martedì 27 ottobre 2015

Triathlon medio forte village – intro


Il buffet. Sono qui anche per godere del magnifico contorno che il Forte Village resort offre a tutti i partecipanti, a partire dal buffet della sera prima.
Se non assaggiassi tutto, compresa la decina di varietà di dolci, rimarrei col rimorso di essermi perso qualcosa. Faccio a gara a chi riempie più il piatto con Francesco, anche lui uno che soffre i rimorsi della fame, e aiuto la digestione con qualche bel mezzo bicchiere di vino – mezzo alla volta, certo, che sono un atleta e mi potrebbe far male. A fine pasto non ho rimpianti ma mi sento un bidone e nonostante la tisana finale, ingurgitata senza zucchero – senza zucchero, certo, che sono un atleta e non posso esagerare con i dolci – resto appesantito. A casa, prima di coricarmi, preparo le due borracce per la bici aggiungendo alla fine un cucchiaino di bicarbonato per favorire la digestione. Non immaginavo che, durante la notte, il bicarbonato reagisse con l'integratore trasformando il contenuto di una di esse in un intruglio frizzante.
La sveglia. La notte fra sabato e domenica scatta l'ora legale. Gioco la solita partita a scacchi con la sveglia del mio smartphone Qilive. “Se io puntassi la sveglia un'ora dopo e l'orologio del telefono si aggiustasse automaticamente, invece che alle 5 e mezza mi sveglierei alle 6 e mezza e arriverei in ritardo!” Con una mossa degna di Kasparov, decido allora di lasciare la sveglia alle 5 e mezza (scacco al re). Alle 4 e mezza la sveglia suona (matto in due mosse).
Giochiamo subito la rivincita: “metto la sveglia avanti di un'ora e mi rimetto a dormire … ma lei capirà che mi voglio svegliare fra un'ora o è così intelligente da sapere che ci si sveglia una volta al giorno e si programma per domattina?” Provo a dormire ma il dubbio mi tiene sveglio … per fortuna, perché mi sarei svegliato l'indomani. Insomma alle 5 e mezza ho già perso due partite a scacchi col mio Qilive. Pensa quante ne avrei perse se avessi avuto un I-phone che è ancora più “smart”!
Le sfide. Durante le ultime due settimane di allenamento ho cercato di migliorare la velocità di corsa, per tornare al livello dell'anno scorso ma senza successo. Già pochi chilometri a 4'10 mi stancavano molto. La sfida con me stesso e con le 4h55 dell'anno scorso è già persa.
Studiando l'elenco degli iscritti, ho notato due italiani della mia categoria che partono con un ottimo “rank” e parecchi stranieri. Anche se mancano i sardi più forti, il primo posto di categoria mi pare quindi anch'esso irraggiungibile.
Ci sono poi gli amici da sfidare. Teo è all'esordio e in bici, nonostante il casco spaziale, fa ancora fatica. Francesco invece, dopo la batosta di Mallorca, mi sembra irraggiungibile.
C'è poi un'ultima sfida. La gara vale come campionato per i direttori di gara del circuito Challenge e siccome sono l'unico rappresentante della squadra del Forte Village in gara, mi hanno assegnato la cuffietta gialla che distingue i partecipanti a questa sfida particolare. La sento pesante. In gara con me ci sarà anche il CEO del marchio Challenge che ha un passato nella nazionale polacca, che è sicuramente più direttore di gara e più forte di me.
Insomma, mi aspettano quattro sfide e tutte e quattro già perse in partenza.
Di fronte al mare, aspettando lo sparo, continuo a massaggiarmi lo stomaco. Con la mia cuffietta gialla di 10 chili e tutti quei sassi nel ventre, probabilmente andrò a fondo.  

