martedì 25 settembre 2018

Una cotta tremenda!

Che cotta, che cotta quella cotta! Se ci penso mi sento le ossa rotte.
Era un dì di domenica, sui calendari pirelli è il primo giorno d'autunno e alberi tutte curve si spogliano mettendosi in pose sexy … ma la realtà è diversa … nelle spiagge l'estate cuoce ancora i cervelli degli esseri umani appositamente allineati lungo l'azimut solare su appositi teli, come melanzane.
Foto di Tore Orrù scattata il giorno prima
Sabato ho organizzato la prova percorso del trail. Non avendo trovato nessun altro disponibile, ho gestito io il servizio “ristori e ritiri”. Mi sono divertito molto e sono riuscito anche a correre una quindicina di chilometri con qualche tratto tirato per far sfogare le gambe pronte a farne trenta. Mi è rimasta però un senso di incompletezza. Fra due settimane farò il servizio scopa a Baunei. Dovrò seguire i primi 45 chilometri della 90 e mi è venuta una mezza voglia di proseguire fino al traguardo. Con il solo DNA, per quanto spettacolare come il mio, non si può fare tutto; stupidità e testardaggine aiutano ma non bastano; ci vuole anche impegno e allenamento. Domenica mattina, dopo aver sbrigato un impegno domestico, decido allora di correre lungo i 30 chilometri del percorso di gara, da solo. Parto il prima possibile ma sono già le 10:10 e fa un gran caldo. Bene così, a Baunei correrò tutto il giorno e senza aria condizionata; meglio abituarsi anche a questo.
Parto di buona lena e sono subito fradicio di sudore. Mi tolgo la maglietta per trovare refrigerio ma l'aria è ferma. Già dopo 9 chilometri capisco che non è giornata per fare un allenamento veloce. Continuo un po' più lento. Arrivo al dodicesimo, a s'enna sa craba, in 1h20. Mi tolgo lo zainetto, lo nascondo, e mi porto solo una bottiglietta per l'anello di 9 km. Risalendo a s'enna devo rallentare e camminare, sento il cuore nelle orecchie. Poi recupero lo zainetto e scopro che la borraccia nuova che doveva coprire gli ultimi 9 km ha perso metà del contenuto. Mettendo insieme tutti i resti di liquido riesco a riempire una borraccia ma non posso dissetarmi come speravo. Dopo una lunga discesa, risbuco sulla strada in dolce salita. Inizio a correre ma mi devo fermare subito. Ho un buco nell'anima e mi sto sgonfiando. Sento il risucchio nelle orecchie. Il cuore pompa veloce ma inefficace. Sto soffrendo. Non è quella sofferenza “compagna di viaggio” che conosco bene e con cui ho un rapporto ormai amichevole. È una sofferenza diversa, antipatica, che se potessi avrei evitato cambiando scompartimento ma, visto che sono lì, ne voglio approfittare per imparare a conoscerla. Potrei tagliare ma quello che resta del cervello, mi dice “bene, ora vediamo se riesco a fare passare la crisi continuando a camminare”. Divido mentalmente l'altezza del liquido rimasto nella borraccia per i chilometri rimasti e quando il gps fa beep mi concedo un sorso. Non corro più neanche in discesa. Sono sempre più sgonfio e non voglio collassare. Cammino in discesa e striscio in salita
Sto facendo un “regressivo” non programmato. È una metodologia di allenamento che praticavo su me stesso, che consisteva in una prima parte veloce e stancante per portare il fisico in condizioni di stress seguita da una seconda parte “insegna a correre al tuo zombie”. Eccomi qua. Oggi la regressione mi ha portato ad uno stadio ulteriore, che non avevo mai sperimentato, in cui lo zombie è troppo stanco per correre e non ha più voglia di carne umana. La regressione è tale che non sogno neanche più la birra. La cosa più sexy che riesco a sognare è acqua fresca e forse anche una bella bara morbida e ombreggiata dove sdraiarsi per un lungo riposo.
Ormai sono quasi arrivato. Sfioro le case di poggio pensando che se crollassi qualcuno potrebbe salvarmi con un'acqua fresca frizzante ma mi guardano solo i cani. L'asfalto era lì, comodo e pianeggiante ma l'asfalto non è un'opzione. Me lo ripeto mentre mi trascino sui saliscendi del sentiero: “l'asfalto non è un'opzione”. Ormai il cervello è andato
Sui calendari pirelli è il primo giorno d'autunno e alberi tutte curve si spogliano mettendosi in pose sexy. Sono un duro ma facile alle cotte.
Che cotta quella cotta!

domenica 23 settembre 2018

Trail di Capoterra - Seconda prova percorso

Questa volta, mi spiace, ma ho perso il conto.

