venerdì 29 maggio 2015

Vento a favore

Da Firenze, ovest-sud-ovest, ci spingerà, a 15 Km/h, verso est-nord-est dov'è situata Faenza. Gonfierò le bolle dei piedi, mi scrollerò di dosso tutti i bosoni di Higgs e volerò via col vento. Soffiate amici, continuate a soffiare.

mercoledì 27 maggio 2015

L'ultimo passatore

Un viaggio di 100 km comincia da sotto il piede … ed è proprio lì infatti che ho già la vescica.
La meta del viaggio sarà Faenza. Ma Faenza non è niente più che una graziosa cittadina e allora forse più che una vera meta sarà un traguardo intermedio, un nuovo inizio, un mezzo per raggiungere altre mete. Insomma, fa parte del viaggio, come tutto quello che lo ha preceduto e ciò che seguirà. Il Sardinia Trail, poi il trail del Sarcidano, il Noraman, fanno parte del percorso che ho seguito per raggiungere Firenze e poi, ovviamente, il percorso continuerà salendo sui colli di Fiesole e poi attraverso l'appennino per scendere in Romagna verso Faenza e da lì il continuerà per arrivare all'ironman e poi ad un altro ironman … .
L'importante è il viaggio e, se leggete questo blog, avrete capito che il mio percorso per arrivare fin qui, la cosiddetta “preparazione per il passatore” è stata tutt'altro che un sacrificio. Certo qualche dolorino e un po' di sana fatica ci sono stati, ma anche molto piacere, grandi soddisfazioni, momenti di vita intensa.
Grazie a questo, partirò senza nessuna ansia, con leggerezza. Sono curioso di scoprire cosa c'è al di là del sessantacinquesimo chilometro, un territorio per me inesplorato. Spero che sia meraviglioso … ma se ci dovessi trovare solo sofferenza, non lascerò che questa mi trasformi in un verme per arrivare strisciando: non ho niente da dimostrare a me stesso, né ad altri. Se non dovessi farcela, vorrà dire che non arriverò mai correndo a Faenza o magari mai a correre 100 km. Pazienza. Le quotazioni del mio seme si abbasserebbero un po' ma non importa, sono alle stelle.
Credo però che questa volta ce la farò. Di sicuro proverò, con determinazione, ad arrivare al traguardo. In valigia metterò un cavatappi per stappare almeno una delle tre bottiglie di vino che spettano a chi arriva al traguardo.

Prosit.

domenica 24 maggio 2015

Noraman 70.3 – Triathlon Medio dei Fenici.

A proposito di tabelle di preparazione dettate dai miei istinti velleitari (se qualcuno ne vuole, …) dovevo decidere cosa fare con la mezza maratona di Pula di ieri sera. Non partecipare non era contemplato: una gara bella, ben organizzata, molto partecipata, vicino a casa, non potevo certo perderla. Farla veloce, oltre che banale, sarebbe stato inutile: non sarebbe stata né una bella gara – non avendo preparazione specifica – né un allenamento utile a una settimana scarsa dal passatore. Non mi restava che farla piano: provare a correre 21 km a ritmo passatore con le scarpe nuove non era una cattiva idea. Ma mi vedete a correre a 5' al km lasciandomi superare senza reagire da centinaia di atleti meno forti di me? Io no, a meno che … l'unico modo per correrla lentamente senza reagire era partire stanco e allora ho pensato di trasformarla nell'ultima frazione di un mio triathlon medio privato. Insomma, può sembrare una smargiassata, ma non avevo altra scelta. Un allenamento di questo tipo è utile in vista del passatore per abituarmi a correre lentamente, con le riserve energetiche ridotte dalle frazioni precedenti, partendo di pomeriggio e senza massacrare troppo le gambe. Ovviamente è un allenamento molto utile anche per il triathlon, con le prossime gare che si avvicinano più veloci del previsto.
L'orario, 7 di sera, e la location, Pula a 3 km dalla baia di Nora dove nuoto molto volentieri e dai miei soliti giri in bici, mi hanno facilitato molto l'organizzazione dell'evento. Ecco il programma del Noraman 70.3:

Ore 14.30 parcheggio in T2 (vicino alla “partenza – arrivo” della maratonina. Trasferimento in T1 (baia di Nora a 3 km) in bici con la muta nello zaino.
Ore 15.00 partenza nuoto
Ore 15.40 fine nuoto e trasferimento in bici alla macchina per lasciare la muta
Ore 16.00 partenza bici
Ore 18.30 fine bici, e cambio
Ore 19.00 Partenza corsa
Ore 21.30 Premiazioni.

A causa del forte vento di maestrale, l'organizzazione ha predisposto un paio di modifiche al percorso previsto. Il percorso del nuoto, anzichè verso il largo spalle al vento, con il rischio di ritrovarmi in africa, si svolge parallelo alla spiaggia di Nora, ripercorrendo due volte tutta la lunghezza della spiaggia per un totale di poco superiore ai 1.500 metri.
Quello della bici, dopo essere passato per Teulada, invece di rientrare per la litoranea, fa inversione a U per evitare le raffiche potenzialmente micidiali della strada che segue la costa.