mercoledì 21 ottobre 2015

Eroismo


Ne va della salvezza del pianeta. Devo consegnare alla base questo chip elettronico con informazioni di vitale importanza prima che i nemici riescano ad inserire un codice falso.
Bang! Qualcuno mi sta sparando! Scappo verso il mare e comincio a nuotare furiosamente. Mi sono addosso! Prendo botte, cercano di annegarmi ma non mi lascio sopraffare, lotto per sopravvivere e finalmente riesco a districarmi. Quando esco dall'acqua dall'altra parte della baia, sono sfinito. Mi guardo dietro e mi stanno ancora inseguendo. Sono in tanti. Ancora di più ne ho davanti: tutti uguali, vestiti come me in nero neoprene, provano a precedermi alla base con un chip identico al mio contenente false informazioni.
Salgo sulla bici e spingo come un dannato, devo arrivare prima di loro. Sudo, fatico, soffro; i muscoli delle cosce sono in fiamme ma non posso fermarmi: devo resistere per il bene dell'umanità! Dopo avere attraversato le montagne e lottato contro il vento, sono stremato ma, mollata la bici, devo ancora correre. Appena raggiungo un nemico e penso di potermi rilassare ne appare un altro avanti a me. Sembrano infiniti! Ma ecco che, con le ultime energie, supero l'ultimo. Comincia a montare dentro di me una sensazione di piacere che si mescola alla sofferenza e, piano piano, la sovrasta. Gemo di soddisfazione. La base è finalmente raggiunta. È fatta. Sono un eroe! Gli applausi del pubblico mi accompagnano mentre passo il chip sul rilevatore. Sto godendo.
Mi volto. Ecco il nemico: arriva battuto e sarà fischiato ed imprigionato per aver cercato malvagiamente di impedirmi di batterlo … ma applaudono anche lui! Incredibile: mi sorride e mi abbraccia!
Forse allora non è così malvagio … forse non ho salvato il mondo … il punto d'arrivo di questa lunga corsa somiglia tanto al punto di partenza … FORSE HO SOLO GIRATO IN TONDO! Finalmente, su un pannello di plastica scura, vedo il mio riflesso, seminudo e ansimante e capisco:
Mi sono solo sparato un altro atto di autoeroismo.

lunedì 19 ottobre 2015

Verso il Forte Village Triathlon

La velleità sarebbe ripetere i tempi dell'anno scorso: 40' nel nuoto, 2h43 di bici e 1h26 di corsa, per finire in 4h55. Con quel tempo, l'anno scorso sono arrivato a pochi secondi dal primo della categoria dei cinquantenni, un triatleta svizzero, e avrei quindi qualche possibilità di arrivare primo di categoria e vincere l'iscrizione al triathlon medio del Bahrain. Il nuoto e la bici mi sembrano fattibili. Invece l'1h26'01” nella mezza – 4'06” al chilometro – sembra facile ma proprio non mi riesce.
Ci ho provato venerdì, per 13 chilometri secchi (senza prima uscire in bici) e ci sono andato vicino ma con affanno. A nove giorni dalla gara, una persona assennata avrebbe rinunciato al Bahrain e ripensato agli obiettivi. Io ho dato la colpa alle scarpe, ne ho comprato un nuovo paio velocissime e ci ho riprovato domenica: 6 km dopo 80 di bici tirati, e li ho fatti a 4'11 arrivando con le viscere rivoltate. La distanza dall'obiettivo è così palese che, a 7 giorni dalla gara, anche uno stupido avrebbe rinunciato al Bahrain e ripensato agli obiettivi. Io ho dato la colpa all'alimentazione, comprato 2 gel e ci riproverò in allenamento e poi in gara. Le ambizioni della testa non saranno seguite adeguatamente dalle gambe. La testa partirà in avanti a 4'06, lasciando indietro i piedi. Mi sbilancerò e cadrò per terra; lo svizzero, con altri cento, mi calpesterà e andrà a vincere. Ma almeno ci avrò provato. 

giovedì 15 ottobre 2015

Puntare in alto è sempre meglio che spararsi sui piedi.

La “forma” è ciò che dà, al “blob universale”, l'aspetto di un essere umano o di qualsiasi altro oggetto.
In questi giorni sento che la forma sta tornando da me e, da essere informe, mi sta dando le sembianze di atleta. La sostanza è un'altra cosa, certo. Sto tornando in forma ma non ancora in sostanza.
Insomma mi ritrovo ad essere un'imitazione di triatleta; qualcosa di meglio quindi del blob che ha affrontato gli ironman di Roth e Mallorca ma ancora vulnerabile ai capricci del “grande sciacquone”.

