lunedì 10 dicembre 2018

Trail delle miniere

Confesso che non mi aspettavo moltissimo da questo trail. Guardando le fotografie, immaginavo che si sarebbe corso su larghe piste minerarie fra colline cespugliose costellate da rovine, non di monumenti antichi ma di villaggi e stabilimenti industriali. La realtà non era molto diversa da come la immaginavo ma mi ha sorpreso piacevolmente; è un territorio che ha un suo fascino particolare, con la sua aria post-apocalittica, con una storia unica e un cuore pulsante in evidente sintonia con quello di chi ha ideato il tracciato; è un'atmosfera che non si può fotografare, bisogna respirarla; io l'ho respirata lungo i 36 km del percorso ed essere lì a correrci dentro è stato emozionante.

Io, come ormai di consueto, curo la retroguardia, difendendo il drappello di disperati in fuga da domeniche sul divano. È dura; per sfuggire alle comodità bisogna soffrire, lo sappiamo, ma in ballo c'è la libertà. Con me, il medico di gara, sempre presente e sempre in giro a divertirsi ad esplorare il territorio con la sua moto. Anch'io mi prendo qualche libertà: nei brevi tratti in cui il percorso si fa impegnativo, mi lancio in brevi fughe in avanti, per svegliare l'adrenalina, fino a restare senza fiato in salita o a sfiorare il punto di caduta in discesa; anch'io ho i miei divani da sfuggire.
Quando il divano si avvicina, gli atleti evocano un percorso liscio e privo di asperità. Per fortuna i tracciatori ci hanno offerto un percorso vario ed impegnativo. Salite si alternano a discese. Strade minerarie a fasce taglia-fuoco e rari single track. Più si fatica, più i panorami si allargano e il vento soffia potente ma più che la natura, colpisce il fascino decadente di un territorio sfruttato e abbandonato, dove il tempo è passato veloce e si sta fermando in un'era post-industriale. Villaggi popolati da fantasmi, maestose rovine industriali, gallerie dove correvano veloci treni e ora passiamo noi, a piedi, con passo incerto, scappando dai divani. Qui non ci troveranno mai! Priamo, Tore, Alessandra, Wilma e Gianfranco, avanzano decisi. Andrea, invece, stufo di soffrire, si era arreso all'idea di proseguire sul sedile imbottito di un'autovettura. Lo abbiamo trascinato via, appena in tempo, dalla sedia che lo stava per inghiottire.
La nostra fuga entra in perfetta sintonia con il territorio. Qui l'era del divano è passata, si respira aria del “dopo”, di quello che ci aspetterà dopo il fallimento dello sviluppo forzato che sta devastando il pianeta. Si caccia, si corre, si guardano con occhio meravigliato i giganteschi stabilimenti crollanti mentre Barbara D'Urso continua a sorridere dentro televisori spenti.
Al prossimo anno!

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