Ho perso il conto di quanti eravamo. C'erano quelli della squadra, venuti per dare una mano ma soprattutto per correre e divertirsi tanto che ho capito subito che il servizio “ristori e ritiri” oggi sarebbe toccato a me. C'erano quelli che avevano già provato percorso, testimoniando con la loro presenza meglio che a parole quanto fosse loro piaciuto. Amici e gente nuova. Chi è venuto a provare il percorso per prendere le misure per la gara, chi lo ha provato perché in gara non potrà esserci e chi, semplicemente, per passare una bella giornata nella natura in buona compagnia … potrei provare a contarli ma, quando credessi di avere finito, me ne sbucherebbe un altro dai meandri della mente evocandomi un sorriso – “vero, c'era anche lui!”
Ho perso il conto dei momenti di passione. Ricordo il ginocchio girato di Carlo, il terribile crampo di Corrado che faceva male solo a guardarlo; il magnifico aspetto dell'infiammazione tendinea di Sonia che, invece, non avrei invece mai smesso di guardare; la pelle di Tore usata per ripulire il sentiero dalle spine … ma restano altre innumerevoli tracce di sangue e gocce di sudore che hanno riempito la giornata di passione.
Ho perso il conto dei sorrisi; ricordo solo che hanno sovrastato i momenti di passione. Chi sorrideva per la compagnia chi per la bellezza del paesaggio, chi perché pensava che non ce l'avrebbe fatta e invece ha superato i suoi limiti… sorrisi magnifici, addolciti dalla fatica e dalle birre.
Ho perso il conto delle birre che ho bevuto. Ricordo bene la prima, quella che ho bevuto a s'enna sa craba mentre cercavo di rintracciare Nicola per sapere dove avesse nascosto la chiave dell'auto ristoro. Mi ricordo della seconda che ho bevuto guidando (è vietato bere prima di mettersi alla guida ma durante?) mentre scendevo con l'auto dei ritiri con il solo Carlo, l'unico ritirato a causa di un brutto infortunio al ginocchio. Ricordo poi la birra dopo l'ultima birra, ordinata solo perché, dopo avere finito di bere, ci siamo accorti d'esserci scordati di fare la foto con la birra in mano e quella ancora dopo, che non ricordo più perché. In mezzo, chiaramente, ho bevuto qualche birra; facendo servizio ristoro, ho corso poco e dovevo compensare con qualche birra in più ma non ricordo più quante.
Ho perso il conto, ho scritto. Potrei provare a ricostruire e trovare i numeri esatti ma ce ne sarebbe sempre uno in più e poi mi piace questa sensazione di abbondanza, di quantità innumerevole, di giornata piena di vita e ricca di particolari che mi ha lasciato questa bellissima giornata. Sono sicuro che l'avete provata anche voi.
Grazie a tutti, ci vediamo alla gara!

