giovedì 27 febbraio 2014

Fantasmi

Ogni anno, a primavera, rinasciamo. Ci lasciamo dietro una scia, un odore, qualcosa di incorporeo; ogni anno, come una flatulenza, generiamo un fantasma. Siamo noi, non siamo noi, poco importa; il tempo ci distacca, e, se il nostro io di ieri o del mese scorso ci lascia ancora tracce tangibili della sua identità con noi – un mal di gambe, dei calzini sporchi … – quello dell'anno prima ha perso ormai ogni contatto, complicità o simpatia con noi. Ci somiglia molto a dire il vero ma fra noi resta solo rivalità e confronto.
Io ne ho 48 di fantasmi, per lo più gentaglia. Cerco di evitarli ma quando ripeto delle azioni che ho già compiuto anni prima, si presentano inesorabilmente; mi guardano, commentano, si confrontano con me come delle vecchie comari “ah, io, ai miei tempi ...”. E allora non c'è soddisfazione più grande che batterli, godimento maggiore che lasciarli lì ammutoliti dall'umiliazione. Rappresentano il passato, gli anni che passano, la vita che scorre e forse è per questo che li odiamo, soprattutto quando cominciano ad affollarsi così numerosi e a batterci sempre più spesso.
Così ci rifugiamo dove sappiamo che non verranno mai a trovarci. Inventiamo nuove sfide per tagliarli fuori. Cento chilometri, Ironman, loro non li hanno mai fatti, non ce la facevano quei flaccidi presuntuosi.

Io però sono stufo di nascondermi. Come un vecchio pugile che a 49 anni ritorna sul ring con l'orgoglio come unica risorsa, li voglio affrontare ADESSO a viso aperto, in uno dei loro punti di forza. So che non sarà facile, alla granfondo del Sulcis mi hanno umiliato, ma ci voglio provare. So che il 9 marzo saranno tutti lì, ad Oristano, a guardarmi, additarmi e giudicarmi col cronometro in mano ma non mi sottrarrò dal confronto a viso aperto. Dovesse andare male, 3 settimane dopo ci sarà la mezza di Assemini per la rivincita; se no, non mi resterà che aspettare la prossima primavera, lasciarmi vestire dalla polvere del tempo e andare, con gli amici, a vedere cosa riuscirà a combinare quel vecchietto velleitario per farmi due risate… uuuuahahaha

martedì 25 febbraio 2014

Gran fondo del Sulcis 2014 – Fantasmi, scribacchini e comparse.

