando lo supero … . Ma torniamo indietro nel tempo.
Appena sceso dall'auto mi fanno notare che ho una gomma a terra. Benissimo. L'obiettivo finale dei 50 km sarà arrivare qui a cambiare la gomma. Almeno ho un obiettivo pratico per giustificare polvere e fatica.
Uno sparo mi ha distolto dalle chiacchiere e, partendo dalle retrovie, ho passato i primi 5 km a superare, salutando gli amici e trascinandomene dietro qualcuno per un po'. Poi la situazione si è assestata e, fino al tredicesimo chilometro, ho corso in equilibrio dinamico con un gruppetto di 5 o 6 atleti fra cui Francesco, anche lui, come me, con in tasca il biglietto per il ritorno.
Tirando il gruppetto. Foto di Benedetto
Mantenendo il fiato costante per evitare l'affanno, in salita perdevo terreno e lo recuperavo nei tratti in pianura. Quando è arrivata la salita lunga però mi sono concesso il lusso di “respirare ogni 3” e in breve ho staccato tutti. Davanti avevo ancora una ventina di concorrenti, troppi per aspirare alla top-ten. La gomma da cambiare distava ancora poco meno di 40 km non valeva la pena ammazzarsi per qualche posizione. In discesa mi è bastato mollare un po' i freni per superare 4 concorrenti, anzi 5 perché Samuel l'ho superato 2 volte, e sono arrivato 17esimo assoluto e secondo di categoria con i muscoli solo leggermente massacrati.

In volo verso il traguardo "intermedio". Foto di Franco Manca
Mi sono cambiato, nutrito e ho aspettato i miei compagni di avventura per il rientro. Francesco voleva soffrire subito e non ha aspettato. Nello è partito prima di noi per prendere un po' di vantaggio. Dopo poco più di mezzora, gli acidi lattici avevano ormai fatto la crosticina riducendo le mie gambe come quelle di un tavolo in mogano e finalmente ripartiamo con Efisio e Checco, scortati da un angelo in MTB. La gloria ci aspetta … oh beh, volevo dire la gomma.

sabato 7 marzo 2015

Viva la bici!

Oggi, dopo 4 mesi, ho rimesso il sedere su un sellino, quello duro, spacca perineo, della mia bici da strada. È stata un'uscita breve, meno di 20 chilometri, ma piena di lati positivi.
  • Dopo solo 500 metri percorsi facendo piedino al pedale, ho capito che non mi riusciva l'aggancio perché avevo indosso le scarpe da mountain bike.
  • Sono riuscito ad andare senza rotelle! Guarda mamma come sono bravo!
  • Il maldiculo previsto, si è manifestato come stimolo a pedalare in “fuorisella” anche le salite del monte piffero e del colle piatto … ogni scusa era buona per alzarmi sui pedali.
  • Al rientro, quando mancavano poco più di 3 km a casa, ho bucato. Non avendo ancora smantellato l'allestimento della bici per il triathlon del Forte Village, avevo tutto il necessario: camera di ricambio in una borsetta e pompetta attaccata al telaio col nastro adesivo. Ho cambiato la camera d'aria e, mentre mi apprestavo a gonfiarla, mi sono reso conto che la valvola era troppo corta per il profilo della ruota anteriore ed era impossibile infilarci la pompa. A prima vista la valvola della camera posteriore sembrava lunga a sufficienza; ho provato allora ad invertire le due camere d'aria. Una volta tirate fuori e affiancate, mi sono reso conto che le due valvole erano identiche e lo scambio completamente inutile. Ho deciso allora di gonfiare la camera fuori e di rimetterla in sede sgonfiandola il meno possibile. Dopo oltre 20 minuti di traffici, via vai di copertoni, sono risalito in sella. La camera anteriore era quasi a terra. Mi sembrava impossibile pedalarci, si sentiva la strada sul cerchio, ma spostando il busto un po' indietro, poi ancora più indietro, il peso è andato quasi tutto sulla ruota posteriore; le mani non arrivavano più al manubrio – senza mani! Guarda mamma come sono bravo! – ma sono riuscito ad arrivare a casa senza cadere. Ero contento; mi sentivo fortunato pensando a cosa sarebbe successo se avessi bucato durante il triathlon del Forte Village!

Alla fine, ho fatto poco più di un decimo della frazione di bici dell'ironman in più di un'ora … ma era solo la prima uscita. Piano piano mi farò un bel callo perineale, imparerò a riconoscere le scarpe ancora prima di calzarle, mi procurerò camere d'aria superdotate che si inturgidiscono alla prima pompata e viaggerò veloce e lontano. Viva la bici!

