Visualizzazione post con etichetta ironman. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ironman. Mostra tutti i post

venerdì 9 ottobre 2015

Ironman di Mallorca – outtro

Dichiarazioni. Dopo l'arrivo Francesco e Andrea: “mai più, troppo duro”. La sera Francesco e Federico: “l'anno prossimo se non mi prendono al Norseman, facciamo quello di Lanzarote”.
Numeri. L'ho finita in 11h02'43”, 4' in meno di Roth ma ben 50' in più di Klagenfurt. Come già detto, visti i problemi fisici (infiammazione al tallone, antibiotici …) non mi aspettavo niente di meglio. 3h43'22 nella maratona, poi, è quasi il record mondiale della salita al calvario. 42esimo di categoria (la slot sarà per la prossima volta ) e 543simo assoluto; non male, peccato solo che Andrea sia arrivato 542simo (maledetto, per un pelo!), per non parlare di Francesco 332esimo in 10h33. Magno l'ha chiusa in 11h33, nonostante la rottura della catena e Federico in 12h20 nonostante in bici sembrava che stesse andando a comprare il latte (guarda la figura qui sotto).

La quarta frazione. Durante la dolorosa frazione di corsa, sognavo un tuffo nell'acqua fresca e un lungo riposo aspettando Federico, sfinendomi di cibo e birra al ristoro finale. Insomma, speravo fosse finita.
Del tuffo simbolico ho già parlato e per il resto non c'è tempo. Alle 20 chiude il negozio e dobbiamo restituire le bici! Con Francesco ci trasciniamo per un chilometro circa fino alla zona cambio. Recuperiamo le borse e la bici ma troviamo il negozio già chiuso. Ormai non ci resta che tornare all'hotel e con una decina di chili di borse appese alle spalle in modo estremamente precario, ci avviamo in bici a fare i tre km del rientro. Un po' nel traffico, un po' sui marciapiede, con le borse che si spostano improvvisamente rischiando di finire fra i raggi, e con la salita finale, questa quarta frazione imprevista è stata proprio dura.
Relax. In hotel dopo la doccia, alle 21.30 troviamo aperto solo il buffet. Anche lo spillatore è chiuso ma me lo faccio aprire e ci passerò parecchie volte. Arriva anche Federico e ci lanciamo sul cibo. Più tardi, al bar, niente camomilla questa volta, ma un'altra birra.
Il giorno dopo, indossiamo tutti e tre la maglia da finisher, non per gloriarcene (almeno io) ma perché era l'unica pulita. Federico è il più fiero e per un pelo, anche se non lo confessa, non si ftatuare il marchio “IM” sul polpaccio. Riportiamo le bici, mangiamo un'ottima paella, e poi in hotel approfittiamo della Spa per un po' di sani idromassaggi, bagno turco, terapia del freddo …

Ritorno alla realtà. Lunedì, la sveglia è alle 4 ma ci svegliamo prima con Francesco in preda ad una fortissima gastroenterite. Lo trasciniamo al taxi e poi da un aeroporto all'altro. Il viaggio penoso finisce dopo le 20 e ci riporta alla realtà, quella della vera sofferenza e dei problemi da risolvere. Anch'io, ora che sono nel mondo reale, ricomincio a pensare alle questioni che erano rimaste sospese in questi giorni magici.

