domenica 30 novembre 2014

Fiducia, bisogna avere ancora fiducia

Sono passate 3 settimane, due allerte meteo, una riunione improvvisa e tanti “richiamiamo noi”; noi siamo ancora lì, aspettando. Esco a prendere il caffè? Meglio aspettare, potrebbe chiamarmi l'ingegnere da un momento all'altro. Intanto la pioggia è passata ed è arrivata un'ondata di caldo fuori stagione. Le zanzare si moltiplicano e approfittano della nostra attesa per divorarci mentre lasciano tranquilli i piccoli calciatori che zompettano felici nel loro campo verdissimo. Vogliamo parlare anche di questo, delle zanzare che ci divorano. E poi ci sono i millepiedi, sempre più numerosi e la voglia di schiacciarli aumenta.
La settimana prossima incontrerò il sindaco e, fra le altre cose, gli dirò che l'ingegnere responsabile dell'ufficio tecnico ci aveva promesso un sopralluogo e non è ancora venuto; il sindaco ci dirà che ci penserà lui; noi gli stringeremo la mano con un sorriso riconoscente e ci metteremo lì, con rinnovata fiducia, ad aspettare il sindaco.

giovedì 27 novembre 2014

50 ragioni per comprare il mio seme – 4. Perché è un prodotto ultra-top.

Da qualche mese a questa parte, ogni due secondi, si sentiva il cigolio del perno. Cigolii in risalita dai toni bassi a quelli più alti si alternavano ad altri che dai toni alti scendevano ai bassi. Erano le quotazioni del mio seme che andavano su e giù in altalena: crisi-ripresa-altra crisi … . Finalmente, dopo un ultimo lunghissimo fischio, tutto tace. Ora ci sono le garanzie e il mercato ha risposto con grande fiducia. Le telecamere della stazione spaziale internazionale inquadrano spermatozoi sorridenti che ci salutano allegramente galleggiando in assenza di gravità. Eccesso di rialzo, qualcuno ha detto. Ma qual'è la notizia che ha scatenato questo putiferio?
Si è saputo in giro che il “seminatore velleitario” è stato selezionato per far parte del gruppo di atleti sardi “ultra-top”, che vanno a formare la bacinella della Nazionale.
“Ultra-top”! Sembrerebbe un doppio superlativo; in realtà, ma non ditelo in giro, non vuol dire “il meglio del meglio” ma solo “il meglio fra quei pazzi che corrono le ultramaratone”. Albanesi lo tradurrebbe con “il meglio del peggio” ma noi voliamo (o più spesso strisciamo lasciando una scia di bavetta) sopra il suo disprezzo.

Volete dei figli che siano geneticamente ultra-top? È semplice, basta acquistare il kit con il mio seme, completo di istruzioni; approfittate della grande offerta: 50 milioni di pezzi al prezzo di 2! Le quotazioni aggiornate (in euro al quintale) sono riportate nella pagina apposita.

martedì 25 novembre 2014

Strategia di gara per i triathlon lunghi.

Gli allenatori ti diranno che la gara ideale si fa tenendo la frequenza cardiaca più vicina possibile alla soglia aerobica per tutta la durata della gara, ma non è vero. È vero solo che così esprimi la potenza massima in quel lasso di tempo, ma non che vai più veloce possibile. Te lo dico io che sono un grande scienziato da bar: fidati.
Il problema è che la relazione fra battito cardiaco e potenza è lineare ma quella fra potenza e velocità non lo è. Più spingi, più vai veloce. È sempre vero. Ma se metti il 10% in più di potenza muscolare, vai il 10% più veloce? Nella corsa e nelle salite in bici, più o meno è così, ma in bici in pianura, acceleri poco più del 2%. Questo lo dice la fisica. Allora, se la tua soglia aerobica è, per esempio, 150 battiti al minuto, invece di andare sempre a 150, andando a 145 in bici in pianura e a 153 in salita e nella corsa ti stancheresti meno e ci metteresti, complessivamente, meno tempo.


