mercoledì 28 dicembre 2016

Il wellrunnessaro

Il wellrunnessaro corre per correre bene. È convinto che la corsa vada somministrata nelle giuste dosi, come una pillola: 1 ora al dì, lontano dai pasti. Superare le dosi consigliate non è salutare e si va incontro agli effetti collaterali da sovraddosaggio che potrebbero portare anche all'abbandono.
Se deve correre 42 km e proprio quel giorno hanno organizzato una maratona a due passi da casa, li corre comunque da solo a lato della statale, perché vuole dimostrare che non deve dimostrare niente a nessuno e che corre solo per sé stesso.
Il wellrunnessaro ha un profeta: Albanesi. È lui che ha inventato il termine “wellrunness” e ne ha perfino registrato il marchio. Lo definisce così: "la pratica della corsa con lo scopo di correre fino alla fine dei propri giorni." Omette però di specificare se questa fine dei giorni è anticipata o posticipata dalla pratica del "wellrunness". A pensarci bene, infatti, anche correre verso un burrone rientra nella definizione di "wellrunness" riportata qui sopra.
Io? Per me il fine ultimo è vivere bene. Correre può essere un mezzo per raggiungere questo fine ma nulla più. Per questo prendo la corsa con leggerezza, divertimento e passione e, finché dura, me la godo. Se dovesse finire mi dispiacerà ma troverò qualcos'altro.
Il test: sei un wellrunnessaro?
  • Prima di uscire a correre, consulti i sacri testi? (tabelle di Albanesi)
  • Hai ripudiato tutte le altre motivazioni perché sono effimere?
  • Se devi fare 15km e gli amici ne fanno 18 preferisci correre da solo?
Se hai risposto “sì” ad almeno 2 delle 3 domande, complimenti, sei un wellrunnessaro, correrai fino al tuo ultimo giorno di vita e puoi pigiare il tasto corrispondente nel sondaggio qui accanto.

martedì 27 dicembre 2016

La morte nera




L'amor tenero dominava sull'universo e l'arcobaleno splendeva in cielo. Poi un comitato per la parità di genere ha deciso che era ingiusto usare “lamortenero” e “larcobaleno” al maschile anche per le donne e ha inventato “lamortenera” e °lorcobalena”. Così, con un semplice cambio di genere, un'apparente formalità, si è passati dalla forza al suo lato oscuro e ora “la morte nera” domina e l'orcobalena incombe minacciosa in cielo.

lunedì 19 dicembre 2016

Giancarlo corre con noi

Appuntamento obbligato di fine stagione. Per il quarto anno consecutivo, rispondo molto volentieri all'invito degli amici Gigi e Efisio a questa bella gara sui saliscendi del colle San Michele di Cagliari.
Il Natale si avvicina e il suo spirito aleggia, amichevole e festoso. Atleti sfoggiano corna di renna e non mi viene neanche un rigurgito. Siamo tutti più buoni. Perfino la FIDAL non fa pagare la sovrattassa per le iscrizioni sul posto e, addirittura, tutti tacciono durante il minuto di silenzio in ricordo del povero Giancarlo.
Trovo la mia posizione in seconda fila senza dover spingere e si parte. Siamo tutti buoni e si corre con gentilezza. Francesco passa e non reagisco. Prego, prima lei, si figuri.
A metà del secondo giro, mi supera anche Flavio dicendomi una parola di incoraggiamento. Improvvisamente mi sento un rospo in bocca e lo sputo; stava crescendo lì da tempo ma non me ne ero reso conto; era lo spirito natalizio. Le campanelle che mi rintronavano in testa finalmente tacciono. Ora tutto è più chiaro. Mi astraggo dal contesto generale e tutti gli atleti di categoria diversa dalla nostra diventano comparse insignificanti. Siamo soli io e lui a lottare per il primo posto fra i 50enni. Guardandolo passare, confronto la sua apparente facilità con il mio affanno e temo l'ennesima disfatta. Due settimane prima, alla mezza di Cagliari mi aveva staccato di 4 minuti. Non mi arrendo, provo a reagire e, compensando il disagio fisiologico con la cattiveria, lo tengo a portata.
Foto di Giovanni Anedda
Sulla salita ripida, sputo i polmoni per non perdere altro terreno e nella successiva discesa, pestando i piedi come un ossesso, riesco anche a riavvicinarmi. Ormai è la mia preda. Sono un lupo affamato con la bava che sbrodola dagli angoli della bocca. Resto in agguato pochi metri dietro di lui. Non mi vede ma sente sicuramente il mio ansimare affannoso e il ringhio soffocato dalla saliva. Ultimo giro. Per l'ultima volta affrontiamo il terribile strappo che porta al castello. Sfioro il rantolo ma mi metto alle sue costole. In discesa lo affianco ma reagisce e corriamo i ripidi tornanti, spalla a spalla, piegando e rischiando il contatto, come moto in curva. Fallito l'attacco mi rimetto dietro. Per un momento perdo lucidità e penso che potremmo arrivare insieme mano nella mano ma è solo un altro bolo; basta uno sputo e risfodero il coltello. Il sangue inietta i muscoli e ne resta ben poco per il cervello; contare fino a quattro diventa un'impresa e, per un attimo, pensando che ci sia un altro giro riprendo un po' di fiato. Pollice – uno, indice – due, medio – tre, anulare … Cosa sto facendo! Siamo all'ultimo giro, manca meno di un chilometro e lo sto lasciando andare! È invece il momento di tirare fuori gli artigli e tutto quello che non c'è. In un attimo lo raggiungo poi, al penultimo strappo, sferro l'attacco. Esco dalla trincea con una sortita suicida. Sono sicuro che sta provando a reagire ma non mi volto. Le caldaie stanno per esplodere, 500 metri corsi con il cuore in gola sono lunghissimi ma non mollo. Sento un atleta che mi affianca ma è solo una comparsa che ha reagito al mio sorpasso e non sono costretto ad abbatterlo con una gomitata. Flavio invece ha ceduto. Ecco il tappeto rosso, tutto per me. Taglio il traguardo impennando d'orgoglio.
Sfida epica per il primo posto di categoria fra i cinquantenni. Grazie Flavio, sei riuscito a tirarmi fuori i polmoni e una forza che non pensavo di avere. Mi sono davvero divertito.
Altro che il dolciastro panettone. Ha vinto lo spirito delle interiora, la trippa alla romana. Prosit.