mercoledì 7 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - la corsa

Ed eccomi in una meravigliosa isola delle baleari in una bella giornata di fine estate alla mia frazione preferita di una gara che adoro. Sarà bellissimo, che dite? La foga agonistica mi ha fatto scappare completamente di mente il fatto di non essere allenato decentemente per la maratona. Appena uscito dalla zona cambio trovo il primo ristoro. Bevo un sorso d'acqua e nascosto fra le solite bevande isotoniche, cola, banane e gel cosa vedo? Redbull? È finito il tempo della camomilla! È l'ora degli occhi iniettati di sangue, delle narici dilatate e delle cornate nel culo. Ne ingurgito qualche sorsata con una smorfia e parto. Riesco a correre abbastanza veloce, intorno ai 13km/h, senza forzare. Su un tratto del percorso a bastone incrocio Francesco, con meno di un km di vantaggio e subito dopo raggiungo Magno, un po' giù di tono per essere rimasto attardato da un problema meccanico nella frazione di bici. Lo supero senza pietà. Dopo 4 chilometri il percorso passa sul lungomare. Un filo d'aria fresca e il pubblico caloroso me lo fanno godere; poi si passa davanti alla deviazione che porta all'arrivo in piena spiaggia e sogno il momento nel quale sarà il mio turno di girare, passare il traguardo e buttarmi in quel fantastico mare piatto e fresco.
Intorno al quinto km raggiungo Francesco, credevo di dover faticare di più ma evidentemente sto correndo proprio bene. Lo saluto calorosamente; poi noto il nastro azzurro che ha al polso … maledetto, è già al secondo giro! Il sorriso muta in un ghigno. Ha 9 km di vantaggio. Non riesce a tenere il mio ritmo ma l'aggancio è praticamente impossibile. Mi convinco del contrario e con un piccolo sforzo di proiezione mentale lo inseguo da davanti. Fa caldo e dopo il primo giro mi sento già stanco. Ad ogni ristoro mi butto un bicchiere d'acqua fresca sulla testa ma il sollievo dura poco. Decido di rallentare un po' e provare a restare sopra i 12 km/h per finirla entro le 3h30. Nel tratto a bastone, questa volta incrocio Andrea con un paio di km di vantaggio. Sono convinto che anche lui abbia un giro in più e rinuncio ad inseguirlo. Quando passo per la seconda volta davanti all'arrivo non lo trovo divertente come prima. Devo fare ancora tre giri mentre qualcuno svolta già a destra per il traguardo, salutato dalle urla dello speaker. Sto cominciando a soffrire il caldo, i muscoli poco allenati, le energie al lumicino. Al ristoro distribuiscono anche dei grandi cubi di ghiaccio. Ne prendo uno anche se non so bene cosa farne. In bocca non ci sta. Me lo passo sul collo, sul viso, provo a infilarlo nelle spalline del body ma scivola via. Quando è piccolo a sufficienza lo metto in bocca e lo succhio senza pensare a dove l'avevo messo prima. Inizia il terzo giro, prendo altra redbull per tirarmi su. Sul bastone incrocio Andrea un po' più vicino avanti a me. Gli dico “dai che hai quasi finito”. Pensavo che fosse al trentesimo ma era solo al ventunesimo e credo che mi abbia maledetto. Poi al rientro vedo Francesco circa un km dietro. È cotto ma lo sono anch'io e finalmente mi rassegno all'evidenza che non riuscirò mai a raggiungerlo. Prendo due cubi di ghiaccio e me li infilo sotto il body sopra le cosce per avere qualche minuto di lieve sollievo. Oltre che stanco muscolarmente, mi sento affannato, quasi esausto. Al km 27, dopo il ristoro, penso che mancano ancora 15 km e non ce la faccio più. “Basta torture! Confesso tutto! Non sono un ironman, sono un uomo quasi normale e sono diventato vecchio per queste cose!”
Decido di prendermi una pausa proseguendo al passo. Voglio provare a dare il tempo al mio corpo di metabolizzare gli zuccheri ingurgitati al ristoro per avere le energie sufficienti per arrivare al traguardo. Non ho idea però se funzionerà, è un'esperienza nuova. 15 chilometri strisciando non li voglio fare, per cui, se non dovesse funzionare, mi ritirerei. Mentre continuo a camminare per un tempo che mi sembra lunghissimo, mi superano atleti grassottelli che avevo superato con sufficienza qualche chilometro prima. Non sento particolari miglioramenti ma mi pongo un limite: quando mi raggiungerà Francesco proverò a ripartire con lui e, se non ce la farò, mi fermo. Ogni tanto mi volto ma Francesco non arriva e al km 28 dopo un intero chilometro camminato in 11 minuti, provo comunque a ricominciare a correre. Per qualche passo i muscoli sono sull'orlo del crampo ma poi, piano piano, si sciolgono e riesco a corricchiare. Non riesco a superare gli 11km/h ma poco importa, ormai voglio solo arrivare e buttarmi in mare. Dopo il quarto passaggio davanti al traguardo, diventa tutto un po' più facile. Almeno ora son sicuro di non dover mai più ripercorrere quelle maledette strade. Sembra tutto al rallentatore: la mia corsa, i chilometri che non passano mai. Prendo l'ultimo braccialetto e riesco, sia pure a fatica, a continuare a correre. All'ultimo bastone incrocio Andrea dolorante per un crampo. Vorrei raggiungerlo per arrivare insieme ma sto correndo come un bradipo e non riesco ad accelerare. Le ultime molecole di redbull mi fanno pensare che se arrivassimo insieme, il mio “real time” sarebbe inferiore al suo che è partito prima. Sfinito e bastonato ma pur sempre iena.
Ultimi due chilometri sul lungomare. Qualcuno in vista del traguardo accelera e mi supera. Non reagisco. Voglio solo sopravvivere, arrivare e buttarmi in acqua. Finalmente, alla quinta volta che ci passo davanti, la svolta per il traguardo è per me. Più che soddisfazione, orgoglio, quello che provo passando lì sotto è un enorme sollievo.
Subito dopo il traguardo vedo Andrea, arrivato da poco, poi Francesco che invece è lì da mezz'ora. Ora non sono più avversari ma sono di nuovo amici e sono contentissimo dei loro risultati. Anzi, approfitto della solita gentilezza ed energia di Francesco per farmi assistere. Lui cammina quasi disinvolto e mi va a prendere le borse col cambio. Sono le 7 di sera e il sole è calato. Sono arrivato in ritardo e l'anelato tuffo nell'acqua fresca che avevo sognato e mi aveva fatto arrivare fin lì è diventato quasi un obbligo formale nei confronti delle mie gambe. Con fatica mi trascino fino al mare e appena l'acqua arriva al polpaccio, mi ci lascio cadere dentro; poi esco quasi subito dall'acqua ma ormai mi sono infreddolito. Mi butto sulla sdraio avvolto nell'asciugamano e comincio a tremare.  