Sollevo la polvere sticazzi
(foto di Antonello Vargiu)
Che resta da dire? La realtà l'ho già raccontata. Il film è venuto un po' diverso ma solo per colpa della pessima recitazione e della mania di protagonismo di qualche stupida comparsa. Dovevo arrivare primo, era scritto chiaramente nel copione, cosa ci voleva ad aspettare e farmi passare? Anche gli effetti speciali hanno fatto flop e quando ho provato ad aprire il gas, è uscita solo una flaccida puzzetta.
Non resta che la cronaca, la pura cronaca sportiva: tutto il Sulcis minuto per minuto.
Alla partenza il tempo è buono, soleggiato, con una temperatura di 18 gradi circa; il campo è in ottime condizioni – le buche sono state aggiustate in settimana; l'affluenza è record, con circa 270 comparse, 8 fantasmi e 3 scribacchini. Io, mi e me ci dividiamo fra le tre categorie per la triplice sfida. Gli obiettivi: primo fra gli scribacchini, decimo fra le comparse e dignitosamente in mezzo al gruppo dei miei fantasmi del passato.
Lo start è puntualissimo alle 9.30. Il mio piano è di facile esecuzione: tenere sotto controllo la decima comparsa e seguire il gruppo dei fantasmi che nei primi chilometri terrà un'andatura di circa 4' al km; gli scribacchini a quell'andatura non dovrebbero darmi noia. Ecco, il decimo è lì, lo vedo bene. Mi basta raggiungerlo e stare con lui. Andiamo? Le gambe sventolano i peli e non si schiodano dal loro andamento lento. Non sono affannato ma non ne vogliono sapere di accelerare. Controllo col Garmin la posizione dei fantasmi e vedo che anche loro si stanno allontanando, 10-15 secondi al km più veloci di me. Ora li posso anche vedere, sono lì nel gruppo che insegue i primi, ma col passare dei chilometri li perdo di vista. Dietro invece c'è un bel gruppetto che si avvicina. Al tredicesimo km mi dicono che sono tredicesimo e un'altra comparsa mi sta superando. Anche l'ultimo dei fantasmi, l'esordiente di 7 anni prima col mal di pancia, mi ha quasi raggiunto e perfino lo scribacchino Marieddu è lì. No, questo è troppo. Per giunta ora comincia la salita vera, non ho speranze. Ormai sono rassegnato, aspetto la pensione agonistica, mi faccio crescere una bella pancia così ci appoggio il posacenere e mi fumo qualche buon toscano spaparanzato sul divano. A questa prospettiva, finalmente le gambe reagiscono. Due comparse mi raggiungono ancora da dietro ma le uso come fionda gravitazionale: le lascio passare, le seguo, poi accelero, le supero, le stacco e, sullo slancio, vado a riprendere altri due davanti. Secondo i miei calcoli dovrei essere undicesimo. 
Il clistere di redbull comincia a fare effetto
Al diciannovesimo km inizia la discesa e divento avvoltoio: apro le ali e comincio a planare sui tornanti in cerca di una preda. Eccola. E' lontana ma volando si va più veloci e la prospettiva di raggiungere l'obiettivo del decimo posto mi stimola come un clistere di redbull. La divoro e mi restano gli ultimi tre chilometri di corsa trionfale. A cento metri dall'arrivo, sento lo speaker che dice il mio nome e mi conferma “al decimo posto”: la gioia mi assale, è come se avessi vinto, vorrei alzare le braccia ma pochi avrebbero capito quanto contava per me quel decimo posto e mi accontento di un sorriso di quelli che di solito riservo alle mie amate torte. I miei fantasmi mi guardano ridacchiando ma non mi scompongo anche se, a dire il vero, la sfida con me stesso è stata piuttosto umiliante. Sono arrivato penultimo a quasi 2 minuti dal terzultimo e 5 dal primo. I capelli bianchi mi stanno penetrando dentro? La canizie ha colpito i miei villi intestinali? Vedremo a Oristano fra due settimane. Lì ci saranno una ventina di fantasmi a sfidarmi per la rivincita.
E gli scribacchini? Ottimo Mario, ha seguito il plot alla lettera arrivando un paio di minuti dopo di me, con la leggiadria di un foglio di carta igienica. Anche Lello, come previsto da copione si è fermato al decimo. Non per mancanza di ispirazione però, ma per eccesso ed è dovuto correre in ufficio a svuotarsi. Ne valeva la pena: leggete qua!
Sorrido di gioia circondato dai fantasmi

Le foto sono di Claudia Lazzara, grazie!



sabato 22 febbraio 2014

Gran Fondo del Sulcis: preview

Basta farsi condizionare dalla realtà! Basta documentari, viva la fiction! Questa volta prima scrivo il plot, poi vivo l'evento. Prima il resoconto, poi la gara. Insomma, siamo o non siamo in un reality? E allora eccomi, libero dai vincoli della noiosa verità a raccontarvi di questa mia Gran Fondo del Sulcis di domani.

Sfida degli sfiati sfiatati. Lo sfiato è il tipico meccanismo anaerobico: funziona come il motore a vapore. Fagioli vengono trasformati in gas che, grazie all'espansione termodinamica, fornisce una forte spinta propulsiva. Avete visto “Gravity”? Rivoltatelo in parodia. Riuscite ad immaginare cosa si potrebbe usare per spostarsi nello spazio al posto dell'estintore? Bravi! Ora torniamo sulla terra, scendiamo verso quell'isoletta, sorvoliamo le ciminiere, infiliamoci in quell'immensa foresta e fermiamoci vicino a quella chiesetta dove c'è tutta quella gente. Eccoci nel teatro della sfida fra Marieddu “intona” Pazzona, star dello sfiato musicale, Lello “stornello” Collu, poeta dallo sfiato potente e io, mago dello sfiato razionale e silenzioso ma aromatico. Altri atleti, inconsapevoli comparse, ci circondano rendendo più colorito e vivace lo sfondo.
Si parte, il fiato ci esce davanti, dalla bocca; si fatica e più si fatica, più il fiatone ci respinge indietro. Azione e reazione. Per spingersi in avanti bisognerebbe avere il fiatone da dietro. Ormai siamo in coda al gruppo. Ci guardiamo. Vedo Lello che smette di respirare, gli occhi spinti da una potente ispirazione sembra che debbano schizzare fuori da un momento all'altro ma all'improvviso con un boato lascia partire un incipit geniale che lo proietta in avanti. Io e Mario non ci lasciamo intimorire: squillo di tromba e partiamo all'inseguimento. La vera gara è cominciata.
I piedi non toccano più il suolo. Dopo un po' smettiamo di far girare le gambe “a bicicletta” per far finta di correre e le lasciamo piegate all'indietro. Gli avversari ci guardano passare stupefatti.
Intorno al decimo km Lello improvvisamente si ferma. Dice che deve pensare al finale, vorrebbe un finale a sorpresa ma non gli viene. È bloccato. Io e Marieddu lo guardiamo, gli sussurriamo un finto incoraggiamento e continuiamo la nostra gara a colpi di spinte peristaltiche.
Colpo di scena! Marieddu finisce il propellente!Mi dice che era in riserva perché aveva passato la notte a duettare con il suo coach. Io ne ho ancora, le mie doti di resistenza sono ben allenate: ho fatto sessioni di peristalsi in palestra con i pesi e “sedute” di allenamento massacranti ma produttive. Il mio intestino, perfettamente depilato, è il mio vanto – mi faccio in continuazione colonscopie selfie col telefonino – e dal culo mi escono ancora parole, un po' masticate, affannate, con lo sfiatone ma sufficienti a spingermi fino al traguardo. È l'apoteosi. Il trionfo del tronfio. La banda di Santadi suona … improvvisamente un assolo di tromba irrompe sull'inno di Mameli … è il grande Marieddu, che si è ripreso in tempo per arrivare secondo! E, finale a sorpesa, arriva anche Lello a completare il podio col suo finale a sorpresa.

