Bellissima gara, dicevo.
Nuoto.
Quest'anno siamo molti più dell'anno
scorso. Staffette comprese, siamo quasi 400 in spiaggia alla partenza
del medio. E alla sirena del via è subito ressa: colpi, corpi che si
accavallano … bellissimo! Avere qualcuno dietro che mi si attacca
alle gambe mi assicura che non sono ultimo e investire qualcuno
davanti mi fa pensare che sto andando veloce. Le boe sono poco
visibili da lontano. Molti vanno a naso, altri li seguono e il gruppo
si allarga. Avvicinandosi alle boe, finalmente tutti le vedono e
convergono verso quell'unico punto generando sempre belle
ammucchiate. Nuotatori da tutte le parti! Mi sembra di essere nella
pancia del gruppo, forse più dalle parti del colon ma pur sempre
nella pancia: stai a vedere che ho imparato a nuotare! All'uscita del
primo giro guardo il suunto per avere conferma e leggo “9.04”;
cerco invano di interpretare quei numeri, forse sono le coordinate
spaziali, forse è l'ora “solare” della partenza, forse dovrei
schiacciare qualche tasto ma quale dei 5? Devo già rituffarmi per il
secondo giro senza aver capito niente. Si nuota bene, il mare è
quasi piatto, l'acqua è trasparente e tiepida. Le boe si nascondono
di nuovo davanti al sole ma poi fanno cucù e ricompaiono non troppo
lontane da dove le immaginavo. Finalmente, dopo l'ultima boa, mi
dirigo verso l'arco che porta alla zona cambio. Come sempre, quando
nuoto veloce, mi sento un po' in debito d'ossigeno. Dopo ogni
respirazione, sento il sangue che si svuota progressivamente
d'ossigeno e con la respirazione successiva non riesco a ricaricarlo
completamente. È solo un leggero disagio ma sono contento che sia
finita. All'uscita il suunto dice sempre “9.04”; finalmente mi
volto e vedo poche teste, meno di 50. Mi rendo conto allora che per
ognuno che ho lasciato dietro ne ho dieci davanti e l'alta densità
di corpi non era dovuta al fatto che io fossi particolarmente veloce
ma solo al gran numero di partenti. Non ero nella pancia del gruppo
insomma ma solo in uno stronzetto di nuotatori lenti uscito dal
didietro della pancia del gruppo … ummm. Pazienza, era comunque
tutto previsto: la mia bellissima gara comincia ora.
Bici.
Dopo aver schiacciato ben bene il tasto
superiore destro del suunto e atteso che sul monitor comparisse la
scritta “ciclismo” ho la conferma che la prossima frazione è
quella di bici e posso partire. Poco dopo lo guardo ancora per avere
riferimenti e mi dice “23”. Sto andando almeno a 30km all'ora.
Forse sono miglia. No, ora capisco, è la temperatura. Un riferimento
importantissimo per capire come impostare il climatizzatore; forse
avrei dovuto studiare meglio i settaggi prima di partire. Lo guardo
ancora: ora indica “12” poi “11” … cos'è, un'ondata di
gelo? No, forse è la quota! Devo stare attento a mettere il
boccaglio quando i numeri diventano negativi. Ecco, è cambiato
ancora e ora dice “144”. Finalmente un'informazione utile, questi
sono sicuramente i battiti al minuto. Un po' troppi per me in
pianura. Preso dalla foga dei sorpassi e dall'impegno cerebrale per
interpretare quei numeri, stavo rischiando di cuocermi ancora prima
delle salite. Rallento un po' e mi assesto sotto i 140 battiti in
pianura con licenza di sforare fino a quasi 150 in salita.
Supero moltissimi concorrenti. Ogni
tanto però vengo anche superato. Allora cerco di memorizzare il
numero di pettorale e accendo il radar. Alla prossima salita lo cerco
e gli rendo il favore. Nessuno mi sfugge. Con il numero 238 sarà un
continuo di sorpassi e controsorpassi lungo tutti i saliscendi della
costa. Prima, in un tratto a bastone lungo 5 km, posso osservare
all'andata chi mi è davanti e al ritorno quelli dietro. Non
riconosco quasi nessuno. Vedo però con disappunto che molti,
soprattutto davanti, sono organizzati in gruppetti contravvenendo il
divieto di scia. Fra i primissimi ne vedo due che si danno i cambi.
