sabato 16 maggio 2015

Sardinia trail - seconda tappa

Spazi immensi. Tutte le foto sono del grande Luca Maini. Grazie.
Spazi immensi; per tre quarti la vista si estende fino a perdersi nella distanza fermandosi solo per l'accumulo di strati d'aria spessi decine di chilometri. Solo verso nord l'orizzonte si avvicina salendo su in cima al monte. Non ci sono alberi né siepi a escludere lo sguardo, solo un piccolo cespuglio. Al di là, i panorami riprendono infiniti, il profumo di timo sovrasta ogni odore mentre io sto lì accoccolato … . Dopo questa maestosa cagata, mi avvio alla partenza, cauto e dolente. Vedo il nostro Gerva che parte in fuga inseguito a qualche decina di metri dai favoriti. Poi via via si sgranano altri gruppetti e, oltre la ventesima posizione, impaccato col cellophane, ci sono io. La pellicola trasparente, per effetto serra, riscalda il polpaccio, attenuando velocemente il dolore.
Non riesco a trattenermi e appena il dolore me lo permette allungo il passo fino a raggiungere la nuova soglia del dolore. È il dolorimetro del polpaccio che decide l'andatura. Sono condizionato da questo e appena il dolore si attenua mi lancio giù per la discesa recuperando posizioni. Raggiungo Silvia, partita prudente come al solito, scambio due parole con lei e riparto; poi raggiungo e stacco il gruppetto successivo con Teo che sembra non reagire (mai fidarsi); continuo veloce e, alla fine della prima discesa raggiungo il mitico Marco Olmo seguito da un paio di Giuseppe. Comincia la salita e con mia sorpresa il dolore si attenua ulteriormente. Riesco a spingere bene e a staccare i miei nuovi compagni. Mi sembra di volare, mi sento un miracolato e alla fine dello strappo più duro, come Lazzaro si libera del sudario, o la mummia del film dalle fasce, decido di togliere il cellophane. Non so se sia stato per quest'operazione o per il cambio di pendenza, ma subito il dolorimetro mi ha imposto di rallentare. Ora seguo a fatica Marco Olmo e Giuseppe Taras e insieme raggiungiamo e superiamo la fortissima K (Konstanze), prima fra le donne, e Alessandro. Davanti a noi, imprendibili, sono solo in 4. Anzi 5, in quanto Marco Olmo, apparentemente senza sforzo, si è liberato della nostra compagnia riconquistando la sua cara solitudine di re del deserto. Appena inizia la discesa successiva ho già perso tutta la freschezza e mi staccano anche i due toscani Giuseppe e Alessandro. Sento un sassolino che da dietro si insinua nella scarpa. Ad ogni passo scende un pochino fino ad assestarsi sotto la parte posteriore del tallone. Non dà troppo fastidio e decido di portarlo con me. Fa compagnia. Sono ottavo e voglio provare a restare nella top ten. Il dolore al polpaccio è ora accompagnato da un indolenzimento muscolare dei quadricipiti e da una sensazione di cottura dovuta soprattutto all'irraggiamento diretto del sole sulla pelle. La strada è piacevole, l'ambiente collinare è arricchito da alberi maestosi e da sorgenti da tre stelle Michelin, ricche di acqua freschissima, che valgono una deviazione e forse anche tutto il viaggio ma, nonostante questo, scorre lentissima.
Sorgente a tre stelle
Quando K mi supera mi informa che siamo al quattordicesimo chilometro. “Solo?” Sono già stanco, ne mancano ancora il doppio e posso farmi superare da un altro soltanto: sarà dura! Un lungo tratto in asfalto mette a dura prova la mia forza di volontà. Per fortuna c'è lui, il sassolino, che a seconda della pendenza, si sistema più o meno avanti. “Ma dove vuoi andare?” Gli dico. “Se fai il bravo ti porto in cima al Gennargentu e tu, insignificante sassolino, diventerai la cima più alta della Sardegna”. Sempre più solo; davanti K è sempre più lontana e anche dietro sono molto distanti. Cerco la compagnia dell'Armando ma mi esce a pezzi e col ritmo sbagliato. Resto solo col mio sassolino. Dopo un'altra eternità arrivo al ristoro del ventesimo km. L'asfalto è finito e ora si corre, sempre in salita, su una carrozzabile sterrata. La montagna incombe sempre più vicina e molto più alta di me. Non c'è scampo. Dovremo passare per il punto più alto di tutta la Sardegna e