giovedì 30 ottobre 2014

Forte Village Triathlon - seconda parte

Bellissima gara, dicevo.

Nuoto.
Quest'anno siamo molti più dell'anno scorso. Staffette comprese, siamo quasi 400 in spiaggia alla partenza del medio. E alla sirena del via è subito ressa: colpi, corpi che si accavallano … bellissimo! Avere qualcuno dietro che mi si attacca alle gambe mi assicura che non sono ultimo e investire qualcuno davanti mi fa pensare che sto andando veloce. Le boe sono poco visibili da lontano. Molti vanno a naso, altri li seguono e il gruppo si allarga. Avvicinandosi alle boe, finalmente tutti le vedono e convergono verso quell'unico punto generando sempre belle ammucchiate. Nuotatori da tutte le parti! Mi sembra di essere nella pancia del gruppo, forse più dalle parti del colon ma pur sempre nella pancia: stai a vedere che ho imparato a nuotare! All'uscita del primo giro guardo il suunto per avere conferma e leggo “9.04”; cerco invano di interpretare quei numeri, forse sono le coordinate spaziali, forse è l'ora “solare” della partenza, forse dovrei schiacciare qualche tasto ma quale dei 5? Devo già rituffarmi per il secondo giro senza aver capito niente. Si nuota bene, il mare è quasi piatto, l'acqua è trasparente e tiepida. Le boe si nascondono di nuovo davanti al sole ma poi fanno cucù e ricompaiono non troppo lontane da dove le immaginavo. Finalmente, dopo l'ultima boa, mi dirigo verso l'arco che porta alla zona cambio. Come sempre, quando nuoto veloce, mi sento un po' in debito d'ossigeno. Dopo ogni respirazione, sento il sangue che si svuota progressivamente d'ossigeno e con la respirazione successiva non riesco a ricaricarlo completamente. È solo un leggero disagio ma sono contento che sia finita. All'uscita il suunto dice sempre “9.04”; finalmente mi volto e vedo poche teste, meno di 50. Mi rendo conto allora che per ognuno che ho lasciato dietro ne ho dieci davanti e l'alta densità di corpi non era dovuta al fatto che io fossi particolarmente veloce ma solo al gran numero di partenti. Non ero nella pancia del gruppo insomma ma solo in uno stronzetto di nuotatori lenti uscito dal didietro della pancia del gruppo … ummm. Pazienza, era comunque tutto previsto: la mia bellissima gara comincia ora.

