giovedì 30 ottobre 2014

Forte Village Triathlon - seconda parte

Bellissima gara, dicevo.

Nuoto.
Quest'anno siamo molti più dell'anno scorso. Staffette comprese, siamo quasi 400 in spiaggia alla partenza del medio. E alla sirena del via è subito ressa: colpi, corpi che si accavallano … bellissimo! Avere qualcuno dietro che mi si attacca alle gambe mi assicura che non sono ultimo e investire qualcuno davanti mi fa pensare che sto andando veloce. Le boe sono poco visibili da lontano. Molti vanno a naso, altri li seguono e il gruppo si allarga. Avvicinandosi alle boe, finalmente tutti le vedono e convergono verso quell'unico punto generando sempre belle ammucchiate. Nuotatori da tutte le parti! Mi sembra di essere nella pancia del gruppo, forse più dalle parti del colon ma pur sempre nella pancia: stai a vedere che ho imparato a nuotare! All'uscita del primo giro guardo il suunto per avere conferma e leggo “9.04”; cerco invano di interpretare quei numeri, forse sono le coordinate spaziali, forse è l'ora “solare” della partenza, forse dovrei schiacciare qualche tasto ma quale dei 5? Devo già rituffarmi per il secondo giro senza aver capito niente. Si nuota bene, il mare è quasi piatto, l'acqua è trasparente e tiepida. Le boe si nascondono di nuovo davanti al sole ma poi fanno cucù e ricompaiono non troppo lontane da dove le immaginavo. Finalmente, dopo l'ultima boa, mi dirigo verso l'arco che porta alla zona cambio. Come sempre, quando nuoto veloce, mi sento un po' in debito d'ossigeno. Dopo ogni respirazione, sento il sangue che si svuota progressivamente d'ossigeno e con la respirazione successiva non riesco a ricaricarlo completamente. È solo un leggero disagio ma sono contento che sia finita. All'uscita il suunto dice sempre “9.04”; finalmente mi volto e vedo poche teste, meno di 50. Mi rendo conto allora che per ognuno che ho lasciato dietro ne ho dieci davanti e l'alta densità di corpi non era dovuta al fatto che io fossi particolarmente veloce ma solo al gran numero di partenti. Non ero nella pancia del gruppo insomma ma solo in uno stronzetto di nuotatori lenti uscito dal didietro della pancia del gruppo … ummm. Pazienza, era comunque tutto previsto: la mia bellissima gara comincia ora.

