lunedì 26 marzo 2018

Sea trail Porto Corallo – domenica out

Foto di Arnaldo Aru
Montiferru, marganai, porto corallo: in tutto 25 ore sotto l'acqua. Non ho l'ombrello e ho un buco nella testa, l'acqua mi entra nel cervello e scava solchi nell'anima. Non muoio, non mi ammalo neanche. Mi si erode solo il cervello e una fanghiglia neuronale mi cola dal naso. Dopo tante ore, non cerco neanche più di contenerla, di tamponare le perdite cerebrali tappando le narici col fazzoletto. La lascio colare, anzi, la spargo a spruzzo con la tecnica del coniglietto aerosol. Pian piano, la mia materia grigia sparsa nell'atmosfera si unisce alla pan-intelligenza cosmica. Il cervello si sta svuotando, dilavato, ma la mia coscienza ora si fonde con quella dell'universo. Sono parte di questa nebbia che pervade l'aria, di questa “cloud” che raccoglie e sintonizza le informazioni dando un senso all'insieme.
Breve chiacchierata col grande Filippo, ispirazione per tutto l'ambiente. “Muoviamoci ora, che sta per piovere.”
Ed è subito acqua, mare incacchiato e piedi a mollo.
Il telefono, come al solito, dopo la prima ora di esposizione alle intemperie decide, in autonomia, di spegnersi. Si crede smart, lui, più di noi che stiamo accesi per sei ore sotto la pioggia, ma non sa cosa si perde. È fuori da questo “tutto”, troppo presuntuoso per capire.
Allerta arancione, cielo grigio. La primavera, con il giallo delle ginestre, il viola delle orchidee e della lavanda fiorita, si manifesta un po' sbiadita, in sordina; sembra quasi spenta. Ma entro in sintonia con le goccioline e vedo che sorride; capisco che si è solo fermata un attimo a dissetarsi, prima di esplodere in tutta la sua energia vitale.
Acqua, acqua, acqua. Le pozzanghere arrivano al polpaccio. “Andiamo, che sta per piovere”
Sono in sintonia con il fango che rende scivolosi i sentieri in discesa. Ci vuole intuito, in una frazione di secondo bisogna elaborare una sequenza di passi dinamica e un punto di arresto morbido, se necessario, anche col sedere. Io non ho bisogno di pensare, è il fango che mi guida; sono io il fango e più ce n'è più mi diverto a scendere veloce.
Sintonia con gli ultimi. Non so come si chiamano ma non importa. Sono amici già da prima di conoscerli e intuisco i loro desideri. Arrivare ma soprattutto essere lì. Mi faccio leggero, quasi trasparente per non pesare con la mia presenza. Mi dissolvo nell'aria e mi concretizzo materialmente solo dopo il traguardo, con un forte abbraccio.
Andiamo, che sta per piovere”
Sintonia con gli organizzatori. sintonia di prospettive su quest'isola meravigliosa. Desidero una birra e la birra si materializza, loro desiderano vedere me, la scopa che chiude e io mi materializzo. Poi l'arrivo, accoglienza da re, la focaccia di cipolle e i malloreddus.
Ecco che parte un altro spruzzo di coscienza … a guardarlo meglio sembra muco. Forse allora è il grande muco cosmico la materia oscura, quella che ci tiene appiccicati, in sintonia con la natura e che veicola il senso del “tutto”? Non importa, sia quel che sia, la sostanza non cambia: è stata una giornata di fusione con la natura, di condivisione, di passione, resa ancora più forte ed epica dalle condizioni difficili. La mamma (a parte la mia) non ci avrebbe lasciati uscire a giocare nel fango, con questo tempaccio. La “società” ci guarda come pazzi. Che ne capiscono della bellezza di tutto questo? Hanno mai visto la primavera che sorride sotto la pioggia? Si meritano di restare chiusi in casa con i loro smart phones supponenti e Barbara D'Urso. A loro domenica in, a noi domenica out.
Grazie a Matteo per l'invito, ai Sarrabus Runners, a tutti i volontari, ai compagni di viaggio e alla natura; un'altra giornata piena di vita è passata e me ne restano, fino a prova contraria, altre 17121.

