“Romagna
solatia, dolce paese, …”
Solatia?
Dolce? Ma non hai guardato fuori dalla finestra quanto piove?
Romagna
solatia piovosa, dolce paese di fiele
“cui
regnarono Guidi e Malatesta …”
Guidi
e Malatesta? E chi sarebbero? Qui il re è un altro!
cui
regnarono Guidi Giorgio e Malatesta
Calcaterra,
“cui
tenne pure il passator cortese …”
Cortese?
Con le coltellate che mi ha dato ai quadricipiti?
cui
tenne pure il passator cortese
crudele
“re
della strada, re della foresta.”
A
posto, Pascoli. 4. La forma è buona, ma i contenuti, mio caro, dovrebbero avere un minimo di senso.
Bella
gara, la 65chilometri del passatore; dubitavo di riuscire a finirla,
ma con forza e determinazione, sono riuscito a superare il mal di
gambe e ad arrivare fino al traguardo di Marradi.
"Ma
non erano cento?" Si chiederà qualcuno. No, 65. La cento è per
i pazzi. “Ma non sei pazzo anche tu?” Si chiederà qualcuno. Uff.
Va bene confesso. Mi sono
ritirato Ecco. L'ho detto. Avete sentito qualcosa?
Firenze,
piove ma si parte con allegria. Piove ancora ma la bellezza che c'è
intorno a noi ne emerge tutta adorna di goccioline. Piazza del
duomo, poi Fiesole, i colli, Firenze dall'alto, gambe fresche. Una
signora, dal giardino della sua casa, mi soffia un bacio con un
sorriso dolcissimo. Che meraviglia! Ogni tanto compare perfino
qualche raggio di sole. Paradiso.
Passati
i dolci colli, davanti a me si erge l'appennino. "Che bello, si
va lassù ... oddio com'è alto" pensieri contrastanti di
ammirazione e timore.
Salita
lunga, corsa continua ma lenta, niente affanno ma sento i muscoli
tirati al limite. Il torrente fruscia accanto gonfio di pioggia e
sudore. Finalmente in cima la tenda del cambio. Dentro è
tutto bagnato, mucchi di zaini e corridori seminudi che si
contorcono per infilare un calzino. Purgatorio. Comincia la discesa e
si alza un venticello gelido. Comincio a tremare, sono scosso da
brividi immani. Accelero per scaldarmi, ma i muscoli urlano. Riesco
finalmente a riprendermi dal freddo, ma mi sono giocato le ultime
fibre dei quadricipiti. Rallento. Continuo a correre, ma sempre più
piano. Mi superano sempre più numerosi. Sono completamente lucido; so che non è una crisi energetica,
di quelle che passano, sono i muscoli a pezzi, e non possono che
peggiorare. Ormai ho deciso: provo a
correre fino a Marradi e lì mi fermo. Infermo, Inferno. I chilometri
sono sempre più lunghi, la luce sempre più fioca. Finalmente il
paese. Ancora applausi, faccio cenno di no con la mano, non li merito
mi sto ritirando ma non smettono e mi dicono che sono stato un eroe
ad arrivare fin li.
Nei
locali della "misericordia", dov'è allestita l'infermeria
e la sala massaggi, aspetto più di due ore che mia madre mi venga a
recuperare da Faenza e osservo: l'allegria e disponibilità dei
volontari, il clima di festa; i corridori che entrano, prima pochi,
poi sempre di più. Bellissimi, con quelle smorfie di sofferenza ma
con la determinazione a ripartire, dopo un massaggio o una
medicazione.
Il
giorno dopo all'ora di pranzo, sono entrato in un ristorante e un
tipo, seduto ad un tavolo mi ha riconosciuto, e sorridendo mi ha
salutato con la mano. Anche io l'ho riconosciuto. Era il re! Giorgio
Calcaterra. Vincitore per l'ottavo anno consecutivo, salutava me che
avevo arrancato fino a Marradi. Mi stavo per prostrare a terra per
rendere omaggio alla sua eclatante superiorità, ma con un sussulto
di dignità sono rimasto in piedi, e ho risposto al saluto con un
labiale banalissimo "complimenti!"
Grazie
Giorgio, campione vero, che con il tuo atteggiamento semplice e umile
ci fai sentire un po' campioni anche noi.
Grazie
passatore. Bella sfida. Quest'anno hai vinto tu e mi hai finito.
L'anno prossimo ti finiro' io.