Bici.
Dopo aver schiacciato ben bene il tasto superiore destro del suunto e atteso che sul monitor comparisse la scritta “ciclismo” ho la conferma che la prossima frazione è quella di bici e posso partire. Poco dopo lo guardo ancora per avere riferimenti e mi dice “23”. Sto andando almeno a 30km all'ora. Forse sono miglia. No, ora capisco, è la temperatura. Un riferimento importantissimo per capire come impostare il climatizzatore; forse avrei dovuto studiare meglio i settaggi prima di partire. Lo guardo ancora: ora indica “12” poi “11” … cos'è, un'ondata di gelo? No, forse è la quota! Devo stare attento a mettere il boccaglio quando i numeri diventano negativi. Ecco, è cambiato ancora e ora dice “144”. Finalmente un'informazione utile, questi sono sicuramente i battiti al minuto. Un po' troppi per me in pianura. Preso dalla foga dei sorpassi e dall'impegno cerebrale per interpretare quei numeri, stavo rischiando di cuocermi ancora prima delle salite. Rallento un po' e mi assesto sotto i 140 battiti in pianura con licenza di sforare fino a quasi 150 in salita.
Supero moltissimi concorrenti. Ogni tanto però vengo anche superato. Allora cerco di memorizzare il numero di pettorale e accendo il radar. Alla prossima salita lo cerco e gli rendo il favore. Nessuno mi sfugge. Con il numero 238 sarà un continuo di sorpassi e controsorpassi lungo tutti i saliscendi della costa. Prima, in un tratto a bastone lungo 5 km, posso osservare all'andata chi mi è davanti e al ritorno quelli dietro. Non riconosco quasi nessuno. Vedo però con disappunto che molti, soprattutto davanti, sono organizzati in gruppetti contravvenendo il divieto di scia. Fra i primissimi ne vedo due che si danno i cambi. Poi riconosco Massimo Argiolas, molto forte nella bici, che ne ha un paio appiccicati alla ruota. Poi vedo Francesco, tutto solo e poco dietro un gruppone di 8-10 ciclisti. In quei 5 chilometri mi rendo conto che ne ho molti più di 100 davanti. Se vanno così in gruppo sarà impossibile recuperare terreno. Rientrando però ne incrocio quasi altrettanti già superati. Comincio a sentire un po' di stanchezza. In pianura faccio fatica a superare i 130 battiti al minuto e i muscoli sono dolenti. Sono un po' preoccupato per la frazione di corsa anche se le esperienze passate mi dicono che in T2 rinascerò nuovo e farò una bellissima gara.
Corsa.
Ci metto un po' a rinascere. Lungo tutto il primo km fatico ad ingranare e sento uno dietro che mi sta per raggiungere. Non sia mai, non accetto più sorpassi; non voglio polvere a sporcare questa gara. Aumento gradualmente l'andatura e finalmente si stacca. Il percorso di gara si snoda lungo una linea da fare due volte avanti e indietro; in tal modo, prima o poi, si incrociano tutti gli altri atleti. Comincio a puntare i miei obiettivi. Vedo Roberto Piroddi, che l'anno scorso ha vinto la mia categoria, ma ha almeno 5 km di distacco e un buon passo. Obiettivo impossibile, ci vorrebbe un terra-aria. Vedo Roberto Moro che cammina. Problemi? Solo stanchezza, mi dice. Anche Massimo Argiolas lo vedo in crisi. Poi incrocio un paio di atleti della mia categoria: Alessandro Taddeo di “due ruote” e Corrado Cicalò dell'INFN che dirige un laboratorio di fisica a cui partecipa mio figlio Martino; hanno 2-3 km di vantaggio e non sono velocissimi. Imposto il puntatore automatico. Ecco Francesco a 2 km anche lui corre bene ma ha l'aria un po' sofferente. Al primo giro di boa, poco oltre il km 5, al ristoro della Red Bull sento “no one knows” dei “QOTSA” a tutto volume. Se avessi dovuto scegliere una canzone per darmi la carica forse avrei scelto proprio quella. Bevo anche la Red Bull schifosetta ma freschissima e stimolante. Sono carico al massimo. Controllo Samuel, dietro di me, non è lontano. Sto andando più veloce di tutti quelli intorno a me ma sento che sto tirando i muscoli al limite. I 60km di polvere di Macomer sono ancora lì. Sono stanco ma non mi posso rilassare, sono in gara e devo dare tutto.
Guardo il suunto “27”, comincia a fare caldo, forse dovrei aprire il finestrino o accendere l'aria condizionata … “4'00” ecco, non sto correndo piano, “151” ops spero di arrivare in fondo … . Piano piano raggiungo Teo, oggi staffettista. Ricordo che a maggio mi aveva battuto al Sardinia trail e al passatore mi aveva superato e si era ritirato più avanti di me. Oggi invece, nonostante io abbia nuotato e pedalato e lui no, sono io più veloce. Mi sento fortissimo e lui mi incoraggia molto calorosamente.
Altro incrocio. Davanti sono più vicini ma non sono sicuro di riuscire a raggiungerli. Vorrei forzare ma ho paura dei crampi. Devo avere pazienza. Finalmente arrivano gli ultimi 5 km: è ora di chiudere questo lavoro perfetto. Mollo le briglie e supero prima Francesco, poi Corrado e infine Alessandro. L'ultimo chilometro si fa di adrenalina, i muscoli per fortuna non servono più. Un ultimo sorpasso all'interno del grande campo da calcio dov'è assiepato il pubblico e finalmente passo il traguardo.
Sono contentissimo e, a parte i muscoli delle gambe sull'orlo del crampo, non sto male. Tolgo scarpe e calze e mi piazzo su un puff a massaggiarmi le gambe e godermi le sensazioni, il dolce sfinimento, il sole sulla pelle. Per almeno mezzora non mi alzo e in quella posizione accolgo in udienza chi vuole venire a farmi visita.
Provo a premere i pulsanti del suunto cercando di vedere il tempo complessivo, ma compare solo un numero strano, forse “77”. Quando Marieddu mi aveva offerto di portare il suunto come cavia, credevo che l'oggetto dell'esperimento fosse il funzionamento di quel prezioso gingillo, poi invece ho capito che la cavia ero io e si voleva misurare il QI di una persona durante una competizione. Beh, dai, sono risultato solo un po' ritardato.


I dati li vedrò solo il giorno dopo: 4h55 di gara e 43a posizione in una gara che, almeno per i primi 20, era di livello internazionale. 1h26'01 nella mezza e 14o di frazione con 15 professionisti in gara. Dai: alla soglia dei 50 anni, me la cavo ancora.

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