domenica 17 marzo 2013

Pioggia

La settimana scorsa, ha piovuto quasi tutti i giorni. Non sono riuscito ad uscire in bici né a fare corse lunghe, solo un'oretta al giorno, il "minimo sindacale". Martedì, mentre mi cambiavo per andare a correre, ha cominciato a tuonare. Dopo un attimo di esitazione, ho deciso di uscire lo stesso. Appena fuori, proprio accanto a me ho sorpreso un gruppo di 5-6 daini che sembravano noncuranti della pioggia. L'odore di selvatico, esaltato dal bagnato, è arrivato forte fino a me e mi ha trasmesso il loro senso di appartenenza alla natura, pioggia compresa. Mi è tornata in mente una canzoncina che avevo scritto da ragazzo "piove ... ma io non ho l'ombrello e ho un buco nella testa, l'acqua mi entra nel cervello e mi sciacqua le idee ... ". La prima pozzanghera l'ho evitata. Dalla seconda in poi ci sono passato dentro con nonchalance, guardando verso l'alto per far finta di non vederle, divertendomi a sentire il ciac ciac dei piedi nell'acqua. Nel bosco poi, le foglie bagnate mi carezzavano il corpo, facendo penetrare l'acqua sotto i vestiti, fino alla pelle. " ... l'acqua penetra nei lobi, sciacqua anni di ricordi, secoli di storia e millenni di retaggi culturali ... ". Dopo una breve salita, il sentiero è uscito dal bosco su una piccola cresta. Continuava a tuonare. Quando il fulmine cade lontano, i botti delle varie scintille si uniscono in un rombo continuo. Quando invece sei proprio lì sotto, si odono distintamente, uno ad uno, come una scarica di petardi. Allora c'è da avere davvero paura. Lo so per esperienza.
Qualche anno fa mi ero trovato sulla cresta del Monte Santo, in bici, in una zona senza alberi e sentivo gli scoppi che venivano da tutte le direzioni. Avevo cercato di rispolverare gli studi universitari di elettromagnetismo per cercare di capire se le gomme della bici, essendo isolanti, mi avrebbero salvato, o se invece quel velo d'acqua che copriva me e la bici avrebbe fatto da ponte elettrico: nel dubbio, appena arrivato ad un boschetto, mi ero infilato sotto il più anonimo degli alberi. Alla sicurezza della scienza avevo preferito la lotteria del caso, sperando che non venisse estratto proprio il mio albero.
Mi ricordo ancora quel rumore. Questa volta è diverso, è un rombo rassicurante, che mi ha spinto solo a correre un po' più veloce fino alla discesa. Alla fine mi sono divertito molto. Ero fradicio ma non troppo infreddolito. La sfida con la natura, le sue montagne, la sua immensità, i suoi climi estremi, mi ha sempre appassionato, forse anche con un filo di masochismo. " ...
e millenni di retaggi culturali, finché mi rendo conto che discendiamo dai maiali e mi lascio cadere nel fango
".

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