lunedì 17 settembre 2018

Curri murera – il podio dell'orgoglio

Foto di Arnaldo Aru.
Quest'anno, come l'anno scorso, sono voluto tornare alla piacevolissima manifestazione organizzata dai “Sarrabus runners” fra il mare e gli stagni di Muravera. La non-competitiva parte insieme alla competitiva sullo stesso percorso e quindi, per me è un'opportunità per riprovare le sensazioni di gara. Quest'anno il mio spirito è più combattivo dell'anno scorso. Allora ero un ex agonista, appena fermato dal medico sportivo. Ora sono un vero non-competitivo che si non-allena con un certo impegno. Dopo uno stop estivo, ho ripreso a correre da un mesetto e, a differenza dell'anno scorso, quando correvo solo dietro alle farfalle, quest'anno ho alternato corse sfarfallanti con altre un po' più intense. Non è stata una decisione razionale. È nata un po' così, come desiderio di movimenti rapidi, sangue che scorre veloce, aria in faccia e vento nella barba. Andare veloce è più divertente. Posso farlo senza rischiare? Lo scoprirò. Intanto vediamo l'effetto che fa.
Per l'occasione, ho rispolverato le nike che usavo nelle ultime gare. Sono rimasti 4 centimetri fra la spaccatura della tela a destra della scarpa e quella a sinistra. Quando la crepa di destra raggiungerà quella di sinistra, mi troverò con un paio di scarpe in meno e un paio di ciabatte nuove. È una sorta di conto alla rovescia verso la sedentarietà. Quando saranno ciabatte le userò per andare dal divano al bagno e dalla tavola al letto ma, intanto, sono ancora scarpe e ci corro.
Altro spirito, dicevo. L'anno scorso, alla partenza, mi ero messo in ultima fila; quest'anno mi piazzo in mezzo; non ho voglia di stare troppo tempo in fila dietro a podisti più lenti; solo un po'.
Lo spirito non-competitivo si manifesta con un agonismo sfrenato ma solo con gli altri podisti non-competitivi. Il primo mi supera come un razzo verso la fine del primo chilometro. Non riesco a vedere il pettorale ma l'abbigliamento è inconfondibilmente non-competitivo: maglietta del pacco gara di una misura troppo larga e calzoncini svolazzanti al ginocchio. Non potrei mai inseguirlo, va troppo veloce. I non-competitivi con la maglietta della competizione, di solito scoppiano intorno a metà gara; vedremo. Quando mi supera il secondo con la magliettina del pacco gara e i pantaloncini svolazzanti al ginocchio, va un po' più piano e riesco a guardargli il pettorale e verificare che ha lo sfondo verde della non-competitiva. Anche lui va molto più veloce di me ma, come previsto, progressivamente rallenta; resta nel mio campo visivo e lo punto come un falco. Nel passaggio sugli argini dello stagno, mi avvicino a lui fino a raggiungerlo; mi accodo e appena la strada si allarga, lo supero e, forzando un po', riesco a staccarlo. Non-competizione furiosa! Il mio principale concorrente, comunque, è un altro. Ha anche lui il pettorale verde anche se canottiera tecnica e pantaloncini “compression” ne tradiscono il passato da agonista: sono io, il mio cuore e le mie gambe. La sfida è restare sotto i 4'30 al minuto senza scoppiare e la vincerò bene. Ci sono anche tanti amici agonisti con cui condivido con piacere qualche pezzetto del percorso. Vedo Francesco che esce misteriosamente da un cespuglio; mi piacerebbe finire con lui ma non mi segue e io ho una non-competizione da vincere. Vedo, con molto piacere, anche la schiena di Antonio che ha ripreso da poco a correre con la protesi all'anca. Anche qualche anno fa gli vedevo la schiena ma eravamo fra i primi. Ancora più bella della schiena di Antonio è l'accoglienza di Agnese negli ultimi metri e poi di tutto il pubblico all'arrivo. L'ho finita in 47', 5' in più del tempo che avevo impiegato 2 anni fa. Eppure ne sono orgoglioso. Non mi devo confrontare con quel Lorenzo lì, due anni fa era tutto più facile. Sono, invece, 4 minuti in meno dello sfarfallante 51' dell'anno scorso. Allora, quando mi avevano chiamato sul podio per il secondo posto, dietro ad un ragazzino, volevo sprofondare, non sentivo di meritare alcun riconoscimento (link). Ora, invece, quando sento il mio nome mi fa proprio piacere. Se fossi stato agonista, sarei comunque salito sul podio come terzo di categoria. Questo podio, quindi, lo merito; l'ho conquistato dopo una dura non-competizione e ci salgo su gonfio d'orgoglio.

A proposito, ho vinto un buono di 30 euro da utilizzare per l'acquisto di calzature nuove. Non credo che da “The Runaway” vendano ciabatte. Mi toccherà continuare a correre …

sabato 15 settembre 2018

Trail di Capoterra - Sperimentazione clinica

Dopo aver portato decine di topi sui sentieri del trail di Capoterra, ora siamo alla “fase 2”, quella in cui prima di essere messo in commercio, il prodotto dev'essere provato su esseri umani consenzienti per valutarne l'efficacia ed eventuali effetti collaterali. Hanno risposto all'annuncio una decina di cavie: Maria Cristina, Marta, Alessandra, Caterina, Silvia, Tiziano, Pompeo, Efisio, Roberto e Stefano, che saranno accompagnate lungo tutto il protocollo di studio da noi dell'istituto nazionale d'atletica Capoterra: io, Marco, Lello, Nello, Bruno, Carlo, Luca e Tonino e da due cavie sopravvissute alla “fase 1”: Tore e Checco.
L'esperimento consiste nel portare i volontari lungo le varie fasi del protocollo di studio per registrarne le reazioni, studiare gli effetti del percorso sul corpo e sulla mente umana e trovare la posologia ottimale: 15 o 30?

