mercoledì 28 agosto 2013

Buffet olimpico "al lago del Mulargia" - Siurgus Donigala

Buffet olimpico "al lago del Mulargia" - Siurgus Donigala  
Ricco buffet con menù tipico della tradizione sarda
 
Tre frazioni di gara vengono super-compensate con quattro frazioni di buffet, facendo pendere la bilancia calorica verso valori positivi.
 
Senza un allenamento adeguato, con lunghi e ripetute di pietanze, è proprio dura!

Bilancio calorie ingerite - calorie consumate: positivo.

Rapporto qualità prezzo: buono.

Giudizio sintetico: due maiali.

Ultimo assaggio: 25/8/2013. C'è molta strada da fare per raggiungere il buffet, ma non c'è fretta. Il programma è chiaro e ne avevo evidenziato le parti importanti: partenza gara 8h30 inizio buffet 12h30; ci sono ben 4 ore di tempo. Provo a dirlo agli altri, ma inutilmente: si affannano tutti come disperati per arrivare il prima possibile, solo per dover poi aspettare più a lungo l'apertura del buffet. E allora li lascio andare e mi godo la piacevole nuotata nel lago, il bel giro in bici e l'allegra corsetta, contento di consumare calorie per arrivare alla partenza del buffet con un buon appetito. Finalmente lo starter da il via alla gara vera: si parte con malloreddus al ragù di salsiccia. E' un piatto forse abusato nei buffet post-gara in Sardegna, ma sempre piacevole. Questo, in particolare, è quasi cremoso, denotando una lunga e affettuosa cottura. Nel cambio fra la prima e la seconda frazione assaggio un buon pane casareccio (moddizzosu) e un gradevole bicchiere di vino rosso, fresco e dal buon tono alcolico. In seconda frazione, vengono serviti pomodori con mozzarella di bufala sarda. Può essere definito un piatto di transizione, fuori dai canoni tradizionali, poco impegnativo ma comunque piacevole e di buona qualità. In terza frazione cominciano le vere difficoltà: la pecora in umido con patate. Qualcuno dei concorrenti mostra cenni di cedimento, qualcuno addirittura salta completamente la frazione rischiando la squalifica. Io invece mi faccio forza con un secondo bicchiere di rosso e godo affondando i denti nella carne resa tenerissima dalla lunga cottura e dal sapore molto caratteristico ma delicato. Siamo al gran finale: in ultima frazione arriva il re dei buffet sardi, il maialetto arrosto. La coda davanti al buffet, che alla prima frazione era lunghissima davanti a me, ora è quasi inesistente. Bufettari anche di buon livello sono ormai indietro, staccati definitivamente. Qualcuno crolla sopraffatto dal cibo. E' il rush finale, al terzo bicchiere di vino le posate non servono più e si lavora con mani e denti. Che delizia, la pelle croccante, la carne che quasi si scioglie in bocca, quel profumo avvolgente di arrosto che tante volte mi ha fatto salivare ma quasi mai era per me. Tutto l'apparato digerente, dalle mandibole a stomaco, intestino e anche più giu, è ormai fuorisoglia da quasi un'ora, ma è finita, alzo le mani al cielo e mi siedo stremato per terra con la schiena contro un albero. Ho vinto qualcosa?  
Consiglio finale: non vi affannate in gara, vi stancherete soltanto. Serbate le vostre energie per il buffet, ne avrete bisogno!

martedì 27 agosto 2013

Triathlon olimpico "Lago del Mulargia"