Ecco fatto. Domani dovrò solo seguire il plot.

E ora provate voi a scendere più in basso di così!

giovedì 20 febbraio 2014

Sfide

Domenica prossima, finalmente, si correrà la magnifica Gran Fondo del Sulcis, 25 km di strada forestale attraverso l'omonimo massiccio montuoso. Per me sarà il primo vero appuntamento di questa stagione agonistica; questo non significa che l'abbia preparata in modo specifico ma solo che l'affronterò con il coltello fra i denti e, con questo spirito, voglio lanciare qualche sfida.
Contro me stesso. Il me stesso degli ultimi sette anni. Il ragazzino di 42 anni che esordiva nell'atletica 7 anni fa proprio nella prima edizione di questa gara. Ricordo che i giorni prima della gara non ero stato bene, non riuscivo a mangiare e non sapevo se partire o meno. Decisi di partire lo stesso senza sapere se sarei arrivato; poi arrivai stremato in 1h50' ma nettamente primo della mia squadra e nessuno credeva che ero stato male davvero. Per fortuna ero stato male e quel ragazzino malandato spero di batterlo. Sarà molto più difficile battere quell'uomo tenace che nelle sei edizioni successive ha sempre percorso quei 25 km fra 1h40 e 1h43. Non potevo avere qualche piccola defaillance, qualche “giornata no”? Sarebbe stato più facile battermi e dimostrare che il progresso fisico è inarrestabile. Se avessi saputo che il mio io del futuro sarebbe stato lì a gareggiare con me, forse sarei stato buono con me e mi sarei lasciato passare. O se almeno potessi farmi uno sgambetto ... comunque lotterò con le unghie e con i denti per dimostrare che chi parla di decadimento fisico è un fanfarone.
Contro gli altri. La sfida vera è arrivare nei primi 10 per vincere il “cestino assoluto”, riceverlo con la banda che suona l'inno nazionale, sbranarlo con la giusta ingordigia dei predatori. Domenica ne lascerò passare 9. Il decimo dovrà passare sul mio cadavere. Probabilmente ci passerà ma è giusto che sappia che col rigor mortis gli farò lo sgambetto.

Sarà sfida anche fra blogger. Domenica, in gara, ci saranno i miei 3 blogger sardi preferiti. Oltre a me ci saranno Marieddu e Lello Collu. Sarà sfida sulla strada ma soprattutto con la penna fra la scrittura leggera di Marieddu, il racconto concertato di Lello e le mie estrusioni intestinali. Beh, almeno la sfida con le scarpe spero di vincerla.