Fra 10 giorni ci sarà il triathlon medio del Forte Village, la bellissima gara marchiata Challenge che Andrea mi organizza sotto casa, e ne voglio approfittare per sfoggiare questa bella forma che mi è venuta. Per i primi di categoria, ci sarà in palio l'iscrizione al triathlon medio Challenge del Bahrain. Puntare in alto è sempre meglio che spararsi sui piedi. Vero? O vi sembro velleitario?

martedì 13 ottobre 2015

La lotteria

... ora che sono ritornato nel mondo reale, ricomincio a pensare alle questioni che erano rimaste sospese nei giorni magici di Mallorca. Una in particolare mi incuriosisce.
PSA totale: 6.76 = 25% di probabilità di tumore alla prostata.
Non potrebbe essere la bici, dottore? Possiamo rifare le analisi dopo l'ironman?” Il dottor Buffa sembra scettico, ma riesco ad ottenere un secondo appello: esame del sangue da ripetere 5 giorni dopo l'ironman.
Probabilità, lotteria, sospensione, attesa. Ritardo ancora l'iscrizione al triathlon del Forte Village; non ha molto senso prendere impegni per il futuro. Non sono preoccupato però; il 25% di probabilità di tumore sono un ottimo 75% di probabilità che non ci sia niente. Poi, anche se ci fosse, nella maggior parte dei casi, il tumore è benigno. Per qualche istante però la prospettiva si inverte: da “probabilmente non ho niente” a “forse ho un tumore” portandomi a considerare la realizzazione della condizione peggiore. Non ci casco, non serve a niente preoccuparsi e, nell'attesa conviene di gran lunga l'incoscenza. L'unica azione che compio è comprare un sellino per la bici col buco in mezzo. Intanto i pensieri sono altri e si vive, alla grande, partecipando all'ironman di Mallorca. Poi, al rientro, si ricomincia a pensare. Cinque giorni senza bici, con la prostata tenuta come una principessa su cuscini di piume per portarla all'esame di riparazione nelle condizioni migliori. In caso di conferma del risultato dell'analisi precedente, più che il 25% di probabilità di tumore, temo la certezza di dover fare visite ed esami fastidiosi. Dopo il prelievo, c'è ancora una settimana di attesa per l'esito e quasi mi scordo di ritirarlo.
Ecco il risultato finale della lotteria:
PSA totale: 2.32. “Era solo una prostatite” dice il dottore.

Bene. Ora mi posso iscrivere al medio del Forte Village. E mi sento così forte e così vivo che proverò a vincerlo

venerdì 9 ottobre 2015

Ironman di Mallorca – outtro

Dichiarazioni. Dopo l'arrivo Francesco e Andrea: “mai più, troppo duro”. La sera Francesco e Federico: “l'anno prossimo se non mi prendono al Norseman, facciamo quello di Lanzarote”.
Numeri. L'ho finita in 11h02'43”, 4' in meno di Roth ma ben 50' in più di Klagenfurt. Come già detto, visti i problemi fisici (infiammazione al tallone, antibiotici …) non mi aspettavo niente di meglio. 3h43'22 nella maratona, poi, è quasi il record mondiale della salita al calvario. 42esimo di categoria (la slot sarà per la prossima volta ) e 543simo assoluto; non male, peccato solo che Andrea sia arrivato 542simo (maledetto, per un pelo!), per non parlare di Francesco 332esimo in 10h33. Magno l'ha chiusa in 11h33, nonostante la rottura della catena e Federico in 12h20 nonostante in bici sembrava che stesse andando a comprare il latte (guarda la figura qui sotto).

