Per evitare il
disastro sanitario e la morte di milioni di persone, la strategia più
seguita dai governi mondiali consiste nel rallentare la diffusione
del virus tramite restrizioni nei movimenti della popolazione; tale
strategia sembra parzialmente efficace, ha però il difetto di dover
essere protratta in forma più o meno severa, fino al momento in cui
sia disponibile un vaccino (si parla di oltre un anno). Un anno in
cui il mondo si fermerà (o quasi). Cioè, il mondo continuerà a
girare indifferente. Sarà l’uomo a doversi fermare, o quasi. Come
passeremo quest’anno? Cosa potremo fare?
Una strategia che
potrebbe funzionare per riprendere progressivamente e parzialmente le
attività produttive e sociali, è la “clusterizzazione” della
società, ovvero la costruzione di “strisce tagliafuoco” che
separino territorialmente varie comunità (cluster). In pratica,
invece di tracciare una striscia tagliafuoco intorno ad ognuno di noi,
come da decreti ministeriali, se ne traccerebbero meno, ma più marcate, per
separare i territori (per esempio, ma non necessariamente, quelli
comunali). In assenza di casi di contagio, tutte le attività interne
al cluster, comprese quelle produttive ed educative, potrebbero
essere portate avanti senza nessun rischio. Riaprirebbero negozi e
ristoranti, attività sportive ed educative, seppure riservate ai
residenti. Chi ha un posto di lavoro o chi studia al di fuori del suo
territorio, per poter riprendere l’attività dovrebbe trovare il
modo di trasferirsi temporaneamente nel territorio in cui lavora o
studia. I collegamenti fisici fra le diverse comunità, invece, dovrebbero
essere ridotti al minimo ed estremamente controllati dal punto di
vista sanitario, riservati a “trasportatori” regolarmente
“tamponati” e forniti di presidi di sicurezza adeguati. L’anima
dell’uomo – le idee, la cultura, il progresso – invece
viaggerebbe liberamente in tutto il pianeta, con la sua leggerezza
immateriale.
In questo modo, pur riprendendo tutte le attività “locali”, la diffusione del virus sarebbe resa più lenta dalle barriere fisiche inter-cluster. Ovviamente, appena si scoprisse un caso all’interno di una comunità, dovrebbe riprendere l’isolamento individuale all’interno di essa ma, intanto, si libererebbe una buona percentuale della popolazione e molte attività potrebbero ripartire.
In questo modo, pur riprendendo tutte le attività “locali”, la diffusione del virus sarebbe resa più lenta dalle barriere fisiche inter-cluster. Ovviamente, appena si scoprisse un caso all’interno di una comunità, dovrebbe riprendere l’isolamento individuale all’interno di essa ma, intanto, si libererebbe una buona percentuale della popolazione e molte attività potrebbero ripartire.
Ecco, questa è la mia piccola idea; potrebbe non funzionare ma si potrebbe fare una semplice
simulazione per verificarlo; non sarà un granché, ma nel silenzio assoluto, almeno è un’idea.
simulazione per verificarlo; non sarà un granché, ma nel silenzio assoluto, almeno è un’idea.
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