venerdì 3 febbraio 2017

Ronda Ghibellina

Alla partenza, i miei obiettivi erano chiari:
  1. arrivare fra i primi tre della squadra per dimostrare di non essere solo una mascotte
  2. arrivare fra i primi 5 vecchietti ultracinquantenni per salire sul podio e conquistare il sacchetto
  3. battere il molise nella classifica delle regioni
  4. raggiungere entro 5 ore e mezza il boccalone di birra riservato ai finisher
  5. ultimo ma più importante di tutti: divertirmi!
Il molise, forse per paura, non si è neanche presentato; quindi, l'obiettivo numero 3 è stato raggiunto senza colpo ferire.
La mattina è bella ma fredda. L'ideale per provare la maglia termica comprata il giorno prima. Con 50 euro di maglia termica, vuoi che non riesca a battere Teo e la sua maglia decathlon da 20?
Mentre Enrico si scalda correndo con i top runners, noi ci scaldiamo col calore umano della folla ammucchiata dietro la linea di partenza. Lui partirà veloce, come al solito e sono sicuro che non lo vedrò più fino al traguardo. Noi si sta come spumanti a capodanno: conto alla rovescia, qualcuno toglie il tappo e sgorghiamo.
Scena prima. Strade di Castiglion Fiorentino. Si corre in salita verso il centro del paese. Diego mi supera a gran velocità. Non vedrò più neanche lui, penso. Stefano mi ha superato poco prima e Teo è partito davanti. Sono ultimo della squadra maschile. L'incubo “mascotte” si sta realizzando. Tengo lo sguardo attaccato a Teo, non è lontano e ci giocheremo i posti di mascotte e portaborse. In un tratto di leggera discesa lo raggiungo e supero con uno sguardo di sfida. Ricambia lo sguardo ma non mi segue. Sposto lo sguardo su Stefano, l'unico dei nostri ancora in vista. Si passa nella bella piazza del paese ma ho occhi solo per lui e lo vedo allontanarsi.
Scena seconda. Km 4. Ora siamo nel bosco, su un sentiero in ripida salita. È difficile superare ma stare in coda non mi piace e colgo ogni occasione buona per passare qualcuno. Poco avanti a me ecco di nuovo Stefano; lui sta buono in fila, è prudente e conserva energie per dopo; io non penso al futuro, sono qui, ora, vivo, mi diverto e lo raggiungo. Un saluto, una mano sulla spalla e supero anche lui.
Scena terza. Ristoro del km 17. “Ciao Lorenzo” “Ciao Diego, non ti avevo riconosciuto! Cosa fai qui? Ti sei fermato a mangiare?” “Sì ma ora riparto”. Riparto anche io. Poco dopo, in salita, inserisco la spinta dei glutei, lo supero e lo perdo di vista.
Scena quarta. Sono quasi al trentesimo chilometro.“Oh Lorè” mi volto e dietro di me si materializza Enrico. “che ci fai là dietro??” “Mi sono dovuto fermare per problemi intestinali, è la terza volta”. “Allora sono primo dei sardi!” Io vado a passo costante. Enrico invece alterna momenti in cui va piano ad altri in cui corre veloce. Ho ancora buone gambe, sono un po' doloranti ma obbediscono e quando Enrico accelera, provo a seguirlo aumentando un po' il livello di sofferenza e ci riesco. Quando poi rallenta, lo supero. Continuiamo così, alternandoci per qualche chilometro. Mi diverto perché sto bene … forse qualcuno non capisce come si possa stare bene soffrendo, ma è così.
Scendendo sul fondo erboso di in un frutteto, lo vedo un po' rigido e lo supero. Lungo la successiva salita forzo leggermente il passo, mi volto e non lo vedo più. Mi sento un drago. L'orsetto di peluche questa volta ha staccato, con le sue zampette pelose, uno alla volta, tutti i componenti della squadra.
