Da Firenze, ovest-sud-ovest, ci
spingerà, a 15 Km/h, verso est-nord-est dov'è situata Faenza.
Gonfierò le bolle dei piedi, mi scrollerò di dosso tutti i bosoni
di Higgs e volerò via col vento. Soffiate amici, continuate a
soffiare.
venerdì 29 maggio 2015
mercoledì 27 maggio 2015
L'ultimo passatore
Un viaggio di 100 km comincia da
sotto il piede … ed è proprio lì infatti che ho già la
vescica.
La meta del viaggio sarà Faenza. Ma
Faenza non è niente più che una graziosa cittadina e allora forse
più che una vera meta sarà un traguardo intermedio, un nuovo
inizio, un mezzo per raggiungere altre mete. Insomma, fa parte del
viaggio, come tutto quello che lo ha preceduto e ciò che seguirà.
Il Sardinia Trail, poi il trail del Sarcidano, il Noraman, fanno
parte del percorso che ho seguito per raggiungere Firenze e poi,
ovviamente, il percorso continuerà salendo sui colli di Fiesole e
poi attraverso l'appennino per scendere in Romagna verso Faenza e da
lì il continuerà per arrivare all'ironman e poi ad un altro ironman
… .
L'importante è il viaggio
e, se leggete questo blog, avrete capito che il mio percorso per
arrivare fin qui, la cosiddetta “preparazione per il passatore” è
stata tutt'altro che un sacrificio. Certo qualche dolorino e un po'
di sana fatica ci sono stati, ma anche molto piacere, grandi
soddisfazioni, momenti di vita intensa.
Grazie a questo, partirò
senza nessuna ansia, con leggerezza. Sono curioso di scoprire cosa
c'è al di là del sessantacinquesimo chilometro, un territorio per
me inesplorato. Spero che sia meraviglioso … ma se ci dovessi
trovare solo sofferenza, non lascerò che questa mi trasformi in un
verme per arrivare strisciando: non ho niente da dimostrare a me
stesso, né ad altri. Se non dovessi farcela, vorrà dire che non
arriverò mai correndo a Faenza o magari mai a correre 100 km.
Pazienza. Le quotazioni del mio seme si abbasserebbero un po' ma non
importa, sono alle stelle.
Credo però che questa volta
ce la farò. Di sicuro proverò, con determinazione, ad arrivare al
traguardo. In valigia metterò un cavatappi per stappare almeno una
delle tre bottiglie di vino che spettano a chi arriva al traguardo.
Prosit.
domenica 24 maggio 2015
Noraman 70.3 – Triathlon Medio dei Fenici.
A proposito di tabelle di preparazione
dettate dai miei istinti velleitari (se qualcuno ne vuole, …)
dovevo decidere cosa fare con la mezza maratona di Pula di ieri sera.
Non partecipare non era contemplato: una gara bella, ben organizzata,
molto partecipata, vicino a casa, non potevo certo perderla. Farla
veloce, oltre che banale, sarebbe stato inutile: non sarebbe stata né
una bella gara – non avendo preparazione specifica – né un
allenamento utile a una settimana scarsa dal passatore. Non mi
restava che farla piano: provare a correre 21 km a ritmo passatore
con le scarpe nuove non era una cattiva idea. Ma mi vedete a correre
a 5' al km lasciandomi superare senza reagire da centinaia di atleti
meno forti di me? Io no, a meno che … l'unico modo per correrla
lentamente senza reagire era partire stanco e allora ho pensato di
trasformarla nell'ultima frazione di un mio triathlon medio privato.
Insomma, può sembrare una smargiassata, ma non avevo altra scelta.
Un allenamento di questo tipo è utile in vista del passatore per
abituarmi a correre lentamente, con le riserve energetiche ridotte
dalle frazioni precedenti, partendo di pomeriggio e senza massacrare
troppo le gambe. Ovviamente è un allenamento molto utile anche per
il triathlon, con le prossime gare che si avvicinano più veloci del
previsto.
L'orario, 7 di sera, e la location,
Pula a 3 km dalla baia di Nora dove nuoto molto volentieri e dai miei
soliti giri in bici, mi hanno facilitato molto l'organizzazione
dell'evento. Ecco il programma del Noraman 70.3:
Ore 14.30 parcheggio in T2 (vicino alla
“partenza – arrivo” della maratonina. Trasferimento in T1 (baia
di Nora a 3 km) in bici con la muta nello zaino.
Ore 15.00 partenza nuoto
Ore 15.40 fine nuoto e trasferimento in
bici alla macchina per lasciare la muta
Ore 16.00 partenza bici
Ore 18.30 fine bici, e cambio
Ore 19.00 Partenza corsa
Ore 21.30 Premiazioni.
A causa del forte vento di maestrale,
l'organizzazione ha predisposto un paio di modifiche al percorso
previsto. Il percorso del nuoto, anzichè verso il largo spalle al
vento, con il rischio di ritrovarmi in africa, si svolge parallelo
alla spiaggia di Nora, ripercorrendo due volte tutta la lunghezza
della spiaggia per un totale di poco superiore ai 1.500 metri.
Quello della bici, dopo essere passato
per Teulada, invece di rientrare per la litoranea, fa inversione a U
per evitare le raffiche potenzialmente micidiali della strada che
segue la costa.