La quarta frazione. Durante la dolorosa frazione di corsa, sognavo un tuffo nell'acqua fresca e un lungo riposo aspettando Federico, sfinendomi di cibo e birra al ristoro finale. Insomma, speravo fosse finita.
Del tuffo simbolico ho già parlato e per il resto non c'è tempo. Alle 20 chiude il negozio e dobbiamo restituire le bici! Con Francesco ci trasciniamo per un chilometro circa fino alla zona cambio. Recuperiamo le borse e la bici ma troviamo il negozio già chiuso. Ormai non ci resta che tornare all'hotel e con una decina di chili di borse appese alle spalle in modo estremamente precario, ci avviamo in bici a fare i tre km del rientro. Un po' nel traffico, un po' sui marciapiede, con le borse che si spostano improvvisamente rischiando di finire fra i raggi, e con la salita finale, questa quarta frazione imprevista è stata proprio dura.
Relax. In hotel dopo la doccia, alle 21.30 troviamo aperto solo il buffet. Anche lo spillatore è chiuso ma me lo faccio aprire e ci passerò parecchie volte. Arriva anche Federico e ci lanciamo sul cibo. Più tardi, al bar, niente camomilla questa volta, ma un'altra birra.
Il giorno dopo, indossiamo tutti e tre la maglia da finisher, non per gloriarcene (almeno io) ma perché era l'unica pulita. Federico è il più fiero e per un pelo, anche se non lo confessa, non si ftatuare il marchio “IM” sul polpaccio. Riportiamo le bici, mangiamo un'ottima paella, e poi in hotel approfittiamo della Spa per un po' di sani idromassaggi, bagno turco, terapia del freddo …

Ritorno alla realtà. Lunedì, la sveglia è alle 4 ma ci svegliamo prima con Francesco in preda ad una fortissima gastroenterite. Lo trasciniamo al taxi e poi da un aeroporto all'altro. Il viaggio penoso finisce dopo le 20 e ci riporta alla realtà, quella della vera sofferenza e dei problemi da risolvere. Anch'io, ora che sono nel mondo reale, ricomincio a pensare alle questioni che erano rimaste sospese in questi giorni magici.