domenica 4 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - La bici

In zona cambio trovo facilmente la mia wilier. Non è proprio mia, in realtà, ma presa a noleggio. Provata giovedì: foratura, ruota posteriore difettosa, sellino troppo basso. Cambiato ruota, riparato foratura, alzato sellino. Venerdì meglio ma prime sensazioni di stanchezza dopo solo una ventina di km, perso occhiali e perso pompetta su uno dei dissuasori. Ricomprato occhiali, fissato pompetta con velcro. Sabato, cambio da regolare (la catena fruscia su quasi tutte le marce), scricchiolii sinistri quando passo su asfalto irregolare, di nuovo sensazioni di stanchezza dopo solo una ventina di km (probabilmente sellino ancora basso) … insomma domenica o lunedì sarebbe stata perfetta ma sabato è oggi, la gara è già cominciata e al trentesimo km ho dovuto rallentare per non stancarmi troppo (per inciso, il valore della mia “wilier”, dichiarato dal noleggiatore dopo la gara, era di qualche centinaio di euro inferiore rispetto a quello della “merckx” noleggiata a Francesco … e questo spiega molte cose). Per non sentire il fruscio del cambio devo tenere rapporti molto lunghi o molto corti … quindi molto lunghi visto che il percorso è quasi pianeggiante. “Non si saluta?” Federico mi insegue “non ti avevo visto, come va?” Due parole anche se banali e qualche secondo affiancati rompono la monotonia del percorso. Sei ore sono tante da riempire: ci sono i sorpassi, le piccole variazioni di pendenza, i ristori (a prop.: niente redbull ai ristori né camomilla ma dopo i primi chilometri fatti a tutta, il cervello ha rigurgitato le camomille dei giorni precedenti facendo assopire l'adrenalina) ma non bastano; il percorso è piacevole ma non entusiasmante, il pubblico è scarso, il tempo e i chilometri passano molto lentamente. L'occhio va spesso al computerino e poi al gps da polso. Il mio obiettivo è stare, sia pur di poco, sopra i trenta per finirla in meno di 6 ore. Devo conservare i minuti di margine accumulati durante la prima ora di fuoco, perché mi aspetta una bella salita nel finale. Questi sono i pensieri; contare i chilometri, come le pecorelle è soporifero e rischio di assopirmi. Dopo una prima ora di continui sorpassi, ora sono in “equilibrio dinamico”: tanti mi superano quanti ne supero io. Qualche volta sono anche gli stessi; altre pecorelle … . Dopo 2h50 passo al novantesimo, in prossimità della zona cambio; si ritrova il pubblico che applaude e, finalmente, comincia la seconda parte del circuito. La salita si avvicina: è ora di svegliarsi! Per questo mi aiutano anche un paio di dossi “dissuasori” e i preoccupanti scricchiolii che emette la bici passandoci sopra.
La seconda metà del percorso è decisamente più bella e divertente.
Si comincia passando sul lungomare di Pollenca, fra bagnanti ignavi e pubblico caloroso. Poi si gira verso le montagne. L'aspettativa della salita, il falsopiano a salire o forse la stanchezza, fanno rallentare molti concorrenti e ricomincio finalmente a superarli facilmente. Le montagne si avvicinano affascinanti e un po' spaventose. Non so bene cosa aspettarmi dalla salita (qualcuno ha parlato di pendenze del 12%, altri del 6%) e neanche dalle mie gambe dopo 110km di gara, ma lo scoprirò presto. Un cartello ci svela i dettagli: saranno 7.7 km al 5.5% di pendenza media. Un'occhiata al computerino per avere una misura di quanto manca allo scollinamento e si comincia a salire. Cerco una pedalata rotonda e vedo subito che riesco a spingere bene. Senza troppa fatica comincio a superare concorrenti molto più lenti di me. La lunga fila di ciclisti, a causa del rallentamento, si è trasformata in un ammasso che occupa buona parte della sede stradale. Ne supero a grappoli. Il paesaggio si trasforma, con boschi, rocce, panorami: è montagna insomma e io l'amo. L'ombra degli alberi e qualche nuvola fanno anche fresco e i chilometri passano facili. Lungo tutta la salita e la discesa successiva non mi supererà nessuno. Mi preoccupo pensando che forse sto spingendo troppo per l'entusiasmo e che potrei pagarla nei 30 km finali pianeggianti, ma guardando le facce e ascoltando i rantoli, vedo che quelli che supero stanno facendo più fatica di me e, sadicamente, ne traggo piacere. Le rocce si fanno sempre più monumentali e lo spettacolo naturale continua anche dopo lo scollinamento, sul successivo saliscendi e raggiunge l'apice all'inizio della vera e propria discesa, dove non posso trattenermi dall'allargare le braccia per l'ammirazione, lasciando pericolosamente il manubrio. Durante il briefing hanno provato a spaventarmi parlando di discesa pericolosa, burroni … ma ho trovato solo una divertente discesa tecnica con diversi tornanti stretti. Anche qui mi sono divertito a superare moltissimi triatleti, uscendo più veloce dalle curve o ritardando la frenata prima dei tornanti. Come la salita, anche la discesa è seguita da qualche chilometro di divertente saliscendi e continuo a superare. Ad una curva stretta in discesa, supero due ciclisti ritardando la frenata ma, a causa dei copertoncini e dell'asfalto liscio, mi scappa la ruota posteriore. Grazie all'esperienza di mountain bike e ad un pizzico di fortuna, riesco a controllare la derapata e rilancio senza danni. Gli ultimi 30 chilometri sono di nuovo piatticci e noiosetti e ritorno in equilibrio dinamico con la concorrenza ma sono solo 30 e posso cominciare un eccitante conto alla rovescia. La media oraria è 30.5 km/h, come mi ero prefissato; ho solo paura che la mia bici scricchiolante vada a pezzi da un momento all'altro. Il conto alla rovescia continua: -10. Si ritorna verso il centro di Alcudia dov'è situata la zona cambio, seguendo la stessa strada del primo giro. Questa volta però il pubblico è tutto girato dall'altra parte. Si costeggia infatti il percorso della maratona. Mi giro anch'io per guardare i podisti. Mi sembra che corrano tutti veloci e mi chiedo se ci possa riuscire anche io. Fra i podisti, sento Andrea che mi saluta. Rispondo al saluto e intanto penso: quanti chilometri di vantaggio avrà? A proposito, in bici ho superato solo Federico. Anche Magno e Francesco sono ancora avantic'è ancora da lavorare.