Bello
il nuoto, l'assenza di avversari mi ha consentito di prendere il mio
ritmo, tranquillo con
bracciate lunghe e
soprattutto lente; il vento
da terra, nuotando a ridosso della spiaggia, non faceva onda e
l'acqua era bella trasparente e celeste.
Dovevo solo respirare facendo
attenzione a direzionare
l'apertura orale ortogonale al vento
per evitare che
il mare ci si svuotasse dentro, come fosse lo scarico di una vasca da
bagno. Esco dall'acqua in
40'. Mentre tolgo
la muta, il vento di maestrale assorbe calore dal
mio completino da triathlon bagnato e comincio a tremare. Dopo
qualche tentativo fallito a causa del tremore delle
mani, riesco ad infilare la
muta nello zaino, a togliere il lucchetto della bici e a ripartire
rispettando
i tempi previsti e
poco prima delle 16, lasciata la muta in macchina, comincio la
frazione di bici ancora
infreddolito. Il vento si fa
sentire davvero forte.
Le raffiche
a 40km/h, quando sono
laterali, mettono in
difficoltà l'equilibrio. Rinuncio subito alla posizione “crono”,
troppo pericolosa,
e devo stare molto attento anche solo
a togliere
una mano dal manubrio per prendere la borraccia. Per
tutto il percorso d'andata,
il vento
è per lo più contrario. Faccio fatica e
riduco il ritmo per non
spremermi troppo.
La salita verso la
casa cantoniera
fra Domus de Maria e Teulada col vento contrario è molto faticosa.
Anche in discesa vado piano perché quando, in curva, la
direzione del moto cambia
rispetto a quella del
vento, anche l'inclinazione
della bici deve cambiare per non alterare
l'equilibrio e finire per
terra. In
compenso il rientro col vento di spalle è piacevole e veloce e
riesco a rientrare nei tempi previsti senza forzare eccessivamente.
Cambio le scarpe, metto la canottiera della società sopra al
completino da triathlon, un gel in tasca e sono pronto per l'ultima
frazione, la mezza di Pula. I dolorini alla schiena e alle braccia
che sentivo alla fine della frazione di bici, piano piano si
attenuano e anche le gambe
non protestano più di tanto. Questa frazione non sarò da solo,
anzi. Siamo più di 500 alla partenza. Nell'assembramento pre gara,
non avendo ambizioni di
classifica, mi posiziono a
centro gruppo, tanto sono stanco, tanto devo andare piano … lo
sparo dello starter spazza via tutti i propositi di prudenza e faccio
il possibile per districarmi fra la folla di podisti lenti,
recuperando, nei primi 3
chilometri, centinaia
di posizioni; non ho
riferimenti cronometrici ma, a giudicare dai podisti che ora
ho intorno, ho
corso questa prima parte
sicuramente sotto i 3'50
al km (altro che ritmo passatore, 5' al km, bla bla bla) decido
allora di smettere di superare e di sistemarmi lì insieme a Davide
Ecca e Francesco Mudu.
Col passare dei chilometri, sento il serbatoio
che, progressivamente,
si svuota.
Intorno al dodicesimo chilometro rallento leggermente, lasciandomi
staccare da Davide e Francesco, ma perdo terreno molto lentamente e
dietro, per un lungo tratto,
non si vede nessuno. Intorno
al diciottesimo chilometro,
mi
raggiungono in due, di cui
uno seguito in bici
dall'allenatore che continua a incitarlo; provo
a far finta che le urla dell'allenatore siano per me ma, che
orrore,
non lo sopporto proprio,
preferisco naufragare in
pace! All'ultimo chilometro
mi raggiungono altri due e provo il solito allungo finale. Dura 500
metri poi devo rallentare: sono vuoto. Mi superano anche loro e, per
fortuna, arriva il traguardo. Ho chiuso la mezza in 1h25, tempo
mediocre in sé ma ottimo come terza frazione di un triathlon medio.
In un triathlon vero, con una corsa così avrei avuto in più la
soddisfazione di superare in continuazione atleti stremati, mentre
qui è successo l'opposto; pazienza.
Comunque, ciliegina sulla torta, sono stato premiato come secondo di
categoria M50. Cosa vuoi più
dalla vita? Birra gratis? Ebbene c'era anche quella! Siccome
non riempivano completamente
il bicchiere, sono dovuto tornare sei volte.
sabato 23 maggio 2015
Isili - Trail Running Sarcidano. Solo un allenamento
Fra il 10 maggio dell'ultima tappa del
Sardinia trail e il 30 maggio del passatore, ci sono tre settimane:
una di recupero dopo il trail, una di scarico prima del passatore e
una di … ??. Inventarsi un piano di allenamento in un contesto
così particolare senza vere nozioni in materia, implicherebbe scelte
arbitrarie. Tanto vale affidarsi all'improvvisazione e agli istinti
velleitari. Il calendario gare offre, il 17, a Isili, il campionato
regionale trail, una gara di 19 km con circa 500m di dislivello su un
percorso bello, vario, non troppo tecnico e molto panoramico. Le
gambe si stanno appena riprendendo dalla fatica e la contrattura al
polpaccio si fa sentire ancora, per cui esito fino all'ultimo
momento. Poi decido di partecipare ma, ovviamente, solo come
allenamento.