Discorso a parte per il nuoto, in cui è difficilissimo raggiungere la soglia aerobica per via di quella maledettissima acqua che ti entra in bocca appena cerchi di affannarti un po'. Io al massimo, una volta nuotando ho raggiunto una sogliola aerobica, ma questa è un'altra storia.

domenica 23 novembre 2014

Maratonina di Uta – Corsa non competitiva.

Manifestazione podistica “non competitiva”: una specie di allenamento. Una settimana dopo la maratona, oggi volevo fare un allenamento non troppo lungo, provando l'andatura a cui vorrei correre, fra 2 settimane, la mezza di Cagliari. Per non correre da solo ho deciso allora di partecipare alla “non competitiva” di 7.4 km che si corre sullo stesso percorso e in contemporanea con la mezza maratona di Uta.
È non competitiva, solo un allenamento; il riscaldamento lo faccio per finta, tanto devo partire piano; poi, semmai, andrò in progressione. Un quarto d'ora prima della partenza mi lascio ingrigliare. Sono abbastanza avanti, vorrei andare più indietro per evitare di competere con i primi, ma mi distraggo chiacchierando con Chiara. Allo sparo i miei propositi di partenza tranquilla svaniscono e mi infilo fra gli spazi con cattiveria agonistica cercando di sopravanzare i più lenti. Nonostante il traffico mi districo benino e il primo chilometro lo passo in 3'49. Alla faccia del riscaldamento. Durante il secondo chilometro, finalmente libero, mi diverto a raggiungere e superare atleti che oggi sono più forti di me. A quelli della mia categoria faccio vedere il numero rosso della non competitiva per evitare che si mettano a gareggiare con me. Secondo chilometro in 3'30. Con atteggiamento poco “non competitivo”, controllo se intorno a me ci sia qualcun'altro col numero rosso. C'è un ragazzino di Villacidro che però è un po' in affanno e lo stacco. “Calma, Lorenzo, è una non competitiva!” Terzo chilometro in 3'38; quarto in 3'40. Anch'io comincio ad essere in affanno. Me ne rendo conto duramente quando vado a sbattere contro il vento contrario al rientro verso il centro del paese. Rallento vistosamente, non per scelta prudenziale ma perché non riesco più a reggere il ritmo di prima. Quinto chilometro in 4'07. Mi supera un bel gruppetto e, poco dopo, anche il ragazzo col numero rosso. Mi accodo e cerco di riprendere un ritmo decente. Sesto chilometro in 3'49: sto soffrendo quel ritmo ma fra poco è finita e non voglio perdere altre posizioni in questa “non competitiva”. Mi supera un altro ragazzino col numero rosso. Questo non me lo lascio scappare e, alla faccia della “non competizione”, agli ultimi cento metri piazzo uno sprint e lo supero.
7.4 km in 27'40 a una media di 3'44 minuti al chilometro, un ritmo che sicuramente non riuscirei a tenere per tutta una mezza. Non era quello che avevo preventivato ma mi sono divertito, ho sofferto, ho lottato, insomma ho competuto e mi sono anche piazzato fra i primi.

Erano previste premiazioni anche per i primi dieci della “non competitiva”. Una volta placato il demone agonistico e ripreso pieno possesso di me, con aria di serena superiorità ho dichiarato di rinunciare: “non mi metto certo a competere con i ragazzini”.

giovedì 20 novembre 2014

Ragionare con i lipidi.

Il cervello umano ha un dispendio energetico elevato, è il 2% del peso corporeo, ma utilizza il 50% dell'ossigeno e il 10% del glucosio contenuto nel sangue.
La maggior parte dell'energia è consumata dai neuroni soprat
tutto per il funzionamento della pompa sodio-potassio (50% dell'energia) indispensabile per l'attività del cervello (generare segnali elettrici).

Fino a ieri si riteneva che il cervello utilizzasse esclusivamente il glucosio come substrato energetico ma, osservando maratoneti oltre il trentesimo chilometro, quando le riserve di glicogeno sono ormai pressoché esaurite, ho ipotizzato l'esistenza di un meccanismo di ragionamento “lipidico”.

