Chi ne sa di cucina, conosce
sicuramente il teorema di commestibilità, ovvero la legge universale
che dice che l'unione di due insiemi commestibili è, a sua volta,
commestibile. Come corollario, ne segue che se si mettono insieme N
ingredienti commestibili si ottiene sempre qualcosa di commestibile.
Questo dovrebbe bastare a tacitare quelli che protestano quando, per
esempio, la pasta aglio olio e peperoncino è fatta con la cipolla al
posto dell'aglio. “Non si può mangiare!” “Si può, tranquillo,
si può.” Lo dice la scienza.
Il teorema di commestibilità
è alla base della “cucina stocastica” (link). La buona cucina,
a dire il vero, è un concetto disgiunto e parallelo e capita quando
l'unione degli ingredienti è migliore degli ingredienti mangiati
separatamente, il che, comunque, a volte e più spesso di quanto si
creda, succede anche con combinazioni casuali.
Questa settimana, che Maria
è a Bruxelles, dopo la cerimonia di incoronazione come “capotavola”,
ho dato sfogo allo chef stocastico che è in me.
I “rigatoni al
frigorifero” sono il piatto ideale per svuotare il cassetto della
verdura del frigo, che non è bello vedere nel cuore del cuore della
casa tutta quella roba vegetale. Va bene il polmone verde ma il frigo
è sacro. Come si preparano? Rovesciare il cassetto sul tavolo della
cucina, tritare tutto avendo cura di togliere le confezioni di
plastica, cuocere nel pentolame più facilmente raggiungibile, unire
i rigatoni (cotti) e mantecare con panna, che, a parte che se si usa
un termine professionale come “mantecare” in una ricetta, questa
sembra buona, la panna ha la capacità di rabbonire gli ingredienti;
li intontisce al punto che non litigano quando li si mette insieme.
La cucina stocastica
funziona anche togliendo ingredienti a caso, come nel caso delle
“polpette di carne senza
carne” per il figlio vegetariano. “Per cena io avrei la bistecca.
Per te ci sarebbe del pane secco, va bene?” “Ma ....” “OK,
tranquillo, ti ci faccio le polpette”.
Sorvolando sulla “fregola
ai cipollotti e mustia”, ecco un piatto che invece mi è venuto
particolarmente bene: le “frittelle di patate a caso”. Dopo aver
sbucciato le patate e averle guardate negli occhi per un paio di
minuti, non avendo voglia di tagliarle a pezzetti, si grattugiano in
una scodella, si aggiunge un aroma a caso tritato finemente (a me è
capitato rosmarino), un Q.B. (ovvero una quantità rigorosamente
casuale) di farina per ottenere una poltiglia appiccicosa, mescolare
e sbattere in padella in olio di oliva ben caldo.
Schiacciare, girare, salare, pepare e mangiare. Ottimo!
Infine, nella cucina
moderna, non si deve mai trascurare l'impiattamento. L'impiattamento
stocastico dà la misura della percentuale di cibo che non sbrodola
fuori dal piatto mentre lo si serve. Ad occhio e croce direi che mi
sono meritato un ottimo 99%!
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