Prima di tutte le gare e, a maggior
ragione, se sono di campionato, si studiano gli avversari, in
particolare quelli di categoria. Per me sarà solo un allenamento
però intanto vediamo chi c'è. Fra quelli forti, vedo Mario Sanna,
l'ideatore del percorso, ancora in abiti civili. “Ma oggi corri?”
Chiedo con nonchalance. “No, fra due settimane c'è il passatore …”
ecco uno con le idee chiare. Poi esamino Antonio Foddi: mi dice che
non è ancora in gran forma; anche io lo rassicuro sulla mia scarsa
competitività: “ho ancora le gambe stanche dal Sardinia trail …
sto preparando il passatore, ho il fondo ma mi manca la velocità.”
Insomma la sfida è già cominciata e, a meno di sorprese, ce la
giocheremo noi due. Volevo dire: “ce la saremmo giocata”,
dimenticavo che per me sarà solo un allenamento. Alla partenza si
corre su asfalto sotto una leggera pioggerella; mi accodo al gruppo
di testa ma corrono un po' troppo forte e mi lascio staccare: è solo
un allenamento, non devo forzare troppo. Quando la strada comincia a
salire, mi raggiunge Antonio.
L'idea di farmi un allenamento tranquillo è tramontata in quell'istante. Foto di Antonio Cuccu |
Giù all'inseguimento! Foto di Arnaldo Aru |
Foto di Antonio Cuccu |
mercoledì 20 maggio 2015
Sardinia trail – terza tappa.
Finalmente libero, non dal dolore amen,
ma almeno parto senza cellophane né bende elastiche.
La tattica per le prime fasi di gara è
stabilita a tavolino. Mi ricordo che, poco dopo la partenza, il
percorso entra in un sentierino in ripida salita; se parto piano come
ieri, mi sarà difficile recuperare posizioni. Allora cerco di
forzare un po' all'inizio, sulla spiaggia di Marina di Tertenia e poi
sul breve tratto d'asfalto che porta all'imbocco del sentiero.
Quando inizia la salita sono intorno
alla quindicesima posizione ma sono già sfatto. Il caldo mi sta
sciogliendo: il sudore scende in un flusso continuo e mi domando cosa
resterà di me. Come in un dejavu, davanti ho K e dietro Teo che
incombe. A metà salita decido di rallentare per non sciogliermi in
una pozzetta nera ribollente e poi con un'ultima fumata evaporare
senza lasciar traccia. Lascio passare Teo; altro che recuperargli
dieci minuti … oggi mi massacra, penso. Ma non vale la pena
soffrire troppo, preferisco godermi il paesaggio. Il posto è
bellissimo il sentiero corre, divertente, in mezzo ad un boschetto
fra rocce spettacolari e, sotto, quasi in verticale, l'azzurro del
mare. L'ombra mi rinfranca e dopo le prime discese tecniche dove vedo
Teo e K scendere a bomba, il sentiero sbuca in una carrozzabile in
leggera salita. Mi raggiunge da dietro anche la fortissima Maria
“catena” Pizzino. Oggi non è giornata, penso. Appena però la
pendenza aumenta di nuovo, ingrano le natiche e con mia sorpresa
guadagno terreno senza fatica. Stacco Catena, poi, dopo averle
riportato il logo di “never stop smiling on trails” che le era
caduto insieme al sorriso, lascio anche K; raggiungo facilmente Teo
che però mi si attacca dietro tenace. La salita continua,
raggiungiamo e superiamo di slancio Fabio, il decimo in classifica.
Nel tratto più ripido Teo finalmente si stacca. Sono sicuro che mi
riprenderà in discesa, ma intanto continuando a forzare, raggiungo e
supero Gavino venuto solo per questa tappa. La strada spiana e so che
la mia spinta, col calare della pendenza, diventa meno efficace.
Sento avvicinarsi da dietro dei passi leggeri. Ecco Teo, penso, ma
non è lui, è qualcuno di molto meglio!
“Hai sbagliato strada?” Chiedo.
“Non è una novità. Certo che se gli addetti al percorso invece di
giocare a briscola mi avessero indicato la strada … ” risponde
con un sorriso.
“Vai campione!” Gli dico e mi
lascio superare ma la strada proprio in quel momento diventa di nuovo
ripida. Ingrano allora di nuovo le natiche e riesco a spingere meglio
e a non farmi staccare. Anzi. È il momento più bello di tutta la
gara. Sentire il fiato affannato e la fatica di Marco Olmo nella
salita, scoprire che non è un marziano ma un uomo che suda e ansima
come noi e che con impegno, sofferenza, agonismo, piacere della corsa
ha ottenuto e continua ad ottenere risultati straordinari. Si
impegnava anche per superare me e poi per non farsi staccare nella
salita ripida.
Superiamo di slancio Alessandro che sta
camminando. Riesco a staccare il mito, sia pure di poco e per poco,
fino alla fine della salita, fino al ristoro dove avevo programmato
di fermarmi a riempire il camel bag per non rischiare la
disidratazione, e poi lo vedo allontanarsi leggero nella discesa
mentre le mia gambe pesanti mi impediscono il volo. Lo seguo a
distanza nei tratti tecnici per riavvicinarmi nel finale, quando il
percorso torna sulla spiaggia. Mi sento ancora relativamente fresco e
sul bagnasciuga riesco a tenere un buon passo. Mi sarebbe piaciuto
molto raggiungerlo per fargli un inchino al traguardo ma non me lo ha
permesso.