Il ragionamento lipidico è goffo e pesante. Terminato il glicogeno, astrociti obesi provano ad azionare la pompa sodio-potassio spalmandoci sopra un panetto di grasso. È un po' come cercare di far funzionare un computer con la batteria scarica annaffiandolo di benzina. Ci avete mai provato? Ecco perché le idee del nostro maratoneta appaiono confuse. Il ragionamento lipidico porta, per esempio, a scambiare il passaggio di una linea disegnata per terra, con un obiettivo da conquistare a prezzo di atroci sofferenze.
La pompa sodio-potassio straunta di grasso emette una serie di scintille in direzioni casuali che i neuroni cercano di catturare e interpretare spesso restando fulminati. Questa fulminazione traspare sul volto del maratoneta, dandogli quell'espressione tipica che tanto piace ai loro figli: “mamma! Guarda che faccia che ha papà!”
Il maratoneta, proprio per minimizzare il consumo glicidico, cerca di evitare ragionamenti complessi e non sto parlando di astrofisica. Sa che deve mettere un piede davanti all'altro ma se ci fosse una curva? Di solito segue quello davanti che si suppone ne abbia un altro davanti e così via. Ad aprire il gruppo qualcuno in moto che può permettersi di consumare glicogeno per seguire la segnaletica.

Se siete al trentacinquesimo chilometro di una maratona e state leggendo questo articolo sul vostro tablet, la risposta alla domanda che vi state facendo è no. Non servirebbe a niente spalmarsi il carbogel sulla testa.

martedì 18 novembre 2014

Maratona di Torino

Come ho già scritto, le mie condizioni fisiche e mentali erano precarie ma ho voluto ugualmente provare a puntare in alto o, per lo meno, a non spararmi direttamente sui piedi.
Prima della partenza piazza S. Carlo è piena, fa fresco, non piove e l'atmosfera è carica di allegra eccitazione. Faccio qualche saltello sul posto per simulare un riscaldamento. Si sta bene. L'attesa non pesa anzi, allo sparo dispiace quasi dover partire. Le griglie funzionano bene e noi privilegiati del club “sub3” riusciamo a correre bene quasi subito. Obiettivo di partenza 3 ore, da allungare a piacimento secondo le sensazioni: pugnalate nella coscia +10', cuore che scoppia +20' …
Un occhio allo scheletro di cronometro che ho tenuto in mano dal primo all'ultimo km, l'altro occhio ai palloncini dei pacemaker delle 3 ore. Decido, per cominciare, di tenermeli dietro in modo da correre fuori dal mucchio e avere un minimo di margine.
Non mi sento molto a mio agio. Al settimo km mi sento già affaticato; non è presto per il muro? Riesco comunque a correre a ritmo regolare qualche decina di metri avanti ai pacers e il percorso scivola via: Moncalieri e Nichelino, periferie operaie e accoglienza calorosa. Poi un lunghissimo viale di campagna. In fondo, immersa in un boschetto, riconosco la palazzina di caccia di Stupinigi. I chilometri passano relativamente veloci: non sto benissimo ma non faccio ancora troppa fatica. Un gruppone di podisti mi raggiunge e mi ingloba. Sono quelli delle 3 ore, gente ambiziosa. Qualcuno corre agevolmente ma forse sono solo i pacers, molti ansimano, uno corre piegato, un altro procede a scatti. Li vedo già condannati: so che pochi arriveranno a coronare il loro sogno.
Mi lascio trascinare fino alla palazzina e poi lungo la leggera discesa verso Torino. La mezza arriva una trentina di secondi prima dell'ora e trenta: margine risicato che però aumenta lungo la discesa. I pacers vanno veloci. Troppo veloci. Anche quando finisce la discesa continuano ad un ritmo superiore a quello per le 3 ore. Siamo quasi al trentesimo chilometro, ho quasi un minuto di margine per cui preferisco andare al mio passo e li lascio alla loro folle corsa con qualche povero malcapitato che li segue rischiando di scoppiare. Non resto comunque mai solo e mantengo pieno controllo sui tempi, anche troppo. Ogni chilometro calcolo i secondi di vantaggio rispetto all'andatura prevista per le 3 ore, li divido per i km mancanti e ottengo la nuova andatura per arrivare in 3 ore. A meno 6 km ho ancora un minuto di vantaggio, dieci secondi a km e invece di 4'16 posso andare a 4'26. Ci avviciniamo al centro, poi ci riallontaniamo. Riconosco le strade, stiamo percorrendo a zig zag i grandi viali di Torino. Il chilometro successivo lo corro in 4'21 e i 5 secondi risparmiati li posso dividere 1 per ogni chilometro che resta e andare a 4'27 … continuo con questi conti e l'andatura rallenta ma tende asintoticamente sempre alle 3 ore. Mi ci adagio sopra. Passo davanti a casa di mia madre ma lei non c'è. Supero molti atleti, qualcuno reagisce tenendo la mia andatura per un po'. I palloncini delle tre ore, dopo la corsa pazza si sono quasi fermati e si avvicinano a vista d'occhio. A 2 km dall'arrivo potrei permettermi un passo di 4'30 ma finalmente qualcuno mi supera. E' una ragazza olandese con un uomo dietro, probabilmente il compagno, che la sprona con urli fiamminghi. Le urla mi svegliano e provo a seguirla. Al quarantunesimo, appena entrati in via Roma, si sente il boato della folla; mi corre un brivido lungo la schiena e comincio a volare. Il traguardo è ancora lontano ma riesco ad intravederlo in fondo al lungo rettilineo, dietro al cavallo di bronzo. L'incitamento continuo della folla fa sparire la stanchezza. La sensazione è così bella che smetto di fare calcoli, voglio solo correre più veloce che posso. Non sembra molto sensato spremersi così per arrivare in 2h59'17 invece che in 2h59'59 ma è bellissimo e mi resterà in mente a lungo. Al traguardo, lo speaker fa il mio nome; io sono raggiante e mia madre si commuove: sapevamo che quello era il massimo a cui potessi aspirare.

