domenica 28 dicembre 2014

Il mondo esterno

Sono le 10 e la tana delle larve, calduccia e ben fornita di internet veloce, libri, giochi, messaggiamento e altri comfort, non si è ancora aperta.
All'improvviso, il mondo esterno – col suo carico di violenza, virus, catastrofi naturali, compiti – si affaccia minaccioso alla porta. La larva si nasconde nel bozzolo ma è tutto inutile: “alzati e vieni a fare colazione!” Da sotto al piumino esce un lamento: “non voglio il mondo esterno!”  

venerdì 26 dicembre 2014

Escalation

23 dicembre: Passeggiatina a Norcia, giusto giusto per arrivare a Fermo con una punta di appetito.
Arriviamo che è già apparecchiato. Anellini al forno, arrosto di vitello – sono pieno – formaggio e dolci assortiti, spumante, vino e vino dolce.
24 dicembre: 1 ora di corsa sulla collina, panorami salite e discese. Rutti confermano lo stato di avanzamento della digestione. Sto avendo la meglio. La testa si libera dal torpore appena in tempo per sedermi a tavola.
Pizza, crostini al salmone – sono pieno – insalata russa, tagliolini allo scorfano, code di rospo al forno, formaggio e dolci assortiti … nella nebbia arriva babbo natale.
25 dicembre: 2 ore di corsa sul lungomare adriatico, 25 km fra pista ciclabile, pineta e marciapiede. L'insulina e i muscoli si litigano il glicogeno del sangue. Finiscono pari ma io sono esausto.
Fritto all'ascolana, crostini, tortellini in brodo, arrosto, galantina, formaggio e dolci assortiti, spumante, vino e vino dolce.
26 dicembre: mattina. Fuori piove, in testa ho la nebbia e non esco. Aspetto il pranzo.
Tagliatelle fritte, sformato di tagliolini, avanzi …
Pomeriggio, c'è il sole ma sono sopraffatto dal cibo e rischierei di vomitare.
Mi arrendo: mi sono ormai trasformato in uno di quei vermi il cui corpo serve solo a ricoprire e proteggere l'intestino. Ormai sconfitto, non rinuncio però all'ultima sortita per salvare l'onore. Non credo che sopravviverò. Sono le 4 meno 10, l'aria è limpidissima e frizzante, illuminata a sprazzi dagli ultimi raggi di sole. I primi rutti si portano dietro un liquido dal buon sapore di tagliatelle fritte. Su e giù per i colli, in dicesa i contraccolpi dei passi appesantiti dal peso del mio stomaco ipertrofico accompagnano i movimenti peristaltici come una buona centrifuga. In salita, cuore e muscoli succhiano glicogeno e acidi grassi dal sangue. La testa ringrazia scotendosi dal torpore. Il sole è tramontato ma voglio correre ancora. Con un saliscendi su ripidissime strade agricole, passo al crinale accanto. I rutti sono ormai asciutti e il passo ha acquistato una buona lena. Nella semioscurità, una falce di luna si staglia sul cielo e le luci dei paesi, sulle colline. I rutti ora cominciano a uscire da sotto: il più è fatto. Rientro che è ormai buio. Sembrava impossibile ma l'ho avuta vinta anche questa volta.

Ora vi devo lasciare che è pronto a tavola.

martedì 23 dicembre 2014

Errare è umano …

In fondo errare mi piace: errare, vagare senza fine e senza meta. Girovagare intorno al punto di partenza o peregrinare in una direzione precisa; verso est come facevano gli antichi romani: “errare humanum est” (l'uomo vaga verso est) o, come gli antichi fiorentini, verso nord-est: “errare humanum nord-est” e da Firenze andavano a finire in Romagna, spesso a Faenza.
Forse questa storia l'avete già letta su questo blog. La storia dell'asino errante che insiste a voler correre per 100 km consecutivi, per 9 ore senza sosta ma che, errando, non ci riesce. E ci riprova più volte dimenticando l'incubo di quell'infinita striscia d'asfalto, di quella salita interminabile che porta solo all'inizio di una discesa ancora più lunga; dimenticando, o fingendo di dimenticare, le ore di tortura, le continue percosse dell'asfalto sui muscoli  martoriati delle cosce. Destinato ad un ineluttabile fallimento; in una parola: velleitario.