La fine della frazione di bici mi sorprende con quasi 5 km di anticipo. Riesco a sfilare le scarpette prima di raggiungere la linea ma non c'è spazio per scendere elegantemente al volo. 5h45. Mi basterà correre una maratona decente per scendere sotto le 11 ore. 

giovedì 1 ottobre 2015

Ironman di Mallorca - il nuoto

Quando, poco prima delle 5, io e Francesco, scendiamo per la colazione, vediamo, nell'enorme sala deserta, Federico seduto, con l'aria sazia, ad un tavolino pieno di resti da pranzo nuziale. Doveva nutrirsi bene per la gara. Io, per non alzarmi alle 4 come lui, ho preferito la tattica del singolo pit-stop (cagata del buon risveglio, the e via [30']) a quella del doppio pit-stop (cagata del buon risveglio, caffellatte, seconda cagata e via [1h]). Siamo i primi del nostro hotel anche a prendere il pulmino per recarci alla zona cambio. Appena arrivo lì mi accorgo di aver perso i 20 euro che avevo messo in tasca per le birre dopo gara e di aver lasciato in hotel il panino al prosciutto per la merenda di mezza gara, unici lussi di una giornata di barrette e bevande isotoniche. Pazienza, non potrò gozzovigliare. Incontro Andrea e Magno un po' attardati ma organizzatissimi e alle 7, alla chiusura della zona cambio, andiamo in spiaggia a lasciare l'ultima borsa, chiudere la muta e raggiungere la partenza. Il sole non è ancora sorto e l'aria è fresca e umida. Per fortuna la muta mi tiene caldo ma la pancia protesta; mi rendo conto che la tattica del singolo pit-stop era azzardata. Sento l'intestino gonfio e mi metto in fila davanti ai bagni chimici. Sono l'ultimo della fila e rimango tale fino al mio turno - almeno non dovrò dichiarare il “pregresso”. Mi sfilo a metà muta e body e mi siedo giusto in tempo per sentire lo sparo per la partenza dei professionisti che fa partire professionalmente anche la mia scarica. Grazie alla “rolling start” (che non è un gruppo musicale anni '70) so che non c'è fretta. Mi pulisco con calma, rimetto i fazzolettini nella borsa e raggiungo la fila di quelli dell'“ora e trenta”, gente tranquilla, casalinghe e pensionati. Il mare è liscio come l'olio, spettacolare con il sole basso del mattino e, quando arriva il mio turno, è bellissimo correrci sopra fra mille schizzi e poi tuffarcisi dentro. Peccato che tutta quell'acqua meravigliosa mi entri negli occhialini. Dopo il primo tuffo mi fermo un paio di secondi per provare a risistemare gli occhialini, ma inutilmente. La gara è partita e l'adrenalina anche. Non voglio perdere altro tempo e provo a nuotare. Il mare è piatto ma in compenso l'acqua negli occhialini è forza 4 e le onde mi entrano negli occhi. È fastidioso ma sopportabile e riesco a nuotare benino. Ogni tanto cerco di mettermi in scia a qualcuno, sfiorandogli i piedi ma vanno quasi tutti a zig zag e preferisco fare le mie linee rette solitarie. Sfidando la geometria euclidea, la mia retta si incontra spesso con altre rette che dovrebbero essere parallele. Forse sono arrivato “all'infinito”, il punto d'incontro previsto dal matematico greco, ma invece è solo la boa. Ho nuotato già più di un km ed è passato veloce, molto meglio che a Roth. Dopo un breve traverso, il percorso rientra verso la riva. Sono contento, riesco ad andare alla stessa velocità di molti superatleti; ne noto uno in particolare, senza la muta, col quale la mia traiettoria diverge e poi converge diverse volte. Uscendo dall'acqua mi rendo conto che il mio superatleta di riferimento in realtà è un panzone. Mi volto e vedo comunque un bel po' di nuotatori ancora dietro di me. Approfitto della breve uscita dall'acqua per svuotare gli occhialini prima di buttarmi in mare per il secondo avanti-indietro. L'operazione riesce perfettamente e ora mi godo davvero la nuotata. Non sono stanco, non sono ultimo, l'acqua è bella e manca meno di metà. Questo secondo bastone è più corto e in un tempo relativamente breve mi ritrovo a camminare nell'acqua bassa. Provo a correre ma sento le gambe appesantite dall'acqua e rinuncio. Mi volto ancora per godermi il raro spettacolo di nuotatori più lenti di me. Uscito dall'acqua, inizio a corricchiare lentamente verso la zona cambio; poi, in pochi passi, riprendo controllo completo degli arti inferiori e comincio a superare leggero le casalinghe e i pensionati dell'“ora e trenta”. Anzi, erano le supercasalinghe e i pensionati di ferro dell'“ora e 21” come scoprirò dopo.  