Quando si riparte?

sabato 15 novembre 2014

Spostando l'asticella sempre più in alto – Torino preview

26 ottobre – 2h52. Avevo appena corso l'ultima frazione del triathlon medio in 1h26'01.
Era una mezza maratona corsa avendo sulle gambe 40 minuti di nuoto e poco meno di 3 ore di bici. Come tipo di sforzo potrebbe essere paragonato alla seconda metà di una maratona. Usando l'equazione mezza*2=una ho valutato di poter chiudere una maratona in 2h52.

27 ottobre – 2h55. Il giorno dopo stavo molto bene. I muscoli erano giustamente stanchi ma il cuore batteva forte e tranquillo. Ho cominciato a pensare seriamente di sfruttare questo stato di forma per correre, senza quasi ulteriori allenamenti, una maratona in un buon tempo. È da Roma 2012 che non corro una maratona veloce e dopo più di due anni, sto perdendo i privilegi offerti da un buon tempo di qualificazione. Torino potrebbe essere la mia scelta e 2h55 un buon tempo obiettivo da raggiungere senza troppa fatica.

31 ottobre – 3h00. Dopo 5 giorni i dolori muscolari si sono attenuati e ho ripreso a correre. Per cominciare, ho fatto un breve allenamento di una decina di km tranquilli con 7-8 accelerazioni da un minuto per sciogliere le gambe. I muscoli rispondevano benino all'aumento di ritmo, il fiato no. Accelerando andavo subito in affanno e rallentando faticavo a recuperare. Mi sono un po' preoccupato perché era lo stesso tipo di stanchezza che mi aveva preso a maggio durando poi per tutta l'estate. Ho subito deciso di rinunciare ad altri allenamenti duri e di badare solo al recupero. Con la forma da cui partivo, recuperando bene, anche senza “lavori” sarei riuscito a finirla in 3 ore.

9 novembre – 3h10. Dopo una decina di giorni passati fra brevi corsette e lunghi riposi non mi sentivo ancora in forma. Il cuore era stanco e i battiti salivano al minimo sforzo. Ormai però ero iscritto, avevo fatto il biglietto e dovevo provare il ritmo gara. Ho impostato un ritmo di 4'15 al chilometro per finire sotto le 3 ore. Sono partito leggermente più veloce ma dopo una decina di chilometri ero già stanco e affannato; per trovare un ritmo più naturale ho dovuto rallentare fino a 4'30 al chilometro che, in proiezione maratona, sono 3h10.