Bici.
Dopo aver schiacciato ben bene il tasto superiore destro del suunto e atteso che sul monitor comparisse la scritta “ciclismo” ho la conferma che la prossima frazione è quella di bici e posso partire. Poco dopo lo guardo ancora per avere riferimenti e mi dice “23”. Sto andando almeno a 30km all'ora. Forse sono miglia. No, ora capisco, è la temperatura. Un riferimento importantissimo per capire come impostare il climatizzatore; forse avrei dovuto studiare meglio i settaggi prima di partire. Lo guardo ancora: ora indica “12” poi “11” … cos'è, un'ondata di gelo? No, forse è la quota! Devo stare attento a mettere il boccaglio quando i numeri diventano negativi. Ecco, è cambiato ancora e ora dice “144”. Finalmente un'informazione utile, questi sono sicuramente i battiti al minuto. Un po' troppi per me in pianura. Preso dalla foga dei sorpassi e dall'impegno cerebrale per interpretare quei numeri, stavo rischiando di cuocermi ancora prima delle salite. Rallento un po' e mi assesto sotto i 140 battiti in pianura con licenza di sforare fino a quasi 150 in salita.
Supero moltissimi concorrenti. Ogni tanto però vengo anche superato. Allora cerco di memorizzare il numero di pettorale e accendo il radar. Alla prossima salita lo cerco e gli rendo il favore. Nessuno mi sfugge. Con il numero 238 sarà un continuo di sorpassi e controsorpassi lungo tutti i saliscendi della costa. Prima, in un tratto a bastone lungo 5 km, posso osservare all'andata chi mi è davanti e al ritorno quelli dietro. Non riconosco quasi nessuno. Vedo però con disappunto che molti, soprattutto davanti, sono organizzati in gruppetti contravvenendo il divieto di scia. Fra i primissimi ne vedo due che si danno i cambi. Poi riconosco Massimo Argiolas, molto forte nella bici, che ne ha un paio appiccicati alla ruota. Poi vedo Francesco, tutto solo e poco dietro un gruppone di 8-10 ciclisti. In quei 5 chilometri mi rendo conto che ne ho molti più di 100 davanti. Se vanno così in gruppo sarà impossibile recuperare terreno. Rientrando però ne incrocio quasi altrettanti già superati. Comincio a sentire un po' di stanchezza. In pianura faccio fatica a superare i 130 battiti al minuto e i muscoli sono dolenti. Sono un po' preoccupato per la frazione di corsa anche se le esperienze passate mi dicono che in T2 rinascerò nuovo e farò una bellissima gara.
Corsa.
Ci metto un po' a rinascere. Lungo tutto il primo km fatico ad ingranare e sento uno dietro che mi sta per raggiungere. Non sia mai, non accetto più sorpassi; non voglio polvere a sporcare questa gara. Aumento gradualmente l'andatura e finalmente si stacca. Il percorso di gara si snoda lungo una linea da fare due volte avanti e indietro; in tal modo, prima o poi, si incrociano tutti gli altri atleti. Comincio a puntare i miei obiettivi. Vedo Roberto Piroddi, che l'anno scorso ha vinto la mia categoria, ma ha almeno 5 km di distacco e un buon passo. Obiettivo impossibile, ci vorrebbe un terra-aria. Vedo Roberto Moro che cammina. Problemi? Solo stanchezza, mi dice. Anche Massimo Argiolas lo vedo in crisi. Poi incrocio un paio di atleti della mia categoria: Alessandro Taddeo di “due ruote” e Corrado Cicalò dell'INFN che dirige un laboratorio di fisica a cui partecipa mio figlio Martino; hanno 2-3 km di vantaggio e non sono velocissimi. Imposto il puntatore automatico. Ecco Francesco a 2 km anche lui corre bene ma ha l'aria un po' sofferente. Al primo giro di boa, poco oltre il km 5, al ristoro della Red Bull sento “no one knows” dei “QOTSA” a tutto volume. Se avessi dovuto scegliere una canzone per darmi la carica forse avrei scelto proprio quella. Bevo anche la Red Bull schifosetta ma freschissima e stimolante. Sono carico al massimo. Controllo Samuel, dietro di me, non è lontano. Sto andando più veloce di tutti quelli intorno a me ma sento che sto tirando i muscoli al limite. I 60km di polvere di Macomer sono ancora lì. Sono stanco ma non mi posso rilassare, sono in gara e devo dare tutto.
Guardo il suunto “27”, comincia a fare caldo, forse dovrei aprire il finestrino o accendere l'aria condizionata … “4'00” ecco, non sto correndo piano, “151” ops spero di arrivare in fondo … . Piano piano raggiungo Teo, oggi staffettista. Ricordo che a maggio mi aveva battuto al Sardinia trail e al passatore mi aveva superato e si era ritirato più avanti di me. Oggi invece, nonostante io abbia nuotato e pedalato e lui no, sono io più veloce. Mi sento fortissimo e lui mi incoraggia molto calorosamente.
Altro incrocio. Davanti sono più vicini ma non sono sicuro di riuscire a raggiungerli. Vorrei forzare ma ho paura dei crampi. Devo avere pazienza. Finalmente arrivano gli ultimi 5 km: è ora di chiudere questo lavoro perfetto. Mollo le briglie e supero prima Francesco, poi Corrado e infine Alessandro. L'ultimo chilometro si fa di adrenalina, i muscoli per fortuna non servono più. Un ultimo sorpasso all'interno del grande campo da calcio dov'è assiepato il pubblico e finalmente passo il traguardo.
Sono contentissimo e, a parte i muscoli delle gambe sull'orlo del crampo, non sto male. Tolgo scarpe e calze e mi piazzo su un puff a massaggiarmi le gambe e godermi le sensazioni, il dolce sfinimento, il sole sulla pelle. Per almeno mezzora non mi alzo e in quella posizione accolgo in udienza chi vuole venire a farmi visita.
Provo a premere i pulsanti del suunto cercando di vedere il tempo complessivo, ma compare solo un numero strano, forse “77”. Quando Marieddu mi aveva offerto di portare il suunto come cavia, credevo che l'oggetto dell'esperimento fosse il funzionamento di quel prezioso gingillo, poi invece ho capito che la cavia ero io e si voleva misurare il QI di una persona durante una competizione. Beh, dai, sono risultato solo un po' ritardato.


I dati li vedrò solo il giorno dopo: 4h55 di gara e 43a posizione in una gara che, almeno per i primi 20, era di livello internazionale. 1h26'01 nella mezza e 14o di frazione con 15 professionisti in gara. Dai: alla soglia dei 50 anni, me la cavo ancora.

martedì 28 ottobre 2014

Forte Village Triathlon - prima parte

È andata bene, anzi, benissimo direi: 4h55 di tempo totale, 1h26'01 nella mezza, 43a posizione finale in una gara che, almeno per i primi 10-15, era di livello internazionale. Come da “preview” ho sciacquato la polvere di Macomer nella gloria e ho anche rispettato quasi esattamente il copione previsto. Sono andato solo un po' troppo veloce. Non ho superato Francesco allo sprint ma a ben 4 km dal traguardo, Pensavo di passare Samuel nella corsa e invece l'ho superato sull'ultima salita della frazione di bici e Mario, anziché in bici, l'ho passato nella prima zona cambio! In tutta la mia carriera di triatleta, non avevo ancora mai superato nessuno in zona cambio. Sono talmente lento e imbranato, che i giudici si trattengono a stento dall'aiutarmi a togliere la muta o ad allacciarmi le scarpe. Questa volta, per esempio, avevo indossato il pettorale al contrario e solo dopo qualche tentativo imbarazzante di raddrizzarlo a forza, mi sono reso conto che dovevo necessariamente sfilarlo e ri-infilarlo nell'altro verso. Sembrerebbe impossibile fare peggio eppure, incredibilmente, Mario, uscito dall'acqua 8 secondi prima di me, è riuscito ad impiegare 10 secondi in più dei miei disastrosi 3'33 ed è salito in bici 2 secondi dopo. L'altra cosa strana è che non ci siamo visti … probabilmente in acqua ci siamo anche scambiati bracciate e gambate ma senza riconoscerci, altrimenti avremmo affondato i colpi.
Gli altri due li ho visti bene, invece. Ho riconosciuto Samuel, dal graditissimo “maledetto!” che mi ha lanciato mentre lo superavo. Francesco invece l'ho riconosciuto da dietro ed ero così felice di vederlo che l'ho salutato con entusiasmo ma lui, un po' meno felice, non ha risposto, nemmeno con una smorfia o un insulto: sembrava in trance.
Ma andiamo con ordine.

