sabato 17 novembre 2018

Seconda edizione del terzo trail di Capoterra – Scorrerà birra a is cioffus.

Dopo una gara, sull'onda dell'entusiasmo, si comincia a pensare alla successiva. Come sa bene chi ha appena terminato una gara impegnativa, dopo qualche momento di saggezza in cui lo sfinimento fa pensare “mai più”, resta una sensazione di euforia che spinge l'immaginazione già alla prossima fatica. Lo stesso fenomeno succede anche quando si organizza. La fine di un impegno completo, totalizzante, lascia, insieme ad una rilassante forma di appagamento, anche un senso di vuoto. Si fatica a smettere di colpo e allora, sfruttando l'onda dell'euforia è un buon momento per mettere le basi per una prossima edizione, ancora più bella.
Si parte da un'idea. Al di là della bontà dell'organizzazione e della tipologia del percorso, il valore intrinseco di un trail è dato dal territorio. Un bel territorio è condizione necessaria per fare un bel trail e questo già l'avevamo ma se si trovasse un posto inconfondibile, caratterizzante, davvero unico in cui passare, il trail diventerebbe impagabile.
Nel basso sulcis, c'è la meravigliosa gola di is cioffus, un monumento che oltre ad essere affascinante e selvaggio, è anche inconfondibile. Dopo un lungo corridoio sempre più stretto ed inquietante, ci si trova davanti ad un maestoso portone di roccia che introduce ad un luogo incantato, sospeso fra paradiso ed inferno, dove il tempo si è fermato. L'impatto visivo è tale che forse è il posto che più di ogni altro in zona si può definire “unico”; è quindi da qui che, in un modo o nell'altro, dovremo passare. Non è di facilissimo accesso, per cui bisogna studiare bene per trovare un percorso adatto.

Trovata l'idea, si comincia a guardarla dall'alto. Comincia una delle fasi che mi piacciono di più: lo studio delle mappe, l'esplorazione virtuale del territorio che culmina con l'invenzione di percorsi teorici.
20 anni fa studiavo le cartine IGM, vagando con la mente fra curve di livello e seguendo sottili linee tratteggiate, colorando con la fantasia quel mondo simbolico in bianco e nero. Ora, invece, mi metto a cavalcioni di un satellite e, da lì su, osservo il territorio, le rocce, le strade; cerco tracce di sentiero, immagino passaggi. È una fase bellissima, piena di fantasia. La vista dall'alto è affascinante; zoom in e out per picchiate verso il suolo e veloci risalite …via via il desktop si riempie di finestre aperte su viste aeree piene di verde da cui entrano folate fresche di aspettative. Non vedo l'ora di atterrare lì, fra quelle file di roccia, per vedere se è magnifico come sembra.

Poi, ogni sabato, arriva il momento tanto atteso di scendere sulla terra, di toccare con mano, di bagnarsi i piedi nella realtà ... ma questa è tutta un'altra storia.

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