12 novembre – 3h25. Altro test di 13 chilometri, finito di nuovo troppo stanco con i muscoli doloranti. Devo trovare un obiettivo più facile, altrimenti difficilmente riuscirò a finirla. A Torino viene Nello, mio compagno di squadra che dichiara di voler fare il tempo minimo per potersi qualificare per Boston. Controllo il tempo per la mia fascia d'età: 3h25

13 novembre – 3h30. L'anno prossimo cambierò fascia d'età: ricontrollo i tempi per Boston per i cinquantenni: 3h30.


16 novembre – 5h30. Le jeux sont fait e il diavolo mi aspetta a Torino. Questa escalation vertiginosa di tempi sembra non aver limite. Dal punto di vista matematico si parlerebbe di asintoto verticale, di un tempo “tendente all'infinito”. Ma un limite c'è e l'ha imposto l'organizzazione: il tempo massimo.

mercoledì 12 novembre 2014

Una questione semantica (Pignolerie – ovvero piccole cose dette con enfasi)

Stanotte, seduto sul cesso, mi sono posto grosse domande e ho concepito risposte altrettanto grosse. L'interrogativo principale, una questione che giornalisti e scrittori contemporanei non possono non avere affrontato, è come definire, evitando termini volgari, quelle due fasce di popolazione che stanno pian piano riempiendo il mondo: gli stronzi e i coglioni.

Oggi parliamo del primo tipo. Come definirli altrimenti? Cattivi, prepotenti, marrani, incivili, odiosi?
“Guarda quell'uomo cattivo che guida con prepotenza la sua grossa macchina!”
“Chi? Quello? Io vedo solo uno stronzo.”
Già in passato mi ero chiesto come appellare questa gente senza scendere al loro livello ma dopo aver lanciato qualche “lei è proprio incivile” che usciva già moscio dalla bocca e cadeva a terra sfiorando appena i piedi dello stronzo, mi sono reso conto che era ora di “sdoganare” questo termine aprendogli il paradiso dello Zingarelli e della mia bocca. “Stronzo!” Ecco, l'ho detto. Se le parole servono per comunicare, è meglio non fare gli schizzinosi di fronte ad un termine così comunicativo. Trovo molto più volgari i puntini e i “beep” che coprono ipocritamente l'audio.

Perché non esiste un termine appropriato? Il problema principale è che il linguaggio “ufficiale” fatica a seguire la precipitosa evoluzione della società.

Quando ero ragazzo gli stronzi erano pochi ma era pieno di “teste di cazzo”. Molti di questi sono morti, qualcuno s'è ravveduto ritirandosi in convento; gli altri si sono evoluti quasi tutti in stronzi. Non è che prima non lo fossero: lo sono sempre stati ma non si riuscivano ad esprimere appieno. Adesso, fra mutui e leasing, quasi tutti possono permettersi di comprare un SUV e, finalmente, dar sfogo a tutta la loro stronzaggine.

lunedì 10 novembre 2014

Caccia allo sponsor.