Sabato pomeriggio si comincia con ritiro pacco gara, consegna bici, briefing, pasta party, amici, tutto bello, buono e abbondante. Intanto Mario mi consegna, in prova, il “suunto” promesso: un gioiellino da 600 euro con GPS, cardiofrequenzimetro, barometro, bussola, computer. Breve briefing anche per quello: faccio sì sì con la testa per sembrare intelligente e memorizzo un paio di operazioni che mi sembrano sufficienti ripromettendomi di passare la notte a provarlo.
Metto la sveglia alle 6 e 30 perché domani scatterà l'ora legale e saranno le 5 e 30. A meno che la sveglia non sia così intelligente da regolarsi da sola e allora sarebbero le 6 e 30 e arriverei in ritardo … insomma passo una mezz'oretta in una sfida di intelligenza con un orologio. Sfiancato ma vittorioso come Kasparov dopo la sfida con Karpov, vado finalmente a dormire.

Domenica mattina arrivo verso le 6.30 al grande parcheggio allestito a poche centinaia di metri dal Forte Village e, con calma, mi appresto a mettere le scarpe da corsa nell'area di transizione “T2” e preparare la bici in “T1”.
Il tempo passa e molti intorno a me corrono affannati. Io sono tranquillo anche, se scendendo alla T1 manca poco alle 7.15, orario di chiusura della zona cambio. In mano ho due grandi sacchetti con tutte le cose che mi possono servire durante la gara, prima (pompa per gonfiare le gomme della bici) e dopo (vestiti asciutti). Fuori dalle borse tengo il pettorale che dev'essere mostrato per entrare in zona cambio. Mancano meno di dieci minuti alla chiusura e sono in fila davanti all'ingresso quando sento che per entrare bisogna mostrare anche la cavigliera con il chip elettronico. Comincio a frugare nelle borse e, quasi subito, perdo la mia calma glaciale. Dove l'ho messa? Era nello zainetto ma lo zainetto qui non c'è, devo averla tirata fuori prima di lasciare lo zainetto in macchina. Comincio ad essere davvero agitato. Vuoto le borse ma non trovo la cavigliera da nessuna parte. È sicuramente troppo tardi per tornare alla macchina a cercare nello zaino e comincio a pensare al peggio. Per un istante mi immagino desolatamente solo, seduto sul prato, mentre gli altri partono per la gara e dal panico sto passando alla rassegnazione ma mi sembra troppo stupido perdere il divertimento, i soldi, gli allenamenti, per una distrazione. E allora, con un ultimo terribile sforzo di astrazione, mi rendo conto di avere lo zainetto sulle spalle e, dentro, trovo subito la cavigliera. Ecco. Il peggio è passato. Sono già in ritardo ma, per fortuna, mi lasciano sistemare tutto quasi con calma ed esco dalla zona cambio ormai quasi deserta. Ora so che farò una bellissima gara.
(segue)

sabato 25 ottobre 2014

Triathlon medio Challenge Forte Village – Preview

Per uscire dalla polvere, non basta passare uno straccetto umido. La polvere di Macomer era talmente sottile che mi ha compenetrato come un vecchio cuscino. Doccia dopo doccia, in questa settimana il colore della pelle sta tornando gradualmente alla normalità. Quasi tutto. Le unghie dei piedi, prima mimetizzate perfettamente nel gran nerume ora spiccano e sembrano smaltate di nero. Poi c'è l'acido lattico in polvere che ricopre ancora le fibre muscolari. La polvere metaforica è ancora peggio: mi ha ricoperto l'animo ed è piena di acari metaforici a cui sono profondamente allergico. Non si riesce ad espellerla dal sedere, inutile anche chiamare l'esorcista: l'unico modo per uscirne è sciacquarsi nella gloria.
Domenica ne avrò l'occasione.
Sembra che nel mare non ci sia polvere. Userò allora il mio solito trucco di lasciare andare via quasi tutti, tenendomi dietro solo pensionati e casalinghe – non certo i super pensionati e le mega casalinghe con i muscoli luccicanti, quelli li lascio andare – tengo dietro solo veri e propri vecchietti con tanto di bastone e casalinghe con il grembiule muccato. In tal modo, all'uscita della T1 tutti quelli con un minimo di preparazione saranno davanti a me e così sarà impossibile per loro superarmi! Geniale, vero? E mi basterà far girare i pedali per superare qualcuno e durante il sorpasso, scrollare il cervello dalla polvere. Poi, libero dalla polvere, rimontare come un rutto acido superando prima Marieddu poi Samuel e, allo sprint, Francesco. 

Non vedo l'ora!

mercoledì 22 ottobre 2014

Macomer – Mangiando la polvere della Sardinia Ultramarathon

Non vedo l'ora che arrivi il momento di partire.