mercoledì 7 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - la corsa

Ed eccomi in una meravigliosa isola delle baleari in una bella giornata di fine estate alla mia frazione preferita di una gara che adoro. Sarà bellissimo, che dite? La foga agonistica mi ha fatto scappare completamente di mente il fatto di non essere allenato decentemente per la maratona. Appena uscito dalla zona cambio trovo il primo ristoro. Bevo un sorso d'acqua e nascosto fra le solite bevande isotoniche, cola, banane e gel cosa vedo? Redbull? È finito il tempo della camomilla! È l'ora degli occhi iniettati di sangue, delle narici dilatate e delle cornate nel culo. Ne ingurgito qualche sorsata con una smorfia e parto. Riesco a correre abbastanza veloce, intorno ai 13km/h, senza forzare. Su un tratto del percorso a bastone incrocio Francesco, con meno di un km di vantaggio e subito dopo raggiungo Magno, un po' giù di tono per essere rimasto attardato da un problema meccanico nella frazione di bici. Lo supero senza pietà. Dopo 4 chilometri il percorso passa sul lungomare. Un filo d'aria fresca e il pubblico caloroso me lo fanno godere; poi si passa davanti alla deviazione che porta all'arrivo in piena spiaggia e sogno il momento nel quale sarà il mio turno di girare, passare il traguardo e buttarmi in quel fantastico mare piatto e fresco.
Intorno al quinto km raggiungo Francesco, credevo di dover faticare di più ma evidentemente sto correndo proprio bene. Lo saluto calorosamente; poi noto il nastro azzurro che ha al polso … maledetto, è già al secondo giro! Il sorriso muta in un ghigno. Ha 9 km di vantaggio. Non riesce a tenere il mio ritmo ma l'aggancio è praticamente impossibile. Mi convinco del contrario e con un piccolo sforzo di proiezione mentale lo inseguo da davanti. Fa caldo e dopo il primo giro mi sento già stanco. Ad ogni ristoro mi butto un bicchiere d'acqua fresca sulla testa ma il sollievo dura poco. Decido di rallentare un po' e provare a restare sopra i 12 km/h per finirla entro le 3h30. Nel tratto a bastone, questa volta incrocio Andrea con un paio di km di vantaggio. Sono convinto che anche lui abbia un giro in più e rinuncio ad inseguirlo. Quando passo per la seconda volta davanti all'arrivo non lo trovo divertente come prima. Devo fare ancora tre giri mentre qualcuno svolta già a destra per il traguardo, salutato dalle urla dello speaker. Sto cominciando a soffrire il caldo, i muscoli poco allenati, le energie al lumicino. Al ristoro distribuiscono anche dei grandi cubi di ghiaccio. Ne prendo uno anche se non so bene cosa farne. In bocca non ci sta. Me lo passo sul collo, sul viso, provo a infilarlo nelle spalline del body ma scivola via. Quando è piccolo a sufficienza lo metto in bocca e lo succhio senza pensare a dove l'avevo messo prima. Inizia il terzo giro, prendo altra redbull per tirarmi su. Sul bastone incrocio Andrea un po' più vicino avanti a me. Gli dico “dai che hai quasi finito”. Pensavo che fosse al trentesimo ma era solo al ventunesimo e credo che mi abbia maledetto. Poi al rientro vedo Francesco circa un km dietro. È cotto ma lo sono anch'io e finalmente mi rassegno all'evidenza che non riuscirò mai a raggiungerlo. Prendo due cubi di ghiaccio e me li infilo sotto il body sopra le cosce per avere qualche minuto di lieve sollievo. Oltre che stanco muscolarmente, mi sento affannato, quasi esausto. Al km 27, dopo il ristoro, penso che mancano ancora 15 km e non ce la faccio più. “Basta torture! Confesso tutto! Non sono un ironman, sono un uomo quasi normale e sono diventato vecchio per queste cose!”