Sono arrivato sesto, mezzo minuto dietro a Marco che però
sembra più stanco di me. Gli dico “complimenti! Se però la
prossima volta fai 200 metri di strada sbagliata in più forse
riuscirò ad arrivare con te!” Sorride. Dietro di noi c'è il
vuoto. Abbraccio Stefano, arrivato prima di me. Lo sento sudato ma è
acqua di mare. Mi butto in mare anche io. È bello vedere gli arrivi,
emozionati ed emozionanti. Alessandro, Fabio, Giuseppe, poi le prime
donne K e catena insieme a braccetto con le scarpe in mano … Teo
non è ancora arrivato. Non mi interessa davvero batterlo, ma la
nostra sfida è parte del copione, lo abbiamo detto tante volte.
Eccolo. Lancia le scarpe e si lascia cadere, stremato. Saranno
passati i dieci minuti che aveva di vantaggio su di me? Il mio
sorriso glielo fa capire prima ancora che io apra bocca. “Sono
quattordici, mi spiace”.
“Diciottesimo, poi decimo, oggi sesto
e relativamente fresco; domani salirò sul podio” “oggi era
l'ultima” “ah, peccato!”
lunedì 18 maggio 2015
Sardinia trail – intermezzo piacevole
Dopo averlo lasciato semi-deserto, al
rientro troviamo il resort che pullula di gente.
Molti hanno il passo più pesante di
noi ma, mentre la nostra pesantezza si nasconde nelle gambe, la loro
si mostra, ben evidente, sul ventre e allora non c'è discussione, le
sdraio sono per loro, ne hanno bisogno.
Il dolore al polpaccio continua ma ora
è democraticamente mescolato con altri dolori e lo sento meno. Oggi
niente massaggio. Mi limito a tuffarmi nell'enorme borsa del ghiaccio
del mare ogliastrino e ad allungare in continuazione il polpaccio. A
furia di stirarlo, credo stia diventando più lungo di quello di
Michael Jordan!
Quest'anno il soggiorno è davvero
piacevole. In confronto a Lanusei downtown, location dell'anno
scorso, si sta meglio qui a Marina di Cardedu. C'è più spazio per
stare insieme, la piscina, il mare …
dopo 2 giorni di convivenza il gruppo
dei trailers è più unito. Anche il gruppo dei cagliaritani
finalmente comincia ad aprirsi e a mescolarsi con altri: veneti,
toscani, spagnoli … abbiamo perfino scambiato qualche parola con
dei sassaresi! Anche Marco Olmo, simpatico orso, si apre e ci
racconta le sue esperienze nel deserto. Per abituarsi
all'autosufficienza, con sollievo della moglie (l'ha detto lei), ha
passato il mese che precede la Marathon des Sables dormendo sul
pavimento … per non essere da meno, stanotte molti dormiranno per
terra.
Viene esposta la classifica. Sono
undicesimo a 3 minuti dal decimo. Premiano solo i primi 5 per cui
arrivare nei primi dieci sarebbe solo una questione d'onore numerico.
Più stimolante la sfida con Teo anche se ormai sembra persa.
Recuperare 10 minuti in una tappa “corta” come quella di domani a
uno tosto come lui con le gambe doloranti e le scarpe rotte mi sembra
quasi impossibile. Però, la soddisfazione sarebbe enorme, per cui ci
proverò.
Alle 19.30 apre il buffet della cena e
già 5 minuti prima siamo ammucchiati all'ingresso del ristorante con
la salivazione a mille. Oggi il buffet è ancora più ricco degli
altri giorni: oltre alla solita scelta, troviamo anche culurgiones,
porchetto, sebadas, vino in bottiglia … a parte qualcuno della top
five, nessuno sembra aver letto il libro di Speciani
sull'alimentazione dell'atleta prima e dopo la gara e l'abbuffata è
libera e goduriosa.
La presenza di ragazzini nella stanza
accanto e, soprattutto, il tono delle loro voci mi fa presagire una
nottata difficile. Alle 21 nella stanza 173 della casa di riposo
suona il coprifuoco. Alle 21.30 siamo nel letto con la luce spenta.
Una mezz'oretta dopo squilla il telefono. Rispondo e sento la voce di
un ragazzino che, per far credere di essere un adulto, parla con una
voce tipo Homer Simpson (forse l'unico adulto che abbia mai ascoltato
davvero). “Stanza 173?” Dice. “Senti ragazzino, stiamo cercando
di dormire per cui vedi di non rompere” rispondo e attacco. Dopo un
altro quarto d'ora il telefono squilla di nuovo. Non lo lascio
parlare. Dico “Spero che i tuoi genitori siano d'accordo, perché
domattina mi informo da quale stanza viene questa chiamata e li
avviso”. Attacco, stacco il telefono e mi rimetto a dormire.
Qualche ora dopo il telefono squilla ancora. Lo scherzo finale,
quello più idiota, me lo sono fatto da solo, dimenticando la sveglia
del cellulare impostata alle 5.30 del mattino.
sabato 16 maggio 2015
Sardinia trail - seconda tappa
Spazi immensi. Tutte le foto sono del grande Luca Maini. Grazie. |
Spazi immensi; per tre quarti la vista
si estende fino a perdersi nella distanza fermandosi solo per
l'accumulo di strati d'aria spessi decine di chilometri. Solo verso
nord l'orizzonte si avvicina salendo su in cima al monte. Non ci sono
alberi né siepi a escludere lo sguardo, solo un piccolo cespuglio.
