lunedì 27 luglio 2015

Roth - outtro


Dopo l'arrivo comincio a tremare. Il lungo sforzo, unito ai problemi digestivi, mi ha lasciato completamente vuoto di energie. Dopo un quarto d'ora, decido di alzarmi dalla panchina per mettermi più comodo e sdraiarmi su un lettino dei massaggi. Sono oltre cento e ne trovo subito uno libero. Il comfort però dura poco e presto mi ritrovo nella più scomoda delle posizioni con robuste mani femminili conficcate nelle mie carni martoriate. La sofferenza è mitigata dalle espressioni compassionevoli e dispiaciute con cui la torturatrice risponde alle mie smorfie di dolore. Mi vede tremare e mi stende addosso un pietoso telo termico. Finito il trattamento, mi alzo a fatica dal lettino; lei mi chiede se voglio tenere il telo. Io rifiuto, ma un minuto dopo torno tremante da lei e me lo faccio dare. Finalmente vedo facce conosciute: Fabio, Davide e Marco tutti contenti di aver finito la gara ma un po' delusi dalla prestazione. Mi indicano Andrea e lo trovo seduto con i piedi in una bacinella. È raggiante, ha chiuso la gara in 10 ore e 34. Anche io, pur non sapendo il tempo finale, sono molto soddisfatto: avendola preparata in un mese non posso che essere contento. Io con il telo sulle spalle e lui con i piedi nella bacinella sembriamo due vecchietti. E forse è così; la grande fatica ci ha portato avanti di 30 anni e ci comportiamo di conseguenza. Prendi il minestrone, mi consiglia, è davvero buono. Ed è vero: fra le tante cose da mangiare, l'unica che riesco ad inghiottire con piacere è un bicchiere di minestrone di verdure caldo. Non avrei mai pensato di finire cosi'.
Prendo la borsa per cambiarmi e mi accorgo che, da un angolo del fondo, trasuda attraverso la tela una sostanza umida e appiccicosa. Immergo la mano attraverso il contenuto variegato della borsa fino a raggiungere il fondo, dove riconosco i resti disintegrati della banana che mi ero portato per colazione. Tiro fuori la buccia praticamente vuota. Tutto il resto è spalmato all'interno. Pezzettini di banana anneriti sono spiaccicati quasi ovunque, compresi i vestiti di ricambio e l'asciugamano. Stacco il grosso ma, sull'asciugamano bianco restano grandi macchie nere. Sembra merda e per farla notare meno, la indosso con nonchalance mentre vado a fare la doccia. Non c'è fila. La doccia è gelida ma la sento benefica per i muscoli e le articolazioni martoriate. Scopro di avere, nella piega del sedere, aghetti di pino e altre varietà di sottobosco, ricordo della sosta nel boschetto. Un'asciugata al profumo di banana, e sono pronto ad infilarmi fra i VIP per assistere allo spettacolo finale. Quasi pronto. È dal mattino, prima della gara, che non faccio una bella pisciata.
Davanti al bagno femminile c'è coda, mentre in quello maschile si entra subito. Appena dentro capisco perché: non ci sono i classici orinatoi individuali. C'è un muro e una fila di uomini, spalla a spalla di fronte ad esso. Mi infilo nello spazio più largo. Prima ancora di iniziare la minzione, comincio a sentire goccioline sui piedi. Sicuramente non è roba mia! Sarà del mio vicino di destra o di quello di sinistra? Probabilmente un misto. Provo ad arretrare ma non serve: è impossibile evitare gli schizzi che rimbalzano dalle piastrelle della parete. Mi guardo intorno. Sono l'unico con i sandali senza calze e finalmente capisco perché i tedeschi maschi indossano sempre i calzini.
Ecco. Ora, ricoperto di gloria, banana e piscio, sono proprio pronto. 

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