lunedì 26 marzo 2018

Sea trail Porto Corallo – domenica out

Foto di Arnaldo Aru
Montiferru, marganai, porto corallo: in tutto 25 ore sotto l'acqua. Non ho l'ombrello e ho un buco nella testa, l'acqua mi entra nel cervello e scava solchi nell'anima. Non muoio, non mi ammalo neanche. Mi si erode solo il cervello e una fanghiglia neuronale mi cola dal naso. Dopo tante ore, non cerco neanche più di contenerla, di tamponare le perdite cerebrali tappando le narici col fazzoletto. La lascio colare, anzi, la spargo a spruzzo con la tecnica del coniglietto aerosol. Pian piano, la mia materia grigia sparsa nell'atmosfera si unisce alla pan-intelligenza cosmica. Il cervello si sta svuotando, dilavato, ma la mia coscienza ora si fonde con quella dell'universo. Sono parte di questa nebbia che pervade l'aria, di questa “cloud” che raccoglie e sintonizza le informazioni dando un senso all'insieme.
Breve chiacchierata col grande Filippo, ispirazione per tutto l'ambiente. “Muoviamoci ora, che sta per piovere.”
Ed è subito acqua, mare incacchiato e piedi a mollo.
Il telefono, come al solito, dopo la prima ora di esposizione alle intemperie decide, in autonomia, di spegnersi. Si crede smart, lui, più di noi che stiamo accesi per sei ore sotto la pioggia, ma non sa cosa si perde. È fuori da questo “tutto”, troppo presuntuoso per capire.
Allerta arancione, cielo grigio. La primavera, con il giallo delle ginestre, il viola delle orchidee e della lavanda fiorita, si manifesta un po' sbiadita, in sordina; sembra quasi spenta. Ma entro in sintonia con le goccioline e vedo che sorride; capisco che si è solo fermata un attimo a dissetarsi, prima di esplodere in tutta la sua energia vitale.
Acqua, acqua, acqua. Le pozzanghere arrivano al polpaccio. “Andiamo, che sta per piovere”
Sono in sintonia con il fango che rende scivolosi i sentieri in discesa. Ci vuole intuito, in una frazione di secondo bisogna elaborare una sequenza di passi dinamica e un punto di arresto morbido, se necessario, anche col sedere. Io non ho bisogno di pensare, è il fango che mi guida; sono io il fango e più ce n'è più mi diverto a scendere veloce.
Sintonia con gli ultimi. Non so come si chiamano ma non importa. Sono amici già da prima di conoscerli e intuisco i loro desideri. Arrivare ma soprattutto essere lì. Mi faccio leggero, quasi trasparente per non pesare con la mia presenza. Mi dissolvo nell'aria e mi concretizzo materialmente solo dopo il traguardo, con un forte abbraccio.
Andiamo, che sta per piovere”
Sintonia con gli organizzatori. sintonia di prospettive su quest'isola meravigliosa. Desidero una birra e la birra si materializza, loro desiderano vedere me, la scopa che chiude e io mi materializzo. Poi l'arrivo, accoglienza da re, la focaccia di cipolle e i malloreddus.
Ecco che parte un altro spruzzo di coscienza … a guardarlo meglio sembra muco. Forse allora è il grande muco cosmico la materia oscura, quella che ci tiene appiccicati, in sintonia con la natura e che veicola il senso del “tutto”? Non importa, sia quel che sia, la sostanza non cambia: è stata una giornata di fusione con la natura, di condivisione, di passione, resa ancora più forte ed epica dalle condizioni difficili. La mamma (a parte la mia) non ci avrebbe lasciati uscire a giocare nel fango, con questo tempaccio. La “società” ci guarda come pazzi. Che ne capiscono della bellezza di tutto questo? Hanno mai visto la primavera che sorride sotto la pioggia? Si meritano di restare chiusi in casa con i loro smart phones supponenti e Barbara D'Urso. A loro domenica in, a noi domenica out.
Grazie a Matteo per l'invito, ai Sarrabus Runners, a tutti i volontari, ai compagni di viaggio e alla natura; un'altra giornata piena di vita è passata e me ne restano, fino a prova contraria, altre 17121.

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