Al di là, i panorami riprendono infiniti, il profumo di timo
sovrasta ogni odore mentre io sto lì accoccolato … . Dopo questa
maestosa cagata, mi avvio alla partenza, cauto e dolente. Vedo il
nostro Gerva che parte in fuga inseguito a qualche decina di metri
dai favoriti. Poi via via si sgranano altri gruppetti e, oltre la
ventesima posizione, impaccato col cellophane, ci sono io. La
pellicola trasparente, per effetto serra, riscalda il polpaccio,
attenuando velocemente il dolore.
Non riesco a trattenermi e appena il
dolore me lo permette allungo il passo fino a raggiungere la nuova
soglia del dolore. È il dolorimetro del polpaccio che decide
l'andatura. Sono condizionato da questo e appena il dolore si attenua
mi lancio giù per la discesa recuperando posizioni. Raggiungo
Silvia, partita prudente come al solito, scambio due parole con lei e
riparto; poi raggiungo e stacco il gruppetto successivo con Teo che
sembra non reagire (mai fidarsi); continuo veloce e, alla fine della
prima discesa raggiungo il mitico Marco Olmo seguito da un paio di
Giuseppe. Comincia la salita e con mia sorpresa il dolore si attenua
ulteriormente. Riesco a spingere bene e a staccare i miei nuovi
compagni. Mi sembra di volare, mi sento un miracolato e alla fine
dello strappo più duro, come Lazzaro si libera del sudario, o la
mummia del film dalle fasce, decido di togliere il cellophane. Non so
se sia stato per quest'operazione o per il cambio di pendenza, ma
subito il dolorimetro mi ha imposto di rallentare. Ora seguo a fatica
Marco Olmo e Giuseppe Taras e insieme raggiungiamo e superiamo la
fortissima K (Konstanze), prima fra le donne, e Alessandro. Davanti a
noi, imprendibili, sono solo in 4. Anzi 5, in quanto Marco Olmo,
apparentemente senza sforzo, si è liberato della nostra compagnia
riconquistando la sua cara solitudine di re del deserto. Appena
inizia la discesa successiva ho già perso tutta la freschezza e mi
staccano anche i due toscani Giuseppe e Alessandro. Sento un
sassolino che da dietro si insinua nella scarpa. Ad ogni passo scende
un pochino fino ad assestarsi sotto la parte posteriore del tallone.
Non dà troppo fastidio e decido di portarlo con me. Fa compagnia.
Sono ottavo e voglio provare a restare nella top ten. Il dolore al
polpaccio è ora accompagnato da un indolenzimento muscolare dei
quadricipiti e da una sensazione di cottura dovuta soprattutto
all'irraggiamento diretto del sole sulla pelle. La strada è
piacevole, l'ambiente collinare è arricchito da alberi maestosi e da
sorgenti da tre stelle Michelin, ricche di acqua freschissima, che
valgono una deviazione e forse anche tutto il viaggio ma,
nonostante questo, scorre lentissima.
Sorgente a tre stelle |
Verso arcu Gennargentu |
Il sentiero di cresta |
La valle degli ontani |
Finisco i 42 chilometri in decima
posizione e in 4h30. Ho risalito la classifica generale fino
all'undicesima posizione, a 10 minuti da Teo che è ottavo e a 3
minuti dal decimo. Sono stanchissimo ma, date le premesse, molto
soddisfatto. Ringrazio Nicola, il suo massacro è servito. Mentre sta massaggiando Teo, gli chiedo se, gentilmente, può schiacciare un po' più forte, che mi ha battuto e mi piace vederlo soffrire. Poi,
quando arriva, ringrazio anche Flavio. E grazie anche a voi, se siete riusciti ad
arrivare fin qua.
giovedì 14 maggio 2015
Sardinia trail – Intermezzo doloroso
Contratto a tempo indeterminato.
Primi allungamenti subito dopo l'arrivo. Foto di Lukarun |
Nicola, il massacratore se la prende
con quello gnocchetto di fibre muscolari che si rifugia nel mio
polpaccio. Il mostriciattolo fa parte di me e si ribella. Anche il
muscolo resiste: vuole tenersi quel grumo malefico perché mi
vorrebbe fermo per un po'. Questa lotta fra il bene e il male, in cui
il bene fa male, è come una guerra di trincea: ogni piccolo
avanzamento costa perdite enormi. Non sono convinto che serva ma devo
provare, domani voglio correre. Stringo con forza le barre del
lettino per non urlare. Nicola, l'esorcista, maneggiando la carne con
strani riti dolorosi, mi libera solo di una piccola parte del male.
“Devi allungare il muscolo per farlo uscire. Senza sofferenza non
ti liberi dal male, amen”.
Dopo il massaggio, mangio qualcosa;
poi, quando mi alzo, non riesco neanche a camminare. Devo continuare
ad allungare, soffrire ancora se domani voglio partire e divertirmi.