La notte in camerata è passata fra qualche piccolo ronfo sparso (mancava l'ingegnere del suono Checco a dirigere l'orchestra dei tromboni) e i segnali di disagio trasmessi dal mio stomaco. Mi giro nel letto in cerca di una posizione che mi faccia sentire a mio agio e addormentare. Dopo i primi 360 gradi, ho esplorato tutto l'universo delle posizioni possibili e sono ritornato alla posizione di partenza ma, non ancora soddisfatto, riparto per un altro giro sperando vanamente di trovare qualcosa di diverso. E giro ancora. Dopo qualcosa che somiglia ad un 10mila in pista finalmente mi fermo. Mi alzo, esco silenziosamente dalla camerata calpestando roba molle nel buio pesto e mi metto davanti al grande camino acceso del salone. Comincio a massaggiare lo stomaco alternando movimenti sussultori a movimenti ondulatori lenti. Ogni tanto una bolla di gas esce trascinandosi dietro, fino quasi in gola, una scia acida. Mi aggiro per il salone e per la cucina adiacente alla ricerca di bicarbonato. Lo trovo solo di mattina nella mia borsa. Sciolgo la polvere in una bottiglietta d'acqua e l'ingerisco. Non lo sapevo ancora, ma quel giorno ne avrei mangiata tanta altra di polvere.

La mattina non vedo l'ora di partire per completare la digestione e per rivivere l'esperienza di questa gara che ricordo fantastica.
Arrivano Benedetto con la sua tendinite bilaterale a tutti e due gli “Achilli" e Checco in bici con la sua frattura in più risme della falange distale del primo raggio, Gianni reduce dalla 40 km di Baunei e Teo che aveva corso la 80 km ma che oggi non parte.
Compare anche Gianni Goseli, l'antilope di Nuoro. Ieri non era sicuro di partecipare ma poi si è deciso. Ora so che dovrò guardarmi soprattutto da lui (ieri un solo minuto dietro di me) e dal suo compagno di squadra dell'“amatori Nuoro” Ettore Marotto (ieri a 2 minuti). C'è anche Sergio Piga, molto forte in questo tipo di gare ma che, avendo saltato la gara di ieri, non è in classifica per la combinata.
La mia tattica è semplice: lasciare andare Calcaterra e Pajusco (eventualmente anche Piga) e puntare al terzo posto controllando i due nuoresi. Un podio con Calcaterra e Pajusco sarebbe un'enorme soddisfazione, come quello di due anni prima con Calcaterra e Trentadue.
E alla partenza, come previsto, Giorgio e Marco aumentano gradualmente l'andatura e se ne vanno. Come previsto mi trovo con Gianni, Ettore e Sergio. Con noi, per un po', anche Stefano Ciccarese e Pietro Casula. Sento un'imprecazione e Stefano sparisce. Dopo metà del primo giro anche Pietro sparisce all'indietro. Il prossimo sono io, lo so bene. Non reagisco agli attacchi di Gianni in salita e poi di Ettore e approfitto dei ristori e delle discese per riportarmi su di loro. Ma sono sempre un po' dietro e la polvere sollevata dai tre davanti mi comincia a coprire come un vecchio soprammobile.
La polvere dicevo. Terra seccata dalla siccità, frantumata e arricchita di sostanze organiche dal passaggio del bestiame, trasformata in una finissima polvere color marrone scuro che copre una buona metà del percorso arrivando in molti punti anche a 10-20 cm di profondità. Qui la scarpa sprofonda sotto la polvere e quando alzo il piede sento i granelli finissimi che attraversano le scarpe e le spesse calze fino ad penetrare in profondità nei pori della pelle. Il resto si solleva in una nuvola nera che, come scuro borotalco, asciuga occhi e bocca.
Alla fine del primo giro
Faccio fatica. I piedi sono troppo stretti nelle scarpe e cominciano a dolere martoriati anche dallo sfregare della polvere. Ho l'impressione che la polvere sia penetrata fin dentro ai muscoli delle cosce tanto li sento asciutti e rigidi. Alla fine del primo giro di 30 km sono ancora a contatto con i tre in lotta per l'ultimo gradino del podio e pur avendo l'occasione di cambiare le scarpe, preferisco tirare avanti per non perdere del tutto il treno. Serve a poco e di lì a poco mi staccano definitivamente. 
Anche quando, rimasto solo, non vedo più il gruppo davanti, per un po' ne vedo la polvere che resta sollevata nell'aria finché il vento non si decide a spazzarla via.
E poi non vedo neanche più quella e un po' mi manca.
La polvere da reale si fa metaforica.
Quanta ne ho mangiata.