Scena quinta. Astronave “Nostromo” in rotta veloce verso il traguardo con a bordo i 5 obiettivi. Lasciata la strada si entra nel bosco. Il terreno è morbido e correrci sopra è una goduria. Non c'è sottobosco e si corre in piena libertà, su fondo naturale, slalomando fra alberi e rocce. Starei proprio bene, non fosse per una strana sensazione di alieni sottopelle che tentano di uscire. I polpacci si stanno per ribellare e cominciano a tremolare scossi da piccole contrazioni estemporanee. Mancano meno di 10 km e nel punto in cui il sentiero esce dal bosco per ritornare sulla strada, arriva il primo crampo duro. Mi devo fermare per scioglierlo. La battaglia con l'alieno dura una ventina di secondi e riesco a domarlo. Riparto con grande cautela. Dietro non arriva nessuno. Progressivamente riesco ad accelerare anche se sento una nidiata di xenomorfi che mi cresce nei polpacci. Si sale di nuovo e riesco anche a raggiungere un ragazzo più in crisi di me. Mi accorgo che la maglia da bici è bagnata di sudore e che la borraccia con i sali è ancora piena. Non è la prima volta che faccio questi errori. È un po' tardi per rimediare ma ci provo. Sfilo la maglia e, a piccoli sorsi, comincio a svuotare la borraccia. Piccole contrazioni si alternano su entrambi i polpacci. Devo correre come un tapascione per non usarli e non svegliare i bebè xenomorfi che stanno sonnecchiando là dentro. Cerco di atterrare col tallone ma non mi viene naturale e le forzature stimolano ulteriori contrazioni. In discesa, basta un piccolo inciampo del piede destro, per svegliare, nel polpaccio sinistro prima ancora di toccare il suolo, il secondo crampo duro. Mi devo fermare di nuovo per scioglierlo e ripartire con ancora maggior prudenza. Ecco l'ultimo ristoro. Chiedo sali. Mancano 5 km quasi tutti in discesa. Prima guardavo solo in avanti, ora mi guardo sempre indietro ma non si vede ancora nessuno. Altra contrazione del 4 grado richter. Mi fermo e questa volta si scioglie subito. Mi volto ancora. Immagino Enrico e Stefano che sopraggiungono a tutta. In una situazione molto simile, al trail dei cervi, Stefano mi aveva soffiato il secondo posto assoluto superandomi nell'ultima discesa come un falco. E Diego? E Teo? Se sarò costretto a rallentare ancora, perfino Teo potrebbe superarmi e dal trionfo passerei alla gogna di mascotte a vita. Come un bambino stanco dal viaggio chiedo in continuazione: “Babbo, quanto manca? Fra quanto arriviamo?” Ad ogni persona che incontro faccio la stessa domanda. 5000 2000 1000 … mi volto sempre più spesso. L'ultimo chilometro inizia con un passaggio in bilico su un argine. Il passaggio è stretto e irregolare e arriva un altro morso. Gli alieni si stanno espandendo: dal polpaccio sono arrivati alla coscia e me la stringono fra i denti. Non so come liberarmi, provo a continuare camminando ma mi devo fermare. Riesco ad indovinare la posizione giusta e mollano la presa. Si torna su strada e torno a correre. Mancano 100 metri, ormai è fatta! Ecco l'arrivo. Sono 41esimo su quasi 500 partenti, terzo su quasi 100 di categoria, primo della rappresentativa sarda, 5 ore e 9 minuti. Mi riempiono un bel boccale di birra e Matteo e il padre mi accolgono festosamente. Ci sarebbe da essere raggianti ma l'ultima penosa ora ha lasciato il segno. Mi è mancato, nel finale, l'obiettivo 5, il più importante e mi ci vuole un po' a realizzare quanto mi fossi divertito prima.
Enrico arriva 2 minuti dopo di me e Teo e Stefano arrivano insieme a 5 minuti. Diego arriverà un po' più tardi attardato da un'infiammazione. Poi K, Maria Vittoria e Martina. L'ego intanto comincia a gonfiarsi e si gonfierà così tanto che continuerà a sfiatare per buona parte della notte.
Anche oggi, dopo 5 giorni, ogni tanto, mentre sto qui a scrivere, uno sbuffetto d'ego mi fuoriesce dal colon.

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