È andata bene, anzi, benissimo direi:
4h55 di tempo totale, 1h26'01 nella mezza, 43a posizione
finale in una gara che, almeno per i primi 10-15, era di livello
internazionale. Come da “preview” ho sciacquato la polvere di
Macomer nella gloria e ho anche rispettato quasi esattamente il
copione previsto. Sono andato solo un po' troppo veloce. Non ho
superato Francesco allo sprint ma a ben 4 km dal traguardo, Pensavo
di passare Samuel nella corsa e invece l'ho superato sull'ultima
salita della frazione di bici e Mario, anziché in bici, l'ho passato
nella prima zona cambio! In tutta la mia carriera di triatleta, non
avevo ancora mai superato nessuno in zona cambio. Sono talmente lento
e imbranato, che i giudici si trattengono a stento dall'aiutarmi a
togliere la muta o
ad allacciarmi le scarpe.
Questa volta, per esempio, avevo
indossato il pettorale
al contrario e solo dopo qualche tentativo imbarazzante di
raddrizzarlo a forza, mi sono reso conto che dovevo necessariamente
sfilarlo e ri-infilarlo nell'altro verso. Sembrerebbe impossibile fare
peggio eppure, incredibilmente, Mario, uscito dall'acqua 8
secondi prima di me, è riuscito ad impiegare 10 secondi in più dei
miei disastrosi 3'33 ed è salito in bici 2 secondi dopo. L'altra
cosa strana è che non ci siamo visti … probabilmente in acqua ci
siamo anche scambiati bracciate e gambate ma senza riconoscerci,
altrimenti avremmo affondato i colpi.
Gli altri due li ho visti bene, invece.
Ho riconosciuto Samuel, dal graditissimo “maledetto!” che mi ha
lanciato mentre lo superavo. Francesco invece l'ho riconosciuto da
dietro ed ero così felice di vederlo che l'ho salutato con
entusiasmo ma lui, un po' meno felice, non ha risposto, nemmeno con
una smorfia o un insulto: sembrava in trance.
Ma andiamo con ordine.
Sabato pomeriggio si comincia con
ritiro pacco gara, consegna bici, briefing, pasta party, amici, tutto
bello, buono e abbondante. Intanto Mario mi consegna, in prova, il
“suunto” promesso: un gioiellino da 600 euro con GPS,
cardiofrequenzimetro, barometro, bussola, computer. Breve briefing
anche per quello: faccio sì sì con la testa per sembrare
intelligente e memorizzo un paio di operazioni che mi sembrano
sufficienti ripromettendomi di passare la notte a provarlo.
Metto la sveglia alle 6 e 30 perché
domani scatterà l'ora legale e saranno le 5 e 30. A meno che la
sveglia non sia così intelligente da regolarsi da sola e allora
sarebbero le 6 e 30 e arriverei in ritardo … insomma passo una
mezz'oretta in una sfida di intelligenza con un orologio. Sfiancato ma
vittorioso come Kasparov dopo la sfida con Karpov, vado finalmente a
dormire.
Domenica mattina arrivo verso le 6.30
al grande parcheggio allestito a poche centinaia di metri dal Forte
Village e, con calma, mi appresto a mettere le scarpe da corsa
nell'area di transizione “T2” e preparare la bici in “T1”.
Il tempo passa e molti intorno a me
corrono affannati. Io sono tranquillo anche, se scendendo alla T1
manca poco alle 7.15, orario di chiusura della zona cambio. In mano
ho due grandi sacchetti con tutte le cose che mi possono servire
durante la gara, prima (pompa per gonfiare le gomme della bici) e
dopo (vestiti asciutti). Fuori dalle borse tengo il pettorale che
dev'essere mostrato per entrare in zona cambio. Mancano meno di dieci
minuti alla chiusura e sono in fila davanti all'ingresso quando sento
che per entrare bisogna mostrare anche la cavigliera con il chip
elettronico. Comincio a frugare nelle borse e, quasi subito, perdo la
mia calma glaciale. Dove l'ho messa? Era nello zainetto ma lo
zainetto qui non c'è, devo averla tirata fuori prima di lasciare lo
zainetto in macchina. Comincio ad essere davvero agitato. Vuoto le
borse ma non trovo la cavigliera da nessuna parte. È sicuramente
troppo tardi per tornare alla macchina a cercare nello zaino e
comincio a pensare al peggio. Per un istante mi immagino
desolatamente solo, seduto sul prato, mentre gli altri partono per la
gara e dal panico sto passando alla rassegnazione ma mi sembra troppo
stupido perdere il divertimento, i soldi, gli allenamenti, per una
distrazione. E allora, con un ultimo terribile sforzo di astrazione,
mi rendo conto di avere lo zainetto sulle spalle e, dentro, trovo
subito la cavigliera. Ecco. Il peggio è passato. Sono già in
ritardo ma, per fortuna, mi lasciano sistemare tutto quasi con calma
ed esco dalla zona cambio ormai quasi deserta. Ora so che farò una
bellissima gara.
(segue)
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