Mi ci sono volute ben 7 birre per sciacquare la bocca

lunedì 20 ottobre 2014

Macomer, Corsa verde 21km - prologo della Sardinia Ultramarathon

Ormai, dopo 5 anni, viene quasi da dare per scontata l'ospitalità magnifica e generosa, i pasti sontuosi, la birra gratuita e senza fine, le brande preparate per la notte, l'enorme camino, la cortesia e disponibilità costante di tutti. Ho detto a Norma, “sto facendo come se fossi a casa mia” e mi ha risposto “sei a casa tua”. Mi dispiace per Baunei ma non avevo scelta, sono tornato e tornerò ancora alla mia casa di Macomer.
Dal ritrovo pre-gara fino a notte, l'argomento del giorno è la gara che si svolge poco distante, sul supramonte di Baunei, un ultratrail di 80km a cui molti amici stanno partecipando e a cui, la sciagurata scelta di data ha impedito a molti dei presenti di partecipare. Io sono fra quelli che, vista la coincidenza, ha scelto con il cuore e con lo stomaco di tornare a Macomer, anche se fra i neuroni più audaci aleggiava il sogno di essere lì a volare fra il mare e le magnifiche rocce del Supramonte. Francesco, Teo, Gianni, Flavio, Paola, Stefano sono di là e mentre siamo seduti a tavola a banchettare, li ammiriamo con un velo di invidia mista a compassione e aspettiamo curiosi notizie.
Alla partenza, Calcaterra e Pajusco sono gia' in testa
Dopo la vittoria della settimana scorsa, il mio buon momento di forma pare confermato qui a Macomer. Dopo i primi 2-3 chilometri, la prima discesa e la prima salita, mi trovo insieme ad altri 2 atleti e davanti sono solo in 3: il campione Giorgio Calcaterra, anche lui di casa qui a Macomer, Marco Pajusco e Vincenzo Tanca, tutti e tre di un'altra categoria rispetto a noi e ormai irraggiungibili. Non conosco i miei compagni occasionali, so che domani non devono gareggiare ma uno dei due sembra della mia categoria e lo voglio controllare. Nelle salite sembra un po' più forte e ci stacca ma nelle discese lo raggiungiamo. A 4 chilometri dalla fine Su una discesa in buono sterrato veloce accelero un po' e, con mia sorpresa, stacco entrambi ma subito dopo mi si slaccia una scarpa. Non posso certo continuare così fino al traguardo, manca troppo. Per non perdere lo slancio, decido allora di fermarmi ad allacciarla dopo la curva che immette nell'ultima salita ripida. Nei 15 secondi che impiego a farmi un doppio nodo e ripartire mi superano e staccano entrambi. Mi metto un po' d'impegno e li supero di nuovo facilmente.
Sulla scaletta che porta in cima al monte
Evidentemente cominciavano ad essere in crisi. Ogni tanto pensavo che mi sarei dovuto risparmiare per la gara dell'indomani ma le dinamiche di gara mi divertivano facendomi pensare ad altro. Solo nell'ultima discesa, essendo ormai solo, non ho forzato troppo. Neanche troppo poco, però, perché il tempo di oggi si sommerà a quello di domani e so che dietro c'è gente pericolosa. Arrivo in quarta posizione e primo di categoria in 1h27; 5 minuti in meno dell'anno scorso e solo 2 in più dell'1h25 che è il mio record su questa corsa.
Ero molto contento. La forma pareva buona e mi faceva pensare con ottimismo al giorno dopo. Arrivare quarto poi è una posizione di tutto rispetto che mi metteva quasi al sicuro nella sfida a distanza con gli amici a Baunei. Inoltre, sapendo che Tanca non avrebbe partecipato alla gara dell'indomani mi dava una buona prospettiva di raggiungere il podio nella combinata. Un piccolo problema però l'ho avuto: pur sapendo cosa mi aspettava, non avevo allenato abbastanza lo stomaco. Il bis di malloreddus e le 3 portate di carne avrebbero richiesto delle ripetute di preparazione specifiche e infatti lo stomaco ha cominciato ad accusare segni di stanchezza. Ho pensato di chiedere alla massaggiatrice che era lì a curare le gambe dei podisti di farmi un massaggio allo stomaco, specificando che era, fra i miei muscoli, il più affaticato. Non ho avuto il coraggio anche se, a posteriori, considerando l'automassaggio che mi son dovuto praticare la notte, sarebbe stata una buona idea.
Ora si fa dura!
Come tutte le altre volte, ho scelto di farmi una passeggiatina digestiva nel bellissimo bosco fra lecci secolari, tombe dei giganti sovrastate da fichi rigogliosi, sorgenti, salendo scalinate di pietra fino ad arrivare al tavolone in pietra sul quale, come altre volte, mi sono sdraiato ad ascoltare il ruscellare dell'acqua, i canti degli uccelli e il suono delle ghiande che cadono sul fogliame e, aprendo gli occhi, a guardare l'intreccio di rami che orna il cielo, sempre più scuro. Ormai è ora di rientrare per cena e i propositi di digiuno svaniscono alla sola vista del cibo.

Cominciano ad arrivare notizie da Baunei. Stefano si è ritirato, Teo forse si è perso no, per fortuna non si è perso, la grande Paoletta ha vinto, e Francesco? “E' stata durissima! Sono arrivato terzo”. “Io quarto. Maledetto, mi hai battuto anche questa volta!”

giovedì 16 ottobre 2014

50 ragioni per fare sport. 10 – Per conoscere il corpo umano.

Se non fate sport, guardando i bozzi che spuntano da quel vostro mucchietto di membra buttato lì sul divano, riuscireste a malapena a distinguere un gomito da un ginocchio. Sicuramente ignorereste l'esistenza della “bandelletta ileotibiale” e di tante altre cosine meravigliose che riempiono il nostro corpo.
Intendiamoci: non è che quando cominciate a fare sport, all'improvviso vi appare una luce e imparate tutto. No. Uno ad uno i vostri pezzetti di corpo si presenteranno a voi con un dito alzato a dire “io esisto”. Se li ignorate, ritornano con uno squillo di tromba e allora o li considerate seriamente oppure vi costringono a rinunciare allo sport e tornerete ad essere un mucchietto di membra ignoranti. Se invece li considerate, li cercate su wikipedia e li chiamate per nome e cognome, si sentiranno soddisfatti e, gratificati da tante attenzioni, vi lasceranno in pace.

