domenica 2 aprile 2017

Gran Fondo del Sulcis a velleità limitata

Ci sono i limiti assoluti, invalicabili, dettati da condizioni fisiche e fisiologiche e poi ci sono i limiti della gabbietta che ognuno si costruisce intorno per vivere tranquillo. Non bisogna confonderli per evitare di cadere in equivoci e pericolose incomprensioni … come quella volta …. “ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti” mi disse l'ispettore Callaghan. “Chi si ferma per non superare i propri limiti, continuerà a gattonare per tutta la vita” risposi io baldanzosamente un attimo prima di esplodere. C'è chi crede che sia impossibile uscire dalla gabbietta e chi invece, come noi velleitari, cerca di sfondare i propri limiti fisiologici. Per combattere questa forma di stupidità che mi impedisce di autolimitarmi devo trovare stratagemmi compensativi; dovrei inventarmi dei limitatori di velleità, delle specie di dossi da mettere nel cervello per obbligare l'ego ad andare piu' piano.
Questa introduzione patafilosofica serviva per spiegare come mai sono così contento del risultato conseguito alla Gran Fondo del Sulcis. Ho impiegato 10 minuti in più del mio personal best e 5 minuti più dell'anno scorso ma sono arrivato stanco come stanco ero partito o poco più. Come ho fatto a limitare la velleità e salvare le gambe in vista dei 75km del trail BVG di sabato?
Era l'undicesima edizione della gara alla quale ho partecipato per l'undicesima volta. Non potevo mancare, mi sento cromosomicamente parte del dna della gara. Quindi la strategia di dimenticarsi l'iscrizione è saltata per evitare il rischio di pericolose mutazioni.
Una volta partito, con il numero appuntato sulla canottiera, come ho fatto a non farmi prendere dall'agonismo?
Overdose di camomilla o overdose di stanchezza?
Se uno parte già stanco non può stancarsi o, comunque, non si metterà a correre come un matto per inseguire un podio di categoria. La camomilla, invece, sopra certe dosi ha effetti collaterali che possono impestare la camera da letto o l'ufficio, come ho imparato dal mio collega della stanza 223. Ho messo allora in atto la strategia numero 2, mettendo oltre 2000 metri di dislivello nelle gambe fra giovedì e venerdì e oltre 90 chilometri di bici ieri. Altro che camomilla. Ero pronto. Prontissimo, oserei dire; facevo fatica ad alzarmi dalla sedia e il mio io velleitario mugolava mestamente sotto le bastonate.
Sono restato a guardare quando Mario si allontanava e poi ho rinunciato ad inseguire Flavio; li vedevo, sapevo bene che erano della mia categoria ma le gambe hanno deciso autonomamente di rinunciare a seguirli. A dire il vero, sapevo anche che sul podio c'era posto per tre.

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