giovedì 22 marzo 2018

Sea Trail Porto Corallo - preview

È primavera. È ufficiale. Dopo i trail invernali si cambia. Bellissima la neve del montiferru, bella la pioggia del marganai; domenica ho assaggiato anche la pioggia del poetto. Sarei stato curioso di sentire sulla testa e lungo la schiena anche le precipitazioni di porto corallo ma non importa. Finalmente avremo un trail col cisto fiorito illuminato dal sole, le euforbie che risplendono quasi abbaglianti e, a fine corsa, ci saranno le condizioni ideali per il primo tuffo nel mare. Già sorrido pensando al solletico degli ultravioletti sulla pelle, al profumo dei fiori; è primavera insomma e non vedo l'ora di tuffarmici dentro.
Ma cos'è questo rumore? Mi sveglio dal sogno sentendo un forte ticchettio: l'acqua che cola dalla grondaia cerca di dare un ritmo al brusio informe della pioggia.
Dov'è il governo? Uno … due … tre, quattro, cinque … stella! Sono tutti immobilizzati lì a giocare a “5 stella” e intanto l'inverno ne approfitta per avanzare oltre i propri confini andando ad invadere l'aprile.
La prospettiva cambia. I recettori UV della pelle aperti spalancati per fare entrare i raggioloni e farci le loro cose divertenti saranno invece inondati da goccioloni d'acqua. L'odore di natura bagnata mischia l'aroma dei fiori all'odore di terra, di ascella di lombrico. 
Ma noi siamo pronti lo stesso, pronti al tuffo. Come biscotti sul bordo della tazza. E, come sempre, quando c'è la natura, l'accoglienza, la passione comune, la fatica condivisa, ci sarà da divertirsi!

domenica 18 marzo 2018

Maratona di Cagliari

Oggi ero volontario con Fabio e Nello al ristoro del trentesimo chilometro della maratona di Cagliari. Aspettavamo gli atleti lì, seduti sul famoso muretto del trentesimo a vederli sbattere la faccia contro la fatica. È stato bello, perché si vede dalle espressioni del viso che è una fatica che addolcisce, come una leggera sbronza. Gli atleti però erano pochi e fra un gruppo e l'altro c'è stato tempo per qualche riflessione, forse troppo tempo.
Penso che bisognerebbe partire da qui, da questo bel percorso in questa bella città per crescere.
Mi piacerebbe vedere diventare la maratona di Cagliari una festa di tutta l'atletica sarda, se non di tutta la Sardegna. Per fare questo, bisognerebbe riuscire a coinvolgere le società dell'isola.
Immagino, per esempio, ogni ristoro gestito da una società di atletica di una località diversa che, oltre al minimo necessario messo a disposizione dall'organizzazione, aggiungesse qualcosa della propria tradizione locale per valorizzarla. Come? Non so … costumi, musica, specialità gastronomiche … . Arancia, banana o panada? I primi tirerebbero dritti, magari con un sorriso. Gli ultimi si fermerebbero e credo che non si scorderebbero facilmente l'accoglienza sarda.
Immagino, anche, e mi piacerebbe moltissimo che gli spugnaggi fossero in mano ai bimbi; vedere gli esordienti delle società del circondario dare le spugne agli atleti, raccoglierle da terra, dare il 5 agli atleti, fare il tifo per i master della loro squadra e per tutti. Sarebbe bello per loro, sicuramente per gli atleti, per i genitori e per la città.
Mi piacerebbe vedere all'arrivo una vera festa – non che mancasse niente di essenziale, ma non si può non trovare birra al molo ichnusa. Anche Gabrielli lo comprenderà. Una festa che abbracci e conforti chi arriva stremato e che ricompensi i volontari per il lavoro fatto.
Forse sono solo sogni da ubriaco ma cercherò di fare qualcosa perchè si realizzino.
Ci sarà birra al molo ichnusa.