Bello il nuoto, l'assenza di avversari mi ha consentito di prendere il mio ritmo, tranquillo con bracciate lunghe e soprattutto lente; il vento da terra, nuotando a ridosso della spiaggia, non faceva onda e l'acqua era bella trasparente e celeste. Dovevo solo respirare facendo attenzione a direzionare l'apertura orale ortogonale al vento per evitare che il mare ci si svuotasse dentro, come fosse lo scarico di una vasca da bagno. Esco dall'acqua in 40'. Mentre tolgo la muta, il vento di maestrale assorbe calore dal mio completino da triathlon bagnato e comincio a tremare. Dopo qualche tentativo fallito a causa del tremore delle mani, riesco ad infilare la muta nello zaino, a togliere il lucchetto della bici e a ripartire rispettando i tempi previsti e poco prima delle 16, lasciata la muta in macchina, comincio la frazione di bici ancora infreddolito. Il vento si fa sentire davvero forte. Le raffiche a 40km/h, quando sono laterali, mettono in difficoltà l'equilibrio. Rinuncio subito alla posizione “crono”, troppo pericolosa, e devo stare molto attento anche solo a togliere una mano dal manubrio per prendere la borraccia. Per tutto il percorso d'andata, il vento è per lo più contrario. Faccio fatica e riduco il ritmo per non spremermi troppo. La salita verso la casa cantoniera fra Domus de Maria e Teulada col vento contrario è molto faticosa. Anche in discesa vado piano perché quando, in curva, la direzione del moto cambia rispetto a quella del vento, anche l'inclinazione della bici deve cambiare per non alterare l'equilibrio e finire per terra. In compenso il rientro col vento di spalle è piacevole e veloce e riesco a rientrare nei tempi previsti senza forzare eccessivamente. Cambio le scarpe, metto la canottiera della società sopra al completino da triathlon, un gel in tasca e sono pronto per l'ultima frazione, la mezza di Pula. I dolorini alla schiena e alle braccia che sentivo alla fine della frazione di bici, piano piano si attenuano e anche le gambe non protestano più di tanto. Questa frazione non sarò da solo, anzi. Siamo più di 500 alla partenza. Nell'assembramento pre gara, non avendo ambizioni di classifica, mi posiziono a centro gruppo, tanto sono stanco, tanto devo andare piano … lo sparo dello starter spazza via tutti i propositi di prudenza e faccio il possibile per districarmi fra la folla di podisti lenti, recuperando, nei primi 3 chilometri, centinaia di posizioni; non ho riferimenti cronometrici ma, a giudicare dai podisti che ora ho intorno, ho corso questa prima parte sicuramente sotto i 3'50 al km (altro che ritmo passatore, 5' al km, bla bla bla) decido allora di smettere di superare e di sistemarmi lì insieme a Davide Ecca e Francesco Mudu.
Col passare dei chilometri, sento il serbatoio che, progressivamente, si svuota. Intorno al dodicesimo chilometro rallento leggermente, lasciandomi staccare da Davide e Francesco, ma perdo terreno molto lentamente e dietro, per un lungo tratto, non si vede nessuno. Intorno al diciottesimo chilometro, mi raggiungono in due, di cui uno seguito in bici dall'allenatore che continua a incitarlo; provo a far finta che le urla dell'allenatore siano per me ma, che orrore, non lo sopporto proprio, preferisco naufragare in pace! All'ultimo chilometro mi raggiungono altri due e provo il solito allungo finale. Dura 500 metri poi devo rallentare: sono vuoto. Mi superano anche loro e, per fortuna, arriva il traguardo. Ho chiuso la mezza in 1h25, tempo mediocre in sé ma ottimo come terza frazione di un triathlon medio. In un triathlon vero, con una corsa così avrei avuto in più la soddisfazione di superare in continuazione atleti stremati, mentre qui è successo l'opposto; pazienza. Comunque, ciliegina sulla torta, sono stato premiato come secondo di categoria M50. Cosa vuoi più dalla vita? Birra gratis? Ebbene c'era anche quella! Siccome non riempivano completamente il bicchiere, sono dovuto tornare sei volte.

