Tonara, luogo lontano dal tempo, con i
suoi vicoli stretti, le tradizioni gastronomiche perfezionate nei
secoli, l'aria pulita e tersa “di una volta”, l'ospitalità
antica. Com'è andata? Molto bene! C'era un'ottima pecora in umido …
ah, e poi ho battuto Teo per l'ultimo premio di categoria. Il
buffettaro e il sacchettaro sono entrambi soddisfatti di questa
trasferta.
Per fare meno strada in macchina,
sabato pomeriggio ho lasciato la borsa a Teo e, dopo aver
parcheggiato a Nurallao, ho percorso in bici la bellissima strada che
attraversando Laconi e Aritzo, foreste e montagne, sorgenti fresche e
abbondanti, in poco più di 50 km porta a Tonara. Francesco mi è
venuto incontro per fare insieme gli ultimi km. Fra venerdì e sabato
aveva già percorso più di 200 km di bici ma è gentile e
instancabile. A Tonara troviamo già una bella compagnia: Nino,
Betty, Carlo Alberto, Alessandra e Antonello, Teo e Manu e Checco, il
padrone di casa. Altri amici ci raggiungeranno la mattina dopo.
Hanno tutti delle buone scuse per la
gara di domani. Francesco dichiara che arriverà ultimo, Alessandra
rilancia dicendo che non crede di arrivare, Teo zoppica vistosamente
e afferma che forse non partirà neanche. Io li ascolto e mi godo in
silenzio il mio prolasso. Le stelle sono talmente tante che si
uniscono in strisce di luce e la notte ci porta dolcemente al mattino
della gara.
Mi bastano pochi minuti di corsa per
capire che per me non sarà
una grande giornata. In salita mi superano in molti, anche chi di
solito mi resta rispettosamente dietro onorando il mio passato di
atleta decentissimo. Le mie ambizioni si erano ridotte a raggiungere
il buffet. Se non ché, durante una breve salita poco dopo il terzo
km, Teo, magicamente non più zoppicante, mi supera dicendo: “non
ne ho più voglia, sai?” Trattengo a fatica un “allora ritirati”
ma una nuova, forte motivazione ora mi sprona. Come faccio a farmi
battere da Teo, zoppo, svogliato e della mia stessa categoria? In
gara eravamo un centinaio ma per me c'erano solo due posizioni: prima
di Teo o dopo Teo. Ricomincia la discesa, mi butto giù e lo supero. Dura poco però; sento il suo fiato sul collo e appena la
strada ricomincia a salire, mi passa di nuovo. Penso che sia finita.
Ci aspettano 3 km di salita in cui potrebbe staccarmi
definitivamente. Tirando fuori gli artigli del predatore, aumento
leggermente la respirazione e riesco a mantenere la mia preda ad una
cinquantina di metri. Il fiato ora è il mio e il collo è il suo. Le
tracce di saliva sull'asfalto sono le mie. Prima della fine della
salita lo raggiungo ma appena lo supero lo sento ringhiare e capisco
che ora la preda sono io. Finalmente arriva la discesa. È l'ultimo
chilometro e allungo un po'. Mi giro, è ancora lì. “Non ce la
faccio più”, dice, ma non c'è da fidarsi, bisogna infierire.
Allungo ancora e finalmente si stacca.
Grazie Teo, bellissima sfida.
Dopo pranzo, il tempo di un caffè
offerto da uno sconosciuto, segno di un'ospitalità antica, lascio la
borsa a Francesco, faccio ancora qualche respiro profondo per
gustarmi appieno l'aria fresca e asciutta, rimonto in bici e ritorno
per la bellissima strada che attraversando Laconi e Aritzo, foreste e
montagne, sorgenti fresche e abbondanti, in poco più di 50 km porta a
Nurallao, alla mia macchina. Sulla panchina riconosco gli stessi
vecchietti del pomeriggio prima, seduti nella stessa posizione.
Forse il tempo da queste parti si è
davvero fermato.
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