Cominciamo dalla fine. Prima di tornare a casa, sono passato a salutare e a complimentarmi con Giovanna Caria, presidente della società organizzatrice, la quale mi ha chiesto subito se avessi critiche o suggerimenti per migliorare la gara o il buffet. Bravissima! Il 90% degli organizzatori si offende per le critiche e lei, invece, le chiede! Sul momento non mi era venuto in mente niente. A posteriori però c'è una cosa che non mi è piaciuta: il marchio della serie di gare “bad triathlon experiance". Perché chiamarla così? E' un richiamo per masochisti? A parte l'errore di ortografia, perché si definisce, da sola, "brutta esperienza"? Per me è stata una esperienza bellissima, a partire dalla frazione di nuoto, nel pittoresco lago del Mulargia che mi è piaciuto così tanto che ci sono stato dentro per quasi 40 minuti, fino all'ultima frazione, forse la più dura, quella del porchetto arrosto.
Sono soddisfatto? Difficile essere soddisfatti dopo il penultimo posto nel nuoto e il 46esimo finale su 89 partenti ma ci sono riuscito. La soddisfazione dipende dalle aspettative e, questa volta, le aspettative erano davvero modeste.
Sono abituato a nuotare nel "didietro" del gruppo e, persino, nella coda con gli ultimi disperati ma trovarmi, dopo appena 2 minuti, da solo, con la schiumetta della coda del gruppo che si allontanava velocemente davanti, è stata un'esperienza nuova. E' stata la mia prima gara senza muta; forse, per questo, i peli delle gambe si impigliavano nell'acqua. Forse le tasche del mio vecchio completino, ormai slabbrate, con spirito di rivalsa senile, cercavano di portarsi dietro tutta l'acqua del Mulargia. Forse invece avrei dovuto nuotare almeno un po' nell'ultimo mese per non perdere completamente il già scarso allenamento, ma ero in trentino e non ero riuscito a trovare il mare. Di fatto, non andavo avanti. La gara, con la sua carica di agonismo e le botte ai giri di boa, dopo poche bracciate era già lontana avanti a me; non mi restava che farmi una passeggiata. Di positivo c'è che non sono affogato, anzi, non ero neanche affannato o preoccupato. Le boe le vedevo bene, l'acqua era tiepida e mi è perfino piaciuto fare questa bella nuotata nel lago, intorno all'isolotto.
All'uscita dall'acqua, mentre risalivo il ripido scivolo dell'imbarco, ho chiesto: "sono primo o ultimo?" "Sei penultimo. Quello è l'ultimo" mi hanno risposto indicando un puntolino schiumoso ancora 300m al largo nel lago. E infatti in tutta la zona cambio c'erano solo due bici, proprio una di fronte all'altra come per tenersi compagnia. Per avere almeno un obiettivo da conseguire e recuperare così un minimo di carica agonistica, ho fatto un rapido conto: per arrivare nella prima metà del gruppo, quella dei forti, dovevo superare più di 40 concorrenti. Facile a dirsi, ma davanti a me non si vedeva proprio nessuno da superare. Solo dopo una decina di minuti ho cominciato a vedere un ciclista che arrancava su per la salita. Raggiunto, superato, salutato e aggiornato il contatore di sorpassi. Poco dopo altri due, poi uno fermo a pisciare (vale anche quello) una donna (vale anche quella) e il contatore piano piano continuava a salire. Qualcuno lo salutavo, altri li incoraggiavo e il contatore scattava sempre. Mi sembrava di andare bene, muscoli cuore e polmoni erano ben impegnati ma senza sofferenza. Non conoscevo il percorso e mi è piaciuto molto. Panorami mozzafiato, salite spaccagambe, discese rompicollo e quasi nessuna macchina rompi....e. A very good experience. Alla fine il contatore segnava 38k, 1h28, 1000m di dislivello e 30 sorpassi.
La corsa l'ho iniziata con molta cautela. Da un paio di settimane ho un dolorino al tendine di achille che durante le ultime uscite sembrava peggiorare. Peccato, perché la prima parte del percorso, uno sterrato un po' sconnesso in discesa era l'ideale per le mie doti di rompicollo. In salita ho forzato un po' di più ma senza mai esagerare. Mi pareva di andare piano, ma i concorrenti che superavo correvano molto più piano di me. Erano però troppo pochi, il contasorpassi scattava solo sporadicamente e la gara troppo corta per poter raggiungere il mio obiettivo motivazionale. Ho preferito allora rinunciare all'obiettivo e finire la gara con prudenza.
Achille mi ha ringraziato, esprimendosi con un dolorino molto delicato ed io l'ho ringraziato a mia volta concedendogli una settimana di riposo e di ghiaccio: io e i miei pezzi ci vogliamo molto bene. Però adesso basta con tutte queste smancerie. Ottobre si avvicina con la Sardinia ultramarathon dove ho il podio da difendere e il triathlon medio del Forte Village la settimana dopo: è ora di cominciare a fare sul serio!
Ah, quasi dimenticavo le quattro frazioni del buffet! Ne parlerò nell'apposita guida.

