martedì 24 settembre 2013

A testa alta


Sono passati quasi 3 mesi, esattamente 12 settimane, dall'ironman di Klagenfurt. In questo periodo ho corso davvero poco: una media di 18km a settimana senza mai raggiungere i 20 km in una singola uscita.
Dopo il triathlon di Mulargia, complice una leggera infiammazione al tendine di Achille sinistro, ho praticamente smesso di correre. Intanto però l'ultramaratona di Macomer del 20 ottobre si avvicina velocemente. Per fare il punto della situazione, ho riportato nel grafico i km percorsi negli sporadici allenamenti del dopo Mulargia con i giorni mancanti alla gara. Sono dati scoraggianti: meno di 40 km totali nell'ultimo mese, non più di 12 km per volta, mancano solo 4 settimane e il tendine è ancora lievemente indolenzito. La gara con i suoi 60 km è rappresentata dal puntino fra le nuvole in alto a destra. Come si suol dire: “la vedo in salita!”
Però sono velleitario e mi dispiacerebbe molto non partecipare: i buffet sono da 3 maiali, l'organizzazione è calda e accogliente come un piumone e ci sono premi sono per tutti. L'ambiente è splendido, con querce millenarie che contendono gli spazi a nuraghe ancora più antichi in una lotta ancestrale fra giganti. Poi ci saranno gli altri giganti Giorgio Calcaterra e Monica Casiraghi, che, in gare come questa, si mescolano con noi piccoli e sfiorandoli, parlandoci o sniffandoli ti puoi sentire in un attimo di esaltazione euforica, grande come loro. C'è tutta la bellissima comunità di pazzi ultramaratoneti buffettari, sacchettari, forrest gump e masochisti. I wellrunnessari invece gireranno alla larga, preferendo 100 anni di corsa da pecora ad un solo giorno da leone.
Ci provo? Allungo piano piano gli allenamenti tenendo sempre il tendine sottocchio e vediamo. Il velleitario che ormai staziona comodamente impoltronato nel mio cervello mi rassicura: “comunque vada, ne uscirai a testa alta”. Il saggio che solitamente resta rintanato fra le dita dei piedi leggendo i libri di Albanesi, oggi si è affacciato nel cranio per replicare: “è andando a testa alta che si pesta la merda”. Augh.

sabato 21 settembre 2013

Il tapascione

È una giornata umida, l'asfalto è ricoperto da un velo d'acqua. Uno strano rumore risuona in lontananza, poi sempre più vicino finché si ode distintamente: “tapash – tapash”; è il rumore tipico del passo "tallone-pianta": sta arrivando un tapascione. I perfezionisti del running storcono il naso a sentire il suono di quel passo, è poco efficiente. A lui però non interessa correre veloce. Partecipa alle competizioni per stare in compagnia e se corresse troppo veloce, gli mancherebbe il fiato per chiacchierare.
In gara, preferisce correre in compagnia di amici e, se non ne trova, cerca di fare amicizia con gente sconosciuta. A volte, il tapascione maschio di mezzetà-avanzata, si posiziona dietro a giovani donne dalle natiche ridenti; racconterà poi: "giuro, quel culo mi ha sorriso!” e con quella scusa, attacca bottone anche con loro.
Quasi sempre, alla vista dal traguardo il suo spirito agonistico si risveglia dal torpore e lo spinge a disputare lo sprint per la centordicesima posizione ed è sempre uno sprint epico che verrà raccontato nel dopo gara con gran dovizia di dettagli. È bello ascoltarlo, sentire la passione che lo pervade e vedere come si trova a suo agio fra centinaia di persone. Improvvisamente il silenzio, qualcosa di ancora più importante ha attirato la sua attenzione: è arrivato il cibo! Ma questa è un'altra storia ...

Io? Non sono certo un chiacchierone e in gara più di 5-6 sillabe alla volta non le dico mai. Il fiato che mi resta lo uso per correre. Sono un buon ascoltatore però e all'arrivo mi piace farmi circondare da tapascioni che, a loro volta, sono contenti di poter parlare con qualcuno che non li interrompe.