Il 30 maggio 2015, sarò a Firenze, alla partenza della 100 km del passatore e la finirò in 9 ore, senza soffrire.

domenica 21 dicembre 2014

Giancarlo corre con noi.

Col cuore in gola e il fazzoletto in mano
Mattinata piena, strapiena direi.
Genitore, atleta, allenatore, presidente, amico di tanti atleti … oggi ero tutte queste persone insieme: troppe.
Il genitore ha trascinato il figlio Francesco con subdole minacce fino alla gara ma non ha assistito alla partenza e il figlio non è partito.
L'atleta non si è riscaldato e ha boccheggiato col cuore in gola e le coronarie nelle orecchie dalla partenza all'arrivo, impiegando 4 secondi più dell'anno scorso.
L'allenatore che avrebbe voluto far correre i bambini, forse ne ha dimenticato qualcuno a Capoterra, uno non è partito e una l'ha vista cadere.
Il presidente era convinto di riuscire a fare i rinnovi delle tessere e di distribuire i panettoncini ai bambini ma non ha fatto niente di tutto ciò.
L'amico era talmente perso e disorientato che quando gli hanno fatto un regalo di natale quasi non ha ringraziato.

Non tutto è stato un disastro, però.
Francesco, il figlio del genitore, era contento di non essere partito.
L'atleta si è consolato con un terzo posto su sessanta della sua categoria
L'allenatore ha visto i bambini impegnarsi a fondo, una anche rialzarsi e ripartire dopo la caduta.
Il presidente ha visto una squadra che sta diventando squadra con bambini, genitori, atleti e allenatori che si aiutano e incoraggiano, nonostante il presidente.
L'amico, ogni volta che si girava, vedeva amici a cui aveva un sacco di cose da dire e un sacco da ascoltare.

Giancarlo ci ha regalato anche il sole. Insomma sarebbe stata una bellissima giornata di festa: peccato solo questa gran confusione mentale. E nonostante tutto quello che avrei voluto ancora dire, fare, baciare … mi sono lasciato trascinare via senza opporre resistenza.

sabato 20 dicembre 2014

Monoatleta

Un ciclista, un podista o un nuotatore non sono monoatleti: sono un ciclista, un podista e un nuotatore. Il monoatleta è una riduzione del triatleta che, per ragioni varie, si ritrova a praticare uno solo degli sport del triathlon.
A me capita spesso, talvolta per infortunio o per scelta ma più spesso per pura pigrizia mentale.
La metamorfosi è repentina. Senza che me ne accorga, l'acqua diventa sempre più fredda, il costume o la muta spariscono dal bagagliaio e le due nuotate settimanali sono ridotte a zero insieme ai buoni propositi di mantenimento del pur scarso stato di forma natatorio. Per l'iscrizione in piscina poi tanto vale aspettare il mese dopo che però, insieme al giorno dopo e alla settimana dopo, forma la mitica triade dell'irraggiungibile. Io almeno non li ho mai ritrovati e ho il forte sospetto che si spostino in continuazione. Così, in silenzio, senza neanche un fiabesco “puf”, il nuoto è sparito.
La bici diventa sempre più bucata, qualche volta si buca perfino da sola. Il completino sempre più incompletino: se ho la maglia mancano le scarpe, se ho maglia e scarpe nella borsa trovo solo un calzino … . La pioggia, un tempo allegra compagna di viaggio, diventa un ostacolo insormontabile e perfino la previsione di pioggia si interpone solida fra me e la bici. Gli amici ciclisti, un tempo trascinatori, cominciano a stufarsi dei tanti pacchi (questa volta vengo! … Non ci crederai, ho lasciato le scarpe a casa) e non mi chiamano più. E anche la bici è andata.
Non mi resta che correre: nel freddo, sotto la pioggia, senza un calzino, … finché resta la passione niente mi potrà fermare.
Poi, forse, da un giorno all'altro, mi ritroverò zeroatleta. Che non è il classico poltrone ma una riduzione del triatleta che per ragioni varie si ritrova bloccato su un divano, incapace di scendere.

