martedì 24 marzo 2020

Sputi – Trail e covid19



Premesso che, per “etica”, in estrema sintesi, intendo il “vivere bene”, vorrei fare un piccolo ragionamento etico su un tema che sta polarizzando il web e che mi coinvolge personalmente.
Come sportivo e appassionato della natura, cosa dovrei fare per “vivere bene” nella situazione molto particolare in cui ci troviamo?
Un primo decreto prevedeva la possibilità di fare attività all’aria aperta “purché mantenendo la distanza minima di un metro fra le persone”. Questo decreto, dal punto di vista etico, è perfetto perché lascia tutta la libertà possibile in una situazione in cui bisogna evitare in tutti i modi di diffondere un virus e quel cerchio di un metro che ci si deve portare intorno è tutta e sola la limitazione alla nostra libertà necessaria per evitare di contribuire allo sviluppo del contagio.
Dal punto di vista pratico, però, aveva una pecca. Immaginiamo che in una mattinata di sole, 20mila cagliaritani vadano a passeggiare al poetto con il loro cerchio di un metro intorno alla vita. Dopo poco, si troverebbero tutti incastrati nel poco spazio e sarebbero costretti a ridurre il raggio del loro cerchio pur di uscirne, rischiando così il contagio. Lo so, è stupido andare al poetto o in un qualsiasi altro posto che si sa essere affollato con un cerchio di un metro intorno alla vita ma la stupidità esiste e non è una colpa.
Per evitare situazioni di questo tipo, allora, un secondo decreto ha stabilito che l’attività all’aria aperta si possa praticare solo in prossimità della propria abitazione. Questa è un’importante limitazione alla libertà e, se è vero che consente di evitare situazioni come quella descritta sopra, di fatto, impedisce anche di andare in posti più isolati. Accanto alla propria abitazione, infatti, il più delle volte ce ne sono altre e obbligare le persone a rimanere in una zona densamente abitata è negativo anche dal punto di vista sanitario.
Se, allora, le autorità preposte all’osservanza del decreto agissero per l’interesse della comunità, andrebbero a fare i controlli nei posti dove abitualmente si affolla la gente per sanzionare quelli che sono venuti da lontano per strusciarsi fra di loro. Non avrebbe nessun senso etico fare controlli in posti isolati dove non si incontra mai nessuno neanche in periodi di normalità. 
Conclusione? 
Se andassi (notate il condizionale) a correre sui miei soliti percorsi di montagna, lungo i quali, in media, incontro una persona ogni 10km, starei infrangendo una legge ma dal punto di vista etico starei agendo correttamente, per il mio “vivere bene” e senza compromettere in nessun modo quello degli altri; nessuna autorità che agisse per il bene comune dovrebbe sanzionarmi.
Immagino già la domanda: “e se tutti facessero come te?” Per cui ne anticipo la risposta: “sarebbe bello!” Sarebbe bello che 100mila cagliaritani fossero in grado di “affollare” i 1000km quadrati del sulcis, come lo faccio io. Sarebbero 100mila persone più sane e più felici e ognuno avrebbe comunque, in media, 10mila metri quadri tutti per sé; immaginate che cerchio! Ogni qualche centinaio di metri ne incontrerei uno, un saluto a distanza, un sorriso e via. Purtroppo, ora non riesco ad immaginare più di 1000 persone che lo farebbero; dovrò darmi da fare per diffondere questa passione.






2 commenti:

  1. Non si può non condividere tutto ciò che hai scritto.

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  2. Sono d'accordo con te
    grazie di questa riflessione
    peccato non si possa realizzare
    Avremo più gente malata di quanto non si possa immaginare..chissaxquantivaltri decreti dovremo attendere con altre misure più restrittive da portare l'umanità ala pazzia

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