sabato 17 marzo 2018

Trail del Marganai

Partenza
Entrare nella grotta è sempre una meraviglia. Ammirare il fascino di quel mondo sotterraneo costruito in puro stile gotico in millenni di continuo lavoro certosino di gocce d'acqua calcarea, immaginare, dietro ai cancelli chiusi, corridoi infiniti di palazzi principeschi con sale immense, corsi d'acqua, mondi misteriosi. Uscire dalla grotta è altrettanto affascinante, con il manifestarsi dei colori, il verde che è vita e degli spazi aperti che sono libertà e del blu che ... oggi niente blu, pazienza.
Cerco di capire chi saranno i miei compagni di viaggio. Scambio due parole con una coppia di inglesi venuti appositamente da una cittadina fra Londra e Cambridge. Lì piove quasi sempre e la pioggia non li spaventa; sarebbero una buona compagnia ma aumentano il ritmo e non li vedrò più. Una scopa non si deve affezionare, mai. Ne va della sua professionalità. Anche Agnese oggi è in missione speciale e non mi aspetta! La saluto all'ingresso del sentiero.

Arenas – Graziella
Quando vedo Graziella che alterna camminata a corsa anche sul falsopiano iniziale, capisco che sarà lei la nostra compagna. Lei, come poi Patrick più tardi, si pone problemi nei nostri confronti. “Vi rallento, mi dovete aspettare”. È così ma questo è il ruolo delle scope. Senza qualcuno che ci rallenta il nostro scopo di scope verrebbe a mancare. Siete voi ultimi la nostra ragione d'essere; grazie per rallentarci.
La salita è lunga, tecnica, all'inizio anche ripida. Sulle pareti del lunghissimo tunnel nella foresta avvolgente ogni tanto si aprono delle finestre dalle quali si scorgono paesaggi sempre più ampli. Il gigante sa ricompensarci e l'altezza dà significato alla faticosa conquista offrendo panorami immensi, senso di dominio. Graziella è soddisfatta ma già provata dalla prima lunga salita e non è pronta alla sicura sofferenza che l'aspetta più avanti; decide di fermarsi ad Arenas. Rispetto per tutti quelli che ci provano, indipendentemente dall'esito.
Puddusinu – Gianni
Siamo gli ultimi, al ristoro dobbiamo finire tutto! Spazzolare tutto ciò che resta fa parte del lavoro di scopa. Niente male la confettura di mandarini; sono le 9 e mezza, è ancora presto per una birra, la chiederemo al prossimo ristoro. Siamo bravi io e Gianni: lasciamo il ristoro di arenas quasi pulito 25 minuti dopo il penultimo atleta. C'è da correre per raggiungerlo e la cosa non ci dispiace. Gianni è un ottimo compagno di viaggio, forte, spiritoso. Infatti sarà una frazione frizzante, veloce. Quasi tutta discesa e nel tempo di un respiro arriviamo a Puddusinu.
Antas – Alessandra
Al ristoro di Puddusinu troviamo Alessandra, ferma per una lieve crisi respiratoria, d'asma.
L'ostacolo di Alessandra è più alto. Il suo obiettivo è arrivare senza prendere ventolin, superando le crisi di asma col puro controllo del respiro. È difficile e in certi momenti frustrante non potere respirare a volontà ma poi, avere la meglio sulla malattia è una vera vittoria e una grande soddisfazione.
Si parla anche di Roberto Zanda e della sua vicenda ormai avviata verso un epilogo drammatico. Ecco, è qui, arrancando in salita, sotto la pioggia che si può parlare a ragion veduta di lui e della sua vicenda. Che ne sapete voi che commentate e criticate dal divano di casa? Noi vediamo in lui una passione assoluta, estrema, inarrestabile. Un paradigma che ci fa vedere fino a dove può arrivare l'uomo con la sola forza della passione. Un uomo che sicuramente, col suo esempio ha portato molti a superare i propri limiti mentali. Forza Roberto, sei un grande!
Il bellissimo sentiero di antica origine romana ci porta in vista del meraviglioso tempio di Antas. Alessandra, prima di scendere al ristoro, fa una breve pausa per non farsi vedere ansimante dai medici del presidio. Poi anche lei parte e la rivedrò al traguardo.
Malacalzetta – Patrick
