Sabato. Gianni ci guida per 41 km fra i
boschi, le rocce e i prati del Montiferru; 6 ore di corsa, soste
comprese. Nel prossimo futuro, ho in programma un incontro con il
sindaco di Capoterra per chiedere l'aiuto dell'amministrazione
comunale nell'allestimento di percorsi running, sicuri, segnati, con
fontanelle e illuminazione notturna. Nel Montiferru è già tutto
pronto; la mancanza di lampioni è ampiamente compensata da mille
angoli meravigliosi. Si trovano percorsi divertenti nel fresco dei
boschi con alberi secolari, tanto enormi e belli che, dopo averli
abbracciati facendo finta di misurare quanto siano grandi, viene da
dargli un bacio. Siamo 12 bipedi, un ciclista e un cane. Primo a
cedere è il ciclista, in difficoltà sulle salite tecniche. Ci sono
poi fonti rigogliose, che si ostinano a zampillare acqua freschissima
nonostante non piova da mesi. Dopo aver inseguito le apparizioni
fugaci di un cervo e di una pernice, cede anche il cane con una
zampetta dolente. C'è una roccia verticale con una scala naturale e
un buco che incornicia il panorama e, con folate fresche e potenti,
mi sbatte in faccia l'essenza dei boschi e del mare che stanno al di
là. Si parla di progetti ed impegni futuri. La disinvoltura con cui
i km vengono nominati a centinaia e i dislivelli a chilometri fa
capire in che compagnia son capitato. C'è Italo, che dopo i 5000 km
della Los Angeles - New York, è il campione sardo della corsa senza
limiti. Più in alto, al di sopra del bosco, domina il profumo di
timo selvatico e si vola con viste aeree sul litorale oristanese. Ci
sono Teo e Alessandra veterani delle ultra, che, la sera stessa,
parteciperanno ad un “urban trail” di 8 km a Cagliari. “Sono
solo 8 km e correremo piano piano” dice Teo che poi arriverà
14esimo su 444! Qualche spina ci fa scendere sulla terra ma poi si svela l'altra faccia del rovo, quella morbida, dolce e profumata e
si ritorna nell'eden. La quantità di more mature fa capire quanto
poco sia frequentato questo bellissimo angolo di Sardegna. Gianni e
Italo parlano anche di organizzare gare per condividere tutto questo:
se ne parla da tempo, ora sembra che vogliano fare sul serio e noi
forse siamo cavie che stanno provando il futuro percorso di gara. La
presenza dell'uomo si divide equamente fra fossili moderni,
soprattutto antenne, e testimonianze antiche: nuraghi, cuili in
pietra. Con noi, ci sono altri appassionati ultramaratoneti: Ivan,
Flavio e Checco. Io mi sento un po' distante dalla loro leggerezza.
Quando penso “50km” sento stridere i tendini e dolere i
quadricipiti. Lo stesso mi succede pensando a 2km di dislivello e,
col passare del tempo e dei chilometri, questa pesantezza di pensiero
aumenta di pari passo con quella muscolare. Ad ogni bivio ci si ferma
a ricompattare il gruppo e ogni volta faccio più fatica a ripartire.
Le more completano il loro ciclo e fa impressione vedere tanta
dolcezza trasformata così malamente. Finalmente si scende, prima su
larghe sterrate fra i pascoli e poi nel bosco su un bel sentierino
tecnico da fare in spinta che porta fino alle macchine.
I 4 “siberini” hanno fatto un buon
lavoro: le birre sono belle fresche e loro sono ancora abbastanza
gelati da raffreddare i miei tendini bollenti.
Alla fine sono stanco ma è una
stanchezza carica di soddisfazione. Per aver terminato questa
maratona, non c'è una medaglia da dimenticare in un cassetto ma
un'indelebile neuronata di emozioni.
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