“Ora cosa faccio?” Sono le due del
pomeriggio e ho appena finito di scrivere un articolo a cui lavoravo
da quasi un mese. Fuori c'è un sole di quelli che la Sardegna
d'inverno ci regala spesso; l'aria è piacevolmente fresca. Mi
riaffiora un'idea che, in questo periodo, avevo già respinto altre
volte: “vado a provare quel sentiero”. Ingrandendo le immagini
satellitari, avevo notato una flebile linea che dall'ingresso del
Pinus Village, sulla statale sulcitana, porta alle antenne che sovrastano la
costa fra Chia e Santa Margherita. Poi, da lì, sembrava
ricongiungersi con la “strada romana”, ora trasformata in
sentiero costiero, che riporta verso le spiagge di Santa Margherita.
C'è qualche chilometrino da fare per arrivarci ma, a parte il
leggero mal di gambe residuo della corsa veloce di ieri, oggi sembra
la giornata ideale. Mi cambio alle docce ed esco con in mano una
bottiglietta di gatorade. Ed è subito sentiero. Tolgo l'antivento,
poi anche la maglietta e l'irraggiamento diretto sulla pelle con
l'aria fresca è una sensazione da brivido. Si sale per scavalcare
l'altopiano che sovrasta il litorale di Santa Margherita. Ed ecco il
mare in lontananza. Solo ora comincio a valutare il livello di
liquido nella bottiglia e a stimare i chilometri. Saranno almeno 25.
Un sentierino in sottobosco mi fa valicare e, uscendo dal lecceto, la
vista si apre sulle pendici del monte che digradano dolcemente fino
al mare, 500 metri più in basso. Imbocco la sterrata che con ripidi
tornanti, scende verso Ortuecciu. Vedo Chia ancora in lontananza; le
scarpe mi fanno vesciche sugli alluci, ma per il resto sto bene e
arrivo finalmente alle poche centinaia di metri d'asfalto che mi
portano al sentiero. Sono ormai quasi al quindicesimo chilometro e
valuto che, in totale, saranno forse una trentina. Trovo subito
l'imbocco e resto a bocca aperta: è un sentiero fantastico,
pulitissimo, che sale prima nella pineta per poi scoprirsi sempre più
panoramico e aereo. La salita si alleggerisce e il sentiero continua
a mezza costa verso le antenne. Le spiagge di Chia sono nascoste dal
verde della macchia che finisce direttamente nel blu del mare. Il
sentiero finisce nel punto previsto, e d'ora in poi è tutto
conosciuto: la bellissima “strada romana” fino alle acque celesti
della spiaggetta del pinus village e, oltre un ultimo promontorio
roccioso, la lunga spiaggia di Santa Margherita. Non resisto alla
tentazione e mi tolgo le scarpe per percorrere il chilometro e mezzo
di spiaggia con i piedi nudi sulla sabbia finissima, facendo schizzi
nell'acqua fresca. Sono arrivato al ventiduesimo chilometro e ne
mancano ancora una decina: oggi supererò i trenta. Uso un fazzoletto
di carta per togliere il grosso della sabbia dai piedi, ma è molto
appiccicosa e rimetto le calze sui piedi ancora bagnati e insabbiati.
Se i miei calcoli non sono sbagliati, dovrei sbucare sulla statale
proprio di fronte all'imbocco del sentiero che, scavalcando di nuovo
l'altopiano, mi riporterà alle docce. Sbaglio di poco, 200 metri, e
ricomincia la salita. Sono le quattro passate e non ho pranzato. Mi
resta poco meno di mezza bottiglia di gatorade e mi ricompenso con un
sorso. Il sentiero in salita è bellissimo ma lo ricordavo più agevole, o forse sono stanco.
Mi guardo intorno per cercare corbezzoli ma quest'inverno anomalo li
ha già fatti cadere tutti. Sono solo 500 metri di dislivello per
arrivare al valico; le gambe non stanno male ma mi sento vuoto. So che ce la farò ad arrivare ma, nei punti
più ripidi, devo spesso fermarmi a camminare per risparmiare energie
ed evitare crampi. Il dolore delle vesciche ormai è solo un rumore
di sottofondo: dopo quasi tre ore di corsa assolutamente solitaria
sono ormai un animale e penso a bisogni più primari. Ascolto torrenti che scorrono ma non riesco a vederli. Devo centellinare gli
ultimi sorsi di liquido e le ultime briciole di glicogeno nel sangue.