O forse, speriamo, si accenderà una lucina, l'acqua diventerà calda, il mese dopo mi aspetterà, le gomme torneranno turgide e il divano mi darà un calcio in culo.  

lunedì 15 dicembre 2014

29 marzo 2015. Primo trail di Capoterra.


Ecco il fiore. Un po' rinsecchito ... Grazie Diego!
E' ormai quasi definito il percorso della gara che sto organizzando per il 29 marzo nel territorio dell'ex comunità montana di Capoterra.

La gara si svolge su un percorso “a fiore”, con tre petali, di difficoltà crescente, che partono e tornano al punto base dove sono situati la partenza, gli arrivi, il pubblico, lo speaker, i ristori e le gare delle categorie giovanili.
Basic – margherite e coniglietti. 7km. Il primo petalo coincide anche col percorso della non-competitiva. Non presenta difficoltà tecniche di rilievo. Sono presenti però tre “strappi” in salita brevi ma con pendenze che sfiorano il 20% e due brevi “single track” pianeggianti, che insieme ai panorami ariosi, la totale assenza di asfalto e la vegetazione varia e rigogliosa, permetteranno anche ai principianti di “assaggiare” il trail running senza rischiare l'indigestione.
Dopo essere tornati al punto di partenza, i partecipanti alla non-competitiva raggiungeranno l'arco dell'arrivo mentre gli altri, dopo un meritato ristoro, gireranno a destra per il secondo petalo.
Hard – corbezzoli e capre. 4 km. Il secondo petalo lascia quasi subito la carrozzabile per scendere sul greto pietroso di un torrente per un breve tratto che richiede attenzione e caviglie forti. Ma la vera difficoltà inizia quando il percorso rientra sulla carrozzabile: una salita di un chilometro circa con pendenze intorno al 15% che costringerà molti a camminare e altri ad esplorare il limite massimo della loro frequenza cardiaca. A fine salita il percorso passa su un tratto di cresta in lieve discesa con panorami da ambo i lati dove sembrerà di volare, per poi scendere a capofitto (indispensabile attenzione e controllo degli appoggi), passare il torrente e, su comoda sterrata, ritornare al solito punto di partenza. Qui, quelli del “giro duro” gireranno a sinistra per il traguardo, mentre i pochi avventurieri del “giro estremo”, dopo un altro meritato ristoro e un applauso di incoraggiamento, tireranno dritti per il terzo petalo.
Extreme – cisto e cinghiali. 7 km. Il terzo petalo in realtà non presenta difficoltà altimetriche esagerate. Le maggiori difficoltà sono di carattere tecnico in quanto si sviluppa in buona parte su sentierini di montagna con discese ripide, sassi, radici e altre insidie che gli amanti del trail running si divertiranno molto a superare di slancio. Per questo è riservato agli amanti del genere “trail”, già abituati a percorrere sentieri di montagna e in possesso di calzature adatte. Gli altri potrebbero non apprezzare o rischiare di farsi male. Chi fosse indeciso, è caldamente invitato a partecipare all'uscita di prova dell'1 febbraio oppure a limitarsi al “giro duro”, già in grado di saziare gli appetiti di podisti anche molto esigenti.
È però solo sfogliando il terzo petalo della margherita che avrai risposta al dilemma che ti gira per la testa: “trail o non trail?”1

Nota
1. riferimento alla celebre immagine shakespeariana del principe Amleto che tiene in mano una margherita e, con sguardo lugubre, comincia a sfogliarla: “essere, non essere, essere …”

sabato 13 dicembre 2014

50 ragioni per fare sport – 11. Perché correre rende liberi.

