Ieri sono sbarcato ad Olbia alle 7:15 e
alle 10:15 ero vestito da trail sulla mia auto parcheggiata fuori
casa, pronto a partire per Fanebas e inseguire l'escursione
organizzata da Tore per salire sul monte Lattias. Giro la chiave e il
motorino d'avviamento fa due singhiozzi ma non parte. Riprovo, 3-4
volte ma i singhiozzi si ripetono ad intervalli sempre più lunghi.
Era ferma da una settimana, può succedere. Per partire avrei potuto
fare un ponte elettrico con la batteria dell'auto di Maria ma, a
parte il fatto che avrei perso almeno un altro quarto d'ora ed avevo
già due ore e mezza di ritardo dal gruppo, ho preferito non andare
in giro con la batteria morente.
Dopo qualche imprecazione, cambio
programma. Sono già vestito da trail e decido di andarmene a fa'n
cioffus in solitaria; da casa sono 37 km, spero di farcela. Metto
nello zainetto un litro d'acqua, mezzo torrone al cioccolato e parto. Di là, sono in 54 che salgono verso il Lattias; io sono splendidamente solo. Di là si sparano
migliaia di foto; io tiro fuori il telefono dallo zainetto, lo
accendo, apro la app della fotocamera, prendo la mira e il telefono
si spegne: 0 foto. Di là ci sono i bauli di decine di auto pieni di
cibo e bevande; io tiro fuori un pezzo di barretta dalla spallina
dello zaino e, mentre lo sto inghiottendo, sento gusto di sapone. Mi
viene il dubbio di averlo lavato in lavatrice insieme allo zaino e
cerco di sputare tutto lo sputabile. Un po' l'ho inghiottito e mi
aspetto di vedere schiuma uscire dal naso ma non succede. A posteriori, mi sarebbe bastato svalicare
la montagna per arrivare a fanebas e unirmi al banchetto degli amici,
ma non ci ho pensato.
37 km sono molti, forse troppi per il
mio stato fisico; un lungo, però, anche se non previsto, ci sta alla
perfezione. Mi aiuterà a fare assistenza nelle prossime gare; non
tanto per i 50km del montiferru che, come scopa, farò a ritmo molto
tranquillo, quanto per i 48 del trail dei cervi che, come apripista,
dovrò provare a correre tenendo un buon ritmo. Sto poi facendo un
percorso molto simile, anche come lunghezza, a quello che potrebbe
essere il “lungo” del trail di Capoterra del 2019 e provare
sensazioni come quella di passare sulle pietre bagnate nella gola
dopo 20 km di corsa e di riprendere a correre dopo esserne uscito o
la stanchezza nel finale, può aiutarmi a fare scelte non “sulla
carta” ma sul campo, con la sensibilità stravolta dalla fatica di
ore di corsa.
La dimensione solitaria mi piace da
matti. L'abbraccio della natura, il silenzio, la libertà di correre,
di fermarmi, di deviare quando ne ho voglia. Dimensione “non
social”, dove sono le sole sensazioni a riempire il tempo e a dare
significato a quello che si fa; le foto sono scattate dagli occhi e
registrate nel cervello, i “like” vengono dai piedi immersi
nell'acqua freschissima, dalla pelle carezzata dal sole e dai polmoni
pieni di aria ricca d'ossigeno e di essenze. L'autostima non viene
dai giudizi degli altri ma dalla consapevolezza di sé e si rafforza
nel rapporto esclusivo con la natura: solo lei ed io, con le mie sole
forze, in conflitto con distanze che vorrebbero togliermi le energie,
con rovi e pietre scivolose e in amore con la sua straordinaria
bellezza. Quando si sta bene da soli con sé stessi, poi si sta bene
con tutti; la compagnia degli altri non è una necessità ma un piacere e se ne
riesce a cogliere il meglio.
Se quel motorino d'avviamento fosse
partito, sarebbe stata ugualmente una bellissima giornata, ma
estremamente diversa.
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