Il test: sei un tapascione?
  • In gara chiacchieri? (Per rigore scientifico, ecco la definizione di “chiacchiera”: con dieci sillabe si può comunicare qualsiasi cosa, se ne pronunci di più stai chiacchierando!)
  • Quando, in gara, raggiungi un amico, invece di accelerare per asfaltarlo meglio, rallenti per metterti al suo passo?
  • “A3” per te è la Napoli-Reggio Calabria o sono scarpe da gara?
Se hai risposto "sì" ad almeno 2 delle 3 domande, hai lo spirito del tapascione! Puoi infilare la freccetta nel quadratino corrispondente del sondaggio in alto a destra e pigiare il tasto sinistro del mouse.

mercoledì 18 settembre 2013

categoria altra - i wellrunnessari

Oggi, cercando in rete una definizione precisa di "tapascione", mi sono imbattuto in un articolo di Albanesi, in cui definisce categorie di runners in base alle motivazioni che li inducono a correre. Mi ha dato un po' fastidio leggerlo, perché, oltre ad essere un plagio preventivo (si dice così?) della mia classificazione (oltre al tapascione c'è il sacchettaro, il collezionista viene chiamato "visibile"), è anche cattivello. Io, quando descrivo un corridore, metto ironia ma anche amore perché in fondo parlo sempre anche di me e io mi amo; lui invece vuole dimostrare che l'unico runner che va bene è quello che ha inventato lui (ha perfino registrato il marchio!) ovvero quello che persegue il "wellrunness" cioè "la pratica della corsa con lo scopo di correre fino alla fine dei propri giorni."
Omette però di specificare se questa fine dei giorni è anticipata o posticipata dalla pratica del "wellrunness". A pensarci bene, infatti, anche correre verso un burrone rientra nella definizione di "wellrunness" riportata qui sopra.
Va beh: qui c'è l'articolo (link). Se vi sentite "wellrunnessari" pigiate "altro" nel sondaggione in alto a destra.

lunedì 16 settembre 2013

Il masochista

Il masochista all'agonismo preferisce l'agonia: non gareggia contro gli altri, ma contro sé stesso e lo fa senza esclusione di colpi. In allenamento non corre mai più dei 2/3 della distanza di gara, “tanto l'ultimo terzo si fa con la testa” dice, e completa l'allenamento facendo un tuffo fra le ortiche per allenare la testa alla lotta contro gli arti ribelli.
Al nostro masochista piace soffrire ma non tutte le sofferenze sono uguali, altrimenti se la caverebbe con una semplice martellata sui genitali. Lui predilige le sofferenze lunghe e sottili. Lo possiamo immaginare il venerdì sera che decide cosa fare durante il week-end: “potrei andare a passare la notte sdraiato nudo su quelle rocce appuntite erose dal vento … no, troppo poco doloroso … forse allora potrei invitare tutti gli amici e i compagni dei miei figli per una grande festa, facendo scegliere la musica a loro … no, va bene soffrire ma non esageriamo; ecco, trovato: correrò un'ultramaratona!”
Io? Non sono masochista anche se, a dire il vero, spesso finisco per soffrire. Faccio esperienze che a volte finiscono male e non vorrei ripeterle ma che colpa ne ho se la sofferenza nei ricordi si trasforma in gloria? Parto sempre con la ferma intenzione di non soffrire ma che colpa ne ho se sono velleitario? Insomma, forse sono masochista a livello inconscio ma più probabilmente sono solo solo un po' tonto. E voi?
Il test: sei masochista?
  • Ti sei mai puntato il pettorale direttamente sul petto?
  • Hai mai partecipato ad una gara con la quasi certezza di soffrire?
  • Secondo te, c'è qualcosa di eroico o di bello o almeno di dignitoso o anche solo di non troppo stupido nel soffrire come cani per portare a termine una gara?
Se hai risposto "sì" ad almeno due delle tre domande, rallegramenti! Sei un runner masochista e puoi selezionare la casella corrispondente nel sondaggione in alto a destra.

domenica 15 settembre 2013

Forrest gump

Forrest gump corre perché correre è bello; fa respirare a pieni polmoni e battere il cuore veloce, fa vivere un po' più forte, insomma. Forrest gump corre perché correndo può andare lontano e poi ancora più in là, a scoprire cosa c'è dietro una curva o al di là di una montagna. Forrest gump corre perché correre lo fa sentire libero.
Quando ha qualcuno davanti, forrest gump lo supera, non per arrivare prima di lui ma per avere la visuale libera e vedere gli alberi e la montagna piuttosto che la sua schiena sudata e traballante e per avere il passo libero piuttosto che seguire quello di qualcun altro. E se qualcuno gli fa osservare che così prende più vento in faccia, lui replica che il vento in faccia è una delle ragioni per cui corre.