sabato 23 maggio 2015

Isili - Trail Running Sarcidano. Solo un allenamento

Fra il 10 maggio dell'ultima tappa del Sardinia trail e il 30 maggio del passatore, ci sono tre settimane: una di recupero dopo il trail, una di scarico prima del passatore e una di … ??. Inventarsi un piano di allenamento in un contesto così particolare senza vere nozioni in materia, implicherebbe scelte arbitrarie. Tanto vale affidarsi all'improvvisazione e agli istinti velleitari. Il calendario gare offre, il 17, a Isili, il campionato regionale trail, una gara di 19 km con circa 500m di dislivello su un percorso bello, vario, non troppo tecnico e molto panoramico. Le gambe si stanno appena riprendendo dalla fatica e la contrattura al polpaccio si fa sentire ancora, per cui esito fino all'ultimo momento. Poi decido di partecipare ma, ovviamente, solo come allenamento.
Prima di tutte le gare e, a maggior ragione, se sono di campionato, si studiano gli avversari, in particolare quelli di categoria. Per me sarà solo un allenamento però intanto vediamo chi c'è. Fra quelli forti, vedo Mario Sanna, l'ideatore del percorso, ancora in abiti civili. “Ma oggi corri?” Chiedo con nonchalance. “No, fra due settimane c'è il passatore …” ecco uno con le idee chiare. Poi esamino Antonio Foddi: mi dice che non è ancora in gran forma; anche io lo rassicuro sulla mia scarsa competitività: “ho ancora le gambe stanche dal Sardinia trail … sto preparando il passatore, ho il fondo ma mi manca la velocità.” Insomma la sfida è già cominciata e, a meno di sorprese, ce la giocheremo noi due. Volevo dire: “ce la saremmo giocata”, dimenticavo che per me sarà solo un allenamento. Alla partenza si corre su asfalto sotto una leggera pioggerella; mi accodo al gruppo di testa ma corrono un po' troppo forte e mi lascio staccare: è solo un allenamento, non devo forzare troppo. Quando la strada comincia a salire, mi raggiunge Antonio.
L'idea di farmi un allenamento tranquillo è tramontata
in quell'istante. 
Foto di Antonio Cuccu
L'idea di farmi un allenamento tranquillo è tramontata in quell'istante. Mi toccherà soffrire. Antonio sale forte e nonostante io provi a resistere, mi stacca. Anche sulle pendenze più ripide continua a guadagnare terreno. Quando si arriva sull'altopiano, la vista si allarga sulla piana sottostante; forse potrei rilassarmi, riprendere un ritmo tranquillo, da allenamento, tanto Antonio oggi è più forte. Ma i 100 metri di vantaggio che aveva preso in salita, non aumentano: continuo a vederlo davanti a me e, anzi, quando la strada scende si avvicina. Avrei voluto evitare di forzare in discesa, ma come si fa col titolo regionale a portata di mano? Dopo aver attraversato l'altopiano, la strada si inclina, aerea, verso il paese sottostante e mollo i freni fino a raggiungere Antonio. Mi dice che in discesa non riesce a spingere. Gli dico che di sicuro mi supererà alla prossima salita. Quando il percorso esce dalla strada per infilarsi in un divertente sentierino in saliscendi, ho un piccolo vantaggio. Poi, appena si ricomincia a salire sul serio e la strada si allarga, Antonio mi risupera con un buon passo. Sull'ultimo strappo duro, io sono costretto a camminare e non lo vedo più. Non dispero. Siamo decisamente più alti dell'abitato di Isili, quindi ora si scenderà fino al traguardo.


Giù all'inseguimento! Foto di Arnaldo Aru
La discesa mi è amica, gonfio i muscoli con la forza della gravità e lo raggiungo. Mi butto giù in un'ultimo breve tratto ripido per superarlo e poi continuo forzando. Ultimo km. La discesa è finita ma ho qualche secondo di margine e, spingendo a tutta, riesco a tenerlo fino al traguardo. Arrivo decimo e primo di categoria: sono campione regionale M50 di trail running. Che dire … proprio un bell'allenamento!
Foto di Antonio Cuccu

mercoledì 20 maggio 2015

Sardinia trail – terza tappa.