mercoledì 30 settembre 2015

Il pregresso. Ironman di Mallorca - intro

Il pregresso è quell'odore che si trova in bagno già “prima” di fare la cacca. Non è mio insomma anche se chi entra dopo di me ha la brutta tendenza ad addossarmene la responsabilità, guardandomi con una smorfia di disgusto. Sorrido pensando che non andrà meglio a lui quando uscirà.
Fra amici, in tre in una stanza d'albergo di Alcudia di Mallorca, ci si può anche chiarire, come ha fatto Francesco uscendo dal bagno: “l'odore non è mio. È pregresso” (non era neanche mio, giusto per chiarezza).
Facciamo un passo indietro. All'aeroporto di Palma di Mallorca arrivano i professionisti. 4 uomini e una bici pretendono di entrare su un'utilitaria a noleggio. Sul sedile anteriore ribaltato, Federico e Francesco tengono compagnia alla bici di Andrea, rannicchiati con la testa piegata in avanti, Andrea guida e io faccio il passeggero schiacciato contro il cruscotto. Riusciamo a sbagliare strada e grazie alla testa di Francesco che sbatte contro il tettuccio e alle mia ginocchia sul cruscotto, impariamo a conoscere i “dissuasori”, dossi artificiali che costellano le strade dell'isola. Proveranno a dissuaderci durante il percorso di bici con colpi al sedere: “fermatevi, tanto non arriverete mai” ... ve la faremo vedere noi!
Camomilla o redbull? Questa era il mio dilemma. Nei giorni pregara sarà 3 a 0 per la camomilla. Mentre ai tavoli accanto si ubriacano di birra e sangria, chiediamo 4 camomille e un decaf al barista sbalordito. I giorni dopo basterà chiedere “il solito”.
Sarà per l'overdose di camomilla o per il clima da pensionati inglesi dell'isola a settembre, ma i giorni pregara scorrono tranquilli, senza tensione. Il tema dominante è il cibo. Fra colazioni enormi e cene abbuffet, resto sbalordito da quanto riescano a mangiare Francesco e Federico. L'altro dilemma è muta – non muta. La temperatura dell'acqua viaggia sul filo dei 24.5 gradi limite massimo per consentire l'uso della muta. Una dimostrazione di neoprene dell'Arena ha raffreddato l'acqua dell'ultimo decimo necessario. Tutti contenti tranne Francesco che se non sente l'acqua che scorre sulla pelle non gli pare di nuotare. Io, acceso sostenitore della muta, mi godo però la nuotatina del giovedì senza. Ma non era obbligatoria? Mi faranno la multa?
Alla vigilia, la mia motivazione più forte è: “domani devo finirla. Non ho più magliette pulite e mi serve quella da finisher”.

Camomilla, tranquillità, leggerezza. Il pregresso è anche una metafora della vita: molti aspirano a lasciare il segno ma forse sarebbe meglio passare e andar via leggeri.

domenica 20 settembre 2015

Ironman di Mallorca - visioni.

Manca meno di una settimana. La velleità di guadagnarmi la qualificazione per i mondiali di Kona è tramontata prima ancora che riuscissi ad immaginarla a colori. Infiammazioni varie, insieme ad una solida pigrizia, mi hanno infatti tenuto ben lontano dalla condizione perfetta che mi sarebbe servita per migliorare il risultato di due anni fa e provare a puntare la prua verso le isole Hawaii. Ma non importa, non è che ci tenessi particolarmente. Ecco invece cosa immagino ...
Grazie alla partenza “rolling” nel nuoto potrò far valere i miei valori reali e mi metterò con gli ultimi, quelli gentili e tranquilli, le casalinghe e i vecchietti e partiremo tranquilli guardando il fondale e i pesci nell'acqua trasparente. Arriveremo tutti insieme sulla spiaggia, un po' stanchi ma senza affanno. Gli amici e il me stesso di Roth saranno tutti avanti, ma li lascerò allontanare con un sorriso.
Monterò su una bici rinnovata: per carità, niente super telaio aerodinamico cazzuto, ruote a razze … ma un nuovissimo sellino con un bel buco per accomodare gentilmente la prostata. Arriverò alla salitona del km 110 con ancora l'energia sufficiente per spingere sui pedali, sentire l'ossigeno fluire nei muscoli, superare qualche vecchietto e, dopo essere sceso dolcemente fino alla seconda transizione, correrò con la solita leggerezza sul lungomare di alcudia e, alla fine, mi sdraierò sulla spiaggia per i prossimi due giorni.