C'è anche chi, in tutto ciò (lotta contro se stessi, contro la natura, …) trova lo stimolo più grande in una medaglia. È un po' che Patrick sta con noi. Ogni tanto prova a correre ma poi deve rinunciare: un infortunio al polpaccio gli impedisce di correre già da quando mancavano una trentina di km al traguardo. L'ostacolo è diventato troppo alto per lui. “Mi ritiro, non ha senso andare avanti così, ...”. Patrick dice tutto col sorriso sulla bocca; riesce dire sorridendo anche che è morto e amareggiato per la prospettiva del primo ritiro. È la sua naturale simpatia che lo fa sorridere dove altri piangerebbero. In realtà è serio. Il villaggio abbandonato di Malacalzetta, con i suoi fantasmi che fanno festa in continuazione fra i ruderi delle abitazioni minerarie è il giusto sfondo. Dopo un'oretta di simpatiche lamentele, Paolo gli urla: “non dovrei dirtelo ma per i finisher quest'anno c'è la medaglia”. Si ferma un attimo, cambia espressione e riparte, sempre camminando ma a velocità doppia rispetto a prima! Patrick, l'autoeroe, si merita una medaglia e non possiamo che incoraggiarlo in questo suo nuovo obiettivo.
Marganai – Paolo
Paolo, il motivatore di Patrick, è anche l'ideatore del percorso e conosce a memoria tutte le difficoltà che lo aspettano. Le parole di Fabio Vedana “hanno deciso di crearsi un ostacolo e di superarlo” per lui calzano a pennello. È lui che ha disegnato il percorso, si è regalato tutti quei denti dell'altimetria che affondano nei suoi quadricipiti poco allenati e anche quei 5 chilometri finali in più per rendere il suo ostacolo un po' più alto. Lo affronta con sofferenza ma anche con la serenità di chi manda consapevolmente l'ambizione oltre le capacità fisiche. E viene ripagato, anche lui, dal solito gigante buono. Più è maestosa, selvaggia e apparentemente ostile, più la natura ci affascina. Le pareti verticali, le rocce dure e spigolose, le intemperie … . Anche la salita verso Marganai offre scorci di bellezza selvaggia che addolciscono e giustificano la fatica.
Il bellissimo silenzio della natura è rotto da un continuo chiacchiericcio, fra lui e Patrick c'è sempre chi parla. È però sempre piacevole sentirlo parlare, con intelligenza, esperienza e passione. Sono sicuro che con lui alla guida questa manifestazione diventerà sempre più bella.
Punta San Michele – io
Dopo l'ultimo ristoro del Marganai, si sale ancora un po' fino a punta san Michele, con i suoi famosi panorami nascosti nelle nuvole, tutti da reinventare con l'immaginazione.
Siamo qui, fuori dal salotto di casa, per superare i nostri limiti mentali e raggiungere o almeno avvicinare quelli fisiologici, senza superarli però, perché superare i limiti fisiologici vuol dire, inevitabilmente, scoppiare o rompersi. Io ci sono andato a sbattere più volte e a quanto mi hanno detto i medici, ora devo rallentare. Eccomi qui, infatti, a fare la scopa rispettando i limiti di velocità e i divieti di sorpasso del mio nuovo regolamento stradale.
Almeno nel finale voglio però correre con me stesso e ritrovare un po' di silenzio, di immersione completa nella natura e di allegria nelle gambe. Nell'ultima discesa, mi regalo una licenza e lascio Paolo e Patrick con Gianni. Mi diverto a scendere in relativa velocità, controllando, in equilibrio dinamico, le mini-scivolate sul fondo fangoso; ogni tanto mi fermo ad aspettare, poi riparto con la buona compagnia di me stesso.
Ed ecco l'arrivo. La festa, nonostante sia cominciata molte ore prima, continua; molti sono già partiti ma l'accoglienza è fantastica e il piacere di essere arrivati si concretizza in una doccia calda, due o tre birre fresche, un buon pasto e un caldo abbraccio sociale.
Bello essere arrivati. Ma non ci fermiamo qui. Presto andremo al sea trail di Porto Corallo, dove splende sempre il sole.
Un altro giorno pieno di vita è passato e me ne restano, fino a prova contraria, altri 17135!

venerdì 16 marzo 2018

Maledetto venerdì!

