domenica 12 marzo 2017

Stocasticismo

Le gambe, crampi permettendo, dovrebbero in teoria portarmi senza troppi problemi a correre una cinquantina di chilometri in montagna. Ne voglio approfittare per vedere posti nuovi, o almeno ci voglio provare.
La vita è bella perché è stocastica; per gustarla appieno bisogna evitare di rifugiarsi nell'abitudine, nella strada conosciuta, nella sicurezza di un risultato o di un ritorno a casa.
A Santa Lucia incontro per caso Marta e Alessandra che si stanno anche loro preparando a partire. “Che giro devi fare?” Mi chiedono. “Non so, comincio a salire poi forse, prima o poi, giro a destra”. Poco dopo incontro un bel gruppo di podisti di Assemini che stanno rientrando. Gianluigi mi chiama: “Presidente, quanti chilometri devi fare? 100?” “Non lo so”
Le comodità tendono, con l'abitudine, a trasformarsi in necessità. Da piaceri diventano schiavitù. Ogni tanto bisogna liberarsene per riuscire a risentirne il vero sapore.
La poltrona, per il sedentario, non è un piacere ma una necessità e perfino la corsetta giornaliera se ripetuta sempre uguale può diventare più necessaria che bella e, in questo, poco diversa dal gesto di fumare una sigaretta.
Continuo a salire lungo la facile carrozzabile perché voglio andare più lontano possibile, a vedere posti nuovi, a perdermi in sentieri sconosciuti. Solo dopo 10 chilometri mi concedo una piccola deviazione per immergermi nel bosco e rompere la bellissima monotonia della provinciale.
La più bella delle melodie dopo averci commosso fino alle lacrime, dopo un certo numero di ascolti perde la capacità di emozionarci. Così anche nella vita, l'armonia perfetta sembra un orgasmo ma quando la si raggiunge si trasforma inevitabilmente in placida noia.
Rientro sulla strada risalendo fino al passo. Mi sento stanco ma non ho fatto ancora venti chilometri. In teoria posso andare ancora più lontano. Dopo 2-3 chilometri di discesa finalmente decido che è ora di girare a destra, a cercare i sentieri che una volta, dieci anni fa, avevo percorso in bici.
Quant'è bello sentire i raggi del sole sulla pelle in primavera quando l'aria è ancora fresca e nell'intimità del sentiero mi tolgo la maglietta; sulla pelle si alternano i baci del sole e le carezze del cisto.
Nonostante non conosca quasi per niente la zona, non riesco a perdermi. Il primo sentiero sfiora la carrozzabile in corrispondenza del passo e comincia subito il secondo. Azzecco d'istinto un paio di bivi e sbuco in prossimità di Porcili Isidori. L'imbocco del terzo non è molto evidente ma lo indovino facilmente ed è bellissimo quando si alza percorrendo a mezza costa la verdissima valle, fra rocce e torrenti spumeggianti. A Mitza Fanebas, dopo ore di solitudine, mi trovo per qualche minuto, immerso nella folla di villeggianti venuti a fare un pic-nic. Scappo verso il quarto sentiero; lo trovo sporco: il fondo è pieno di pietre e la vegetazione lo ha invaso, rendendo difficile la corsa. Finalmente, inseguendo la primavera, lascio la retta via per una deviazione luminosa che però in breve si perde fra la vegetazione.
Ne approfitto per stendermi sul prato fiorito e per fare il primo selfie della mia vita. Inseguivo la primavera e l'ho raggiunta. Ritorno sui miei passi ritrovando facilmente il sentiero. Guado il torrente attento a non bagnarmi i piedi ma appena arrivato sull'altra sponda sento che mi chiama; tolgo le scarpe e mi butto nell'acqua freschissima. Il tom-tom mi ha abbandonato già da un po' liberandomi dalla schiavitù del tempo.
Rientro sulla strada. Gli ultimi 10 chilometri scorrono veloci. Il torrente gelato ha la funzione terapeutica di anti-infiammatorio e le gambe sono di nuovo relativamente fresche. Approfitto del fondo regolare per volgere lo sguardo verso l'alto, verso i boschi e le montagne e dopo quasi 5 ore rientro all'auto.
Non esiste “lieto fine”. L'equilibrio perfetto, stabile, si raggiunge solo sul letto di morte. Intanto, se non vogliamo sdraiarci anzitempo sul sudario, dobbiamo muoverci, cercare posti nuovi, nuove persone o nuove sostanze che ci sorprendano e le troveremo solo uscendo dalla pancia della gaussiana, dalle ricette dei libri di cucina o dalle istruzioni della signorina tom-tom.

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