Single su e giù dall'Osservatorio

Sui primi saliscendi si notano i primi effetti collaterali su due portatrici sane di suola liscia, Cristina e Marta. Prendo nota di ciò che mi sembrava ovvio ma non lo è: raccomandare calzature adeguate o esperienza equivalente. Solo con un cervello risuolato in vibram da lunga esperienza di montagna, si può, infatti, fare a meno della tacchettatura della suola, come ben dimostra Checco sempre a suo agio con i sandaletti.

La casa bianca dov'è previsto il ristoro, pur essendo l'unica costruzione nel giro di molti km, non è proprio bianca bianca e Bruno, a bordo dell'auto ristoro non si ferma. Prendo nota di ciò. Dovremo passare una mano di bianco per evitare che l'equivoco si ripeta in gara.
Tore riesce a convincere Pompeo, Efisio e Silvia a provare il dosaggio massimo e a seguirci lungo il percorso della “30 km”.

Single della catena o “is callonisi”

Ci dividiamo. Mentre gli altri tagliano per la “15 km”, io, Tore, Nello, Luca e Checco ci infiliamo con i 3 volontari, nel single della catena. Non registro nessuna protesta. Nessuna reazione neanche quando dopo 3 km di single ci troviamo a 200 metri da dov'eravamo passati 4 km prima. Perfino Nello si astiene dal pronunciare l'atteso “is callonisi”. Pare quindi che girare a vuoto negli anfratti dei monti piaccia.
Quando usciamo a s'enna, troviamo Carlo e Bruno con l'auto-ristoro. Lì la strada è chiusa da una sbarra, non potevano sbagliare oltre.

Single di Pala Niedda

Al di là di s'enna sa craba si entra nel mondo selvaggio. Si perde di vista il mare, Cagliari, ogni traccia di civiltà … non si vede altro che alberi e rocce. Si deve lasciare perfino la sicurezza della copertura telefonica, che è la copertina di Linus dell'uomo moderno ma questo distacco è proprio uno dei princìpi attivi della terapia. Si arriva al punto più alto di tutto il percorso. L'effetto euforizzante di vedere il mondo ai propri piedi ricompensa la fatica di salire. La foto ricordo ne prolungherà l'effetto. Le cavie sono contente. Funziona!

Single di Scillaras o della “nostalgia”

“La distanza si fa sentire” mi dice Nello. Probabilmente ha nostalgia di casa. Dopo 20 km si comincia a pensare alla distanza, alla strada percorsa e quella che manca a casa. Le gambe sentono nostalgia del divano, lo stomaco di una bella pastasciutta di quelle che faceva la mamma con acqua e farina e della birra ichnusa senza schiuma. L'abbraccio del bosco però è affettuoso e consolatorio si sostituisce a quello della mamma e, una volta tornati a s'enna, nessuno approfitta dei comodi sedili imbottiti per scendere con la mia auto, a parte Luca, ma solo perché l'auto non voleva scendere da sola. Nessuna cavia vuole scendere dalla ruota! Forse non sanno bene quello che li aspetta … Ma che brave cavie che ci sono capitate!

Single Inferno o sinfonia

Le discese sono musica. Bisogna imparare a suonarle. Ogni discesa ha il suo ritmo, la sua armonia. I nostri passi pigiano sul terreno come le dita sui tasti di un pianoforte, anche se, qualcuno prova a suonarlo col sedere. Lo spartito è lì, con le pietre, le variazioni di direzione e di pendenza. La discesa lungo il single “inferno” è una sinfonia.
Liscio, sassoso, ripido e meno ripido, … , si alternano tempi “andante con moto” e “allegro con brio”. Ognuno però ne dà un'interpretazione personale: Nello, per esempio, lo interpreta come una “marcia funebre”, Tore, invece, come un ”allegro furioso”.
Ai buoni interpreti della corsa in discesa piacerà da morire. Gli altri potranno almeno intuirne la bellezza … Chissà perché i ciclisti chiamano questa sinfonia “inferno”. Guardo Silvia e capisco. Provo ad immaginare Maria Cristina e Marta con le loro suole lisce e la poca familiarità con lo strumento e mi viene un brivido. Per fortuna sono con Marco, Lello e Tonino; sicuramente saranno scortate a dovere. Poi con loro c'è Stefano che, ammesso che sopravviva, è medico.