I relitti della room 173 |
Mentre io faccio piedino alla pietra
per stirare il polpaccio e la pietra mi respinge con un calcio, sono
tutti sdraiati a godersi il sole … Teo contento di aver finito in
buona posizione, 8 minuti avanti a me, salvando la gamba; il Gerva
saltellante, ottimo quarto in mezzo a mostri sacri, mezz'ora avanti a
me; le fortissime ragazze del trail belle e sorridenti: tutto il
podio femminile finito avanti a me; poi Giuseppe, Stefano, Emanuele …
Dopo l'arrivo degli ultimi, si torna in
pulman al bel resort Perdepera “pera di pietra” per chi vuole
farsi di granito in endovena. La spiaggia di Museddu è deserta, il
vento è fresco e il cielo nuvoloso. Logica insegna che
l'assideramento è un ottimo antidolorifico. La piscina è troppo
calda e scelgo di buttarmi in mare. Ne esco vivo e anestetizzato,
almeno per un po'.
Relax a bordo vasca |
La mattina il dolore è ancora vivo;
dopo un'ennesima serie di allungamenti, passo da “su dottori”
Flavio, laurea ad honorem in infortunistica sportiva confidando nelle
sue arti magiche e nella sua ricca farmacia e ne esco col polpaccio
medicato e avvolto nel cellophane come un'arista di maiale. Altro che
“taping”, qui siamo alla confezione alimentare, manca solo il
fiocco per farne un pacco regalo. Chi lo vuole? In tempi di
precarietà dovrebbe essere molto richiesto. È un polpaccio
contratto a tempo indeterminato. Per sciogliere un muscolo contratto
a tempo indeterminato ci vuole la giusta causa. E io ce l'ho. Devo
attraversare le montagne.
Quasi pronto per il banco macelleria: manca solo la vaschetta di polistirolo |
Scendo dal pulman aggrappato alle
ringhiere. Dovrò correre 42 km in queste condizioni e, se non
ricordo male, non ci sono ringhiere per scendere da punta La
Marmora. Un'idea sola mi consola: l'anno scorso stavo peggio.
martedì 12 maggio 2015
Sardinia trail - prima tappa
Scarpe rotte e pur bisogna andar …
Sta per partire la prima tappa. Mentre
calzo la scarpa destra, noto uno squarcio laterale di 3 cm da cui
spunta la calza. A proposito, devo ricordarmi di non sudare troppo
che quelle calze le dovrò riciclare: ne ho solo 2 paia per le 3
tappe, le sole senza buchi che ero riuscito a trovare nei miei
cassetti. Dentro le calze, le unghie dei piedi stanno crescendo a
ostrica con strati di spessore differente che un attento esame paleo-istologico potrebbe correlare con l'epoca delle varie cadute, ma
non ho avuto tempo per la pedicure. I pantaloncini da triathlon
reggono, nonostante il fondello sia ormai ridotto a cartavetro.
Quelli di ricambio hanno un buco e dovrò usarli con le mutande per
non esibire parti intime. In confronto agli altri sembro uno
straccione ma l'essenza del trail è un'altra, è il movimento del corpo
nella natura: “e pur bisogna andar” … veloce, possibilmente,
così la foto condivisa nei social network viene mossa e non si
notano i particolari.
Gambe rotte …
Alla partenza gli atleti forti si
controllano. C'è la possibilità di annusare l'aria di testa e
sentire il profumo della gloria. Giuseppe ne approfitta. Poi io. Vedo
la deviazione a sinistra mentre il gruppo sta proseguendo dritto: “è
di qua” urlo, con un secondo di ritardo, tanto basta per ritrovarmi
in testa; le gambe girano bene, leggere, lungo la discesa nel bosco
ma il divertimento dura poco. Dopo neanche un chilometro, un dolore
improvviso mi morde il polpaccio sinistro. "Se hai un coccodrillo attaccato al polpaccio, non ti preoccupare, prima o poi si stacca da solo". Faccio finta di niente per
qualche centinaio di metri sperando che si sciolga ma lui continua,
sempre uguale. Rallento. Mi autodiagnostico una contrattura. Non so
bene cosa fare poi decido di automedicarmi come Rambo: mi fascio il
polpaccio con la benda elastica che ho nello zainetto, la taglio con
i denti, e provo a ripartire. Il dolore rimane e mi impedisce di
spingere con la gamba sinistra. Provo, fra i tanti passi che ho
imparato, se ce ne sia uno che non mi faccia male. Mi riesce bene
solo il camminato con appoggio laterale esterno, non un passo da
trailer, purtroppo, ma da clown.
Mi ritrovo quasi in fondo al gruppo con
una gamba sola, un passo da pagliaccio, al primo dei 100 chilometri di una
gara che doveva essere il primo vero obiettivo stagionale. Never stop
smiling, dice qualcuno. Forse sembrava un sorriso, stavo invece
stringendo i denti per provare ad arrivare al traguardo. “Sto
risparmiando muscoli e cuore” penso; “se passa, almeno i prossimi
giorni mi diverto”. Con lo scorrere dei chilometri comincio ad
abituarmi alla sofferenza e riesco a spingere un po' di più.