Insomma, mi immagino una gara senza sofferenza, come fatta in anestesia totale. Giuro che non ho preso allucinogeni; forse sono solo stanco.  

venerdì 11 settembre 2015

Sulla strada di Mallorca

Ecco. Era troppo facile preparare un ironman con solo un tendine infiammato.
Con una folata di vento, il fuoco si è propagato dal tallone fino al quartiere delle vie urinarie facendomi ballare le coreografie del celebre balletto “l'uccello di fuoco”.
È troppo fastidioso. Nei momenti peggiori mi veniva da pisciare ogni mezz'ora e immaginavo nel tempo della gara di dover ripetere, per oltre 20 volte, la sequenza: trovare un angolo, sfilare il completino, pisciare fuoco, gemere di sollievo, rimettere il completino, raccogliere le cose cadute dalle tasche e ripartire. No. Nella sala d'aspetto del dottore, fra donne incinte, vecchietti, uomini panciuti, c'era anche un ironman. Ne sono uscito con nove giorni di antibiotici.

Ma non vi preoccupate, ho comprato i fermenti per rinfoltire la flora batterica intestinale. Almeno quella parte di me sarà in gran forma. Solo oggi, però, che è il terzo giorno, Maria mi ha spiegato che se non si rompe quella strana pellicola, si beve solo lo sciroppino senza i fermenti. Sono andato a rovistare nella spazzatura e, almeno una boccetta l'ho recuperata. Spero che i fermenti siano sopravvissuti ... cosa tocca fare sulla strada di Mallorca.

mercoledì 19 agosto 2015

Road to Mallorca

Sulla strada per Mallorca ho trovato il mare, finalmente. Cacqua su Marche, l'avevo scoperta l'anno scorso; non è insapore, né incolore e neanche inodore, è opaca e giallina ma liquida a sufficienza per dimenare braccia e gambe avanzando faticosamente. Ne ho approfittato per ricominciare a nuotare, dopo tre settimane di stop.
Sulla strada per Mallorca ho fatto 100 chilometri in bici su e giù per le belle colline marchigiane, fra borghi medievali, campi tinti di varie tonalità di verde, con i monti Sibillini sempre più vicini sullo sfondo.

La strada per Mallorca era già in salita a Londra, quando, dopo una corsetta di dieci km, mi ero dovuto fermare col tallone dolente; si è fatta ardua oggi che, dopo oltre 10 giorni di riposo e una corsetta sul lungomare, il maledetto tallone, sporgenza inutile, continua a dolere. Sarà dura. Molto dura. Non vedo ancora il traguardo.

lunedì 17 agosto 2015

E intanto, Mallorca si avvicina.

13 agosto – Dopo Londra, le mie vacanze proseguono con una settimana in trentino, in val di Non. Avevo nostalgia delle dolomiti e ho approfittato della loro vicinanza per andare con Flavia, mia madre, a camminare sulle magnifiche creste del Latemar. Dopo la salita e un tratto di sentiero impegnativo, non particolarmente difficile ma esposto su baratri micidiali, mi sono rilassato lasciando andare le gambe giù per la discesa. Non so se sia stata la tensione o la corsa in discesa, ma alla fine avevo le gambe a pezzi. Il giorno dopo faticavo a camminare, mentre mia madre si muoveva con leggerezza. Io, un cosiddetto “uomo di ferro”, sono stato distrutto da una passeggiata con un'ultrasettantenne.
Oggi, 2 giorni dopo, ho ancora i muscoli dolenti al punto da non riuscire a scendere le scale senza aggrapparmi alla ringhiera.
Dietro la tenda del bagno, la sera, metto tutto il necessario per cambiarmi senza svegliare nessuno e uscire in bici la mattina dopo, alle prime luci dell'alba. Oggi, come ieri, mi sono alzato per ultimo e i dolori muscolari mi hanno costretto a lasciare lì, dietro la tenda del bagno il cambio per la bici, sempre pronto in attesa di tempi migliori.


PS. La settimana in trentino è finita. In sette giorni, oltre alla passeggiata micidiale descritta sopra, sono riuscito a fare 5 ore di allenamento in bici. Il mare non l'ho trovato. E intanto, Mallorca si avvicina.