Arrivo così alla strada forestale che in sei chilometri, quasi tutti
in discesa, mi riporteranno nel mondo civile. Saranno trentaquattro
chilometri, ora lo so con precisione. Penso alle bustine di zucchero
che troverò accanto alla macchinetta del caffè e che berrò sciolte
in un bicchiere d'acqua. L'aria comincia a rinfrescarsi ma, con
queste zampe, sbrogliare l'antivento mi risulta molto complicato. Ne
vengo a capo e non mi resta che lasciarmi trascinare giù dalla
gravità. L'ultimo sorso diventa mezzo, poi un quarto … sono
all'ultimo chilometro e le gambe reggono ancora bene. Ce l'ho fatta.
Anche questa volta sono tornato.
domenica 21 febbraio 2016
martedì 9 febbraio 2016
Tanti auguri!
Domani sarà il mio compleanno e col
nuovo anno, si cambia.
La prima cosa che farò per festeggiare
sarà infatti cambiare la ruota della macchina.
Stasera, all'ultima curva prima di
arrivare a casa, per far passare un pullman, mi sono accostato troppo
al bordo strada e, con gran fragore, sono passato con la ruota
anteriore destra, sopra il gradino d'acciaio dei vicini. Il cerchio
si è deformato e un leggero soffio mi ha ricordato le candeline che
dovrò spegnere e la ruota che dovrò cambiare. Tanti auguri!
giovedì 4 febbraio 2016
Lezioni di atletica – Il salto in lungo.
A cosa serve saltare? Finché sulla
terra esisterà la terribile piaga delle pozzanghere, sapere saltare
sarà una necessità. Nelle pozzanghere si annidano coccodrilli e
altri animaletti terribili … e poi sono piene di bagnatura di piedi
e di macchiette che vi saltano addosso sporcando i vestiti.
Ora vi faccio vedere una cosa. State
fermi là mentre io faccio uno, due, contate con me, tre … , otto,
nove passi. Ecco, sono arrivato. Questo è il punto dove è atterrato
Mike Powell saltando da dove siete voi. Pensate che pozzangherona
enorme e immaginate la faccia dei coccodrilli quando hanno visto il
loro spuntino passare volando sulla loro testa. Mike Powell è un
fenomeno, ma non ha le ali, ve lo assicuro, ho visto il filmato.
Quindi tutta la spinta che lo ha portato fino a qui se l'è data lì,
dove siete voi, poi ha volato esattamente come vola una palla di
cannone. Torno da voi e vi spiego bene. Per saltare dovete spararvi
il più lontano possibile, dovete essere sia il cannone che la palla.
Come dev'essere sparata una palla di
cannone per arrivare lontano?
Velocemente. Se la sparate lentamente
fa “plop” e vi ricade sui piedi.
In che direzione dev'essere
indirizzata?
Se la sparate dritta in orizzontale
anche se è veloce tocca subito terra. Se la sparate dritta in
verticale vi ricade sulla testa; dovrete allora trovare la giusta via
di mezzo.
Come si fa a farla andare veloce?
Bisogna metterci molta polvere da
sparo.
E voi avete la polvere da sparo?
Sì, ogni muscoletto ha un po' di forza
esplosiva. Per fare un bel botto però dovete spararli tutti insieme.
Se provate a saltare spingendo solo con i piedi, farete “plop”,
un saltello. Se saltate spingendo solo con la coscia, farete un altro
“plof”; se provate a saltare solo raddrizzando il busto e
spingendo le braccia in avanti fate “flop” e non vi staccate
neanche da terra. Se fate tutte queste cose, ma non nello stesso
istante, verrà fuori un “plop-plof-flop” che non vi porterà
lontano. Se invece riuscite a coordinarvi sommando le forze esplosive
nell'istante dello stacco, sentirete un bel “pam”, e
sprigionerete quella spinta esplosiva che vi spingerà verso
l'infinito o, per lo meno, al di là della pozzanghera.
Quindi: rincorsa velocissima, per avere
la velocità in avanti e poi “pam” stacco esplosivo per spingere
verso l'alto. E poi? E poi siete una palla di cannone che vola,
inutile sbattere le ali. Sorridete ai coccodrilli. Ah, ultima cosa:
come tiene le ginocchia la palla di cannone mentre vola? Le vedete
per caso le gambe a penzoloni? No, perché tiene le ginocchia ben
alte, attaccate al petto. Allora, siete carichi? Proviamo?
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