martedì 28 aprile 2015

Cammino di Sant'Andrea. Le pietre mi sono amiche

Foto di Arnaldo Aru

Nell'unico punto un po' tecnico, in ripida discesa e leggermente sconnesso, dimezzo il distacco con Efisio Erriu che mi precede. Lui è più forte di me, ultimamente in strada mi batte regolarmente, ma qui sono avvantaggiato perché le pietre mi sono amiche. Poi, dopo un guado, la strada spiana e lui si riallontana progressivamente. Di nuovo solo. Ne approfitto per sperimentare, in vista del passatore, diverse tecniche di corsa in discesa: prima spingo con le natiche, poi provo un passo innovativo con atterraggio sull'avampiede che avevo scoperto lunedì, quando la sensibilità dei quadricipiti, acuita dal massacro di 60 km del giorno prima, mi aveva indotto a provare nuove posture e ammortizzatori per non urlare dal dolore ad ogni passo. Non noto particolari differenze di velocità percui le tengo buone entrambe in vista del massiccio turnover muscolare che dovrò fare negli ultimi cinquanta chilometri del passatore. L'andatura a quattro zampe me la tengo solo per casi di estrema necessità. Arrivato sull'asfalto torno con la testa alla gara di oggi. Comincia la salita; è ripidina e faccio fatica ma scorgo avanti a me la sagoma di Fabrizio Serafini e decido di forzare il fiato per tenere alta l'andatura e provare a raggiungerlo. Si avvicina sempre di più tanto che alla fine della salita gli sono quasi addosso. In discesa si difende. Sono stanco e gli resto dietro valutando se tentare o meno un attacco. Vale la pena soffrire per provare a guadagnare una posizione? Non mi sento sicuro e aspetto. Ora ci stiamo avvicinando anche ad Efisio, ma quando si accorge di noi accelera e riesce a tenere un centinaio di metri di vantaggio. Non so quanto manca all'arrivo, non credo molto, dovrei essere in sesta posizione. Le gambe mi dicono che va bene così. La testa pure. Non so allora chi sia stato a dirmi di provare un attacco – forse i genitali? Di fatto mi ritrovo a spingere e in un attimo supero Fabrizio, che non ha la forza di reagire. Raggiungo Efisio che però resiste. Gente a bordo strada dice che mancano 3 km e mezzo. “Forse meno” dice un altro. Io pensavo che il traguardo fosse dietro la curva, stavo facendo l'allungo finale e mi scoraggio ma Efisio si scoraggia più di me e finalmente si stacca. Sono al limite da un po' e l'ultima salita la corro soffrendo ma continuo a guadagnar terreno sui due dietro. A questo punto è discesa. Quando vedo il giudice federale Spanedda, capisco che questa è davvero l'ultima curva e scopro di aver ancora la forza di accelerare. Con un gesto sollecito l'applauso del pubblico, sento di meritarlo, e passo il traguardo in quarta posizione. Il secondo e il terzo hanno ancora il fiatone per il loro sprint. Valeva la pena soffrire? Alla foto la risposta.
Foto di Antonio Cuccu

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