lunedì 27 luglio 2015

Roth - outtro


Dopo l'arrivo comincio a tremare. Il lungo sforzo, unito ai problemi digestivi, mi ha lasciato completamente vuoto di energie. Dopo un quarto d'ora, decido di alzarmi dalla panchina per mettermi più comodo e sdraiarmi su un lettino dei massaggi. Sono oltre cento e ne trovo subito uno libero. Il comfort però dura poco e presto mi ritrovo nella più scomoda delle posizioni con robuste mani femminili conficcate nelle mie carni martoriate. La sofferenza è mitigata dalle espressioni compassionevoli e dispiaciute con cui la torturatrice risponde alle mie smorfie di dolore. Mi vede tremare e mi stende addosso un pietoso telo termico. Finito il trattamento, mi alzo a fatica dal lettino; lei mi chiede se voglio tenere il telo. Io rifiuto, ma un minuto dopo torno tremante da lei e me lo faccio dare. Finalmente vedo facce conosciute: Fabio, Davide e Marco tutti contenti di aver finito la gara ma un po' delusi dalla prestazione. Mi indicano Andrea e lo trovo seduto con i piedi in una bacinella. È raggiante, ha chiuso la gara in 10 ore e 34. Anche io, pur non sapendo il tempo finale, sono molto soddisfatto: avendola preparata in un mese non posso che essere contento. Io con il telo sulle spalle e lui con i piedi nella bacinella sembriamo due vecchietti. E forse è così; la grande fatica ci ha portato avanti di 30 anni e ci comportiamo di conseguenza. Prendi il minestrone, mi consiglia, è davvero buono. Ed è vero: fra le tante cose da mangiare, l'unica che riesco ad inghiottire con piacere è un bicchiere di minestrone di verdure caldo. Non avrei mai pensato di finire cosi'.
Prendo la borsa per cambiarmi e mi accorgo che, da un angolo del fondo, trasuda attraverso la tela una sostanza umida e appiccicosa. Immergo la mano attraverso il contenuto variegato della borsa fino a raggiungere il fondo, dove riconosco i resti disintegrati della banana che mi ero portato per colazione. Tiro fuori la buccia praticamente vuota. Tutto il resto è spalmato all'interno. Pezzettini di banana anneriti sono spiaccicati quasi ovunque, compresi i vestiti di ricambio e l'asciugamano. Stacco il grosso ma, sull'asciugamano bianco restano grandi macchie nere. Sembra merda e per farla notare meno, la indosso con nonchalance mentre vado a fare la doccia. Non c'è fila. La doccia è gelida ma la sento benefica per i muscoli e le articolazioni martoriate. Scopro di avere, nella piega del sedere, aghetti di pino e altre varietà di sottobosco, ricordo della sosta nel boschetto. Un'asciugata al profumo di banana, e sono pronto ad infilarmi fra i VIP per assistere allo spettacolo finale. Quasi pronto. È dal mattino, prima della gara, che non faccio una bella pisciata.
Davanti al bagno femminile c'è coda, mentre in quello maschile si entra subito. Appena dentro capisco perché: non ci sono i classici orinatoi individuali. C'è un muro e una fila di uomini, spalla a spalla di fronte ad esso. Mi infilo nello spazio più largo. Prima ancora di iniziare la minzione, comincio a sentire goccioline sui piedi. Sicuramente non è roba mia! Sarà del mio vicino di destra o di quello di sinistra? Probabilmente un misto. Provo ad arretrare ma non serve: è impossibile evitare gli schizzi che rimbalzano dalle piastrelle della parete. Mi guardo intorno. Sono l'unico con i sandali senza calze e finalmente capisco perché i tedeschi maschi indossano sempre i calzini.
Ecco. Ora, ricoperto di gloria, banana e piscio, sono proprio pronto. 

giovedì 23 luglio 2015

Roth - la corsa


Trans 2 – time 4:53, place 1526

Nel naufragio degli ultimi chilometri della frazione di bici, avevo come riferimento un ciclista in maglia gialla; non era Froome, ma l'unico che si lasciasse avvicinare da me. La vista offuscata dalla stanchezza non mi aveva fatto riconoscere l'amico Davide e solo dopo essere sceso di sella a mezzo metro da lui, l'ho riconosciuto. Mi sono stupito di vedermelo accanto; l'ultima volta che eravamo usciti in bici insieme era più in forma di me e anche se era partito 10 minuti dopo, pensavo fosse molto più avanti. Ma questa gara è troppo lunga da prevedere. Zoppicando verso il tendone, scambiamo 2 parole, solo due che siamo entrambi esausti.
La volontaria mi chiede se voglio una spalmata di crema solare. Ecco, sto morendo e mi offre l'estrema unzione … non è ancora giunta la mia ora e la rifiuto. Mi siedo. Ho comprato i lacci elastici per calzare più velocemente le scarpe da corsa, ma le indosso con estrema lentezza. Ho i piedi ancora in fiamme e non ho fretta di alzarmi, anzi! La volontaria mi guarda preoccupata aspettando di raccogliere le mie cose. Mi vede così lento che mi chiede se vada tutto bene. Sono stanco, rispondo. Finalmente mi alzo, le chiedo acqua per sciacquarmi le mani ancora impiastrate di gel e cammino verso l'uscita della zona cambio. Provo due passi di corsa, torno a camminare ma appena uscito dalla zona cambio riprendo a correre.