Esito favorevole

In occasione delle elezioni per la rappresentanza sindacale del CRS4, ho fatto campagna elettorale porta a porta. Mercoledì sono passato per quasi tutti gli uffici, ricordando le elezioni del giorno dopo e chiedendo, per favore, di non votare per me. Quasi tutti mi guardavano strano. Molti con aria divertita, altri più seriamente. Ho cercato di spiegare come mi fossi trovato in quella situazione paradossale ma non era facile tacendo della dissociazione mentale. A quelli che sembravano più perplessi, ho promesso che avrei offerto un vassoio di paste in caso della mancata elezione. Mi sentivo un po' a disagio, lì in equilibrio sul filo del “voto di scambio”, e un po' divertito dall'assurdità della situazione.
Ecco com'è andata:
Carta Luca: 29
Schiaratura Omar: 22
Muggiri Michele: 21
Pieroni Enrico: 15
Pisani Lorenzo: 6
Risultano eletti: Carta Luca, Schiaratura Omar, Muggiri Michele


Non saprei dire se è stato un successo della mia campagna elettorale al contrario o se non mi avrebbe votato nessuno comunque. In ogni caso, le promesse elettorali si mantengono – o almeno è quello che penso io – e ieri ho portato un vassoio di paste per festeggiare l'esito favorevole delle elezioni.

giovedì 5 marzo 2015

Gran fondo del Sulcis A/R

“Solo andata o andata e ritorno?” “Andata e ritorno, grazie”

Domenica si va in gita a Santadi. Siccome si torna in giornata, conviene fare il biglietto di andata e ritorno: si fa la fila in biglietteria una volta sola e costa meno.

L'andata passa veloce piena di aspettative. Sarà la solita gara: la bellissima Gran Fondo del Sulcis, con i suoi 25 chilometri di strada sterrata immersa nella foresta, la salita a arcu su Schisorgiu e poi la picchiata verso Pantaleo, l'arrivo con la banda che suona … Riuscirò a trattenermi per conservare qualche fibra muscolare intatta per il ritorno? Difficile; impossibile se sentirò odore di podio. Il ritorno si nutre di ricordi. Sazi della giornata appena passata, la testa si piega piano piano fino ad appoggiarsi sulla tendina del finestrino. Saranno 25 chilometri corsi al rallentatore, con le macchine degli atleti che tornano alla base che ci passeranno accanto sollevando nuvole di polvere … quando arriva la mia fermata? Vesciche, senso di svuotamento; la testa si piegherà cercando l'appoggio della tendina ma i finestrini saranno tutti aperti. Altra polvere. L'aria è incondizionata. Le gambe continueranno a girare passo dopo passo sempre più stanche e dolenti. Devono girare: ho pagato il biglietto. Eccolo. Andata e ritorno.

domenica 1 marzo 2015

Mezza maratona del Giudicato di Oristano – Veni, vidi, WC

La sveglia è puntata alle 6.50 ma mi sveglio un quarto d'ora prima. Ho 15 minuti in più per cagare e ne voglio approfittare. Decido di farlo in 3 fasi separate: 1) la solita cagata del buon mattino 2) dopo il caffé 3) prima della gara. Alle 6.50, quando suona la sveglia del cellulare, ho già superato la fase 1) e sto bevendo il caffé per prepararmi alla fase 2). Sblocco il cellulare ma il trillo continua. Disattivo la sveglia ma quella continua a suonare. Allora abbasso il volume a zero, ma il volume resta immutato. I due neuroni svegli mi hanno suggerito di infilare il telefono in tasca e continuare a prepararmi facendo finta di non sentirlo. Dopo almeno 10 minuti, mentre sono in “fase 2”, finalmente il trillo continuo ha svegliato un terzo neurone, il quale mi urla di spegnere il telefono che vuole continuare a dormire. Non ci avevo pensato. Spengo il telefono e finalmente in casa torna il silenzio.
Esco di casa un po' in anticipo. In macchina, il piede sinistro diventa pesante e mi lancio a 130 sulla Carlo Felice sfidando i mitici autovelox. L'obiettivo è arrivare ad Oristano in tempo per la fase 3). Intanto ascolto l'allegra musica dei “black heart procession” e penso … mi torna in mente Giulio Cesare, la sua missione in Turchia, le cozze adulterate, la ricerca affannosa di un bagno e infine la famosa frase “veni, vidi, wc” (sono arrivato, mi son guardato in giro e ho trovato un wc). Siccome, all'epoca, non avevano ancora scoperto la vu doppia, Cesare l'aveva scritta male e gli storici l'hanno interpretata erroneamente.
Arrivato ad Oristano, ne ho ricalcato gloriosamente le gesta ma, per questa volta, vi risparmio i particolari; se siete davvero interessati al mio capolavoro, cercate “50 sfumature di marrone” in libreria e ne troverete dei pezzetti.

Ah, non ero andato ad Oristano solo per cagare. Si correva anche una mezza maratona, alla quale ho partecipato con la preparazione del tapascione ma col piglio del sacchettaro. Le aspettative, in termini di riscontri temporali erano scarse ma siccome premiavano i primi 5 della mia categoria di vecchietti, avevo qualche speranza. Ero senza cronometro ma un gentile podista di Sassari ogni chilometro mi aggiornava sui tempi parziali. I tempi si aggiravano sempre intorno ai 3'55 al km ma la sua voce era sempre più affannata, finché dopo il tredicesimo non l'ho più sentito. Nonostante la stanchezza e un fastidioso bruciore sotto il piede, ho cominciato a superare concorrenti stremati finendo stanco ma molto soddisfatto, migliorando anche leggermente i miei tempi dell'anno scorso. Ma più che i tempi conta il cestino: bello, rosso, carico di vivande. Mi ha fatto ripensare a quella storia di Giulio Cesare …