Recentemente ho fatto uno studio mio personale per capire come varia l'efficienza mentale durante la settimana lavorativa.
Ho chiesto ad un soggetto, che preferisce rimanere anonimo per ragioni di privacy, di risolvere ogni mattina, appena arrivato al lavoro e prima ancora di aprire la posta, il “sudoku”, livello avanzato che si trova sul sito di repubblica on-line e di registrare il tempo necessario per completare correttamente lo schema. Dopo quasi quattro anni di faticosa sperimentazione e oltre 600 sudoku risolti abbiamo raccolto un campione statisticamente significativo di dati da analizzare. I risultati sono sorprendenti. In particolare, viene fuori che la probabilità di risolvere il sudoku entro 7 minuti è del 48% di lunedì mentre fra mercoledì e venerdì cala al 22%. Meno della metà! La settimana lavorativa ideale dovrebbe perciò essere formata da sabato, domenica, lunedì e basta o, massimo massimo, martedì. Mercoledì, giovedì e venerdì andrebbero aboliti.
Questo però non dice ancora tutto sul venerdì. Oggi al lavoro, togliendomi la giacca, mi sono accorto che sotto il pile avevo la maglia del pigiama. Maledetto venerdì.

mercoledì 14 marzo 2018

Trail del Marganai – intro

"Hanno deciso di crearsi un ostacolo e di superarlo”. Fabio Vedana

La natura è un gigante buono che ci piace affrontare perché è gigante e perché è buono anche se, senza volerlo, a volte ci schiaccia. Ci piace affrontarlo soprattutto perché siamo fatti per quello; dai piedi alla testa, dalle endorfine alla termoregolazione, dal sistema circolatorio a quello scheletrico muscolare, siamo fatti per seguire per giorni e giorni branchi di animali nei posti più impervi fino a stremarli. siamo fatti per adattarci a condizioni ostili meglio di tutti e riuscire a farlo, esprimendo appieno le nostre potenzialità di homo sapiens, dà un'enorme soddisfazione, fa stare meglio e, se si sopravvive, paradossalmente, fa vivere più a lungo perché il corpo ci ringrazia per averlo usato per l'uso per il quale è stato progettato.
In un mondo che ci tiene lontani dalla natura, dobbiamo andarla a cercare per ricreare, artificiosamente, le magie di quelle sfide ataviche. Creiamo degli ostacoli per superarli e superando quegli ostacoli, abbattiamo anche i nostri limiti mentali per raggiungere o almeno avvicinare quelli fisiologici che stanno molto al di fuori del salotto di casa.
Ripartiamo da qui, dal grande Cristo di Santu Lussurgiu, quindici giorni dopo.
... La mente però non si ferma; continua a correre verso Domusnovas per il trail del Marganai, dove splende sempre il sole.
Come preveggente non ho futuro e siccome la sentenza in grassetto è una previsione che si smentisce da sola, probabilmente diventerò meglio di nostradamus o del colonnello Bernacca.
Intanto però non c'è sole al Marganai, non ci abbronzeremo neanche oggi; sarà un'altra giornata bagnata. Poco male. Il sole ci piace, è vero, ma il maltempo aggiunge qualche centimetro all'ostacolo che dovremo superare, fascino all'impresa autoeroica e valore a quella medaglia che per qualcuno è l'unico modo per rendere tangibile la gloria e dare un senso alla giornata. A me non serve la medaglia. Mi basta la consapevolezza di essere un vero homo sapiens sapiens e la pioggia che mi cade sulla testa e scivola giù senza scalfirmi me lo fa credere.

giovedì 8 marzo 2018

Spariglia solo chi osa farlo. Scopone scientifico al Marganai.