Run – time 3:35:42, place 218

Foto di Antonella Frau
Mi sono bastati 100 metri per sciogliere i piedi, altri 100 per schiena e cosce ed eccomi rinato. Riesco a spingere bene senza eccessivo sforzo ma … dov'è finita la stanchezza, lo sfinimento, dove sono i dolori insopportabili di poco fa? Sparito tutto. Merito del DNA? Forse. Di sicuro ho un altro passo rispetto a tutti quelli intorno a me che supero con facilità. Raggiungo presto Davide che si era avvantaggiato nel cambio ma neanche lui, che pure è un runner di livello pari al mio, riesce a seguirmi. Non ho strumenti di misura e devo controllare la respirazione per evitare di spingere troppo. Ho paura che vada come la frazione di bici: divertimento fino a metà e poi sofferenza. Intanto però mi diverto. Nonostante il caldo, i chilometri passano veloci. Il numeroso pubblico apprezza il mio passo sciolto e il mio nome straniero e ricevo moltissimi incitamenti; fanno sempre piacere, ancor più ora che li merito e li sento miei personali. Ogni due chilometri circa c'è un ristoro, spugne fresche, bibite varie, frutta e dolci. Rallento, bevo qualcosa e in pochi secondi riparto. Il percorso raggiunge il canale, una stretta pista sterrata da percorrere a “bastone” su cui si incrociano gli atleti che corrono in direzione opposta. Sporadiche nuvole offrono qualche istante di sollievo dal caldo. Sento un dolorino dietro la coscia destra, come una piccola contrattura, ma le gambe continuano a spingere bene; i pochi che mi superano sono tutti staffettisti. Intorno al decimo chilometro, comincia però a farmi male la pancia. Ogni passo fa sobbalzare dolorosamente l'intestino. I professionisti cagano nel body senza fermarsi. I semi-professionisti si fermano sul bordo del percorso di gara e non si puliscono. Io che sono un dilettante ho bisogno di privacy e comfort. Dopo il ristoro del dodicesimo chilometro per fortuna vedo un bagno chimico subito fuori dal percorso di gara. Mi infilo dentro, goffamente sfilo il body facendo cadere le cose che avevo in tasca, le raccolgo con un certo disgusto, mi siedo, produco, faccio un altro tentativo ma mi mancano le parole crociate … mi pulisco, mi rialzo, mi rivesto e dopo oltre due minuti sono fuori. Riparto e, con grande sollievo non sento più dolore: mi sento rinato per la terza volta. Nei paesi, oltre ai ristori ufficiali, ci sono bimbetti che offrono spugne imbevute d'acqua per rinfrescarsi. Raccolgono da terra quelle usate e le ributtano nell'acqua. È comunque un piacere prenderle dalle loro manine guardando le loro espressioni serie serie. Fra le centinaia di “Super Lorenzo”, ne sento qualcuno particolarmente acceso e riconosco, in diversi punti del percorso, i vari componenti della famiglia che ci ha ospitato. Li saluto con gioia. Sono contento che vedano quanto sono bravo. Non dura tantissimo però e intorno al ventiquattresimo mi devo fermare di nuovo. Questa volta non ci sono bagni chimici e devo trovarmi un cantuccio riservato nel boschetto che si arrampica a lato del canale. Non è comodo. La posizione accovacciata sul ripido pendio mi fa venire anche un crampo alla coscia. Inutile dire che le cose che avevo in tasca cadono di nuovo. Esco dal boschetto dopo 3-4 minuti in condizioni migliori ma non perfette: un po' di fastidio è rimasto. La stanchezza comincia a farsi sentire e ai ristori non so bene cosa prendere per non irritare ulteriormente l'intestino. Per provare qualcosa di solido metto in bocca un pezzo di torta di riso. È una specie di gnocco di cemento, immasticabile – altro che ciccioneddas. Forse avrei dovuto sputarlo, invece mi sono impegnato in una faticosissima operazione di masticazione che è durata almeno un chilometro prima del deglutimento. Inghiottito il mostro riprendo a correre ad un buon ritmo. Mancano poco più di dieci km. Comincio a sentire, ad ogni passo, il rumore dell'intestino che rimbalza nella pancia pieno di liquidi ma il malessere è sopportabile e sapere il traguardo sempre più vicino me lo rende più leggero. In leggera discesa, si torna verso Roth, incrociando atleti che hanno iniziato a correre da poco. Finalmente incrocio Andrea. Per un attimo penso che anche lui sia appena partito per la corsa: “che ci fai tu lì?” Gli chiedo. “Come, che ci faccio ...”. Capisco subito che in realtà era davanti a me, lui invece si confonde e dovrà chiedere a due persone per rassicurarsi di non aver sbagliato. Non pensavo di metterlo in crisi. Ultimi tre chilometri. Ormai è fatta. Prima del traguardo però c'è ancora il caratteristico giro della piazza, lungo i tavoloni dove il pubblico beve birra e applaude. Sento addosso tutta la stanchezza e le energie ridotte al lumicino a causa dei problemi digestivi. Ne ho ancora però per allungare il passo e fare un ingresso trionfale nello stadio; il giro di pista è troppo corto o io sono troppo veloce e arrivo al traguardo con la sensazione di non essermelo gustato appieno. Alzo gli occhi al cronometro ma sta scandendo i tempi di altri atleti appena arrivati. Alzo le braccia ma non vedo il fotografo; cerco con gli occhi Andrea, ma si è già spostato. Mi siedo, bevo una birra ma è analcolica, cerco invano di inghiottire il dolcetto offerto all'arrivo e comincio a tremare.