mercoledì 1 febbraio 2017

Ronda Ghibellina - La vigilia

All'aeroporto di Pisa, sono con Teo, Enrico, e Martina della rappresentativa sarda, Tito che accompagna Martina e Rossano, anche lui in viaggio per la Ronda. “Rossano, vai pure con Tito e Martina, che ci sono Stefano e K che ci aspettano fuori”. Stefano è fuori dall'aeroporto, ma molto fuori. È ancora in liguria e questo innervosisce Teo. Come mascotte, tento di convincere Teo che tutto è a posto e al massimo in un'ora e mezza arriveranno a prenderci.
E infatti, dopo 90 minuti di piacevole soggiorno all'aeroporto Galileo Galilei, arrivano e finalmente si parte per Castiglion Fiorentino. Salgo in auto con Tito, Martina e Rossano che ci avevano aspettati.
La signorina, alle rotonde non dice mai di andare dritto; per paura che qualcuno possa prenderla alla lettera e seguire il diametro, dice: “prendere la seconda uscita per proseguire dritto”, così è più chiaro. Al casello dell'autostrada è sempre lei, la stessa voce, che ci dice dove infilare la scheda. Tito obbedisce. Tutti obbediamo. Senza accorgercene, siamo entrati nella dittatura della signorina tom tom.
Sbagliamo direzione, imboccando la A1 verso Bologna invece che verso Roma. La signorina si irrita perché non la stavamo ascoltando e si vendicherà. Spero solo di non sbagliare domani ad imboccare le scarpe A1 calzando la destra sul piede sinistro, né ad imboccare il percorso di gara.
Ho spento il telefono, e quando lo riaccendo, non ricordo il codice. Non l'ho dimenticato abbastanza da rinunciare e quindi tento tutte le permutazioni dei numeri 567, una volta più dei tentativi ammessi. “Rivolgersi al gestore”, mi scrive la signorina. Sarò off-line, senza telefono né internet fino a lunedì, ma almeno mi sono liberato dalla mia signorina personale; in auto però ce ne sono altre tre che si divertono a prenderci in giro: prima ci indirizzano su strade improbabili – mai più di un km e mezzo sulla stessa strada – poi, trattenendosi dal ridere, annunciano: “siete arrivati a destinazione”. Guardiamo esterrefatti. Il punto gps inviato da Matteo per la cena risulta al centro di un campo di foraggio. Non siamo mucche! Ho capito, è una caccia al tesoro. Qui infatti ci viene trasmesso un nuovo punto. Non male come inizio. La mascotte non sono io, dev'essere salita nell'altra macchina visto che gli altri sono ormai seduti a tavola.
Quando arriviamo al palazzetto sono quasi le 9 di sera. I gamberoni del pranzo sono ormai digeriti e me ne rimane solo il profumo sulle dita che ogni tanto passo sotto il naso per ricordo. Grattiamo il fondo delle pentole del pasta party e incontriamo Matteo con il padre e Diego, il fortissimo oriundo, ora residente in val d'Aosta, che l'anno scorso ha finito il mitico Tor des Geants. Mi presento: “Ciao, io sono Lorenzo, la mascotte della squadra”. Diego resta serio. Forse sembro davvero una mascotte. “Teo, prendi la borsa al signor atleta Diego” Ho scelto il ruolo di mascotte perché portare le borse potrebbe farmi male alla schiena. Ma forse portare fortuna è ancora più pesante: non ne sono proprio capace, non riesco a portare fortuna, oggi è stato un disastro. Devo trovare un altro ruolo. Non mi resta, domani, che trovare il modo di sembrare uno degli atleti.

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