Finalmente libero, non dal dolore amen, ma almeno parto senza cellophane né bende elastiche.
La tattica per le prime fasi di gara è stabilita a tavolino. Mi ricordo che, poco dopo la partenza, il percorso entra in un sentierino in ripida salita; se parto piano come ieri, mi sarà difficile recuperare posizioni. Allora cerco di forzare un po' all'inizio, sulla spiaggia di Marina di Tertenia e poi sul breve tratto d'asfalto che porta all'imbocco del sentiero.
Quando inizia la salita sono intorno alla quindicesima posizione ma sono già sfatto. Il caldo mi sta sciogliendo: il sudore scende in un flusso continuo e mi domando cosa resterà di me. Come in un dejavu, davanti ho K e dietro Teo che incombe. A metà salita decido di rallentare per non sciogliermi in una pozzetta nera ribollente e poi con un'ultima fumata evaporare senza lasciar traccia. Lascio passare Teo; altro che recuperargli dieci minuti … oggi mi massacra, penso. Ma non vale la pena soffrire troppo, preferisco godermi il paesaggio. Il posto è bellissimo il sentiero corre, divertente, in mezzo ad un boschetto fra rocce spettacolari e, sotto, quasi in verticale, l'azzurro del mare. L'ombra mi rinfranca e dopo le prime discese tecniche dove vedo Teo e K scendere a bomba, il sentiero sbuca in una carrozzabile in leggera salita. Mi raggiunge da dietro anche la fortissima Maria “catena” Pizzino. Oggi non è giornata, penso. Appena però la pendenza aumenta di nuovo, ingrano le natiche e con mia sorpresa guadagno terreno senza fatica. Stacco Catena, poi, dopo averle riportato il logo di “never stop smiling on trails” che le era caduto insieme al sorriso, lascio anche K; raggiungo facilmente Teo che però mi si attacca dietro tenace. La salita continua, raggiungiamo e superiamo di slancio Fabio, il decimo in classifica. Nel tratto più ripido Teo finalmente si stacca. Sono sicuro che mi riprenderà in discesa, ma intanto continuando a forzare, raggiungo e supero Gavino venuto solo per questa tappa. La strada spiana e so che la mia spinta, col calare della pendenza, diventa meno efficace. Sento avvicinarsi da dietro dei passi leggeri. Ecco Teo, penso, ma non è lui, è qualcuno di molto meglio!
“Hai sbagliato strada?” Chiedo. “Non è una novità. Certo che se gli addetti al percorso invece di giocare a briscola mi avessero indicato la strada … ” risponde con un sorriso.
“Vai campione!” Gli dico e mi lascio superare ma la strada proprio in quel momento diventa di nuovo ripida. Ingrano allora di nuovo le natiche e riesco a spingere meglio e a non farmi staccare. Anzi. È il momento più bello di tutta la gara. Sentire il fiato affannato e la fatica di Marco Olmo nella salita, scoprire che non è un marziano ma un uomo che suda e ansima come noi e che con impegno, sofferenza, agonismo, piacere della corsa ha ottenuto e continua ad ottenere risultati straordinari. Si impegnava anche per superare me e poi per non farsi staccare nella salita ripida.
Superiamo di slancio Alessandro che sta camminando. Riesco a staccare il mito, sia pure di poco e per poco, fino alla fine della salita, fino al ristoro dove avevo programmato di fermarmi a riempire il camel bag per non rischiare la disidratazione, e poi lo vedo allontanarsi leggero nella discesa mentre le mia gambe pesanti mi impediscono il volo. Lo seguo a distanza nei tratti tecnici per riavvicinarmi nel finale, quando il percorso torna sulla spiaggia. Mi sento ancora relativamente fresco e sul bagnasciuga riesco a tenere un buon passo. Mi sarebbe piaciuto molto raggiungerlo per fargli un inchino al traguardo ma non me lo ha permesso.
Sono arrivato sesto, mezzo minuto dietro a Marco che però sembra più stanco di me. Gli dico “complimenti! Se però la prossima volta fai 200 metri di strada sbagliata in più forse riuscirò ad arrivare con te!” Sorride. Dietro di noi c'è il vuoto. Abbraccio Stefano, arrivato prima di me. Lo sento sudato ma è acqua di mare. Mi butto in mare anche io. È bello vedere gli arrivi, emozionati ed emozionanti. Alessandro, Fabio, Giuseppe, poi le prime donne K e catena insieme a braccetto con le scarpe in mano … Teo non è ancora arrivato. Non mi interessa davvero batterlo, ma la nostra sfida è parte del copione, lo abbiamo detto tante volte. Eccolo. Lancia le scarpe e si lascia cadere, stremato. Saranno passati i dieci minuti che aveva di vantaggio su di me? Il mio sorriso glielo fa capire prima ancora che io apra bocca. “Sono quattordici, mi spiace”.

“Diciottesimo, poi decimo, oggi sesto e relativamente fresco; domani salirò sul podio” “oggi era l'ultima” “ah, peccato!”

lunedì 18 maggio 2015

Sardinia trail – intermezzo piacevole

Dopo averlo lasciato semi-deserto, al rientro troviamo il resort che pullula di gente.
Molti hanno il passo più pesante di noi ma, mentre la nostra pesantezza si nasconde nelle gambe, la loro si mostra, ben evidente, sul ventre e allora non c'è discussione, le sdraio sono per loro, ne hanno bisogno.
Il dolore al polpaccio continua ma ora è democraticamente mescolato con altri dolori e lo sento meno. Oggi niente massaggio. Mi limito a tuffarmi nell'enorme borsa del ghiaccio del mare ogliastrino e ad allungare in continuazione il polpaccio. A furia di stirarlo, credo stia diventando più lungo di quello di Michael Jordan!
Quest'anno il soggiorno è davvero piacevole. In confronto a Lanusei downtown, location dell'anno scorso, si sta meglio qui a Marina di Cardedu. C'è più spazio per stare insieme, la piscina, il mare …
dopo 2 giorni di convivenza il gruppo dei trailers è più unito. Anche il gruppo dei cagliaritani finalmente comincia ad aprirsi e a mescolarsi con altri: veneti, toscani, spagnoli … abbiamo perfino scambiato qualche parola con dei sassaresi! Anche Marco Olmo, simpatico orso, si apre e ci racconta le sue esperienze nel deserto. Per abituarsi all'autosufficienza, con sollievo della moglie (l'ha detto lei), ha passato il mese che precede la Marathon des Sables dormendo sul pavimento … per non essere da meno, stanotte molti dormiranno per terra.
Viene esposta la classifica. Sono undicesimo a 3 minuti dal decimo. Premiano solo i primi 5 per cui arrivare nei primi dieci sarebbe solo una questione d'onore numerico. Più stimolante la sfida con Teo anche se ormai sembra persa. Recuperare 10 minuti in una tappa “corta” come quella di domani a uno tosto come lui con le gambe doloranti e le scarpe rotte mi sembra quasi impossibile. Però, la soddisfazione sarebbe enorme, per cui ci proverò.
Alle 19.30 apre il buffet della cena e già 5 minuti prima siamo ammucchiati all'ingresso del ristorante con la salivazione a mille. Oggi il buffet è ancora più ricco degli altri giorni: oltre alla solita scelta, troviamo anche culurgiones, porchetto, sebadas, vino in bottiglia … a parte qualcuno della top five, nessuno sembra aver letto il libro di Speciani sull'alimentazione dell'atleta prima e dopo la gara e l'abbuffata è libera e goduriosa.