venerdì 23 agosto 2013

Rientri


Mi guardo allo specchio: stamattina l'occhio è circondato da un alone grigio, la palpebra è gonfia di sonno e, anche se è aperta, forma uno gnocchetto che copre parzialmente l'occhio ... non sono le sei, sono le otto e mezzo ma questa è la faccia giusta: oggi rientro al lavoro.
Dovrei anche fare quelle analisi che mi ero fatto segnare prima di partire per le vacanze. Ieri però ho dimenticato di comprare il contenitore per le urine e sono costretto a utilizzare una scatolina di plastica per alimenti. Spero che la chiusura sia stagna ma, per sicurezza, avvolgo tutto in una bustina e metto in borsa. Dopo essere passato in farmacia a comprare l'”apposito contenitore”, torno in macchina e mentre tiro fuori il sacchettino per il travaso, metà del contenuto esce bagnando lo zaino, le mani e la copia cartacea di quel bellissimo articolo che sto scrivendo sulla tecnologia delle Fuel Cells. Pazienza, tanto non è piscio, sono le prime belle urine del mattino.
Arrivo al lavoro un po' impiastricciato ma con buone aspettative. Da quasi un mese non ho potuto controllare la mail, anche il telefonino era fuori uso e i miei tentativi di contattare il capo erano stati vani. Mi aspetto che mi aspettino, che attendano con urgenza i miei commenti ai loro commenti sul mio bellissimo articolo sulle Fuel Cells che avevo lasciato da leggere partendo dalle vacanze. Finalmente guardo le e-mail. L'unica urgenza è per la compilazione di un modulo burocratico sull'impiego del tempo. L'articolo non lo ha letto nessuno. Questo sì che è piscio. Sposto il sedere in avanti fin quasi al limite della poltroncina e comincio ad impegnarmi ad impiegare tempo.
Domenica rientro anche alle gare, spero che vada meglio.

martedì 20 agosto 2013

Il giro della Civetta


Immagini sparse di un trekking familiare di due giorni e mezzo sulle dolomiti bellunesi.
Amo le montagne, bellissime e terribili, maestose, amorevoli e maligne. La tridimensionalità del paesaggio è esaltata all'estremo dalla verticalità vertiginosa delle pareti di roccia.
La bellezza delle dolomiti sta nei contrasti fra la morbidezza di prati e boschi e la durezza dei torrioni di roccia, il colore dei prati fioriti e il bianco e nero delle rocce, le dolci pendenze delle valli e la verticalità delle pareti rocciose.
 

Anche camminando o correndo, si percepisce questa doppiezza affascinante fra la tranquillità dei sentieri nei prati e la tensione nei passaggi fra le rocce.
Mio padre, Cesare, è precipitato 2 anni fa travolto da un torrente ai piedi del Monte Bianco. Non posso non percepire l'aspetto pericoloso delle montagne e mentre cammino su sentieri esposti provo sensazioni di insicurezza e precarietà. Valutare le conseguenze di un'eventuale caduta è un esercizio terribile ma quasi necessario, specialmente quando sono con i miei figli. Ci si ferma o si precipita? Quando, per ore, si cammina in bilico fra queste due opzioni, la tensione diventa difficile da sostenere ma basta tornare sui prati, togliersi scarpe e calze per sentire le carezze dell'erba sotto i piedi e la tensione si scioglie; anzi, per contrasto, la tranquillità raddoppia. Al rifugio poi, dopo la cena calda e due bicchieri di vino, nel piacevole stordimento serale, riaffiorano le immagini e la sensazione di un'altra giornata vissuta appieno.


