Quando, poco prima delle 5, io e
Francesco, scendiamo per la colazione, vediamo, nell'enorme sala deserta, Federico seduto, con l'aria sazia, ad un tavolino pieno di
resti da pranzo nuziale. Doveva nutrirsi bene per la gara. Io, per
non alzarmi alle 4 come lui, ho preferito la tattica del singolo
pit-stop (cagata del buon risveglio, the e via [30']) a quella del
doppio pit-stop (cagata del buon risveglio, caffellatte, seconda
cagata e via [1h]). Siamo i primi del nostro hotel anche a prendere
il pulmino per recarci alla zona cambio. Appena arrivo lì mi accorgo
di aver perso i 20 euro che avevo messo in tasca per le birre dopo
gara e di aver lasciato in hotel il panino al prosciutto per la
merenda di mezza gara, unici lussi di una giornata di barrette e
bevande isotoniche. Pazienza, non potrò gozzovigliare. Incontro
Andrea e Magno un po' attardati ma organizzatissimi e alle 7, alla
chiusura della zona cambio, andiamo in spiaggia a lasciare l'ultima
borsa, chiudere la muta e raggiungere la partenza. Il sole non è
ancora sorto e l'aria è fresca e umida. Per fortuna la muta mi tiene
caldo ma la pancia protesta; mi rendo conto che la tattica del
singolo pit-stop era azzardata. Sento l'intestino gonfio e mi metto
in fila davanti ai bagni chimici. Sono l'ultimo della fila e rimango
tale fino al mio turno - almeno non dovrò dichiarare il “pregresso”.
Mi sfilo a metà muta e body e mi siedo giusto in tempo per sentire
lo sparo per la partenza dei professionisti che fa partire
professionalmente anche la mia scarica. Grazie alla “rolling start”
(che non è un gruppo musicale anni '70) so che non c'è fretta. Mi
pulisco con calma, rimetto i fazzolettini nella borsa e raggiungo la
fila di quelli dell'“ora e trenta”, gente tranquilla, casalinghe
e pensionati. Il mare è liscio come l'olio, spettacolare con il sole
basso del mattino e, quando arriva il mio turno, è bellissimo
correrci sopra fra mille schizzi e poi tuffarcisi dentro. Peccato che
tutta quell'acqua meravigliosa mi entri negli occhialini. Dopo il
primo tuffo mi fermo un paio di secondi per provare a risistemare gli
occhialini, ma inutilmente. La gara è partita e l'adrenalina anche.
Non voglio perdere altro tempo e provo a nuotare. Il mare è piatto
ma in compenso l'acqua negli occhialini è forza 4 e le onde mi
entrano negli occhi. È fastidioso ma sopportabile e riesco a nuotare
benino. Ogni tanto cerco di mettermi in scia a qualcuno, sfiorandogli
i piedi ma vanno quasi tutti a zig zag e preferisco fare le mie linee
rette solitarie. Sfidando la geometria euclidea, la mia retta si
incontra spesso con altre rette che dovrebbero essere parallele.
Forse sono arrivato “all'infinito”, il punto d'incontro previsto
dal matematico greco, ma invece è solo la boa. Ho nuotato già più
di un km ed è passato veloce, molto meglio che a Roth. Dopo un breve
traverso, il percorso rientra verso la riva. Sono contento, riesco ad
andare alla stessa velocità di molti superatleti; ne noto uno in
particolare, senza la muta, col quale la mia traiettoria diverge e
poi converge diverse volte. Uscendo dall'acqua mi rendo conto che il
mio superatleta di riferimento in realtà è un panzone. Mi volto e
vedo comunque un bel po' di nuotatori ancora dietro di me. Approfitto
della breve uscita dall'acqua per svuotare gli occhialini prima di
buttarmi in mare per il secondo avanti-indietro. L'operazione riesce
perfettamente e ora mi godo davvero la nuotata. Non sono stanco, non
sono ultimo, l'acqua è bella e manca meno di metà. Questo secondo
bastone è più corto e in un tempo relativamente breve mi ritrovo a
camminare nell'acqua bassa. Provo a correre ma sento le gambe
appesantite dall'acqua e rinuncio. Mi volto ancora per godermi il
raro spettacolo di nuotatori più lenti di me. Uscito dall'acqua,
inizio a corricchiare lentamente verso la zona cambio; poi, in pochi
passi, riprendo controllo completo degli arti inferiori e comincio a
superare leggero le casalinghe e i pensionati dell'“ora e trenta”.
Anzi, erano le supercasalinghe e i pensionati di ferro dell'“ora e
21” come scoprirò dopo.
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