Io? Sono sicuramente forrest gump. Ho cominciato a correre, andare in bici e nuotare in mare decenni prima di pensare alle gare o alla salute e già da bambino, quando andavo a camminare in montagna con la famiglia, non sopportavo la vista delle schiene traballanti, me lo ricordo bene, volevo passare avanti, non per agonismo ma per voglia di libertà. Adesso, durante le gare mi trasformo quasi sempre in sacchettaro e, soprattutto in bici, non disdegno la vista delle schiene ma il piacere di correre è sempre quello e si sublima quando corro da solo nella natura.
Il test: sei un forrest gump?
  • Correre, ti piace più mentre corri che quando hai finito?
  • Se sono previste due distanze di gara, scegli la lunga?
  • Mentre corri ti dà fastidio avere qualcuno davanti?
Se hai risposto "sì" ad almeno due delle tre domande, complimenti, sei un forrest gump: se riesci a fermarti un attimo, puoi cliccare sul tasto corrispondente nel sondaggione in alto a destra.

giovedì 12 settembre 2013

Il collezionista

L'obiettivo principale del collezionista è arrivare al traguardo della gara per prendere la medaglia, aggiungerla alla collezione e aggiornare il curriculum podistico. Come, nel curriculum di un ricercatore, conta più il numero di pubblicazioni che la loro effettiva qualità, anche il nostro collezionista non si preoccupa di finire fra gli ultimi, tanto la medaglia l'avrà lo stesso. L'esito effettivo della gara svanirà presto nell'oblio mentre la medaglia resterà lì, luccicante, a ricordare, a tutti ma soprattutto a sé stesso, la conquista di quel traguardo.
Collezionisti non si nasce, si diventa; è, di solito, uno degli ultimi stadi della carriera di un podista: arriva un giorno in cui il nostro podista tira fuori dai cassetti le vecchie medaglie e comincia a guardarle una per una, passandoci sopra la manica come per lucidarle, rievocando le sensazioni di quegli arrivi, quelle sofferenze, quel sentirsi a metà fra l'eroico e lo stupido. Una lacrima indugia affacciandosi sul ciglio di un ciglio. Da quel momento, le medaglie saranno per lui la principale motivazione per correre e sarà diventato collezionista.
Io? Anch'io vado fiero delle mie gare. Ne trattengo a lungo i ricordi in un angolo del cervello finché cominciano a fermentare e con i gas prodotti mi si gonfia l'ego. A volte, il mio ego è così gonfio che mi sfiata dal culo; l'orgoglio gorgoglia e poi esce formando un alone di gloria un po' puzzolente. Però non do importanza ai simboli e le mie medaglie giacciono dimenticate in vari sacchetti sparsi negli armadi di casa. A dire il vero, da un annetto a questa parte, ogni volta che le guardo mi fanno l'occhiolino ma io mi volto ostentando indifferenza e passo oltre prima che risveglino emozioni sopite. E poi, non ho passato il test qui sotto e quindi non sono collezionista. Non ancora, per lo meno ... e tu?
Il test: sei un collezionista?
  • Quando leggi il programma di una gara, vai a guardare se danno la medaglia?
  • Le medaglie le tieni con cura e le coccoli con baci o carezze?
  • Guardando le medaglie conquistate ti si gonfia l'ego?
Se hai risposto "sì" ad almeno due delle tre domande, congratulazioni, sei un collezionista e puoi cliccare sul tasto corrispondente nel sondaggione in alto a sinistra.