Primo giro. Vado da solo. Forse sarebbe stato meglio essere in due. Non s'è mai visto un testimone di Geova o un Mormone andare in giro da solo ad evocare la fine del mondo.
In una mano una borsetta scura, nell'altra, al posto della torre di guardia, una lettera di presentazione.
Il blocchetto delle ricevute è chiuso in borsa, carico e pronto ad essere estratto alla prima occasione propizia.
Sono della società Atletica Capoterra che opera da 11 anni nel territorio del comune con l'obiettivo di combattere la sedentarietà, portando i bambini, i loro genitori e perfino i nonni a praticare un'attività naturale e salutare come la corsa ...”
Mi lasciano parlare. In farmacia e al supermercato manca il titolare.
La nostra missione si esplica attraverso l'organizzazione di manifestazioni sportive, di corsi di
avviamento all'atletica per bambini e tramite la sistemazione di percorsi che consentano ai cittadini di
correre in sicurezza all'interno del territorio comunale …”
Al bar e al negozio di bici c'è solo un titolare su due e per decidere di stanziare un contributo di 25 euro dovranno riunire l'assemblea dei soci.
Solo nell'anno in corso, abbiamo organizzato una gara di corsa campestre che ha richiamato quasi 1000 atleti e altrettanti visitatori nel parco di Is Olias e un corso di atletica a cui hanno partecipato una ventina di ragazzi; per il prossimo anno prevediamo di organizzare almeno due gare e di aumentare il numero di partecipanti al corso …”
La parrucchiera mi ascolta ma le serve tempo per decidere; solo dormendoci sopra potrà capire qual'è la scelta corretta. Il titolare del “centro servizi” mi propone di stampare lui i manifesti della gara con uno sconto di 25 euro.
Questa crescita richiede alla nostra Società Sportiva degli sforzi ulteriori rispetto a quelli, ENORMI, che già si stanno facendo. Stiamo quindi cercando il sostegno economico di aziende che condividano la nostra missione. Speriamo che Lei possa dare un contributo sotto forma di sponsorizzazione; per noi sarebbe un aiuto enorme e un riconoscimento degli sforzi che il nostro gruppo di dirigenti e atleti sta già facendo in modo del tutto volontario e gratuito”
La panettiera mi dice che non ha proprio soldi da dare. Le compro il pane.


Non lo sanno ancora, ma era solo un giro d'esplorazione del territorio. Torneremo a stanarli con cani e fucili.

domenica 9 novembre 2014

Fiducia, bisogna avere fiducia.

La settimana scorsa, dopo un'oretta di attesa, sono riuscito a parlare con il responsabile dei servizi tecnologici del comune di Capoterra. “Per quanto riguarda la pista veniamo a fare un sopralluogo e poi decidiamo come intervenire”
Le parole dette sono importanti; lo devono essere, altrimenti parlare servirebbe solo a passare il tempo: l'ha detto, lo farà. Fiducia. Bisogna avere fiducia.
L'amico Antonio, che lavora come ingegnere al comune, era presente con me al colloquio e, con inspiegabile diffidenza, ha insistito per definire i tempi della visita, riuscendo a concordare un appuntamento per giovedì prossimo alle 17.
Questo giovedì mattina ci siamo sentiti per conferma. “Oggi pomeriggio non posso perché c'è un'allerta meteo”
Le parole sono importanti. “Allerta meteo” vuol dire che probabilmente diluvierà! Attendo con allarmata fiducia l'arrivo dei nubifragi.
All'ora dell'allenamento non piove. Dopo un ultimo sguardo al cielo, sono andato al campo trovandolo umido per le due gocce d'acqua cadute durante il giorno. Molti genitori hanno portato i loro figli a correre sprezzanti del pericolo mentre al comune si preparavano a fronteggiare il diluvio universale. E' incredibile come l'amministrazione si preoccupi per noi.
Il prossimo appuntamento è per martedì prossimo. Anche martedì sono previste pioggerelle. Noi saremo lì a correre e giocare e, ogni tanto con uno sguardo lanciato da sotto il cappuccio del k-way, andremo a cercare fiduciosi l'arrivo dell'ingegnere del comune.

Fiducia, bisogna avere fiducia.  

mercoledì 5 novembre 2014

La maledizione di Torino.

Torino è situata ad occidente, dove finisce la luce ed inizia la tenebra, al vertice di due triangoli magici. Non avrei mai creduto a queste minchiate occulte se la mia serie di esperienze negative alla Maratona di Torino non si prestasse ad interpretazioni probabilistico-esoteriche. Secondo queste teorie, la coda della gaussiana, dove si trovano tutti gli eventi altamente improbabili, sarebbe in realtà quella di un demonio: ciò spiegherebbe il ciuffo di peli che le spunta in fondo e le due corna che qualcuno giura di veder spuntare dietro al picco della gaussiana.