Nome e cognome: Valvola mitralica, tendine calcaneale, periostio tibiale, aponeurosi plantare e tanti altri. Li ho imparati tutti senza sezionare cadaveri o studiare tomi enormi; si sono presentati da soli.

martedì 14 ottobre 2014

Il buffettino di Is Arenas

Micro-buffet "Is Arenas" -  Narbolia (OR)

Menù classico dei buffet post gara ma presentato in una fantascientifica variante miniaturizzata, forse brevettata per il prossimo viaggio su Marte degli astronauti formica.

La vostra barbie apprezzerà

Voi, un po' meno

Rapporto qualità prezzo: mediocre

Bilancio calorie ingerite - calorie consumate: calorie ingerite??

Giudizio sintetico: un antimaiale

Ultimo assaggio 12/10/14

Dopo una gara rigogliosa, bella, abbondante, varia e gustosa, in una “location” 5 stelle immersa in una natura di gran lusso, ci si aspettava un buffet di buon livello. Invece ci hanno offerto un buffettino giocattolo, da bambole.
Quacuno si è preso la pena di contare le pennette e non ha dovuto faticare molto, erano 23. I bocconi di rostbeef li ho contati io e mi è bastata una mano. Poi c'era un microsandwich con i cateti lunghi 1.5cm e un rettangolino di torta salata di area equivalente.
Ho visto Barbie litigare con Sbrodolina per l'ultimo pezzetto di pane.
La qualità? Difficile valutarla: di solito si riesce a giudicare bene solo dopo che i primi bocconi hanno tamponato l'emergenza fame, ma qui dopo i primi bocconi il piatto era vuoto.
Per fortuna avevo ancora in bocca il gusto della vittoria. I dolci in premio, poi, non sono arrivati all'ora di cena.
Probabilmente avevano valutato male il numero delle persone e l'unica cosa che avevano in abbondanza e che non ci hanno fatto mancare erano i buoni pasto in vendita. Del resto, come si suol dire, un “buono pasto” non si nega a nessuno … ma non era un “buon pasto”? Ecco forse il problema: solo un piccolo refuso del traduttore automatico.


Consiglio finale: vinci, così il gusto della vittoria ti riempie la bocca e nei premi trovi qualcosa per sfamarti.

lunedì 13 ottobre 2014

Is Arenas trail running – Il gusto della vittoria



Corposo, rotondo, si accompagna con prosciutto stagionato, coppa e formaggio pecorino.
Se sai che molti atleti più forti di te non sono presenti e che anche il “te stesso” del passato ti avrebbe battuto facilmente, che gusto si prova a vincere?
Miele. È dolce, intenso e dal retrogusto durevole. Le consapevolezze menzionate qui sopra ti inibiscono l'orgasmo agonistico ma sapere che “ora e qui” sei il più forte ha comunque un buon sapore.
Al secondo chilometro, in testa ci sono tre atleti che, iscritti alla gara corta, devono fare un solo giro; li seguono, ormai a distanza, Alessandro con Magliabianca mentre io, superato Francesco, oggi un po' in affanno, li sto per raggiungere. Mi accorgo che i due davanti hanno sbagliato strada, li chiamo con un urlo e mi raggiungono quasi subito. Se non li avessi chiamati, avrei vinto più facilmente ma il gusto della vittoria sarebbe stato diverso: sempre dolciastro ma stucchevole e dal retrogusto amarognolo. I primi tre non mi hanno sentito e hanno perso 3 minuti per ritrovare il percorso senza più riuscire a recuperarli.
Bisogna avere occhio, non ci si deve distrarre. Occhio ai segni e alle trappole del terreno. Osservo i due che sono con me e vedo che faticano un po' a seguire i segni del percorso e non si trovano molto a loro agio su sabbia e aghi di pino. Alessandro lo conosco, so che è forte, Magliabianca no, ma vedo che ha un buon passo. Sulla salita ripida e sabbiosa sembra davvero brillante, io lo seguo col mio passo da salita, controllato, con lungo appoggio sul terreno e baricentro (detto anche culo) che sale senza balzi. Improvvisamente lui si mette a camminare e io, col mio passo strascicato, lo supero guadagnando un po' di terreno. Non mi lasciano andare però e, finita la salita, mi raggiungono nuovamente. Intorno all'ottavo km, in un tratto di discesa insidiosa, ripida e sabbiosa, supero Alessandro e mi butto giù sciolto e veloce. Sono di nuovo da solo e questa volta lo sarò fino all'arrivo. Poco dopo il percorso passa sulla spiaggia per 400 metri. Cerco il bagnasciuga ma è inclinato, molle e battuto dalle onde. Bisogna correre su sabbia asciutta. Un occhio al percorso, sono io che lo apro e devo scegliere le traiettorie migliori, un occhio al bellissimo mare e il terzo occhio rivolto all'indietro a guardare i concorrenti. I primi due non sono lontani e, più distante, vedo anche Francesco. Continuo a spingere e al dodicesimo chilometro, approfittando di un tratto “a bastone” all'inizio del secondo giro, controllo di nuovo la situazione. Ho almeno un minuto di vantaggio sui miei inseguitori. Vedo anche arrivare i primi della 12 km: Ho vinto anche quella! Il primo ha un paio di minuti di distacco e quindi, dopo i 3 minuti persi nello smarrimento iniziale, non mi ha recuperato quasi niente. Sto bene, so cosa mi aspetta e mi rilasso. È una bella sensazione. Nei 12 km che mancano posso godermi la bellezza dei posti e il divertimento offerto dalle innumerevoli sfumature del percorso. Devo solo stare attento a tenere un occhio sui nastri bianchi e rossi per non sbagliare strada. Al secondo passaggio sulla spiaggia, dietro di me non si vede nessuno. Comincio ad assaporare il gusto della vittoria: è energetico e analgesico e non fa sentire la fatica.
All'arrivo ho 5 minuti di vantaggio sul secondo, Francesco, anche lui a suo agio su questo tipo di terreno, che ha avuto la meglio su Alessandro e su Magliabianca che si è perso.
Premiazioni. Il gusto della vittoria, corposo e rotondo si accompagna con prosciutto stagionato, coppa e formaggio pecorino. Niente prosciutto, neanche stavolta, ma la coppa c'è. Non il salume purtroppo. O forse è meglio così. Non me l'aspettavo ma mi ha fatto piacere ricevere quell'inutile trofeo, l'ho sentito meritato e l'ho mostrato ai figli con orgoglio senile: forse sto diventando collezionista o forse solo vecchio.