La presenza di ragazzini nella stanza accanto e, soprattutto, il tono delle loro voci mi fa presagire una nottata difficile. Alle 21 nella stanza 173 della casa di riposo suona il coprifuoco. Alle 21.30 siamo nel letto con la luce spenta. Una mezz'oretta dopo squilla il telefono. Rispondo e sento la voce di un ragazzino che, per far credere di essere un adulto, parla con una voce tipo Homer Simpson (forse l'unico adulto che abbia mai ascoltato davvero). “Stanza 173?” Dice. “Senti ragazzino, stiamo cercando di dormire per cui vedi di non rompere” rispondo e attacco. Dopo un altro quarto d'ora il telefono squilla di nuovo. Non lo lascio parlare. Dico “Spero che i tuoi genitori siano d'accordo, perché domattina mi informo da quale stanza viene questa chiamata e li avviso”. Attacco, stacco il telefono e mi rimetto a dormire. Qualche ora dopo il telefono squilla ancora. Lo scherzo finale, quello più idiota, me lo sono fatto da solo, dimenticando la sveglia del cellulare impostata alle 5.30 del mattino.

sabato 16 maggio 2015

Sardinia trail - seconda tappa

Spazi immensi. Tutte le foto sono del grande Luca Maini. Grazie.
Spazi immensi; per tre quarti la vista si estende fino a perdersi nella distanza fermandosi solo per l'accumulo di strati d'aria spessi decine di chilometri. Solo verso nord l'orizzonte si avvicina salendo su in cima al monte. Non ci sono alberi né siepi a escludere lo sguardo, solo un piccolo cespuglio. Al di là, i panorami riprendono infiniti, il profumo di timo sovrasta ogni odore mentre io sto lì accoccolato … . Dopo questa maestosa cagata, mi avvio alla partenza, cauto e dolente. Vedo il nostro Gerva che parte in fuga inseguito a qualche decina di metri dai favoriti. Poi via via si sgranano altri gruppetti e, oltre la ventesima posizione, impaccato col cellophane, ci sono io. La pellicola trasparente, per effetto serra, riscalda il polpaccio, attenuando velocemente il dolore.
Non riesco a trattenermi e appena il dolore me lo permette allungo il passo fino a raggiungere la nuova soglia del dolore. È il dolorimetro del polpaccio che decide l'andatura. Sono condizionato da questo e appena il dolore si attenua mi lancio giù per la discesa recuperando posizioni. Raggiungo Silvia, partita prudente come al solito, scambio due parole con lei e riparto; poi raggiungo e stacco il gruppetto successivo con Teo che sembra non reagire (mai fidarsi); continuo veloce e, alla fine della prima discesa raggiungo il mitico Marco Olmo seguito da un paio di Giuseppe. Comincia la salita e con mia sorpresa il dolore si attenua ulteriormente. Riesco a spingere bene e a staccare i miei nuovi compagni. Mi sembra di volare, mi sento un miracolato e alla fine dello strappo più duro, come Lazzaro si libera del sudario, o la mummia del film dalle fasce, decido di togliere il cellophane. Non so se sia stato per quest'operazione o per il cambio di pendenza, ma subito il dolorimetro mi ha imposto di rallentare. Ora seguo a fatica Marco Olmo e Giuseppe Taras e insieme raggiungiamo e superiamo la fortissima K (Konstanze), prima fra le donne, e Alessandro. Davanti a noi, imprendibili, sono solo in 4. Anzi 5, in quanto Marco Olmo, apparentemente senza sforzo, si è liberato della nostra compagnia riconquistando la sua cara solitudine di re del deserto. Appena inizia la discesa successiva ho già perso tutta la freschezza e mi staccano anche i due toscani Giuseppe e Alessandro. Sento un sassolino che da dietro si insinua nella scarpa. Ad ogni passo scende un pochino fino ad assestarsi sotto la parte posteriore del tallone. Non dà troppo fastidio e decido di portarlo con me. Fa compagnia. Sono ottavo e voglio provare a restare nella top ten. Il dolore al polpaccio è ora accompagnato da un indolenzimento muscolare dei quadricipiti e da una sensazione di cottura dovuta soprattutto all'irraggiamento diretto del sole sulla pelle. La strada è piacevole, l'ambiente collinare è arricchito da alberi maestosi e da sorgenti da tre stelle Michelin, ricche di acqua freschissima, che valgono una deviazione e forse anche tutto il viaggio ma, nonostante questo, scorre lentissima.
Sorgente a tre stelle