Correre per essere liberi, per scappare dalla prigionia delle routines. Però correre non basta. Non ci si deve rinchiudere in un pista. Per essere veramente liberi bisogna correre in lungo in largo e soprattutto di traverso esplorando la seconda dimensione. Ogni punto diventa allora un possibile bivio in cui esercitare la libertà di scelta fra il conosciuto, l'ignoto e altri ignoti ancora. Non avere confini o, se ci sono, superarli con un salto. Correre in montagna per conquistare, in volo, anche la terza dimensione. Lo spazio diventa nostro; è spazio libero e nel tempo libero forma uno spazio-tempo libero per viaggi relativistici e mentali a ruota libera …

A tal proposito, ecco una simpatica testimonianza:

Correre rende liberi, è proprio vero. L'ho imparato sulla mia pelle, molti anni fa.“Dove mi state portando?” Chiesi nel mio inglese stentato. “Canta, canta1 e non ti preoccupare, ti accompagniamo noi”. Ho cantato. Da allora sono anni che mi alleno per la solita ora quotidiana in questi 400 metri. Hai proprio ragione, la vera libertà è fuori: saltare steccati, guadare fiumi, correre con i cani che abbaiano, di notte, fra mille torce … Ecco la verità: se fossi riuscito a correre più veloce, non mi avrebbero beccato.

1 sing sing (NDT)

lunedì 8 dicembre 2014

Cagliari Respira

Domenica mattina; allo specchio ho visto una faccia spiegazzata. Facendo la barba speravo di togliermi quell'espressione stropicciata. Ho continuato a passare il rasoio per 15 minuti ma non se ne andava; non era colpa dei peli, era nella pelle o forse anche più giù. Ero stropicciato dentro.
Nelle settimane prima della gara, la forma, dopo una serie di su e giù, si era stabilizzata su un livello di discreta mediocrità. Basandomi sulle prove fatte in allenamento, avrei forse potuto puntare a migliorare il mio record annuale sulla distanza, l'allora deludente 1h22'47” di marzo ad Oristano. Dovevo puntare alla cieca però. Con i polsi liberi da qualsiasi strumento di misura, gli unici riferimenti sarebbero state le sensazioni trasmesse al cervello da gambe, cuore e polmoni. Pure pulsioni sensoriali, nessun calcolo razionale, la mente completamente libera e inconsapevole come quella di un adolescente, anche se un po' stropicciata dal tempo. L'anno scorso mi avevano assegnato il bollino rosso, non per le mie attività di pornostar ma per poter accedere alla griglia dei più forti. Quest'anno invece sono stato giustamente retrocesso nel mucchio indistinto della plebe podistica in lotta corpo a corpo per una buona posizione di partenza. Purtroppo mi son ritrovato nell'area post cagotto, non alleggerito per aver espletato funzioni corporali ma appesantito da funzioni presidenziali dell'ultimo minuto e nonostante i trattati studiati e scritti sull'argomento, non ho saputo far meglio che raggiungere le ultime posizioni dell'area esperti. Davanti a me, un migliaio di podisti. Partendo da dietro, però avrei potuto controllare quelli che sorpassavo … dov'era Francesco? E Teo? In partenza ho impiegato mezzo minuto per passare sulla linea di partenza. Lungo tutto il primo chilometro poi è stato piuttosto difficile districarsi fra centinaia di podisti lenti. Senza farmi prendere dalla frenesia, mi sono liberato abbastanza presto, cominciando a correre veloce verso il centro di Cagliari. Poi la breve salita di Largo Carlo Felice, la discesa lungo il Corso, il passaggio nel mercato e i primi 5 chilometri sono passati piacevolmente nel centro città. Ho raggiunto due colleghi ultra-top: Stefano ed Enrico, che hanno fatto un po' di strada con me. La gente a bordo strada era numerosa ma ognuno incitava solo i suoi atleti personali; per me ce n'erano pochi, in compenso ho notato che Stefano è molto popolare in città. Il percorso ci ha ricondotti al punto di partenza e poi oltre, verso il poetto. Le gambe giravano bene e continuavo ad andare ad una buona anche se misteriosa andatura, superando atleti anche forti. Enrico intanto si era staccato mentre Stefano mi seguiva senza problemi. Anche la distanza mi restava ignota per lunghi tratti in quanto molti dei cartelli chilometrici giacevano buttati per terra.
Davanti a me, più di una volta mi era parso di scorgere Francesco ma non era mai lui. Anche lui, come mi ha poi raccontato, si voltava a guardare quelli che lo stavano raggiungendo con l'incubo di vedermi passare dicendo “ehilà Francesco, come stai?” come al triathlon del Forte Village. Dopo il lungomare del poetto, il percorso si inoltrava nel parco delle saline lungo un breve tratto di strada sterrata controvento. Ho accelerato per raggiungere il gruppetto davanti e restare al riparo dal vento e poi accelerato di nuovo per star dietro a gente più veloce. Le gambe rispondevano bene e appena la strada ha girato perpendicolare al vento, mi sono messo io a fare l'andatura.
Intorno al quattordicesimo chilometro, finalmente ho raggiunto Teo. Sta diventando sempre più forte e riuscire a raggiungerlo è stata una bella soddisfazione e un sollievo. Al diciassettesimo chilometro il percorso seguiva la pista ciclabile che costeggia un canale fino al porticciolo di Su Siccu. La stanchezza cominciava a farsi sentire ma non mancava molto e come ormai so bene, gli ultimi chilometri si deve solo resistere. Dopo essersi staccato leggermente nel passaggio alle saline, Stefano era di nuovo dietro di me. Ho rallentato un po' e finalmente mi ha superato. In una salitella intorno all'ultimo chilometro mi ha anche staccato leggermente ma poco dopo l'ingresso in pista per gli ultimi 300 metri sono riuscito a riaccodarmi a lui. Nel rettilineo finale, una giovane atleta, appena superata, ci ha reso il favore con una bellissima sparata. Non mi è scattata la molla della cattiveria (una donna e un amico) e mi sono docilmente limitato a seguirli. L'orologio all'arrivo segnava 1h23'17. Finalmente ho visto Francesco, fresco e sorridente; era contentissimo di avermi battuto … almeno così credevamo … e gli ho concesso l'onore delle armi.
Appena arrivato a casa mi sono seduto al computer a controllare i risultati ufficiali. Tenendo conto del ritardo alla partenza, la correzione del “real time” mi ha dato 1h22'47”, esattamente come ad Oristano! Voglio immaginare di essermi migliorato di frazioni di secondo – tutto il resto sarebbe stata fatica sprecata – e che quindi, andando puramente a sensazione, ho fatto molto meglio che con i mille calcoli di Torino. Controllo i “real time” di Francesco e di Stefano: 1h22'49 e 1h22'51 e mi prendo una rivincita sia pure risicata e postuma. Cosa faccio? Chiamo Francesco? Forse più tardi, c'è tempo.