martedì 6 dicembre 2016

Cagliari respira

Festa, sole, musica, sorrisi. Tre anni fa era un coro di claxon, quest'anno ho sentito solo una signora lamentarsi: “ma dimmi tu se devono bloccare una città per questi ...” L'aggettivo qualificativo, per fortuna, si è involato, sfumando nella distanza.
L'anno scorso, come 3 anni fa, avevo diritto a partire nella griglia dei VIP, gli anni pari invece mi mettono nella gabbia dei polli. Siamo tantissimi, tremila dicono, e decido di ingrigliarmi subito, quasi senza riscaldamento, per poter partire in buona posizione. Dalla gabbia provo a chiedere noccioline ai visitatori ma non capiscono la mia mimica scimmiesca.
Si parte. Soffro un po' la mancanza di riscaldamento ma la posizione è perfetta e riesco a correre subito al mio ritmo senza ostacoli. Poco avanti a me c'è Alice Capone, fortissima triatleta che ha concluso la mezza di Uta in 1h24. Va al ritmo giusto e decido che sarà il mio riferimento; un gran bel riferimento, il che non guasta.
Il piano di restare regolarmente sotto i 4' al km naufraga anche questa volta già al decimo chilometro. Provo a reagire: “adesso aziono la spinta di piede e riparto”; al settimo km mi era riuscito ma ora sono rigido e resto lì. Alice si allontana in avanti anche se non uscirà mai dalla portata dei miei radar.
Al poetto c'è musica dal vivo per noi! Il primo gruppo suona un classico garage rock che mi fa venire un brivido e staccare dal suolo per qualche metro ma dura poco, atterro e il brivido si trasforma in sudore freddo. Il lungo poetto continua, bello ma un po'etto lungo. Il tempo si ferma. È più noioso della formula uno. Situazione di stallo; non succede niente, nessun sorpasso; si guadagnano o perdono frazioni di secondo al chilometro.
Comincia il gioco al massacro. Foto di Roberto Puddinu
Per fortuna arriva il giro di boa, si entra nel parco delle saline e posso cominciare il conto alla rovescia; ai meno 5 si può aumentare il livello di sofferenza perché si sa che finirà. Si trae forza vedendo altri che soffrono di più. Comincia il gioco al massacro, la mia specialità. Bluffo nascondendo la mia fatica e supero gli atleti in crisi senza nessuna pietà. Ad un chilometro dalla fine una breve discesa fa da trampolino di lancio per la progressione finale. Metto nel mirino gli atleti avanti a me e l'ingresso allo stadio mi coglie quasi di sorpresa. Gli ultimi 300 metri sono sulla pista di atletica del campo CONI, il traguardo è in fondo al rettilineo opposto davanti alla tribuna piena di pubblico e la pista celeste ci guida verso di esso evocando la grande atletica vista in tv. Ho già usato tutta la resistenza negli ultimi 5 km e, dopo l'ulteriore accelerazione dell'ultimo chilometro, penso di avere già dato tutto ma lo stimolo è irresistibile e dopo un'ultima esitazione decido di tirare fuori l'anaerobico dall'impermeabile per esibirmi in uno sprint “regale” percorrendo gli ultimi 200 metri in 38 secondi, un tempo inferiore al record mondiale dei 400. Van Niekerk non mi avrebbe doppiato! Riesco anche a superare 3 o 4 atleti, fra cui Alice e, lo scoprirò solo dopo, il quarto della mia categoria! Finisco in un'ora e 24, poco più di un minuto in meno rispetto ad Uta. L'operazione di recupero velocità è riuscita solo parzialmente e ho corso bene solo a sprazzi ma il finale mi ha riempito di soddisfazione.
Lo sprint - foto di Bianca Figus
Sacchettaro perfetto, anche questa volta riesco a cogliere l'ultimo posto buono per il sacchetto, grazie allo sprint e al fatto che il primo atleta della mia categoria, il fortissimo Gabriele Carta, è rientrato fra i primi dieci assoluti lasciando così un posticino per me sul terzo gradino del podio. Podio virtuale, a dire il vero, visto che le premiazioni sono ridotte alla consegna dei sacchetti in un sottoscala; qualcuno si è lamentato ma per noi sacchettari DOC la gloria è secondaria e conta solo il contenuto del sacchetto, guarda caso un impermeabile. L'ideale per noi esibizionisti. Adesso però mi servirebbe un po' di biancheria: mutande, canottiere e calzini senza buchi. Odio fare shopping ma la situazione sta diventando seria e quindi spero di vincerla alla prossima gara. Speriamo, se no mi tocca scrivere una letterina a riguardo a Babbo Natale.
Anche se è un tema che mi sta a cuore, non posso finirla parlando di mutande bucate.
Tutti coloro che ancora si lamentano della chiusura del traffico dovrebbero vedere gli splendidi sorrisi delle atlete, da quello radioso di Claudia, la vincitrice, a quelli stanchi ma pieni di soddisfazione e felicità delle ultime arrivate. Cagliari respira e riempie il cuore.
sprint royal - foto di Arnaldo Aru