quindi almeno fin lassù. K non si allontana più e anche da dietro scorgo qualcuno che si avvicina. Per fortuna è solo; uno solo va bene, se anche mi supera sarò decimo. Dal passo, riconosco Teo. Mi fa piacere che sia lui anche se so che un suo eventuale sorpasso mi costerà almeno una serata di allegre prese in giro. Basta stupido sassolino, ora si fa la gara. Mi fermo per toglierlo dalla scarpa lasciandolo in quel nuovo ambiente e riparto prima che Teo mi raggiunga. “Non ti aspetto” gli dico “mi devi raggiungere tu”. “Vai, vai tranquillo” mi dice “sono morto” ma in breve mi raggiunge (mai fidarsi di Teo). Siamo al trentesimo e la strada lascia posto ad una mulattiera. È il pezzo più duro e, a parte brevi tratti, si cammina. Siamo molto stanchi entrambi e ci alterniamo in testa. K è sempre più vicina mentre dietro non si vede nessuno.
Verso arcu Gennargentu
La salita più ripida finisce e comincia il pezzo più bello di tutto il trail. Un traverso in lieve salita ci porta al passo di “arcu Gennargentu” dove si apre la vista verso la costa orientale e un fortissimo vento di maestrale ci rinfresca la pelle; il sentiero è sempre più bello, lastricato come una strada romana in mezzo alla pietraia. Mi fermo a bere ad un'altra magnifica e copiosa sorgente e Teo passa. Si sfiorano grosse chiazze di neve e poi ci si inerpica su verso la croce. Sarà il paesaggio aereo, l'aria frizzante, ma mi sento di nuovo volare. Aumento facilmente il ritmo, supero e stacco Teo e poco prima della croce raggiungo e supero la bravissima K, molto stanca ma ancora veloce. La sensazione di volare è giustificata: sono arrivato sulla cima più alta della Sardegna! In cima l'accoglienza è festosa e la vista indescrivibile.
Il sentiero di cresta
Dopo un breve tratto di cresta, tecnico e spettacolare inizia la vera discesa; sono ancora euforico e mi butto giù tagliando anche qualche curva. Oggi ho sostituito le scarpe da trail squarciate con delle scarpe da strada ancora più vecchie, con la suola liscia e l'ammortizzatore scarico; anche le gambe sono vecchie e irrigidite dalla fatica. Ho finito di volare; mi sentivo aquila ma ero pollo e sono già di nuovo a razzolare a terra. Dietro K si avvicina e anche Teo non è lontano: sono loro ora che volano. Alla fine della discesa ripida il sentiero sbuca in una graziosa piccola valle percorsa da un torrente fiancheggiato da una lunga linea di ontani. Subito
La valle degli ontani
all'imbocco della valle c'è una sorgente e mi fermo come al solito a fare il pieno di fresco. K non si ferma e passa. Avrei voluto accompagnarla al traguardo ma scende meglio di me e non riesco a seguirla. La pendenza diminuisce e i dolori aumentano. Da dietro mi raggiunge anche Teo. Mi sposto per farlo passare mentre lui sta già passando da quella parte. Ci scontriamo senza danni, ma è l'occasione per l'ennesima presa in giro “Assassino! Mi vuoi buttare giù?” Ultimi 5 chilometri, facili, in leggera discesa ma lunghi. Vedo Teo che raggiunge K, la stacca ma poi l'aspetta. Sono sempre più lontani. Io penso solo a limitare i danni cercando di tenere un ritmo decente ma il meno traumatico possibile. Domani si dovrà correre ancora e sarà dura. Vedo due trailer che corrono in senso opposto urlando festosamente. Solo quando sono vicinissimi riconosco Checco e Gianni che riescono a strapparmi un sorriso. Ora però sento anche un dolorino addominale che, ad ogni passo, mi punge il bassoventre. Forse dovrei fermarmi ma finalmente vedo le bandiere del traguardo vicinissime: è finita!

Finisco i 42 chilometri in decima posizione e in 4h30. Ho risalito la classifica generale fino all'undicesima posizione, a 10 minuti da Teo che è ottavo e a 3 minuti dal decimo. Sono stanchissimo ma, date le premesse, molto soddisfatto. Ringrazio Nicola, il suo massacro è servito. Mentre sta massaggiando Teo, gli chiedo se, gentilmente, può schiacciare un po' più forte, che mi ha battuto e mi piace vederlo soffrire. Poi, quando arriva, ringrazio anche Flavio. E grazie anche a voi, se siete riusciti ad arrivare fin qua.  

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