Mi guardo allo specchio con un sorriso: le pieghe si sono spianate.

sabato 6 dicembre 2014

I verticali e gli orizzontali

Sulla locandina di una gara di trail che vorrei correre a gennaio c'è scritto: 45 chilometri, due di più e due di meno. Per l'aritmetica 45+2-2=45 chilometri esatti. In realtà non è proprio così perché “di più” scritto “D+”, sta per “dislivello positivo”. Si tratta quindi di chilometri verticali che non si sommano o sottraggono agli orizzontali ma si incrociano con essi come in un normale cruciverba.
In qualità di “ultra-top” devo prendere confidenza con questi chilometri verticali anche perché due chilometri non sono pochi neanche sdraiati per terra; se poi li tiri su con una gigantesca erezione, fanno davvero impressione.
E allora, nei miei allenamenti, i “D+” stanno diventando un dato determinante, esattamente come il chilometraggio percorso. Invece di dire “oggi corro dieci km” dico “oggi faccio 800m D+”. Sono costretto allora a cercare percorsi su sentieri di montagna, su e giù più di una volta perché le montagne qui non sono abbastanza alte, fermandomi solo ai punti ristoro a mangiare corbezzoli e bere acqua di torrente, disturbando i daini nei loro territori e, devo dire, la cosa non mi spiace affatto.

Anzi, ne voglio di più.

giovedì 4 dicembre 2014

C'è speranza per il pianeta.