martedì 18 febbraio 2014

Distrazione, d'estrazione e distruzione – genio del cazzo

Domenica elettorale in Sardegna. Il momento cruciale della democrazia. Con una semplice x posso CAMBIARE LE COSE o almeno ci posso provare. E se ho l'impressione che il mio voto non conti nulla, calco fortissimo la x sulla scheda stringendo la matita con tutta la forza del pugno senza trattenere un urletto di godimento “ahh” (Lello lo potrebbe interpretare in modo particolare … ma questa è un'altra storia).
Insomma, con l'eterna fiducia e ottimismo di chi crede di contare o perlomeno è sicuro di essere contato, mi accingevo ad uscire per recarmi al seggio quando mi sono accorto che la carta d'identità non era nel portafogli. L'ho cercata un po' in giro ma avendo trovato il passaporto, non mi sono preoccupato e sono andato gaiamente a votare.
Fra le 6 e 84 e le 7 e 84 del mattino – fra il sonno e la veglia, il mio cervello svolge tutti i lavori importanti della giornata, così poi, da quando mi alzo a quando torno a coricarmi, è libero da impegni e può vagare allegramente sventolando i neuroni di qua e di là. In quell'oretta, oltre ai problemi di lavoro e alle parole mancanti dei cruciverba, risolve anche problemi pratici. Ieri, in particolare, si è messo alla ricerca della carta d'identità, ricostruendo con un modello di simulazione psichico, una lunga catena di eventi: il rientro da Bruxelles, il portafogli gonfio che dalla tasca mi palpeggiava la natica, io che infastidito decidevo di rinchiuderlo in valigia, io che estraevo la carta d'identità che mi sarebbe servita per il check-in, la carta d'identità che mi ha sorriso sottile e
Connotati e contrassegni salienti: genio del cazzo
carezzevole, io che me la mettevo in tasca … mi sveglio con una certezza: “l'ho lasciata nella tasca posteriore dei pantaloni! Se la trovo là, sono un genio”. Scendo le scale tronfio, apro l'armadio, trovo i pantaloni infilo una mano nella tasca … argh … l'ego comincia a sgonfiarsi, stringo i denti, comincio ad estrarre i pezzetti masticati dalla lavatrice e, sempre a denti stretti, sussurro queste parole: “sono proprio un genio. Un bel genio del cazzo”.

domenica 16 febbraio 2014

Libertà condizionata

Stamattina appena sveglio apro gli occhi e guardo l'ora: sono le 7 e 84. 84? C'è qualcosa di strano, penso. Ho solo sognato di essermi svegliato; con un ulteriore salto di coscienza apro nuovi occhi e la realtà finalmente sembra vera.
Mi sento stanco. Ieri ho passato 5 ore in bici, sia pure a ritmi blandi, che mi hanno lasciato le gambe svogliate e un po' indolenzite. Il letto, con il suo infinito potenziale di libertà è lì pronto a riabbracciarmi. Mi servono motivazioni forti, roba vietata ai minori o qualcosa del genere. Il sole c'è, si preannuncia una giornata splendida e tiepida, e decido di buttarmi di corsa nei sentieri dell'oasi WWF di monte Arcosu, a 15 minuti di macchina, roba forte, rated R.
Come il giro in bici di ieri era sociale, divertente, chiassoso, oggi sono solo, completamente. Sono l'unico uomo nel giro di chilometri. Le tracce dei cinghiali sono molto più marcate di quelle dell'uomo. L'intimità con la natura è completa, quasi imbarazzante. Mi abbraccia e mi accarezza le gambe col cisto e mi bacia sulla pelle scoperta con raggi intensi. Profumi. Ansimo per l'orgasmo o per la salita, non ricordo bene. Il sentiero arriva in cresta e gli orizzonti si allargano luminosi, colorati, infiniti. Nessuna parola ma non riesco a trattenere un gesto: allargo le braccia e scuoto la testa, l'emozione si schiude e un brivido mi corre lungo la schiena. Incredulità di fronte a cotanta bellezza. Sì, “cotanta”. Se non lo dico adesso quando mi ricapiterà l'occasione? Forse sto ancora sognando, sono le 11 e 84 e ora mi sveglio davvero.
Un sentiero tira l'altro: A1 poi A2 ora A3. I segni bianchi e rossi dei sentieri CAI finiscono, poi finisce anche la segnaletica in legno del WWF. Continuo seguendo ometti di pietra su tracce di sentiero che risalgono una dorsale; non so dove vada, non sono mai stato qui. Non corro, non ci riesco più, ma continuo a salire. L'esperienza mi ha insegnato che le salite finiscono sempre e quasi sempre lassù c'è il meglio. Ed ecco il valico. Mi arrampico su una roccia per arrivare in cima a qualcosa e mi guardo intorno: da una parte il golfo di Cagliari con il promontorio della sella del diavolo che divide il mare, dall'altra l'iglesiente sovrastato dai rilievi del Linas. Sopra di me, a poca distanza, il monte Lattias mi mostra minaccioso i suoi denti di granito. Mi stendo un attimo sulla roccia a registrarne il profilo sulla pelle della schiena, inebriato da sole e stanchezza, ubriaco di sensazioni.