Quando K mi supera mi informa che siamo al quattordicesimo chilometro. “Solo?” Sono già stanco, ne mancano ancora il doppio e posso farmi superare da un altro soltanto: sarà dura! Un lungo tratto in asfalto mette a dura prova la mia forza di volontà. Per fortuna c'è lui, il sassolino, che a seconda della pendenza, si sistema più o meno avanti. “Ma dove vuoi andare?” Gli dico. “Se fai il bravo ti porto in cima al Gennargentu e tu, insignificante sassolino, diventerai la cima più alta della Sardegna”. Sempre più solo; davanti K è sempre più lontana e anche dietro sono molto distanti. Cerco la compagnia dell'Armando ma mi esce a pezzi e col ritmo sbagliato. Resto solo col mio sassolino. Dopo un'altra eternità arrivo al ristoro del ventesimo km. L'asfalto è finito e ora si corre, sempre in salita, su una carrozzabile sterrata. La montagna incombe sempre più vicina e molto più alta di me. Non c'è scampo. Dovremo passare per il punto più alto di tutta la Sardegna e quindi almeno fin lassù. K non si allontana più e anche da dietro scorgo qualcuno che si avvicina. Per fortuna è solo; uno solo va bene, se anche mi supera sarò decimo. Dal passo, riconosco Teo. Mi fa piacere che sia lui anche se so che un suo eventuale sorpasso mi costerà almeno una serata di allegre prese in giro. Basta stupido sassolino, ora si fa la gara. Mi fermo per toglierlo dalla scarpa lasciandolo in quel nuovo ambiente e riparto prima che Teo mi raggiunga. “Non ti aspetto” gli dico “mi devi raggiungere tu”. “Vai, vai tranquillo” mi dice “sono morto” ma in breve mi raggiunge (mai fidarsi di Teo). Siamo al trentesimo e la strada lascia posto ad una mulattiera. È il pezzo più duro e, a parte brevi tratti, si cammina. Siamo molto stanchi entrambi e ci alterniamo in testa. K è sempre più vicina mentre dietro non si vede nessuno.
Verso arcu Gennargentu
La salita più ripida finisce e comincia il pezzo più bello di tutto il trail. Un traverso in lieve salita ci porta al passo di “arcu Gennargentu” dove si apre la vista verso la costa orientale e un fortissimo vento di maestrale ci rinfresca la pelle; il sentiero è sempre più bello, lastricato come una strada romana in mezzo alla pietraia. Mi fermo a bere ad un'altra magnifica e copiosa sorgente e Teo passa. Si sfiorano grosse chiazze di neve e poi ci si inerpica su verso la croce. Sarà il paesaggio aereo, l'aria frizzante, ma mi sento di nuovo volare. Aumento facilmente il ritmo, supero e stacco Teo e poco prima della croce raggiungo e supero la bravissima K, molto stanca ma ancora veloce. La sensazione di volare è giustificata: sono arrivato sulla cima più alta della Sardegna! In cima l'accoglienza è festosa e la vista indescrivibile.
Il sentiero di cresta
Dopo un breve tratto di cresta, tecnico e spettacolare inizia la vera discesa; sono ancora euforico e mi butto giù tagliando anche qualche curva. Oggi ho sostituito le scarpe da trail squarciate con delle scarpe da strada ancora più vecchie, con la suola liscia e l'ammortizzatore scarico; anche le gambe sono vecchie e irrigidite dalla fatica. Ho finito di volare; mi sentivo aquila ma ero pollo e sono già di nuovo a razzolare a terra. Dietro K si avvicina e anche Teo non è lontano: sono loro ora che volano. Alla fine della discesa ripida il sentiero sbuca in una graziosa piccola valle percorsa da un torrente fiancheggiato da una lunga linea di ontani. Subito
La valle degli ontani
all'imbocco della valle c'è una sorgente e mi fermo come al solito a fare il pieno di fresco. K non si ferma e passa. Avrei voluto accompagnarla al traguardo ma scende meglio di me e non riesco a seguirla. La pendenza diminuisce e i dolori aumentano. Da dietro mi raggiunge anche Teo. Mi sposto per farlo passare mentre lui sta già passando da quella parte. Ci scontriamo senza danni, ma è l'occasione per l'ennesima presa in giro “Assassino! Mi vuoi buttare giù?” Ultimi 5 chilometri, facili, in leggera discesa ma lunghi. Vedo Teo che raggiunge K, la stacca ma poi l'aspetta. Sono sempre più lontani. Io penso solo a limitare i danni cercando di tenere un ritmo decente ma il meno traumatico possibile. Domani si dovrà correre ancora e sarà dura. Vedo due trailer che corrono in senso opposto urlando festosamente. Solo quando sono vicinissimi riconosco Checco e Gianni che riescono a strapparmi un sorriso. Ora però sento anche un dolorino addominale che, ad ogni passo, mi punge il bassoventre. Forse dovrei fermarmi ma finalmente vedo le bandiere del traguardo vicinissime: è finita!