Single delle maledizioni

L'asfalto non è un'opzione. Il protocollo è chiaro. Sarà un trail caratterizzato dai single track e i penultimi 500 metri in asfalto possono essere evitati benissimo con un divertente single che costeggia, su e giù, il perimetro delle case. L'asfalto col suo liscio piattume schifoso non è un'opzione. La mancanza di opzioni semplici è uno dei punti più controversi della terapia: di sicura efficacia presenta però alto rischio di effetti collaterali. Ecco infatti che quegli strappetti al 20% al trentesimo chilometro sembrano una punizione eccessiva per i peccati commessi, la medicina sembra troppo amara e partono le maledizioni. Ne sono consapevole. Sono pronto a raccoglierle con un sorriso. Sono io il responsabile! L'asfalto però non è un'opzione. Ormai siamo alla fine e non ha senso tornare indietro. Una maledizione e via fino al traguardo. Vi aspetterò lì con un sorriso e una birra per voi.
Tutte le foto sono di Tore Orrù. Grazie!


La birra finale

L'ebrezza del traguardo, poi, soprattutto se alimentata con un paio di birre fresche, cancella tutti i pensieri negativi. Stanchezza, difficoltà tecniche, maledizioni …, dopo la prima birra, si trasformano in esperienze di vita; dopo la seconda si apre uno spazio nuovo nella zona di comfort; dopo la terza, si conquista un senso della realtà che trascende le deformità della coscienza dell'uomo moderno … . Dopo la terza conviene fermarsi. Non ho ancora raccolto tutti i dati ma, dai primi pareri direi che l'esperimento è stato un successo.
A breve la “fase 3”. Cercasi cavie!

sabato 8 settembre 2018

Single della catena o “is callonisi”

Foto di Tore Orrù
Single della catena o “is callonisi” o “AAA”: L=6km D+=220m D-=140m
Al sesto km, in corrispondenza del primo ristoro, gli atleti della 15 continueranno lungo la sterrata mentre i fortunati della 30 saranno indirizzati verso destra, a superare una catena che non c'è più ma che dà ancora il nome ai 6 km, di cui circa 4 di single track che portano a s'enna sa craba.

Il secondo dei single che vi presento, l'ho conosciuto in un sito d'incontri.
AAA Single piacente, sportivo, spiritoso, spalle larghe e pancia piatta, offresi per incontri con giovani ruspanti per costruire uno sterratone insieme. Astenersi perditempo”.
“Is callonisi” (che palle NdT) è come lo chiamano i miei amici ogni volta che li invito a girare a destra per imboccarlo. Per quanti annunci pubblichi, resta sempre single. Secondo qualcuno, il suo problema sarebbe che è troppo p.... so (prolisso). Non finisce mai. Per superare il chilometro che manca, in linea d'aria, a s'enna, ne percorre 6 seguendo un itinerario frattale. Niente linee d'aria ma di terra, sudore e sangue. Niente linee rette ma curve sexy. A dire il vero, a me piace. Mi piace il suo girovagare sinuoso, come se non dovesse arrivare da nessuna parte. Mi piace il suo continuo scendere anche quando si sa che il punto d'uscita è più alto di quello iniziale. Anche lui mi ha fatto lo sgambetto mentre scendevo in bici e ha assaggiato il mio sangue ma, soprattutto, durante un ribaltone, mi ha rotto lo schermo del garmin gioiello che avevo sul manubrio. 400 euro di GPS ridotti ad una macchietta verde. Is callonisi! Maledetto … ma a me piace.
In gara, quel tratto tecnico si fa in salita: penultimo km intorno il 15% a salire, bella sfida per chi volesse farlo tutto correndo. Nessun rischio, però, se non quello di girare all'infinito negli anfratti dei monti … ma è proprio questo che mi piace.