Se fossi restato a letto avrei avuto la libertà di non vivere tutto questo.

venerdì 14 febbraio 2014

Libertà

Il tempo è libertà, moltiplica le opzioni. Ci dà la possibilità di fare e soprattutto di non fare un sacco di cose - per ogni cosa che si può fare ce ne sono milioni che si possono non fare. Se abbiamo tempo possiamo non fare la strada più breve dal punto A al punto B ma una delle infinite altre. Possiamo non guardare l'orologio e fare un sudoku o anche non farlo. Possiamo continuare le parole crociate anche quando abbiamo finito di defecare da un pezzo. Possiamo non mettere la sveglia e restare a letto.
La massima espressione di libertà è starsene sdraiati su un letto. In quella posizione, annullando qualsiasi azione, le potenzialità raggiungono l'apice. Si crea un vuoto totale, uno spazio-tempo assolutamente libero che può essere riempito in un'infinità di modi diversi. Ma è una libertà labile e va conservata con amorevole cura. Appena ci si accinge a fare qualcosa essa svanisce: la magia si rompe, il vuoto si riempie, il tempo libero si occupa e non è più libero, è occupato, “un momento, faccio subito … (flushhh) … tranquilli, mi ero alzato solo per mettere un po' di musica, ora è libero e me ne torno a letto”.

La noia purtroppo talvolta ci costringe ad alzarci e ci imprigiona alle catene del “fare”. Capita anche a me e spesso finisce che, schiavo della frenesia, mi ritrovo a correre nei boschi …  

mercoledì 12 febbraio 2014

Ho visto cose – La catena degli eventi

Ho visto due treni allontanarsi in direzioni opposte ognuno trasportando un pezzo del mio bagaglio …

Gestire una zona cambio richiede attenzione, precisione, meticolosa cura del dettaglio, tutte doti che non ho. Con distrazione, pressapochismo e raffazzonatezza, si rischia di perdere un sacco di tempo o, peggio, di ripartire dimenticando qualcosa di essenziale. La vita però è maestra e a furia di bacchettate riesce ad insegnare qualcosa anche ai suoi studenti peggiori. Una delle lezioni di “zona cambio” che ricordo era un'esercitazione pratica: cambio di treno con bagaglio.
Ecco la cronaca.
Mattina di fine estate di fine anni '80. Finite le vacanze in trentino, dovevo tornare a Torino in treno. La zia Cristina salutandomi, mi regala una bella giacca di lana dicendo: “mi raccomando, Lorenzo, non perderla come al solito, fai attenzione” “stai tranquilla, Cristina, ho smesso di fare quelle cose”. A Milano dovevo cambiare treno. Salgo sul treno in partenza per Torino, trovo uno scompartimento libero e mi accomodo. Siccome sono una persona attenta, mi rendo quasi subito conto di aver dimenticato il regalo di Cristina sull'altro treno! La promessa era fresca e dovevo rimediare. Scendo di corsa, guardo il tabellone ma arrivo al binario solo in tempo per vedere il treno ripartire, verso Venezia, con sopra la mia giacca. Sconsolato, me ne torno al mio treno. Arrivo al binario giusto in tempo per vederlo partire verso Torino, con sopra la mia borsa! Il mio bagaglio era dilaniato! Simmetria … gioco di specchi … principio di conservazione della quantità di moto … l'eleganza della situazione era troppo evidente per arrabbiarsi o disperarsi. Mi guardavo da fuori e mi veniva da ridere. Mentre andavo alla polizia ferroviaria, per cercare di recuperare almeno la borsa, dubitavo che avrebbero creduto alla mia storia ma non volevo inventarne altre: era troppo bella e non vedevo l'ora di raccontarla. L'agente doveva averne sentite molte di storie strane e mi ha ascoltato sorridendo ma senza incredulità. Alla stazione di Novara i suoi colleghi sono saliti sul treno a cercare la mia borsa e l'hanno recuperata. Insomma alla fine ho perso solo una giacca, un paio di treni e quel poco che restava della mia faccia.
Spesso le persone distratte si giustificano dicendo: Einstein era un genio – Einstein era distratto – io sono distratto – ergo: io sono un genio … ma non funziona, è un sillogismo errato che dimostra solo di essere molto lontani anche da una minima capacità di pensiero razionale.
Ci vorrebbe un teorema per giustificare anche questa defaillance … il teorema dei due treni …l'entanglement quantistico … la catena degli eventi … boh, ci provo.