Dopo il Supramonte e il Montiferru domenica si va a spolverare un altro splendido territorio montuoso della Sardegna: il Marganai, nel massiccio del Linas. Anche questi saranno 50 km o poco più in 9 ore o poco più, la giusta misura per una giornata di full immersion nella natura o, perché no, per un bel torneo di carte.
Questa volta saremo in 3 a fare il servizio scopa, quindi, contando l'ultimo atleta, saremo in 4. Più che un servizio scopa potremo organizzare un servizio “scopone scientifico”. A coppie, se l'ultimo avrà le energie; se non ce la dovesse fare, lo faremo in 3 col morto.
Sarà un'altra bella avventura; se ci sarà salita, saliremo, se pioverà ci bagneremo e se ci sarà da sparigliare spariglieremo, senza paura.
Dovremo osservare con attenzione e memorizzare tutto ciò che passa. Non si può vincere distrattamente, non si deve essere frettolosi. Fanno quasi ridere quelli che fanno di tutto per finire presto, buttando le carte praticamente a caso. Forse arriveranno prima al punto di partenza … ma con quanti punti? La primiera, quella sì, è roba per gente veloce; per noi ci sarà l'ultimiera, buona per il ciapanò. Forse vinceranno anche i denari o, almeno, salsiccia e pecorino. In compenso però noi avremo:
3 scope, gente d'esperienza e vitalità straordinaria: con me ci saranno Matteo e Gianni e, fra gli ultimi, forse ancora la splendida Agnese o il grande Paolo, creatore della gara; un'ottima compagnia, 3 punti assicurati.
Settebello sono io; sette è la mia classifica dell'anno scorso e il bello me lo tengo, così come ornamento e un altro punto è nostro.
Carte, 40, anzi 52. Mazzo francese. Una al chilometro; le raccoglierò tutte, sono tutte belle, mi affeziono anche al 2 di spade; cartoline di grotte, pareti di roccia verticale, miniere, templi ... punti di vista o punti di vita? Sicuramente un punto di scopone.
Non c'è dubbio, vinceremo; con garbo e lentezza, riempiendo bene il tempo e facendoci riempire da lui fino a completa sazietà.