Oggi, per premio, doppio riposo: un'oretta di bici su strada in pianura e una mezz'ora di nuotata tranquilla.

domenica 12 ottobre 2014

Riunione plenaria 2. Il ritorno

Grande successo per la seconda riunione del venerdì: abbiamo raddoppiato il numero di partecipanti e quadruplicato il numero di birre.
Il tavolino del bar kalendes era stipato al limite della capienza dei suoi 4 posti. Abbiamo salutato con un brindisi il nuovo certificato medico di Gavino, più sofferto di una maratona. Un sorso è andato giù anche per salutare la seconda vita del sito web, rianimato da Marco col defibrillatore. Altri sorsi hanno accompagnato gli interventi di Diego sulle attività giovanili e il resto è andato giù per non dimenticare la situazione della pista. Bere per non dimenticare. Il comune ci darà soldi e sostegno? La federazione ci farà fare le gare? Riusciremo a buttar giù dal divano i Capoterresi? Riusciremo a buttarli fuori dai bar? Quest'obiettivo si è meritato l'ultimo sorso.  

venerdì 10 ottobre 2014

Al sangue, medio o ben cotto?

Com'è il vostro controfiletto dopo l'allenamento?

La cottura disidrata la carne, scioglie i grassi e denatura le proteine. L'allenamento fa esattamente lo stesso. Ecco le istruzioni per cucinare i muscoli a vostro piacimento.
Dopo mezz'ora di allenamento, da ambo i lati, il muscolo è ancora succoso e mantiene la dimensione originale. Sentite un po' di stanchezza ma siete ancora abbastanza freschi e, al taglio, potete notare che siete “al sangue”.
Continuando l'allenamento per un'altra mezz'ora per lato, il muscolo comincia ad asciugarsi ed a contrarsi. Le fibre muscolari cominciano a deteriorarsi ma mantengono ancora una parvenza di struttura, e al dente, risultano ancora polpose. Siete allora a “cottura media”.
Se siete talmente stupidi da continuare l'allenamento, i microtraumi che si producono ogni volta che sbattete il piede a terra, finiscono di macinare le vostre fibre muscolari e il corpo affamato le mastica. Il muscolo diventa talmente contratto e disidratato che perde volume. Il profumo di arrosto che sentite nell'aria, proviene da voi. Vi sentite disidratati, sgrassati e denaturati nel profondo. Allora, aggiungete un pizzico di sale, una spolverata di pepe e siete “ben cotti”.
E si vede!


Io mi preferisco al sangue ma spesso mi distraggo e finisco ben cotto.

lunedì 6 ottobre 2014

La discesa di Perda Pertunta

Perda Pertunta è una strada che scende dagli 800 metri di punta Cresia fino alla piana di Pula a livello del mare.
Ecco come viene descritta:
A questo punto dovrete però affrontare con molta cautela (o a piedi) un primo tratto di discesa sassosa e molto ripida, con alcune profonde ondulazioni ortogonali, che la rendono davvero insidiosa. La discesa prosegue, sempre ripidissima, con un fondo sterrato che in alcuni tratti si fa sassoso, in un susseguirsi di tornanti molto stretti da affrontare con cautela (c'è il baratro). La guida è molto impegnativa e nulla vi impedisce, di tanto in tanto, di fermarvi un attimo a riposare e guardare il panorama, che è uno dei più belli e suggestivi che si possano ammirare in questa parte di Sardegna.
Da questa descrizione si evince che si tratta inequivocabilmente di una discesa ed infatti è sempre in questa direzione che l'ho affrontata: dall'alto verso il basso.
Non si può fare una discesa partendo dal punto più basso, sarebbe contro natura. Eppure in questo mondo perverso, c'è chi gode ad imboccare discese dal punto d'uscita compiendo un doloroso rituale sadomaso.
Venerdì scorso, Andrea mi ha invitato ad accompagnare l'imprenditore Matteo Marzotto, l'ex professionista Max Lelli e il nutrizionista della nazionale di ciclismo Iader Fabbri, in un giro in mountain bike. Il mio entusiasmo è scemato quando ho saputo che avrei dovuto accompagnarli su per quella discesa; è solo per la buona causa – raccogliere fondi per la ricerca per la lotta alla fibrosi cistica – che ho accettato.
Sono partito dietro a tutti per paura di infrangere il tabù; volevo prima vedere cosa sarebbe successo agli altri. E infatti ogni tanto la strada si ribellava facendo mancare aderenza alle ruote, riportando così il moto verso il basso, nella direzione naturale. Iader è rimasto vittima di una di queste trappole e per non finire in terra ha dovuto assecondare la strada scendendo in giù per un pezzetto. Poco dopo la strada si è rivoltata anche contro Matteo che la voleva rivoltare, rivoltandolo a sua volta con le gambe all'aria; è lotta dura, corpo a corpo. Si soffre, si suda, il cuore sembra scoppiare. Anche io sono dovuto scendere un paio di volte: la strada spingeva così forte contro la mia ruota che mi si è sganciato il pedale e mi son dovuto fermare.