Spiegazione razionale. Gli eventi sono concatenati: i diversi anelli si legano l'un l'altro: il maglione, la raccomandazione, il primo treno, il secondo treno … La probabilità che si realizzino tutti non è il prodotto delle singole probabilità, come sarebbe se fossero eventi indipendenti, ma al primo seguono necessariamente tutti gli altri … swiishh (perdo aderenza cominciando a scivolare sulla superficie dello specchio). Ma, è vero! Per aver fatto la promessa a Cristina, dovevo cercare di recuperare la giacca. Per avere qualche speranza di recuperare la giacca, dovevo correre e non potevo portarmi dietro la borsa. I tre eventi erano inanellati in una solida catena … io non ho fatto che tirarla!  
la catena degli eventi

lunedì 10 febbraio 2014

Sa crabarissa

Sabato – essere E non essere. Avrei voluto partecipare al trail “tacchi d'Ogliastra” ma avevo ancora qualche problemino intestinale e non volevo andare fino ad Ulassai solo per concimare i boschi: ho girato i tacchi E non ho girato i “tacchi”.

Domenica – un compleanno speciale.
La pioggia, in segno di rispetto ha smesso di cadere prima che scendessi dalla macchina e si è lasciata calpestare umilmente.
I daini mi hanno invitato a correre con loro nella libertà sconfinata di chi non ha una strada da seguire: “la prossima volta, grazie! Oggi ho una meta”. Seguiamo correndo la morbida striscia di terra bagnata che apre la macchia e aggira le rocce nelle tre dimensioni. Ci si passa la canna di endorfine e l'euforia monta.
Spettacolo “stupefacente”, come una visione compare lei, magnifica e dolente, scolpita dal soffio di un vento cubista, artista visionario, paziente e perfezionista che in millenni ha modellato il suo capolavoro: la maestosa “crabarissa”, la ragazza di Cabras pietrificata dalla leggenda.
Al rientro continua la festa, quella del calore e dell'ospitalità di Caterina e dei suoi amici che offre il meglio di sé, preparando i condimenti più gustosi e sacrificando il porchetto più tenero e saporito. Un masso enorme è apparecchiato e non ci si alza se non completamente sazi e piacevolmente brilli. Cosa avrebbero potuto darmi di più se avessero saputo che era il mio compleanno, a parte qualche stanco rituale?


Mancano solo le candeline!

sabato 8 febbraio 2014

Rivelazioni – terza puntata

Ogni volta che sento parlare di “principio universale” mi viene in mente il big bang e tutte le volte mi viene un brivido al ricordo di quel gran botto. Navigavo nel buio del preuniverso e stavo ciucciando un placenta drink con la cannuccia ventrale quando, all'improvviso mi sentii spingere da forze immani verso una luce che in poche frazioni di secondo si popolò di materia, antimateria, arredi, persone. Non potei trattenere un urlo di stupore: il mondo era nato!

Riassunto delle puntate precedenti. Lei si esibisce nuda ma nessuno la vede. Solo io. Viaggiamo per pianeti alieni alla ricerca di principi o principesse … troviamo solo un vecchio principio solitario nel deserto che ci invita a sopravvivere e riprodurci. Intanto Francesco si beve un mirto.

Sopravvivere è condizione necessaria per vivere, ma non sufficiente. La conservazione garantisce la commestibilità del cibo, non la sua bontà. E' davvero così importante sopravvivere? A tutti i costi? E cos'hanno a che fare il cannonau, l'aria profumata, i sorrisi spontanei, con riproduzione e sopravvivenza?
Le parole del vecchio, che al primo ascolto mi avevano convinto, cominciano a riempirmi di dubbi e domande. Il deserto della mente, che si stava popolando di tenaci propositi di riproduzione, ora mi svela un futuro pieno di bambini piangenti ed affamati …
Non sufficiente dicevo, cosa manca allora? Guardo la verità con aria interrogativa, lei mi sorride, si volta e comincia a camminare, scansando le orde di ragazzini mendicanti un tozzo di pane. Io e il vecchio la seguiamo. Sono scettico, in quel casino è davvero difficile trovare qualcosa, e ho la tentazione di cancellare di nuovo tutto. Uno dei bambini, a differenza degli altri, sembra ben nutrito e ha l'aria contenta; ci sorride e si arrampica su un alto roccione. Ci guarda un istante, poi si volta e fa il gesto di buttarsi giù ma il vecchio con un balzo incredibile lo blocca: “che fai disgraziato! Se ti butti muori, e l'insieme I perde un elemento!” Il ragazzo lo guarda tranquillo. “Lasciami vecchio! Mi son mangiato tutte le scorte di cibo e ora posso solo scegliere se soffrire o morire sazio e io ho già scelto.” “Ma se tutti facessero come te, l'insieme I ...” “Non capisci proprio, testone? Vuoi che parlo come te di questo benedetto insieme I? Guarda che sono anche io un principio universale1: “dato un insieme I e un'azione A sugli elementi di I, e definita una quantità misurabile chiamata benessere B, A è buona se aumenta il valor medio di B sugli elementi dell'insieme I, cattiva se lo riduce, inutile se non lo altera. Io mi sono mangiato tutto il pane aumentando il mio benessere B e ora mi butto così non lo diminuisco.” “E bravo lui, allora chi ha il mal di pancia farebbe una buona azione sparandosi? E il valore della vita?
Già, il valore della vita! Ecco la chiave che permetterà di tenere in equilibrio il vecchio e il ragazzo, il sopravvivere e il vivere bene. Francesco, a quest'ora, starà già bevendo il suo mirto, senza chiedersi se il benessere di I ne tragga giovamento o meno, se il numero di elementi di I possa cambiare, o quanti mirti valga una vita; io, che lo so, ora bevo il mio e ha più gusto: cin!