Zone agricole pian piano si trasformano in deserti. La terra si impoverisce per siccità e sovra sfruttamento e diventa sabbia. Nel 2014 la desertificazione è uno dei problemi principali del nostro pianeta ed è considerata un processo irreversibile in tutto il mondo … tutto? No! Un villaggio del Campidano, abitato da irriducibili calciatori, resiste ancora e sempre all'invasione del deserto. È Capoterra, un nome, un programma, da cui arriva una speranza per il nostro pianeta. Vi racconto questa piccola favola dal lieto fine.

Al campo sportivo di Santa Rosa, c'era una piccola ma minacciosa buca piena di sabbia usata per il salto in lungo: un piccolo deserto con mire espansionistiche verso il verdissimo campo da calcio limitrofo. Secondo la tendenza mondiale alla desertificazione, pian piano l'erbetta del campo in prossimità della buca si sarebbe dovuta seccare e il deserto sarebbe uscito dalla buca avanzando verso il prato e trasformandolo progressivamente in un campo da beach soccer. Invece, grazie alla resistenza dei nostri irriducibili calciatori, il processo si è invertito. La sabbia, appena cercava di uscire dalla buca veniva sciacquata via da un'intensa annaffiatura; non solo! Col passare del tempo, infatti, a furia di annaffiare, piccole oasi di verde sono cresciute perfino nella buca; neanche i bambini con tutta la loro forza distruttrice sono riusciti a ostacolare il ritorno alla vita … anzi, la sabbia ormai indurita da un substrato di radici, resisteva ai loro salti colpendoli duramente alle caviglie.
L'erbetta ora cresce rigogliosa e una gioiosa fauna di zanzarine sta ripopolando definitivamente quello che solo pochi anni fa era un deserto.

E tutti vissero felici e contenti.  

lunedì 1 dicembre 2014

Almanacco del mese dopo – Dicembre 2014

Dicembre, mese di bilanci annuali, consuntivi e preventivi. Entrate e uscite.
Fra le “entrate” di prestigio, la carica di presidente e l'inserimento nel gruppo dei top-ultra sanno di riconoscimenti “alla carriera”, mentre sulla strada i successi si diradano e i tempi di percorrenza si allungano. Il bilancio temporale parla poi, inequivocabilmente, di “un anno in più”. Qualcuno potrebbe frettolosamente concludere che sto invecchiando mentre invece sto solo accumulando esperienze.
La bilancia del peso invece è in sostanziale pareggio. Le calorie ingerite sono state pressoché costanti, quelle consumate sono diminuite, quindi sicuramente ho cagato di più.

Eventi

7 - Maratonina di Cagliari. Fa parte della mia “strategia di uscita” dall'anno agonistico: distanze sempre più corte, percorse a ritmi sempre più tranquilli.
25 - Natale. Cominciano gli allenamenti seri per i buffet dell'anno prossimo. Se mi impegno seriamente, non dovrei sfigurare davanti alle tavolate di Macomer e Tonara.

Best of the past

A dicembre 2013, nel blog presento, oltre alle solite cronache gara:
Cagliari Vola, Corre, Arranca, Strascica e Respira moltissimo, profondo, affannato, a volte ansimante. Cagliari Vive, almeno un giorno all'anno. Da: Cagliari Respira … o almeno ci prova!

pignolerie:
E perché proprio chiocciolina? Io per esempio, se proprio devo dirlo, in quel simbolo ci vedo uno stronzetto arrotolato o un uovo fritto ma non mi sono mai sognato di dettare “pisani stronzetto crs4 punto it”. Chissà perché … forse suonava male … Da: Pignolerie: vuvvuvvu e chiocciolina

fatti personali:
Il mio passato di vecchio sembrava definitivamente alle mie spalle, Da: Occhiali

anche una proposta epocale, caduta però nel silenzio della rete:
L'anno prossimo al primo maggio c'è il ponte? E Natale che giorno cade?” Ogni anno diversi kilojoule di energia mentale se ne vanno per calcolare date: divisioni per sette, resti, addizioni … e il riscaldamento di miliardi di meningi sommandosi all'effetto serra, contribuisce ad aumentare il rischio di disastri climatici. … Eppure la soluzione c'è, semplice ed efficace: basterebbe adottare il “calendario Pisani” o “calendario perfetto” (sono sinonimi). Da: Pignolerie – Il calendario perfetto.