Finisco i 42 chilometri in decima posizione e in 4h30. Ho risalito la classifica generale fino all'undicesima posizione, a 10 minuti da Teo che è ottavo e a 3 minuti dal decimo. Sono stanchissimo ma, date le premesse, molto soddisfatto. Ringrazio Nicola, il suo massacro è servito. Mentre sta massaggiando Teo, gli chiedo se, gentilmente, può schiacciare un po' più forte, che mi ha battuto e mi piace vederlo soffrire. Poi, quando arriva, ringrazio anche Flavio. E grazie anche a voi, se siete riusciti ad arrivare fin qua.  

giovedì 14 maggio 2015

Sardinia trail – Intermezzo doloroso


Contratto a tempo indeterminato.

Primi allungamenti subito dopo l'arrivo. Foto di Lukarun
Nicola, il massacratore se la prende con quello gnocchetto di fibre muscolari che si rifugia nel mio polpaccio. Il mostriciattolo fa parte di me e si ribella. Anche il muscolo resiste: vuole tenersi quel grumo malefico perché mi vorrebbe fermo per un po'. Questa lotta fra il bene e il male, in cui il bene fa male, è come una guerra di trincea: ogni piccolo avanzamento costa perdite enormi. Non sono convinto che serva ma devo provare, domani voglio correre. Stringo con forza le barre del lettino per non urlare. Nicola, l'esorcista, maneggiando la carne con strani riti dolorosi, mi libera solo di una piccola parte del male. “Devi allungare il muscolo per farlo uscire. Senza sofferenza non ti liberi dal male, amen”.
Dopo il massaggio, mangio qualcosa; poi, quando mi alzo, non riesco neanche a camminare. Devo continuare ad allungare, soffrire ancora se domani voglio partire e divertirmi.
I relitti della room 173
Mentre io faccio piedino alla pietra per stirare il polpaccio e la pietra mi respinge con un calcio, sono tutti sdraiati a godersi il sole … Teo contento di aver finito in buona posizione, 8 minuti avanti a me, salvando la gamba; il Gerva saltellante, ottimo quarto in mezzo a mostri sacri, mezz'ora avanti a me; le fortissime ragazze del trail belle e sorridenti: tutto il podio femminile finito avanti a me; poi Giuseppe, Stefano, Emanuele …
Dopo l'arrivo degli ultimi, si torna in pulman al bel resort Perdepera “pera di pietra” per chi vuole farsi di granito in endovena. La spiaggia di Museddu è deserta, il vento è fresco e il cielo nuvoloso. Logica insegna che l'assideramento è un ottimo antidolorifico. La piscina è troppo calda e scelgo di buttarmi in mare. Ne esco vivo e anestetizzato, almeno per un po'.
Relax a bordo vasca
Il relax sui lettini a bordo vasca è piacevole anche se fatico a condividere l'entusiasmo di tutti. Mi sento più vicino a Emanuele e Giuseppe, forse gli unici che stanno peggio di me e – per pura coincidenza – miei compagni di stanza dell'anno scorso e di quest'anno.
La mattina il dolore è ancora vivo; dopo un'ennesima serie di allungamenti, passo da “su dottori” Flavio, laurea ad honorem in infortunistica sportiva confidando nelle sue arti magiche e nella sua ricca farmacia e ne esco col polpaccio medicato e avvolto nel cellophane come un'arista di maiale. Altro che “taping”, qui siamo alla confezione alimentare, manca solo il fiocco per farne un pacco regalo. Chi lo vuole? In tempi di precarietà dovrebbe essere molto richiesto. È un polpaccio contratto a tempo indeterminato. Per sciogliere un muscolo contratto a tempo indeterminato ci vuole la giusta causa. E io ce l'ho. Devo attraversare le montagne.
Quasi pronto per il banco macelleria:
manca solo la vaschetta di polistirolo 
Scendo dal pulman aggrappato alle ringhiere. Dovrò correre 42 km in queste condizioni e, se non ricordo male, non ci sono ringhiere per scendere da punta La Marmora. Un'idea sola mi consola: l'anno scorso stavo peggio.  

martedì 12 maggio 2015

Sardinia trail - prima tappa

Scarpe rotte e pur bisogna andar …

Sta per partire la prima tappa. Mentre calzo la scarpa destra, noto uno squarcio laterale di 3 cm da cui spunta la calza. A proposito, devo ricordarmi di non sudare troppo che quelle calze le dovrò riciclare: ne ho solo 2 paia per le 3 tappe, le sole senza buchi che ero riuscito a trovare nei miei cassetti. Dentro le calze, le unghie dei piedi stanno crescendo a ostrica con strati di spessore differente che un attento esame paleo-istologico potrebbe correlare con l'epoca delle varie cadute, ma non ho avuto tempo per la pedicure. I pantaloncini da triathlon reggono, nonostante il fondello sia ormai ridotto a cartavetro. Quelli di ricambio hanno un buco e dovrò usarli con le mutande per non esibire parti intime. In confronto agli altri sembro uno straccione ma l'essenza del trail è un'altra, è il movimento del corpo nella natura: “e pur bisogna andar” … veloce, possibilmente, così la foto condivisa nei social network viene mossa e non si notano i particolari.