Note:


1 Ogni volta che sento parlare di “principio universale” mi viene in mente il big bang e tutte le volte mi viene un brivido al ricordo di quel gran botto. Navigavo nel buio del preuniverso e stavo ciucciando un placenta drink con la cannuccia ventrale quando, all'improvviso mi sentii spingere da forze immani verso una luce che in poche frazioni di secondo si popolò di materia, antimateria, arredi, persone. Non potei trattenere un urlo di stupore: il mondo era nato!

giovedì 6 febbraio 2014

Capotavola

Ieri notte sono rientrato da Bruxelles. Intanto il maldistomaco è passato alla fase due, quella subdola e turbolenta dei grandi discorsi addominali. A causa sua i principali obiettivi del viaggio sono falliti clamorosamente: i) nessuna corsa nei parchi, ii) neanche una birra. Comunque, anche senza corse e birre, rimane una città interessante che esibisce una “grandeur” quasi napoleonica, manifestazione di gloria di grandi venditori.
Stamattina, a colazione, Maria si è seduta a capotavola. Appena mi ha visto arrivare, si è alzata dicendo: “scusa, quando non c'eri mi sono abituata a sedermi là, è più comodo.” Le rispondo: “Se vuoi, facciamo cambio, per me è lo stesso” “vabbene, allora cambiamo”. 
 PANICO
Così, con una frase buttata lì, ho gettato al vento millenni di lotte, di conquiste, di soprusi prima violenti poi sottili, di tignosa resistenza. Quella sedia è costata al mio genere umiliazioni e sconfitte ma, anche quando il titolo di capofamiglia era ormai perso, quello di capotavola è stato difeso strenuamente con onore e disonore e trasmesso di generazione in generazione dal popolo dei maschi. C'era in gioco il controllo della sedia centrale, posizione strategica nella scacchiera familiare. E io ho detto “per me è lo stesso”!
In fondo però anche il Belgio ha rinunciato al Congo e non se la passa poi così male …

Potrei chiedere che la mia nuova sedia diventi sede del consiglio dell'unione dei sederi e poter dire “la seduta è sciolta – cacca molle – fase due – Bruxelles!” rewind: accosto il cerchio e ne esco in punta dei piedi non fate rumore, forse Maria stasera se ne sarà dimenticata …

martedì 4 febbraio 2014

La faccia giusta

4/2/2014 Bruxelles.
Riuscite ad immaginare me ad un meeting con i maggiori esperti europei sui sistemi ad energia solare termica? E quando ho parlato mi hanno anche preso sul serio! 
Basta fare la faccia giusta.

domenica 2 febbraio 2014

Un altro segno

Avvertenza: Post scritto dal mio zombie. L'ironia potrebbe essere pesante e lo stile un po' rigido.