domenica 4 marzo 2018

Lezioni della natura

Alle 8 Martino e Maria vanno a votare. Io non sono pronto; dico loro che devo ancora chiarirmi le idee.
Un paio d'ore dopo, esco a correre in cerca di segni rivelatori.
Secondo le previsioni avrebbe dovuto piovere ma non piove ed è già un primo segno: non bisogna lasciarsi condizionare dalle previsioni. “Tanto vincono loro, tanto piove, …", si finisce per rinunciare a fare qualcosa perché dicono che sarà impossibile. Non dobbiamo rinunciare al nostro libero arbitrio anche perché, con la volontà si possono cambiare molte cose che sembrano immutabili.
Dopo un primo sentiero e un tratto di strada forestale ecco il secondo sentiero. Ad una curva una piccola traccia si stacca sulla sinistra e decido di infilarmici dentro. Il sentierino sale fino alla cima di un montarozzo. Il panorama è fantastico, lo spiazzo è comodo, la posizione è riservata, lo stimolo è importante. Una cagata royal. Ecco il secondo segno: cagare è brutto finché lo si fa al cesso ma altrove può essere una cosa meravigliosa.
Sono uscito di casa senz'acqua. Ero convinto di trovare acqua corrente nei ruscelli ma la stagione è secca e non si trova altro che pozzanghere e qualche rivoletto fangoso. Incontro due cacciatori che, finita la stagione, stanno finendo di smantellare la capanna e chiedo loro se abbiano un sorso d'acqua da offrirmi; uno di loro mi offre una bottiglietta intera: tienila pure, dice. Terzo segno: la solidarietà è un valore fondamentale, aiutare le persone in difficoltà dovrebbe essere un dovere.
Quando arrivo presso l'ovile di “is scillaras” mi lascio di nuovo tentare da tracce sconosciute. Mi portano al greto di un torrente quasi secco che poi abbandono aggirandomi per flebili tracce senza uno scopo preciso se non quello di aggirarmi nel bosco avvolgente di lecci per flebili tracce senza uno scopo preciso. Ad un certo punto noto un piccolo fosso circolare e lì vicino un altro. Ci sono anche grosse pietre ammucchiate. Penso di essere incappato in qualche opera dell'uomo e infatti poco più avanti uno di quei fossi è aperto e si rivela essere un buco in cima alla volta di un piccolo nuraghe, completamente interrato dal tempo. Altro segno: la storia ci circonda, ci segue e si manifesta all'improvviso, meravigliosa e stupefacente.
Durante tutto il giro, benché mi trovassi nel bosco del Sulcis, uno dei più grandi e selvaggi d'Europa, sono stato seguito da un odore penetrante di idrocarburi che un vento cattivo trasportava dalla raffineria di Sarroch proprio dentro al mio naso. Altro segno: il pianeta è in pericolo, lo stiamo maltrattando.
Al rientro, sulla carrozzabile sterrata per una terza volta mi lascio tentare da un sentiero sconosciuto e per la terza volta ci trovo un segno. Questa si rivela essere una deviazione che risbuca sulla strada qualche centinaio di metri più avanti dopo un giro panoramico e molto divertente. Il segno dice che non bisogna avere paura dell'ignoto perché è lì che si celano le emozioni più forti.
Rientro a casa dopo circa 3 ore con 25 chilometri sotto le scarpe. Sono un po' stanco ma molto contento. Ora non mi resta che tirare le fila delle lezioni che ho appreso dalla natura. Riassumendo: non bisogna farsi condizionare dalle previsioni, la solidarietà è un valore importante, la storia ci circonda, il pianeta è in pericolo, non bisogna temere l'ignoto e cagare è bello.
Ecco ora sono pronto per andare a votare.

sabato 3 marzo 2018

Alla deriva

Bisognerebbe riproporre la centralità dell'uomo e del suo benessere inteso come vivere bene e non come diritto all'obesità e alla cura dell'obesità. Riappropriarsi del tempo e del gusto di viverlo come piace a noi e non come ci dicono di fare, godersi i frattempi e costruirci rettangoli di vita; riappropriarsi della socialità sana, quella della solidarietà, dello scambio culturale, del lavoro inteso come attività utile alla società e non all'economia. Per poterlo fare bisognerebbe uscire dal vortice che ci trascina, l'“economia globale”, cercando di governarlo. È l'economia che dovrebbe servire a far star bene l'uomo e non l'uomo che deve vivere tutta la propria vita per spingere l'economia. Questo vortice, oltre all'umanità, sta distruggendo il mondo perché la chimera di un continuo aumento della produzione e del consumo, quel famoso segno “più” del PIL senza il quale sembra impossibile vivere, va inevitabilmente a scontrarsi con i limiti fisici del pianeta in cui viviamo.
Speravo nella crisi. Speravo che l'umanità prendesse spunto dalla crisi per capire che stava sbagliando qualcosa e per cercare di cambiare il sistema, invertendo il rapporto di priorità fra l'uomo e il soldo. E invece no. Si fa di tutto per far ripartire la trottola: spingi il PIL, sacrificati, “produci, consuma, crepa”.
E domani vado a votare per cosa? Non si può governare l'economia globale da una piccola sporgenza a forma di stivale.
Tutti a mentire per prendere il comando della barra di un relitto alla deriva senza timone. Costretti a mentire per dare una speranza. Datemi il comando e vi porto a New York, disse uno dei naufraghi in balia della corrente.
Non mi resta che uscire a correre, sotto la pioggia, in montagna per sciacquare le idee e rendere il più piacevole possibile questa deriva.