Nel 2009, ero un giovanotto di belle speranze, in buona forma e in buona salute. Poco dopo essermi iscritto per la prima volta alla maratona di Torino, Satana si è presentato dandomi una zoccolata al ginocchio e obbligandomi ad interrompere gli allenamenti. Allora non credevo al diavolo e ho pensato ad un banale incidente. Dopo qualche tentativo di riprendere a correre ho dovuto rinunciare alla maratona e, non avendo ancora fatto il biglietto aereo, non sono neanche partito per Torino.
L'anno dopo mi ero preparato per la maratona di Torino con un certo scrupolo. Il giorno prima della gara, l'aereo per Torino partiva nel primo pomeriggio e in mattinata avevo tutto il tempo di fare una sgambatina in scioltezza intorno a casa. Doveva essere solo una corsetta rigenerante ma dopo un paio di chilometrizak … sento un'incornata del diavolo dietro la coscia. Qualche ora dopo ho preso l'aereo e domenica mattina, accompagnato da mio padre, mi sono recato alla partenza. Ero pessimista. Ho fatto un po' di riscaldamento ma il dolore persisteva. Sono partito lo stesso, piano piano, provando poi ad accelerare gradualmente ma appena aumentavo il passo il dolore cresceva. Al decimo chilometro ho deciso di fermarmi e tornare indietro. Camminando a ritroso ho incrociato tutto il resto del gruppo, fino all'ultimo; poi sono rimasto solo sotto una sottile pioggerella. Ricordo il freddo, il desiderio di pisciare e la tentazione di prendere un tram senza biglietto. Non ho ceduto e son ritornato camminando fino al punto di partenza che nel frattempo era diventato il punto d'arrivo e, dopo gli ultimi, incrociati poco prima, ho visto arrivare i primissimi. Non ne ero sicuro, ma cominciavo a sospettare qualcosa di strano. All'epoca non conoscevo ancora il passatore e non mi ero ancora mai ritirato a nessun'altra gara e due ritiri su due a Torino sembravano una coincidenza molto inquietante.
Nel 2012 non ero in gran forma ma ero comunque pronto a fare una gara dignitosa. Ero riuscito a passare indenne anche l'ultimo allenamento: sembrava che nulla potesse più fermarmi ma il diavolo la pensava diversamente. Ogni volta che vado a Torino mia madre mi festeggia preparando pietanze e dolci irresistibili. La mattina della gara non sono riuscito ad alzarmi dal letto per il gran mal di stomaco. Qualcuno potrebbe insinuare che era colpa mia, che avevo mangiato e bevuto come un porco ma ormai il dubbio è diventato certezza: c'è una maledizione che grava su di me ogni volta che mi iscrivo alla maratona di Torino.

Ieri mi sono iscritto alla maratona di Torino 2014 e già oggi tremo. So di essere sull'orlo di un abisso, di essere sotto il tiro di un demonio cecchino che non so dove colpirà. Non riesco a dormire bene. Ogni volta che mi giro nel letto sento un rumore sferragliante. Fatico a prendere sonno con quest'armatura …


domenica 2 novembre 2014

Considerazioni di fine stagione

Il wellrunness
Questa è la mia espressione subito dopo l'arrivo dell'ultramaratona di Macomer. Forse è la risposta migliore ad Albanesi, ideatore del wellrunness, che vorrebbe darci la corsa solo a piccole dosi …
Il suunto
L'atleta nel pieno dell'impegno fisico regredisce ad uno stato mentale infantile. Citando il grande scienziato velleitario: “il 90% delle nostre facoltà fisiche e mentali è impegnata nella competizione e ci rimane solo il 10% per eventuali altre attività. Di fatto, è come se fosse un bambino di un anno a fare tutto il resto e azioni che ci sembrano banali quando le facciamo a casa, si trasformano in grandi imprese.”
In gara, leggere cos'è scritto vicino ai bottoncini è impossibile perché siamo ritornati analfabeti; interpretare numeri e simboli è un'impresa quando cerchiamo ancora d'infilare il triangolone di plastica nel buco del cerchio. Allora, l'utilizzo di un apparecchio complicato, come il “suunto ambit” che avevo in prova, avrebbe richiesto un'educazione da scuola materna, partendo dall'abc. In mancanza di questa, il modello di gps più adatto per me sarebbe stato questo:


Organizzazioni e buffet.
Due grandi eventi, due organizzazioni perfette ma diversissime. Si va dal clima professionale e amichevole del Forte Village alla passione della grande famiglia di Macomer. Dall'impeccabile buffet alla grande abbuffata. Dietro ad entrambe c'è grande lavoro, preparazione e cura. Qualche piccolo dettaglio naturalmente può sfuggire: gli amici di Macomer, per esempio, avrebbero potuto passare uno spolverino sulla tagliafuoco per dargli una ripulita … ma fa niente, l'anno prossimo ce l'aspettiamo luccicante e profumata.


