La notizia del ritiro si diffonde. Un
nevischio appiccicoso cade coprendo ogni cosa come un pietoso velo.
Sono le quotazioni del mio seme, ormai in caduta libera come quelle
delle mutande di pizzo durante la seconda guerra mondiale; “non s'è
mai visto niente di più inutile”, urlano i brokers disperati al
mercato del seme. Quintali di liquidi seminali restano invenduti e, evaporando,
causano i fenomeni atmosferici di cui sopra.
L'unico motivo d'orgoglio è la
chiaroveggenza con cui avevo previsto il mio ritiro. “Fra il
31esimo e il 48esimo” era scritto nelle mie viscere e la crisi
finale è arrivata, puntuale, al 45esimo.
Durante il viaggio in pullman, osservo
gli eroi che corrono stancamente nella notte. Li ammiro ma non li
invidio. E' bello guardarli stando, al calduccio, seduti su un comodo
sedile.
Dopo una bella doccia calda, torno in
piazza con Teo, Francesco e Paola ad aspettare l'arrivo di Tore e a
rubare un po' di quelle emozioni che, ognuno in modo diverso, tutti
gli atleti esprimono passando sotto lo striscione del traguardo …
c'è chi si ferma per farsi un “selfie”, chi salta, chi urla, chi
piange, chi bacia il terreno, chi è troppo stanco per fermarsi e
continua a correre ... hanno vinto tutti; Albanesi dovrebbe venire a
vedere questo spettacolo e forse diventerebbe meno categorico. La sua
“regola del 3” resterebbe seppellita da una moltitudine
variopinta di motivazioni.
La sala riposo della palestra è tutta
un brusio di racconti, gente che va e viene. Odo un ronfo, uno solo
fra 500 brande. Almeno c'è uno che dorme. Dopo qualche spizzico di
sonno, è già domani, il giorno del rientro.
In treno riconosco Victor, il mistico
maltese, sessantunenne studente di teologia; odia correre ma ha
scoperto di avere il dono naturale per la corsa. Un dono così non va
sprecato, dice. Corre quindi per vocazione e lo fa in modo
sistematico. Obiettivo record del mondo di categoria sulle 24ore, il
4 agosto in Alaska.
Bologna, città arancione, adorna di
infiniti archi e torri. Mentre gli altri vanno ad accasciarsi
all'aeroporto, io mi faccio un bel giro in centro con il borsone a
tracolla. Le gambe devono espiare. Vado a cercare l'acciottolato,
quello con le pietre tonde che si infilano dolorosamente nei centri
nervosi delle piante dei piedi; ah, così imparate … . Ormai non è
più questione d'onore, quello è perso. Niente più guanti: è con
un calzino sporco che ti sfido, passatore, e non mi fermerò per una
stupida ferita. All'ultimo sangue.
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