Sabato mattina mi sono svegliato alle 4 come mi capita sovente in questo periodo. Di solito è l'intestino che si permette di criticare il menù della sera prima (vedi “oggi è già domani” o “pezzi sparsi”), questa volta era il tallone. Pulsava: probabilmente stava trasmettendo un messaggio in codice morse ma ero mezzo addormentato e non l'ho trascritto. Era chiaro che parlasse di se stesso, anche se non risultava evidente se volesse essere usato di più o di meno. Con la mia perspicacia, ho dedotto che fosse di meno e, in particolare, che mi chiedesse di evitare le ripetute 4x2000. Qualcosa tipo: “sofferto ripetute ieri, evitare rpt 4x2000, altrimenti … stop” Un avvertimento, nel cuore della notte, in stile minaccia mafiosa.
La mattina dopo, non avendo nessun dolore, decido di unirmi ad una bella escursione in mtb: 4 ore di salite e divertenti discese, alla fine un po' di stanchezza è normale. La sera però mi sento ancora stanco: la pizza ai peperoni non mi ha aiutato a recuperare.
Stamattina la stanchezza era immutata. Avevo dato appuntamento a Checco ed altri amici per trovarci alle 8.30 a S. Lucia per una sgambata di 25km sul percorso della Gran fondo del Sulcis, niente a che vedere con le ripetute quindi il mio caro tallone dovrebbe essere contento. Fuori pioviggina. Alle 8.15 sono ancora in pigiama e telefono a Checco per sapere se si corre lo stesso. Mi parla di uomini veri, o roba simile. Non riesco a rifiutare. Al ritrovo, dopo un attimo di incertezza si decide di partire lo stesso. Do in ostaggio la mia borsa con il cambio ad Enrico, figlio di Checco, che ci aspetterà all'arrivo. L'opzione “prova a partire ed eventualmente torna indietro” è sfumata con quest'operazione.
Lo stomaco brontola, le gambe faticano, ma è normale. Fra qualche km avrò digerito e mi sarò riscaldato e tutto andrà meglio. Eh? Niente di tutto ciò: mi sento come se avessi già corso più di 30km e svuotato le riserve di glicogeno. Sono zombie ma senza il tipico appetito dei non morti: inseguo, a fatica, Checco e Mauro ma senza l'intenzione di sbranarli le motivazioni latitano.
La compagnia e la meraviglia del posto mi aiutano a continuare fino all'arrivo; sono contento di avercela fatta senza eccessiva sofferenza. Alla fine è stato un bell'allenamento per il mio zombie che tornerà utile per il passatore. Il peggio però deve ancora arrivare. Lo stomaco è chiuso come un carcere di massima sicurezza non italiano. Faccio fatica perfino a bere. A casa, invece della solita birra, mi preparo una spremuta di limone e un bicchiere d'acqua calda col miele. Vomito tutto. Sono disidratato e con la glicemia sotto le scarpe ma non riesco a nutrirmi. Ora, piano piano, mi sto riprendendo. Ho bevuto un tè col miele e mangiato una mela e sto ricominciando a vivere.
A posteriori, è tutto chiaro. Il corpo voleva trasmettere il seguente messaggio: “influenza in arrivo, richiediamo due giornate di riposo. Stop.”. Sapendo che il mio pezzo preferito è il tallone, aveva chiesto a lui di trasmetterlo, sicuro che così lo avrei ascoltato. D'ora in poi però, cerchiamo di comunicare in ore più consone e, vi prometto, che cercherò di essere più attento.

Domani non so se riuscirò a partire per Bruxelles. Per ogni eventualità ho però già messo le scarpette nella valigia …

sabato 1 febbraio 2014

Almanacco del mese dopo – Febbraio 2014

Febbraio è un mese del futuro. Con i suoi 28 giorni di durata è un prototipo di come sarà la vita quando adotteranno il mio “calendarioperfetto”. Inforchiamo le bici volanti, indossiamo i biovestiti (il mio è un po' peloso) e godiamocelo.

Eventi

3-5. Viaggio di lavoro a Bruxelles.
Come ormai faccio sempre, nel bagaglio minimo infilerò lo stretto necessaire per correre. Ryanair non mi spaventa, le mutande non sono poi così importanti. Poi inaugurerò la rubrica “turismo di corsa” o “di corsa a … Bruxelles”

9. Mio compleanno. Avrei voluto festeggiarlo correndo la maratonina di Pula ma l'hanno rimandata a maggio. Non importa, tanto è un compleanno inutile, avrò ancora mm45 anni: l'età di noi sportivi è sulla rotella grande e dovrà attendere ancora un anno per lo scatto.

23. Granfondo del Sulcis, ottava edizione. E' una storia d'amore e finora non ho mai mancato l'appuntamento con questa bellissima gnocca di 25km. La prima volta rimasi con la bava alla bocca guardando i cestini pieni di leccornie che i primi dieci si portavano via. Da allora, 5 volte su 6, sono riuscito a possederlo. Anche quest'anno riuscirò ad arrivare fra i primi dieci o almeno questo è il mio proposito di spermatozoo velleitario.

Best of the past

Rileggendo i miei post di un anno fa, quando il blog era appena nato, ho trovato un paio di domande interessanti che ripropongo qui:

Si dice che quando i carboidrati scarseggiano i muscoli cominciano a "mangiare" sé stessi per ricavarne l'energia necessaria ad andare avanti; ma, se così fosse, non converrebbe mangiare quelli di un altro atleta?

Cosa c'è, in natura, crostoso fuori e tenero all'interno, che i nostri antenati trovavano talmente gustoso da trasmetterci quel godimento atavico che proviamo quando i denti affondano nell'esoscheletro?

(da insetti)