Poi riconosco Massimo Argiolas, molto forte nella bici, che ne ha un
paio appiccicati alla ruota. Poi vedo Francesco, tutto solo e poco
dietro un gruppone di 8-10 ciclisti. In quei 5 chilometri mi rendo
conto che ne ho molti più di 100 davanti. Se vanno così in gruppo
sarà impossibile recuperare terreno. Rientrando però ne incrocio
quasi altrettanti già superati. Comincio a sentire un po' di
stanchezza. In pianura faccio fatica a superare i 130 battiti al
minuto e i muscoli sono dolenti. Sono un po' preoccupato per la
frazione di corsa anche se le esperienze passate mi dicono che in T2
rinascerò nuovo e farò una bellissima gara.
Corsa.
Ci metto un po' a rinascere. Lungo
tutto il primo km fatico ad ingranare e sento uno dietro che mi sta
per raggiungere. Non sia mai, non accetto più sorpassi; non voglio
polvere a sporcare questa gara. Aumento gradualmente l'andatura e
finalmente si stacca. Il percorso di gara si snoda lungo una linea da
fare due volte avanti e indietro; in tal modo, prima o poi, si
incrociano tutti gli altri atleti. Comincio a puntare i miei
obiettivi. Vedo Roberto Piroddi, che l'anno scorso ha vinto la mia
categoria, ma ha almeno 5 km di distacco e un buon passo. Obiettivo
impossibile, ci vorrebbe un terra-aria. Vedo Roberto Moro che
cammina. Problemi? Solo stanchezza, mi dice. Anche Massimo Argiolas
lo vedo in crisi. Poi incrocio un paio di atleti della mia categoria:
Alessandro Taddeo di “due ruote” e Corrado Cicalò dell'INFN che
dirige un laboratorio di fisica a cui partecipa mio figlio Martino;
hanno 2-3 km di vantaggio e non sono velocissimi. Imposto il
puntatore automatico. Ecco Francesco a 2 km anche lui corre bene ma
ha l'aria un po' sofferente. Al primo giro di boa, poco oltre il km
5, al ristoro della Red Bull sento “no one knows” dei “QOTSA”
a tutto volume. Se avessi dovuto scegliere una canzone per darmi la
carica forse avrei scelto proprio quella. Bevo anche la Red Bull
schifosetta ma freschissima e stimolante. Sono carico al massimo.
Controllo Samuel, dietro di me, non è lontano. Sto andando più
veloce di tutti quelli intorno a me ma sento che sto tirando i
muscoli al limite. I 60km di polvere di Macomer sono ancora lì. Sono
stanco ma non mi posso rilassare, sono in gara e devo dare tutto.
Guardo il suunto “27”, comincia a
fare caldo, forse dovrei aprire il finestrino o accendere l'aria
condizionata … “4'00” ecco, non sto correndo piano, “151”
ops spero di arrivare in fondo … . Piano piano raggiungo Teo, oggi
staffettista. Ricordo che a maggio mi aveva battuto al Sardinia trail
e al passatore mi aveva superato e si era ritirato più avanti di me.
Oggi invece, nonostante io abbia nuotato e pedalato e lui no, sono io
più veloce. Mi sento fortissimo e lui mi incoraggia molto
calorosamente.
Altro incrocio. Davanti sono più
vicini ma non sono sicuro di riuscire a raggiungerli. Vorrei forzare
ma ho paura dei crampi. Devo avere pazienza. Finalmente arrivano gli
ultimi 5 km: è ora di chiudere questo lavoro perfetto. Mollo le
briglie e supero prima Francesco, poi Corrado e infine Alessandro.
L'ultimo chilometro si fa di adrenalina, i muscoli per fortuna non
servono più. Un ultimo sorpasso all'interno del grande campo da
calcio dov'è assiepato il pubblico e finalmente passo il traguardo.
Sono contentissimo e, a parte i muscoli
delle gambe sull'orlo del crampo, non sto male. Tolgo scarpe e calze
e mi piazzo su un puff a massaggiarmi le gambe e godermi le
sensazioni, il dolce sfinimento, il sole sulla pelle. Per almeno
mezzora non mi alzo e in quella posizione accolgo in udienza chi
vuole venire a farmi visita.
Provo a premere i pulsanti del suunto
cercando di vedere il tempo complessivo, ma compare solo un numero
strano, forse “77”. Quando Marieddu mi aveva offerto di portare
il suunto come cavia, credevo che l'oggetto dell'esperimento fosse il
funzionamento di quel prezioso gingillo, poi invece ho capito che la
cavia ero io e si voleva misurare il QI di una persona durante una
competizione. Beh, dai, sono risultato solo un po' ritardato.
I dati li vedrò solo il giorno dopo:
4h55 di gara e 43a posizione in una gara che, almeno per i
primi 20, era di livello internazionale. 1h26'01 nella mezza e 14o
di frazione con 15 professionisti in gara. Dai: alla soglia dei 50
anni, me la cavo ancora.
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