Dopo tre chilometri di sfida continua, la strada è domata. Siamo finalmente arrivati su in cima, soddisfatti per il successo ma stanchi e sudati come chirurghi di Casablanca dopo un'operazione particolarmente complicata. Ce l'abbiamo fatta: l'abbiamo rovesciata. Ora è diventata la “salita di Perda Pertunta”.

venerdì 3 ottobre 2014

Riunione plenaria

Venerdì alle 19.15 al bar Kalendes di Capoterra, erano tutti – dirigenti, atleti, genitori anche i ragazzini, se volevano – invitati a parlare di atletica in generale e della società in particolare davanti ad un ichnusa.
Per fortuna Gavino è venuto. Ci siamo bevuti una birra chiacchierando amabilmente di pesca, atletica e di come migliorare la comunicazione e incentivare la partecipazione. 
Riunirmi da solo sarebbe stato un po' triste.   

giovedì 2 ottobre 2014

Almanacco del mese dopo – ottobre 2014

Finalmente si entra nel vivo, sperando di non uscirne nel morto. Questo dicevo a inizio maggio e poi sapete che fine ho fatto: a fine mese il passo era rigido e lento ed emanavo odore di carne putrefatta. La trasformazione in zombie, tipica del finale delle gare lunghe, invece di rientrare nei 2 o 3 giorni successivi alla fine del “sardinia trail”, sembrava irreversibile. Solo da poco son riuscito a far rientrare il mio zombie nella sua cuccia richiudendolo fra le sbarre della cassa toracica.
“Senti, quant'è carino, come scalcia!” Appoggiando la mano al petto, sento il piccolo che da colpi decisi a intervalli regolari. Forse vuole uscire, demonietto, ecco, ora batte più forte. Altro che prolasso mitralico. Era il mio zombie col fiatone che soffiava nello stettoscopio.
Ho dovuto promettergli di portarlo fuori regolarmente. Ogni volta che parlo di Macomer viene da me con il guinzaglio in bocca: non vede l'ora di uscire ancora e ad ottobre sarà accontentato abbondantemente …

Eventi

18-19 Macomer – Sardinia ultramarathon e ultrabuffet. Ormai è un appuntamento fisso. L'anno scorso l'avevo preparata in un mese per un problema al tendine di achille ed ero arrivato quinto. Quest'anno, in linea teorica, dovrei essermi allenato meglio. Puntiamo al podio allora?

26 Forte Village – Triathlon challenge
Potrei puntare al titolo di campione sardo nel triathlon medio. L'anno scorso arrivai secondo ma il primo aveva quasi un quarto d'ora di vantaggio.
Forse potrei cercare di andare più veloce e recuperare quei 15 minuti o forse, sarebbe più comodo per tutti e due, potrebbe rallentare lui.

Best of the past

Ottobre 2013. Qui nel blog si parla molto della gara di Macomer. Si parla molto anche di altro. Si parla proprio molto. Fanno la loro comparsa perfino i famigerati “elenchi”. Ecco un paio di esempi.

Fuori dalla zona di comfort l'aria è incondizionata, l'umidità può sfiorare il 90% ma devi continuare a respirare
Fuori dalla zona di comfort le poltrone sono tutte in legno e se ci stai seduto più di 10 minuti ti lasciano le strisce sulle natiche e sulla schiena
Fuori dalla zona di comfort il cellulare non prende
Fuori dalla zona di comfort non ci sono amici o familiari, c'è l'umanità nella sua meravigliosa e terribile varietà
Fuori dalla zona di comfort c'è la terra di mezzo

Il mio io velleitario si gode il trionfo e birra dopo birra, sempre più tronfio, ogni tanto dà una schiacciatina all'io saggio appiccicato sotto la scarpa.
I peli crescono, i fusti si svuotano, il sole si abbassa.
Le salsicce arrostiscono, le salsicce vengono mangiate, digerite e tutto quel che segue
L'acqua dello scaldabagno piano piano torna a scaldarsi, l'entropia aumenta, l'universo si espande
Ogni tanto, passando sotto l'arco gonfiabile, qualcuno arriva e si unisce a noi ad aspettare Benedetto.