Decido di prendermi una pausa proseguendo al passo. Voglio provare a dare il tempo al mio corpo di metabolizzare gli zuccheri ingurgitati al ristoro per avere le energie sufficienti per arrivare al traguardo. Non ho idea però se funzionerà, è un'esperienza nuova. 15 chilometri strisciando non li voglio fare, per cui, se non dovesse funzionare, mi ritirerei. Mentre continuo a camminare per un tempo che mi sembra lunghissimo, mi superano atleti grassottelli che avevo superato con sufficienza qualche chilometro prima. Non sento particolari miglioramenti ma mi pongo un limite: quando mi raggiungerà Francesco proverò a ripartire con lui e, se non ce la farò, mi fermo. Ogni tanto mi volto ma Francesco non arriva e al km 28 dopo un intero chilometro camminato in 11 minuti, provo comunque a ricominciare a correre. Per qualche passo i muscoli sono sull'orlo del crampo ma poi, piano piano, si sciolgono e riesco a corricchiare. Non riesco a superare gli 11km/h ma poco importa, ormai voglio solo arrivare e buttarmi in mare. Dopo il quarto passaggio davanti al traguardo, diventa tutto un po' più facile. Almeno ora son sicuro di non dover mai più ripercorrere quelle maledette strade. Sembra tutto al rallentatore: la mia corsa, i chilometri che non passano mai. Prendo l'ultimo braccialetto e riesco, sia pure a fatica, a continuare a correre. All'ultimo bastone incrocio Andrea dolorante per un crampo. Vorrei raggiungerlo per arrivare insieme ma sto correndo come un bradipo e non riesco ad accelerare. Le ultime molecole di redbull mi fanno pensare che se arrivassimo insieme, il mio “real time” sarebbe inferiore al suo che è partito prima. Sfinito e bastonato ma pur sempre iena.
Ultimi due chilometri sul lungomare. Qualcuno in vista del traguardo accelera e mi supera. Non reagisco. Voglio solo sopravvivere, arrivare e buttarmi in acqua. Finalmente, alla quinta volta che ci passo davanti, la svolta per il traguardo è per me. Più che soddisfazione, orgoglio, quello che provo passando lì sotto è un enorme sollievo.
Subito dopo il traguardo vedo Andrea, arrivato da poco, poi Francesco che invece è lì da mezz'ora. Ora non sono più avversari ma sono di nuovo amici e sono contentissimo dei loro risultati. Anzi, approfitto della solita gentilezza ed energia di Francesco per farmi assistere. Lui cammina quasi disinvolto e mi va a prendere le borse col cambio. Sono le 7 di sera e il sole è calato. Sono arrivato in ritardo e l'anelato tuffo nell'acqua fresca che avevo sognato e mi aveva fatto arrivare fin lì è diventato quasi un obbligo formale nei confronti delle mie gambe. Con fatica mi trascino fino al mare e appena l'acqua arriva al polpaccio, mi ci lascio cadere dentro; poi esco quasi subito dall'acqua ma ormai mi sono infreddolito. Mi butto sulla sdraio avvolto nell'asciugamano e comincio a tremare.  