Recupero posizioni, una bella coppia di svizzeri poi Antonio, Moreno,
Flavio, Luca … molti, comprendendo la mia sofferenza, mi
incoraggiano e questa spinta umana, insieme all'aria luminosa e alla
vegetazione avvolgente, mi aiuta a continuare. Ricordo anche la
sofferenza dell'anno scorso sugli stessi sentieri, più dura, più
diffusa. Se ce l'ho fatta allora, oggi non ho scuse. E infatti
resisto, avanzando, lento e pesante, fino all'arrivo.
Finisco diciottesimo, accolto
caldamente dagli atleti arrivati prima di me, contento per essere
arrivato e per aver terminato quasi tre ore di sofferenza, non sapendo
che dopo l'arrivo avrei sofferto ancora di più.
Sardinia trail – intro
Avevo evocato la leggerezza e l'ho
avuta. Purtroppo non come stato fisico, ma come condizione che si
realizza nell'istante in cui la pesantezza svanisce. Allora si vola:
la gamba spinge e il corpo sale, veloce, senza apparente fatica,
senza dolore, mentre i concorrenti che un momento prima erano
imbattibili, restano piantati al suolo. Il volo dura poco, basta un
cambio di pendenza o un passo sbagliato che torna la sofferenza e si
ripiomba a terra ma è un'esperienza esaltante
Il prezzo però è stato alto. Sono
passato per le tre tappe del sardinia trail come fossero stazioni
della via crucis: condanna, sofferenza e morte; solo dopo quel lungo
cammino di redenzione ho lasciato la fisicità di questo corpo, le
cosce pesanti, i polpacci rotondi e doloranti per rinascere Marco
Olmo per qualche istante e involarmi leggero.
Bando alle metafore, ecco la cronaca.
Al primo chilometro della prima tappa
mi è venuta una contrattura al polpaccio e il dolore mi ha
accompagnato, come una base fissa di sottofondo, per quasi tutti i 99
chilometri rimanenti. Nei pochi momenti in cui mi ha lasciato in pace
mi sembrava davvero di volare. Ecco, quando avrò un po' di tempo
racconterò di questo, degli amici, del mitico Marco Olmo, della
lotta spietata per risalire la classifica, ma sopratutto di
sofferenza, sudore e fatica.
Insomma prima di parlare di leggerezza,
voli, cagate all'aria aperta profumate al timo selvatico, panorami
aerei, dovrò parlare di come ho scrostato la zuppa di cipolle dal
fondo della teglia. Che centrano le cipolle? Niente; cercavo solo una
metafora che rappresentasse uno sforzo lungo, sporco e tenace senza
essere troppo volgare.
mercoledì 6 maggio 2015
Sardinia trail preview - La leggerezza dell'atletica
Ci siamo quasi. Domani parto per
Cardedu per la prima vera sfida dell'anno: le tre tappe del Sardinia
Trail. Ricordo bene le sofferenze dell'anno scorso: l'affanno già
dalla prima salita, i crampi e la spossatezza al termine della prima
tappa e poi i dolori muscolari che mi hanno accompagnato dal primo
all'ultimo chilometro della seconda e terza tappa.
Il dottor Cesaraccio, medico sportivo,
dopo aver suggerito, con in mano un'istantanea del mio cuore “non
sarà il caso di ripensare agli obiettivi?” senza che gli avessi
ancora detto quali fossero, ha firmato la grazia per un altro anno.
Sono idoneo! Alla pratica e alla teoria dell'atletica ma solo di
quella leggera. Nessun problema. In questi dodici mesi ho imparato ad
ascoltare i soffi del cuore, ho studiato nuovi passi per danzare giù
per i sentieri, ho coltivato l'arte del recupero facendo ripetute di
riposo e lunghi sul divano strisciando fra i cuscini, ho imparato a
svuotare la testa ascoltando l'Armando e altra musica leggera.
Sarà così leggera che mi farà
superare volando 4 chilometri di dislivello e 100 chilometri di
distanza lineare senza lasciare traccia se non qualche mucchietto di
feci e qualche parola sul blog.
domenica 3 maggio 2015
Chia Laguna Half Marathon – Alla conquista del sacchetto.
Per una gara che si propone come “evento” di livello nazionale ed internazionale, ricca di un budget straordinario per il mondo del podismo sardo e giunta ormai alla quarta edizione, ho visto cose “strane”.
- I pacemaker avevano dei palloncini gonfiati a bocca e dovevano quindi tenerli su con le mani (non potevano permettersi un po' d'elio?)
- Ai ristori non davano acqua liscia ma solo quella effervescente offerta dallo sponsor. Molti podisti hanno avuto problemi di stomaco.
- Lo speaker durante le premiazioni, era nervoso, diciamo pure apertamente antipatico. Dopo ore di lavoro, forse aveva esaurito la sua dose di simpatia forzata mostrando la sua vera natura.
- Abbiamo fatto scuola. L'errore di percorso nel trail di Capoterra è stato un tale successo che la maratonina internazionale di Chia ha pensato bene di imitarci, facendo percorrere 3 chilometri in più alla maggior parte dei concorrenti della 10 km, compresi tutti i top runners.
Per il resto è stata una bella
mattinata di sport, arricchita dalla partecipazione straordinaria di
circa 3000 podisti. Dopo l'inno nazionale si parte sotto una nuvola
di coriandoli. La caccia al sacchetto è iniziata.
