Ieri sera, uno stormo colorato ha
attraversato tutta Cagliari: Bonaria, il porto, i quartieri di Marina
e Stampace, piazza arsenale, il giardino pubblico, il buon cammino, i
colli di S. Michele e monte Claro, il parco della musica e monte
Urpino. Saranno stati una trentina, una macchia variopinta che ogni
tanto si divideva in due o tre parti, per poi ricompattarsi.
Attraversava le strade – impossibile da non vedere e le macchine
si fermavano – passava tra i tavolini dei bar, invadeva
marciapiedi, saliva e scendeva dai colli, entrava e usciva dai
parchi, attraversava passaggi segreti su passerelle di legno, su
scalette, in vicoli strettissimi, in campi incolti. Dall'alto dei
colli, la luna e l'entusiasmo esaltavano quei panorami notturni che
mescolano armonicamente natura e artificio. Bello, troppo bello per
finire qui.
Un paio di mesi fa Francesco era solo,
poi erano in due. La settimana scorsa erano la metà, la prossima
saranno il doppio e quella dopo il doppio del doppio. Con una
progressione geometrica inarrestabile, l'epidemia prima o poi
contagerà anche il sindaco e tutti i cittadini. Arriveranno anche da
fuori; già ieri c'era gente da Capoterra, da Sestu, perfino da
Cabras e dalla lontana Germania. Le macchine se ne staranno tutte
buone buone parcheggiate a cuccia per mancanza di autista, i semafori
diventeranno tutti verdi al nostro passaggio, i ristoranti non si
limiteranno a emanare odori provocanti ma ci offriranno ristoro, i
cani invece di abbaiare ci sorrideranno, i bambini – visionari per
natura – lo fanno già.
Non sarà esattamente così, non subito
almeno ma, fidatevi, ieri sono riuscito a leggere come va a finire.
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