sabato 17 agosto 2013

Armonie

Fra due settimane c'è il triathlon del lago di Mulargia, ma sono in vacanza e gli allenamenti languono. Nella settimana che ho passato qui a Vervò, in Val di Non, fra le montagne del trentino, ho fatto solo tre "uscite" di poco più di un'ora, due in mtb e una di corsa. Il nuoto? Mi sono informato, ma la piscina più vicina dista più di mezz'ora, non ne vale la pena.
Ma non mi interessa, sono in vacanza e me la godo.  La veranda è fresca, la vista sulle dolomiti di Brenta dopo il tramonto è stupefacente: un raggio rosso spunta dalle cime e solca il cielo, finendo a sbattere su una nuvoletta. Poco dopo appaiono le prime stelle. Oggi sembrano tutte particolarmente tremolanti: questa è la notte di san Lorenzo, la notte delle stelle cadenti, e forse, colte da vertigine, hanno paura di cadere da quelle altezze siderali.
La polenta, nel palato, si armonizza con l'agrodolce del coniglio mentre conversazioni amabili, quasi sottovoce, non interrompono il flusso dei miei pensieri. Il profumo di legno della veranda, evoca situazioni simili del passato con persone che ora non vivono più. Grazie ai tre bicchieri di bonarda dell'oltrepò, il mio sedere collima con il cuscino della poltroncina in un'armonia perfetta.
All'improvviso la conversazione diventa più accesa e mi distoglie dai miei pensieri. "Non veniamo più a mangiare in veranda se questo implica che devi essere sempre tu a lavare i piatti" protesta mia madre. La zia Cristina replica "questa è la mia cucina, io mi ci oriento meglio ". Mi guardo intorno: Maria si guarda dolente le mani screpolate e ogni tanto fa il mio nome, Martino approfitta della confusione per sgattaiolare al piano di sotto, mentre Francesco alza un tovagliolo davanti alla faccia dicendo  "non ci sono per nessuno". Beh, penso, ci provo io anche se so che sarà tutto inutile. Mi diranno: "non ci pensare, tu li hai già lavati ieri a pranzo" oppure "no, Lorenzo, oggi è il tuo onomastico, stai seduto" o "fermo lì, il tuo sedere collima troppo perfettamente con la poltroncina, non rompere l'armonia" ma ci provo lo stesso. "Li lavo io" dico. Due secondi di silenzio, poi la conversazione riprende amabile e l'armonia ritorna perfetta in veranda. Io però sono in cucina con le mani nell'acqua bollente impiastrate dall'altra faccia della polenta. Ogni tanto piove: lo scolapiatti è in alto e nell'atto di metterci un piatto ad asciugare, inevitabilmente, mi sgocciolo addosso. Provo ad usare la mano sinistra come ombrellino con il solo risultato di spezzare le grosse gocce in una miriade di goccioline.  Ho paura di allagare il pavimento e chiedo a Cristina come faccia a non bagnare tutto quando solleva i piatti. Mi fa vedere: prende un piatto e lo tira su tenendolo parallelo alla parete e, quando ha superato l'altezza dello scolapiatti, lo fa rientrare e, solo allora, lo gira nella direzione delle barre reggipiatto. Le gocce cadono tutte nel lavandino. Con una mano sola! Il gesto, semplice e funzionale, riporta una sorta d'armonia anche in cucina; fuori ridono, le stelle cadono nell'aria fresca e profumata; qui, nell'aria umidiccia della cucina, domina l'odore appiccicoso del detersivo e l'armonia è in tono minore, in MI minore. Forse è un blues, il blues del lavapiatti.