mercoledì 11 settembre 2013

Il sacchettaro

Il sacchettaro fa credere al coniuge che lo scopo degli allenamenti e delle lunghe trasferte domenicali sia quello di vincere qualcosa da mangiare da portare ai bambini. Poi ci crede lui stesso e in gara difende il cibo dei suoi bambini col coltello fra i denti da chi glielo vorrebbe portare via.
Fa credere ai figli che conquistare il terzo posto alla marcialonga del carciofo sia come vincere una medaglia olimpica. Poi ci crede lui stesso e in gara si esibisce in sprint all'ultimo sangue.
Il sacchettaro quando legge il programma di gara, evidenzia subito il numero dei premi di categoria. Il suo obiettivo di gara sarà infatti arrivare ultimo dei premiati, per portare a casa il sacchetto facendo la minor fatica possibile. Se c'è un elenco dei partenti, lo studia con molta attenzione evidenziando quelli della sua categoria, mettendo un punto esclamativo accanto a quelli forti, suoi concorrenti per il sacchetto, un punto interrogativo accanto a quelli un po' meno forti ma comunque da tenere sotto controllo e un triplo punto interrogativo accanto al nome degli sconosciuti.
Prima della partenza, con la scusa di scaldarsi, si aggira alla ricerca degli avversari diretti; controlla se ci siano o no, e, se ci sono, gli chiede con apparente nonchalance come stiano. La risposta però e scontata: un sacchettaro che ha rinunciato al sacchetto per problemi fisici o per obiettivi di allenamento lo ammette sempre volentieri; quasi sempre però, anche chi punta seriamente al sacchetto finge problemi per cercare di sviare l'attenzione.
Il sacchettaro deterministico, alla partenza, cerca di mettersi in prima fila, anche a rischio di essere travolto. Parte sempre veloce per avere completa padronanza della sua posizione nel gruppo. Poi assesta l'andatura e comincia la fase di controllo: ad ogni sorpasso deve verificare l'identità di chi passa. Se non lo conosce guarda il colore dei capelli per capire se può essere un avversario diretto - il sacchettaro odia i runners pelati - e, nel caso, chiede "e quello chi è?" O, direttamente a lui: "di che categoria sei?"
Un sacchettaro fuori sede non può controllare in modo deterministico la sua posizione di categoria e deve allora usare tecniche di controllo stocastiche. Guardando la posizione nella classifica assoluta dell'ultimo premiato della sua categoria nelle ultime 5 edizioni della gara, calcolando media e varianza, interpolando con una gaussiana e integrandola fino a ottenere 0.9, può identificare la posizione assoluta che gli darebbe una probabilità del 90% di entrare in premiazione.
E' facile arrivare primi, basta stare davanti a tutti. Arrivare quinti di categoria è un'impresa che richiede doti finissime di controllo e, se non la laurea, almeno un diploma di ragioneria.
Io? Non riesco quasi mai a partire davanti e perdo quindi subito il controllo della situazione. Sono piuttosto bravo invece nelle tecniche stocastiche, che spesso però, per avere un margine sufficiente di sicurezza, mi spingono ad arrivare troppo avanti; talvolta primo di categoria o, dio non voglia, addirittura nei premi assoluti, ottenendo, invece del sacchetto, quella piccolissima busta con dentro, al posto del pecorino, solo qualche immangiabile foglietto di carta. Sacchettaro sì e cestinaro anche, ma bustaro proprio no!
Il test: sei un sacchettaro?
  • Festeggi il capodanno ogni 5 anni? (Gli unici capodanni importanti sono quelli che portano ad un passaggio di categoria, gli altri ti fanno diventare solo un po' più vecchio)
  • Quando vedi il programma della gara, vai mai a guardare il numero di premi della tua categoria?
  • In gara, hai mai chiesto a qualcuno di che categoria fosse?

Se hai risposto "sì" ad almeno due delle tre domande, congratulazioni, sei un sacchettaro. Attento a non finire nella mia categoria! Puoi cliccare sul tasto corrispondente nel sondaggione in alto a destra.

martedì 10 settembre 2013

Il sondaggione

Per provare a rendere questo blog più vivace, interattivo, intergalattico ecc. lancio la nuova iniziativa del sondaggione: “a quale categoria di runner appartieni?”
Per semplicità ho limitato il numero di categorie a 6: sacchettaro, buffettaro, collezionista, masochista, forrest gump e tapascione.
Se non vi sentite rappresentati in nessuna di queste 6, potete rispondere altro.
In questo caso, mi farebbe molto piacere sapere in quali categorie vi sentireste rappresentati.
Fra altro per esempio ci sono i modaioli - quelli che corrono solo la maratona di New York - anche se forse potrebbero essere considerati a modo loro dei collezionisti selettivi. Oppure gli agonisti - quelli che magari vorrebbero addirittura vincere le gare - anche se forse, in fondo, potrebbero essere catalogati come sacchettari atipici.
Si possono dare risposte multiple: io per esempio mi sento, nell'ordine, sacchettaro, buffettaro e forrest gump, in minor misura, per cui non l'ho segnato, sarei anche masochista, talvolta tapascione e un minimo pure collezionista.
Se non sapete in quale categoria mettervi, aspettate. Nei prossimi giorni, illustrerò le varie categorie e se riesco metterò anche dei test che vi aiuteranno a collocarvi nelle categorie appropriate in modo scientifico.
Che il sondaggione abbia inizio!

lunedì 9 settembre 2013

Scusa, Cesare.