Mi hanno garantito che l'anno prossimo ci sarà ancora il mese di ottobre. Non vedo l'ora.

sabato 1 novembre 2014

Almanacco del mese dopo – novembre 2014

30 giorni ha novembre con april giugno e settembre …
Mese corto, giornate corte, fiato corto. È ora di recuperare dalle fatiche di ottobre. In allenamento al posto del lungo lento farò il corto lento e al posto degli allunghi gli accorci. Anche le gare si accorceranno e non potranno superare la soglia dei 42.195 metri.
Anche lo stomaco meriterebbe il suo bel riposo dopo le abbuffate ottobrine. Ma non sarà facile.
Si accenderà il camino e per non sprecare la brace bisognerà arrostire qualcosa. Castagne arrosto e vino novello mi si getteranno in bocca e non sarà facile fermarle.

Eventi

16. Maratona di Torino. In questa gara ho un record di 4 iscrizioni, 2 partenze e un solo arrivo. Novembre è un momento critico perché si pone dopo un periodo di grande impegno. L'allenamento c'è ma il rischio di rompere è alto. Possono cedere le parti del corpo più sollecitate ad ottobre: i muscoli, le articolazioni o, come l'anno scorso, lo stomaco. Quest'anno cercherò di arrivarci mollemente, in completo relax. Non farò il personale ma almeno dovrei finirla.

Best of the past.

A novembre il blog è in crescita, più lettori, più commenti, e tante idee per renderlo più vario. Insieme alle solite cronache quotidiane:
Il tempo passa: Maria sta già facendo zapping in salotto, i ragazzi sono nelle loro camere a giocare e io sono ancora qui, a tavola, seduto davanti ai piatti ormai vuoti, con l'ultimo centimetro di vino nel bicchiere.
Non è pigrizia, è uno stato dell'animo: è pesantezza di culo.”
Per la prima volta ci sono consigli per gli acquisti:
Al contrario di tavolette del water e lavastoviglie, per le bici il rapporto prezzo/durata è quasi invertito. La componentistica di alto livello è pensata per professionisti che cambiano la bici in continuazione, che hanno un'assistenza meccanica continua ecc. ecc. Il buon vecchio acciaio pesa di più ma in confronto è indistruttibile; allora usate l'acciaio per la bici e tenetevi le fibre di carbonio per farci la tavoletta del water che lì le prestazioni aumenterebbero in modo bestiale.” 
Pignolerie:
Mio nonno paterno era un glottologo di fama mondiale, esperto in sanscrito, accademico dei lincei ecc. ecc. . Mio padre, pur non avendo fatto studi classici, traduceva Puskin dal russo in rima e risolveva le parole crociate difficili leggendo le sole definizioni orizzontali. Mio figlio Martino ondeggia fra il 3 e il 5 di latino al liceo scientifico. In questa discesa lineare generazionale verso l'ignoranza assoluta, io capito piuttosto in basso. Cionondimeno (parolone) voglio provare a risolvere l'enigma della pronuncia italiana della parola inglese "mountain bike" le misteriose origini dell'arcano "muntanbaik", una questione che mi angoscia da anni.” 

Storie del passato:

Ricordo ancora quel pomeriggio. Ero studente a Pisa e stavo tornando a casa dalla stazione. Ricordo di avere visto  quel bimbo che lasciava cadere il gioco e poi si sporgeva a guardarlo, il breve e muto dialogo, le sue guanciotte piene e il bellissimo sorriso, mezzo sfrontato e mezzo timido. Potevo essere io, il timido avventuriero di 15 anni prima. In quel sorriso, così comunicativo, avrei potuto leggere la storia o almeno intuirne il potenziale tragico e cercare di intervenire, di “impicciarmi” per cambiare il corso degli eventi. La lessi invece solo il giorno dopo, sul giornale.”