domenica 4 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - La bici

In zona cambio trovo facilmente la mia wilier. Non è proprio mia, in realtà, ma presa a noleggio. Provata giovedì: foratura, ruota posteriore difettosa, sellino troppo basso. Cambiato ruota, riparato foratura, alzato sellino. Venerdì meglio ma prime sensazioni di stanchezza dopo solo una ventina di km, perso occhiali e perso pompetta su uno dei dissuasori. Ricomprato occhiali, fissato pompetta con velcro. Sabato, cambio da regolare (la catena fruscia su quasi tutte le marce), scricchiolii sinistri quando passo su asfalto irregolare, di nuovo sensazioni di stanchezza dopo solo una ventina di km (probabilmente sellino ancora basso) … insomma domenica o lunedì sarebbe stata perfetta ma sabato è oggi, la gara è già cominciata e al trentesimo km ho dovuto rallentare per non stancarmi troppo (per inciso, il valore della mia “wilier”, dichiarato dal noleggiatore dopo la gara, era di qualche centinaio di euro inferiore rispetto a quello della “merckx” noleggiata a Francesco … e questo spiega molte cose). Per non sentire il fruscio del cambio devo tenere rapporti molto lunghi o molto corti … quindi molto lunghi visto che il percorso è quasi pianeggiante. “Non si saluta?” Federico mi insegue “non ti avevo visto, come va?” Due parole anche se banali e qualche secondo affiancati rompono la monotonia del percorso. Sei ore sono tante da riempire: ci sono i sorpassi, le piccole variazioni di pendenza, i ristori (a prop.: niente redbull ai ristori né camomilla ma dopo i primi chilometri fatti a tutta, il cervello ha rigurgitato le camomille dei giorni precedenti facendo assopire l'adrenalina) ma non bastano; il percorso è piacevole ma non entusiasmante, il pubblico è scarso, il tempo e i chilometri passano molto lentamente. L'occhio va spesso al computerino e poi al gps da polso. Il mio obiettivo è stare, sia pur di poco, sopra i trenta per finirla in meno di 6 ore. Devo conservare i minuti di margine accumulati durante la prima ora di fuoco, perché mi aspetta una bella salita nel finale. Questi sono i pensieri; contare i chilometri, come le pecorelle è soporifero e rischio di assopirmi. Dopo una prima ora di continui sorpassi, ora sono in “equilibrio dinamico”: tanti mi superano quanti ne supero io. Qualche volta sono anche gli stessi; altre pecorelle … . Dopo 2h50 passo al novantesimo, in prossimità della zona cambio; si ritrova il pubblico che applaude e, finalmente, comincia la seconda parte del circuito. La salita si avvicina: è ora di svegliarsi! Per questo mi aiutano anche un paio di dossi “dissuasori” e i preoccupanti scricchiolii che emette la bici passandoci sopra.
La seconda metà del percorso è decisamente più bella e divertente.
Si comincia passando sul lungomare di Pollenca, fra bagnanti ignavi e pubblico caloroso. Poi si gira verso le montagne. L'aspettativa della salita, il falsopiano a salire o forse la stanchezza, fanno rallentare molti concorrenti e ricomincio finalmente a superarli facilmente. Le montagne si avvicinano affascinanti e un po' spaventose. Non so bene cosa aspettarmi dalla salita (qualcuno ha parlato di pendenze del 12%, altri del 6%) e neanche dalle mie gambe dopo 110km di gara, ma lo scoprirò presto. Un cartello ci svela i dettagli: saranno 7.7 km al 5.5% di pendenza media. Un'occhiata al computerino per avere una misura di quanto manca allo scollinamento e si comincia a salire. Cerco una pedalata rotonda e vedo subito che riesco a spingere bene. Senza troppa fatica comincio a superare concorrenti molto più lenti di me. La lunga fila di ciclisti, a causa del rallentamento, si è trasformata in un ammasso che occupa buona parte della sede stradale. Ne supero a grappoli. Il paesaggio si trasforma, con boschi, rocce, panorami: è montagna insomma e io l'amo. L'ombra degli alberi e qualche nuvola fanno anche fresco e i chilometri passano facili. Lungo tutta la salita e la discesa successiva non mi supererà nessuno. Mi preoccupo pensando che forse sto spingendo troppo per l'entusiasmo e che potrei pagarla nei 30 km finali pianeggianti, ma guardando le facce e ascoltando i rantoli, vedo che quelli che supero stanno facendo più fatica di me e, sadicamente, ne traggo piacere. Le rocce si fanno sempre più monumentali e lo spettacolo naturale continua anche dopo lo scollinamento, sul successivo saliscendi e raggiunge l'apice all'inizio della vera e propria discesa, dove non posso trattenermi dall'allargare le braccia per l'ammirazione, lasciando pericolosamente il manubrio. Durante il briefing hanno provato a spaventarmi parlando di discesa pericolosa, burroni … ma ho trovato solo una divertente discesa tecnica con diversi tornanti stretti. Anche qui mi sono divertito a superare moltissimi triatleti, uscendo più veloce dalle curve o ritardando la frenata prima dei tornanti. Come la salita, anche la discesa è seguita da qualche chilometro di divertente saliscendi e continuo a superare. Ad una curva stretta in discesa, supero due ciclisti ritardando la frenata ma, a causa dei copertoncini e dell'asfalto liscio, mi scappa la ruota posteriore. Grazie all'esperienza di mountain bike e ad un pizzico di fortuna, riesco a controllare la derapata e rilancio senza danni. Gli ultimi 30 chilometri sono di nuovo piatticci e noiosetti e ritorno in equilibrio dinamico con la concorrenza ma sono solo 30 e posso cominciare un eccitante conto alla rovescia. La media oraria è 30.5 km/h, come mi ero prefissato; ho solo paura che la mia bici scricchiolante vada a pezzi da un momento all'altro. Il conto alla rovescia continua: -10. Si ritorna verso il centro di Alcudia dov'è situata la zona cambio, seguendo la stessa strada del primo giro. Questa volta però il pubblico è tutto girato dall'altra parte. Si costeggia infatti il percorso della maratona. Mi giro anch'io per guardare i podisti. Mi sembra che corrano tutti veloci e mi chiedo se ci possa riuscire anche io. Fra i podisti, sento Andrea che mi saluta. Rispondo al saluto e intanto penso: quanti chilometri di vantaggio avrà? A proposito, in bici ho superato solo Federico. Anche Magno e Francesco sono ancora avantic'è ancora da lavorare.

La fine della frazione di bici mi sorprende con quasi 5 km di anticipo. Riesco a sfilare le scarpette prima di raggiungere la linea ma non c'è spazio per scendere elegantemente al volo. 5h45. Mi basterà correre una maratona decente per scendere sotto le 11 ore. 