La mia carriera di buffettaro ha ormai travalicato i limiti dei "buffet post gara". Sono venuto a Torino in occasione di un workshop organizzato dall'università in onore di mio padre. Non ero iscritto ai lavori ma, per curiosità, mi sono presentato la mattina alle 9 in tempo per il primo intervento. Avevo messo i calzini sotto i sandali per camuffarmi da scienziato tedesco ma ero l'unico così vestito e probabilmente sembravo più un prete che uno scienziato. Nonostante questo, sono riuscito ad imbucarmi per cercare di carpire gratuitamente i segreti della chimica quantistica dello stato solido. Era chiaramente un tentativo velleitario ma volevo provare, con la mia presenza, ad onorare il ricordo di mio padre. Vent'anni prima avevo lavorato su argomenti simili ma, dopo i primi minuti di riscaldamento, il mio cervello ha cominciato ad arrancare cercando di decifrare sigle sconosciute, grafici poco leggibili e formule incomprensibili. 2 ore di conferenza sono state più faticose e più inutili di una maratona; allora, con la nuova consapevolezza di non essere più uno scienziato ma ormai solo un buffettaro, ho deciso di ritirarmi e, di soppiatto come ero entrato, sono uscito deciso a tornare solo la sera per il buffet finale, sperando, almeno lì, di farmi onore. Mio padre stimava le mie qualità scientifiche e sportive, ne andava fiero. Nonostante la sua benevolenza, non credo che avrebbe apprezzato questa deriva buffettara. Scusa Cesare.

mercoledì 4 settembre 2013

Oggi è già domani

Ieri, come spesso in settimana, ho saltato il pranzo, sostituendolo con un bel giretto in bici. In queste occasioni, la sera a casa, appena vedo qualcosa di commestibile, mi ci getto sopra con un ruggito (qualcuno sostiene invece di sentire dei grugniti) e lo divoro fino a completa sazietà, aiutando la deglutizione con abbondante vino.
Poi, vado a dormire. Immaginate grandi quantità di energia - vagonate di kilocal, che sono appena entrate dalla bocca e che devono essere trasformate e distribuite ai vari muscoli. Tutta la notte avviene una sorta di trasloco. Se solo l'equilibrio del magico triangolo, cibo, vino, stanchezza, si rompe, il casino prende il sopravvento e diventa molto difficile dormire. Basta poco. Stanotte c'era una zanzara. Con tutte le zanzariere che abbiamo a casa forse non riusciva ad uscire. Avrebbe potuto succhiarmi sangue dai piedi, che erano apparecchiati, serviti e ben impiattati e invece, con lo stupido sado-masochismo tipico delle zanzare, voleva, a tutti i costi, l'orecchio.
Mi sono svegliato e, dopo il ronzio, ho cominciato a sentire i rumori tipici dei traslochi notturni. "Ora butto giù!" "No, fermo, qui siamo già strapieni, devi aspettare!" "Allora vi mando solo un po' di gas, altrimenti esplodiamo!" "Va bene dai, butta giù il gas che apriamo lo sfiatatoio." Il tutto accompagnato dal rumore sordo del passaggio dei fluidi. Aspetto un po' sperando che il torpore riprenda il sopravvento ma la zanzara torna e i lavori continuano. Il cervello, come un padrone di casa che si trovi casualmente ad assistere al trasloco dei suoi preziosissimi beni, non riesce a far finta di niente e cerca di prendere il controllo della situazione.  E' la fine.
Vado in bagno? Penso. Forse potrei alleggerire le pressioni interne ma forse invece romperei definitivamente i fragili equilibri: meglio aspettare. Sfiato o trattengo? Maria sarà sveglia? La sento che si rigira nelle lenzuola. Meglio sfiatare piano piano, senza far rumore ... e così via.
Finalmente mi alzo, bevo acqua e bicarbonato e mi siedo sulla tazza con le parole crociate. Ormai sono le 5, sento arrivare l'analista del riciclo che dopo un attento esame istologico del nostro rifiuto secco decide di rifiutarlo a sua volta con un secco rifiuto. Un gallo urla in lontananza. Oggi è già domani: un'altra giornata comincia.

lunedì 2 settembre 2013

Boh?

Oggi vorrei scrivere qualcosa. Ma cosa?
Di Achille piè veloce e la tartaruga (mai raggiunta per problemi al tendine) e delle implicazioni matematiche e muscolo-scheletriche del paradosso di Zenone?
Di Martino che domani ha l'esame di riparazione di latino e di Francesco ricoperto di bolle (ci sarebbe da essere preoccupati ma loro sono così tranquilli, allegri e spensierati che assorbono perfino l'agitazione della madre - la tranquillità è più contagiosa delle bolle)?
Dei piccoli parassiti pidocchi (no, non sto parlando di Martino e Francesco) e di quello che aveva scambiato il mio petto villoso per una folta capigliatura (beh forse questa è la migliore, incredibile ma vera)?
Di me, delle mie corse all'inseguimento della tartaruga, delle mie bici, in particolare della mia nuova mtb scott 29, della mia paura di cadere (o forse, a 48 anni, comincio solo ad essere stufo di riempirmi le ginocchia di croste)?
Boh? Domani, forse.