Foto di Arnaldo Aru |
Quando passo accanto ai primi cartelli chilometrici tiro fuori dal taschino dei pantaloncini il resto fossile di un vecchio cronometro; i primi 2 km scorrono in circa 3'50, poi si allungano fino a quasi 4'. Mi guardo intorno. Fra molti sconosciuti, riconosco qualche volto noto, qualcuno anche della mia categoria ma non so chi farà la mezza e chi invece si fermerà al decimo e mi pongo quindi in uno stato di controllo attendistico. Intanto, cerco di interpretare, guardando bene capelli e viso, la categoria degli sconosciuti. L'empasse tattica si scioglie all'ottavo chilometro, quando il percorso della 10 km si stacca e il gruppo si sfoltisce facendo sparire anche tutti i miei rivali, noti o presunti, di categoria. Il caldo si fa sentire e cominciano le salite, a tratti ripide. Sicuro che i tempi si stanno allungando, non guardo più il cronometro. Alcuni atleti sono fermi a bordo strada, cotti. Anche io sono cotto ma sono coriaceo e continuo a correre inseguendo i miei obiettivi. Al quindicesimo c'è un giro di boa che, a partire da un chilometro prima, mi permette di incrociare ed applaudire grandi campioni come Ruggero Pertile e Valeria Straneo, alcuni fra i migliori specialisti sardi come Vincenzo Tanca e Giuseppe Stara e … pochi altri! Arrivato al giro di boa, mi rendo conto che davanti a me sono davvero pochi, meno di venti, e nessuno, che io sappia, della mia categoria. Dietro invece sono tantissimi e quando li incrocio ricevo innumerevoli e graditissimi incitamenti. Non mi resta che cercare di mantenere questa posizione per raggiungere l'agognato sacchetto. Intorno a me si aggirano Efisio Erriu, sicuramente più giovane di me e Marco De Lucchi, di età indefinita. Per un po' resisto ma alla fine la domanda da sacchettaro è inevitabile: “sei master 50?” “no, tranquillo sono 45”. Stabilita la tregua, l'adrenalina ha assunto un retrogusto di camomilla e non mi è rimasto che correre tranquillamente fino al traguardo. Il tempo che leggo sul cronometro posto all'arrivo, 1h27'40, è davvero mediocre ma mi consolo ampiamente con un 15esimo posto assoluto (su un migliaio di partenti) e, soprattutto, con un primo su 115 di categoria: il sacchetto è conquistato. Ma c'era un altro obiettivo che mi ha spinto su per le calde salite e mi ha sostenuto quando la stanchezza cercava di buttarmi giù. Le piacevoli chiacchiere del dopo gara e il buffet sotto il sole battente, non mi distolgono da quell'idea. Ci dovrebbe essere tempo prima delle premiazioni. No, non è la solita birra fresca.
Quando entro nell'acqua, il calore
accumulato da ore di sole sulla pelle, di lavoro muscolare, di
sfregamenti articolari, viene finalmente dissipato nell'acqua gelida.
I muscoli si rilassano nella gravità zero del galleggiamento. La
perfetta trasparenza dell'acqua proietta effetti spettacolari di luci
e colori che illuminano uno dei tuffi in mare più piacevoli che io
ricordi.
venerdì 1 maggio 2015
L'importante non è vincere ma partecipare con spirito vincente.
Ero facile in testa. Dietro di me una
quindicina di atleti, non di più. Giuseppe, il più forte degli
altri non lo vedevo da qualche chilometro. Avrei vinto, certo, ma
senza grande soddisfazione. Quando mancavano circa 4 degli 11 km del
percorso, sono arrivato ad un bivio. I nastri erano da entrambe le
parti. Mi sono fermato qualche secondo per cercare di capire e alla
fine ho scelto il sentiero di sinistra perché era segnato anche da
una freccia. Non ero per niente sicuro della scelta anche perché mi
sembrava di essere già passato da lì. Dopo circa 500 metri ho visto
davanti a me le schiene di altri podisti e il dubbio è diventato
certezza – stavo facendo un secondo giro! Ho fatto inversione.
Sapevo che i 5 minuti persi mi sarebbero costati quasi sicuramente la
vittoria ma non mi son fatto prendere dalla rabbia né dallo
sconforto. Anzi, finalmente iniziava una bella sfida! Appena
rientrato sul percorso mi sono buttato all'inseguimento. In uno
strappo in salita ho superato di slancio Maria Grazia e poi giù a
capofitto. In breve ho raggiunto e superato Ezio e poi Giuseppe,
anche lui vittima del mio stesso errore. Davanti, in fondo ad un
lungo rettilineo di almeno 400 metri, ho scorto Luca,
inconsapevolmente primo. Lo spirito vincente mi ha fatto incrementare
ulteriormente il passo. Le gambe correvano a meraviglia e Luca si
avvicinava a vista d'occhio. All'ultima curva era a meno di 100
metri, ma il traguardo, l'unico in grado di fermare il mio spirito
vincente, era subito lì dietro.
A parte il gusto di correre – che c'è
sempre – quant'è meglio un secondo posto, combattuto, sudato,
cercato con impegno, di una facile vittoria? Quanto aveva ragione
Decoubertin quando diceva “l'importante non è vincere ma
partecipare con spirito vincente”.
Questo pensavo … almeno fino al
momento delle premiazioni (grrr, Luca ha portato a casa 3 bottiglie
di vino e io solo 2 … maledetto!)
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