venerdì 2 agosto 2013

Atterraggio

Signore e signori, il comandante informa che stiamo iniziando la discesa verso l'aeroporto di Baccalamanza. Non cado subito, riesco a fare due, tre passi. Forse avrei tempo per fare un bilancio della mia vita, ma non ci penso proprio. Penso al terreno, sempre più vicino alla mia faccia, al fatto che, inclinato come sono, la spinta del piede per cercare di non cadere mi spinge in avanti sempre più veloce, penso al punto migliore per l'impatto. Cerco una strategia d'uscita insomma, ma non ne trovo di indolori. Il tempo a terra è buono, il cielo è sereno e la temperatura è di 28 gradi. Un po' caldo per correre, e la sete cominciava a farsi sentire. Mi ero appena succhiato la maglietta per recuperarne parte dei liquidi e dei sali prima che colassero al suolo a solo vantaggio di qualche insetto rinsecchito. Però ... , com'era stato divertente correre a rotta di collo lungo questo bel sentiero in discesa e prima, quando l'aria era ancora relativamente fresca, la salita fino al passo di “s'enna sa craba”, finestra ideale sul  selvaggio Sulcis, affacciarsi di là verso foreste e gole di roccia e poi ritornare giù planando con la fantastica vista aerea del mare, di Cagliari e lo sfondo del Sarrabus. Forse ne era valsa la pena, forse; dipende dalla condanna. Da questo momento tutti i dispositivi elettronici devono essere tenuti spenti … oh no, ho il gps acceso, in mano … speriamo che non interferisca con la dinamica dell'atterraggio. Non posso spegnerlo, non farei in tempo ma potrei gettarlo per avere la mano libera e scegliere quale porzione di pelle sacrificare … ma tanto è uguale. Voglio solo salvare la faccia, in senso letterale. Sto anche registrando le pulsazioni con il cardiofrequenzimetro, e in fondo ne sono contento: sono curioso di vedere come va il cuore quando si vola e subito dopo l'atterraggio. Decido di salvarlo e lo tengo stretto in mano. Siete pregati di riporre il tavolinetto e di riportare lo schienale della poltrona in posizione eretta … Se solo riuscissi a riportare la schiena in posizione eretta ma, da quando il piede ha sfiorato quello stupido sasso, sono sempre più inclinato in avanti e fra poco attraverserò l'orizzontale fino a raggiungere gli angoli negativi di questa stupida discesa e a coincidere con essa in una dolorosa tangenza di stupidi. La posizione eretta dovrà aspettare (spero poco)
Assistenti di volo, prepararsi all'atteraggio. All'improvviso arriva un angelo che mi sostiene, ma io non credo alla sua esistenza e si sposta subito. Poi, sorridendo, arriva un'assistente di volo che mi sostiene, ma io non volo in  "business class" e si sposta subito. Non ho carrelli da tirare fuori e me la devo cavare con mani e gambe. Lo conosco questo terreno sabbioso, l'ho già tinto col mio sangue in altre occasioni: il colore non uniforme tradisce l'origine recente di quei frammenti di roccia: non hanno avuto il tempo di smussare gli spigoli. La sua somiglianza con la cartavetro, poi, non promette bene. So che è molto abrasivo, che farà male.  L'attesa dura poco: Vorrei poter ritrarre la mano per non ferirla, poi ritrarre il gomito, poi la faccia … fino a sparire completamente evitando così l'impatto. Ma non si può, qualcuno deve prendersi la responsabilità e allora, prima la mano destra e subito dopo lo stinco sinistro si sacrificano e scarnificano per attutire l'urto. Quando arrivano pancia ginocchio e mano sinistra sono ormai fermo sdraiato prono sul sentiero.
Benvenuti sul terriccio di Baccalamanza. Vi preghiamo di restare seduti e tenere le cinture allacciate fino a che l'apposito segnale non sarà spento. Il segnale apposito è acceso, è rosso e brucia, ma mi devo alzare lo stesso. Mai più in “economy”. Avete volato “baccalamanza airlines” ci auguriamo che scegliate ancora i nostri voli, Arrivederci. Fanculo. Mai più baccalamanza.
La mia vita è costellata di decisioni definitive prese da Lorenzi del passato, Lorenzi che ormai non esistono più.