giovedì 1 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - il nuoto

Quando, poco prima delle 5, io e Francesco, scendiamo per la colazione, vediamo, nell'enorme sala deserta, Federico seduto, con l'aria sazia, ad un tavolino pieno di resti da pranzo nuziale. Doveva nutrirsi bene per la gara. Io, per non alzarmi alle 4 come lui, ho preferito la tattica del singolo pit-stop (cagata del buon risveglio, the e via [30']) a quella del doppio pit-stop (cagata del buon risveglio, caffellatte, seconda cagata e via [1h]). Siamo i primi del nostro hotel anche a prendere il pulmino per recarci alla zona cambio. Appena arrivo lì mi accorgo di aver perso i 20 euro che avevo messo in tasca per le birre dopo gara e di aver lasciato in hotel il panino al prosciutto per la merenda di mezza gara, unici lussi di una giornata di barrette e bevande isotoniche. Pazienza, non potrò gozzovigliare. Incontro Andrea e Magno un po' attardati ma organizzatissimi e alle 7, alla chiusura della zona cambio, andiamo in spiaggia a lasciare l'ultima borsa, chiudere la muta e raggiungere la partenza. Il sole non è ancora sorto e l'aria è fresca e umida. Per fortuna la muta mi tiene caldo ma la pancia protesta; mi rendo conto che la tattica del singolo pit-stop era azzardata. Sento l'intestino gonfio e mi metto in fila davanti ai bagni chimici. Sono l'ultimo della fila e rimango tale fino al mio turno - almeno non dovrò dichiarare il “pregresso”. Mi sfilo a metà muta e body e mi siedo giusto in tempo per sentire lo sparo per la partenza dei professionisti che fa partire professionalmente anche la mia scarica. Grazie alla “rolling start” (che non è un gruppo musicale anni '70) so che non c'è fretta. Mi pulisco con calma, rimetto i fazzolettini nella borsa e raggiungo la fila di quelli dell'“ora e trenta”, gente tranquilla, casalinghe e pensionati. Il mare è liscio come l'olio, spettacolare con il sole basso del mattino e, quando arriva il mio turno, è bellissimo correrci sopra fra mille schizzi e poi tuffarcisi dentro. Peccato che tutta quell'acqua meravigliosa mi entri negli occhialini. Dopo il primo tuffo mi fermo un paio di secondi per provare a risistemare gli occhialini, ma inutilmente. La gara è partita e l'adrenalina anche. Non voglio perdere altro tempo e provo a nuotare. Il mare è piatto ma in compenso l'acqua negli occhialini è forza 4 e le onde mi entrano negli occhi. È fastidioso ma sopportabile e riesco a nuotare benino. Ogni tanto cerco di mettermi in scia a qualcuno, sfiorandogli i piedi ma vanno quasi tutti a zig zag e preferisco fare le mie linee rette solitarie. Sfidando la geometria euclidea, la mia retta si incontra spesso con altre rette che dovrebbero essere parallele. Forse sono arrivato “all'infinito”, il punto d'incontro previsto dal matematico greco, ma invece è solo la boa. Ho nuotato già più di un km ed è passato veloce, molto meglio che a Roth. Dopo un breve traverso, il percorso rientra verso la riva. Sono contento, riesco ad andare alla stessa velocità di molti superatleti; ne noto uno in particolare, senza la muta, col quale la mia traiettoria diverge e poi converge diverse volte. Uscendo dall'acqua mi rendo conto che il mio superatleta di riferimento in realtà è un panzone. Mi volto e vedo comunque un bel po' di nuotatori ancora dietro di me. Approfitto della breve uscita dall'acqua per svuotare gli occhialini prima di buttarmi in mare per il secondo avanti-indietro. L'operazione riesce perfettamente e ora mi godo davvero la nuotata. Non sono stanco, non sono ultimo, l'acqua è bella e manca meno di metà. Questo secondo bastone è più corto e in un tempo relativamente breve mi ritrovo a camminare nell'acqua bassa. Provo a correre ma sento le gambe appesantite dall'acqua e rinuncio. Mi volto ancora per godermi il raro spettacolo di nuotatori più lenti di me. Uscito dall'acqua, inizio a corricchiare lentamente verso la zona cambio; poi, in pochi passi, riprendo controllo completo degli arti inferiori e comincio a superare leggero le casalinghe e i pensionati dell'“ora e trenta”. Anzi, erano le supercasalinghe e i pensionati di ferro dell'“ora e 21” come scoprirò dopo.