domenica 4 dicembre 2016

Calzini sporchi sulla tomba

“Calzini sporchi sulla tomba” è un finale convenzionale, tipo “e vissero tutti felici e contenti” o “amen”. Credo che si addica bene a questo referendum.
Dopo 21 km di riflessione mi sono convinto che non esiste risposta giusta. Anche l'astensione è sbagliata. Apro la cassetta della posta per vedere se per caso mi abbiano mandato la tessera elettorale nuova che la vecchia è piena. Non c'è ma in compenso trovo l'ultimo numero di “internazionale” con la copertina dedicata al referendum. Dopo essere passato in comune a ritirare il certificato, mi fermo in macchina in via Diaz a studiare. Leggo le opinioni della stampa internazionale sulla questione e scopro che anche secondo loro siamo in un'“impasse”. Non esiste risposta giusta. Bisogna cercare la meno sbagliata e su questo anche la stampa estera si divide. Dopo mezz'ora riparto per recarmi alla sezione elettorale in stato confusionale avanzato.
Ecco, si sta per realizzare l'incubo! Sono sicuro che sbaglierò risposta e appena infilato la scheda nell'urna mi diranno “risposta sbagliata! La risposta esatta era “...”. Non ha superato l'esame da elettore e le dovremo trattenere il certificato”.
Invece me la riconsegnano. Forse allora ho risposto bene. Ma non faccio in tempo a rilassarmi. Esco e trovo la macchina bloccata da un'altra che blocca l'uscita del parcheggio. Dopo 10 minuti arriva la proprietaria e mi dice che ha parcheggiato lì perché dove avevo lasciato io l'auto non era un “parcheggio”. La domanda clou che si aggira fra i miei gangli ora diventa un'altra: “cos'era quello spiazzo asfaltato senza cartelli di divieto dove ho lasciato la mia auto?” Grandi domande con piccole risposte.
Stasera vedremo chi vincerà e nei giorni futuri ne vedremo le conseguenze. Vedremo se arriverà il tecnico, il comico o l'idraulico, come sarà questo meno peggio, diluvio universale e calzini sporchi sulla tomba.

sabato 3 dicembre 2016

Sì o no? Maratonina di Cagliari – preview

Meglio bilocale con camera letto, sala senato e gabinetto ministeriale o monolocale con angolo cottura?
Sono contrario al “voto di protesta”. Sono dell'idea che le proteste debbano essere manifestate pubblicamente, sui media o anche in strada con un bello striscione esplicativo e non votando alla “cazzo”. Mi devo perciò concentrare sulla domanda del quesito. Avrei gradito un bilocale su doppio livello con camera superiore di controllo ma è già stato affittato . Bilocale o monolocale? Non so rispondere, non sono ancora pronto, devo studiare ancora se non voglio saltare anche questo appello. Avrò 21 km per pensarci ma forse ci vorrebbe una maratona o meglio ancora un “passatore”. Alla fine del passatore tutto sarebbe diventato chiaro: una visione mistica mi avrebbe chiarito le conseguenze delle modifiche all'articolo 37 anche se forse sarei arrivato dopo la chiusura delle urne.
I quesiti per la gara, invece, sono più semplici:

Volete voi che Lorenzo Pisani arrivi al traguardo in meno di 1h24? Sì o No?
Volete voi che Lorenzo Pisani asfalti Teodoro Antonello Mura? Sì o No?

Votate per me e io volerò al traguardo sulle ali della volontà popolare … non fate scherzi però!