Gambe rotte 

Alla partenza gli atleti forti si controllano. C'è la possibilità di annusare l'aria di testa e sentire il profumo della gloria. Giuseppe ne approfitta. Poi io. Vedo la deviazione a sinistra mentre il gruppo sta proseguendo dritto: “è di qua” urlo, con un secondo di ritardo, tanto basta per ritrovarmi in testa; le gambe girano bene, leggere, lungo la discesa nel bosco ma il divertimento dura poco. Dopo neanche un chilometro, un dolore improvviso mi morde il polpaccio sinistro. "Se hai un coccodrillo attaccato al polpaccio, non ti preoccupare, prima o poi si stacca da solo". Faccio finta di niente per qualche centinaio di metri sperando che si sciolga ma lui continua, sempre uguale. Rallento. Mi autodiagnostico una contrattura. Non so bene cosa fare poi decido di automedicarmi come Rambo: mi fascio il polpaccio con la benda elastica che ho nello zainetto, la taglio con i denti, e provo a ripartire. Il dolore rimane e mi impedisce di spingere con la gamba sinistra. Provo, fra i tanti passi che ho imparato, se ce ne sia uno che non mi faccia male. Mi riesce bene solo il camminato con appoggio laterale esterno, non un passo da trailer, purtroppo, ma da clown.
Mi ritrovo quasi in fondo al gruppo con una gamba sola, un passo da pagliaccio, al primo dei 100 chilometri di una gara che doveva essere il primo vero obiettivo stagionale. Never stop smiling, dice qualcuno. Forse sembrava un sorriso, stavo invece stringendo i denti per provare ad arrivare al traguardo. “Sto risparmiando muscoli e cuore” penso; “se passa, almeno i prossimi giorni mi diverto”. Con lo scorrere dei chilometri comincio ad abituarmi alla sofferenza e riesco a spingere un po' di più. Recupero posizioni, una bella coppia di svizzeri poi Antonio, Moreno, Flavio, Luca … molti, comprendendo la mia sofferenza, mi incoraggiano e questa spinta umana, insieme all'aria luminosa e alla vegetazione avvolgente, mi aiuta a continuare. Ricordo anche la sofferenza dell'anno scorso sugli stessi sentieri, più dura, più diffusa. Se ce l'ho fatta allora, oggi non ho scuse. E infatti resisto, avanzando, lento e pesante, fino all'arrivo.
Finisco diciottesimo, accolto caldamente dagli atleti arrivati prima di me, contento per essere arrivato e per aver terminato quasi tre ore di sofferenza, non sapendo che dopo l'arrivo avrei sofferto ancora di più.

Sardinia trail – intro

Avevo evocato la leggerezza e l'ho avuta. Purtroppo non come stato fisico, ma come condizione che si realizza nell'istante in cui la pesantezza svanisce. Allora si vola: la gamba spinge e il corpo sale, veloce, senza apparente fatica, senza dolore, mentre i concorrenti che un momento prima erano imbattibili, restano piantati al suolo. Il volo dura poco, basta un cambio di pendenza o un passo sbagliato che torna la sofferenza e si ripiomba a terra ma è un'esperienza esaltante
Il prezzo però è stato alto. Sono passato per le tre tappe del sardinia trail come fossero stazioni della via crucis: condanna, sofferenza e morte; solo dopo quel lungo cammino di redenzione ho lasciato la fisicità di questo corpo, le cosce pesanti, i polpacci rotondi e doloranti per rinascere Marco Olmo per qualche istante e involarmi leggero.
Bando alle metafore, ecco la cronaca.
Al primo chilometro della prima tappa mi è venuta una contrattura al polpaccio e il dolore mi ha accompagnato, come una base fissa di sottofondo, per quasi tutti i 99 chilometri rimanenti. Nei pochi momenti in cui mi ha lasciato in pace mi sembrava davvero di volare. Ecco, quando avrò un po' di tempo racconterò di questo, degli amici, del mitico Marco Olmo, della lotta spietata per risalire la classifica, ma sopratutto di sofferenza, sudore e fatica.

Insomma prima di parlare di leggerezza, voli, cagate all'aria aperta profumate al timo selvatico, panorami aerei, dovrò parlare di come ho scrostato la zuppa di cipolle dal fondo della teglia. Che centrano le cipolle? Niente; cercavo solo una metafora che rappresentasse uno sforzo lungo, sporco e tenace senza essere troppo volgare.  

mercoledì 6 maggio 2015

Sardinia trail preview - La leggerezza dell'atletica


Ci siamo quasi. Domani parto per Cardedu per la prima vera sfida dell'anno: le tre tappe del Sardinia Trail. Ricordo bene le sofferenze dell'anno scorso: l'affanno già dalla prima salita, i crampi e la spossatezza al termine della prima tappa e poi i dolori muscolari che mi hanno accompagnato dal primo all'ultimo chilometro della seconda e terza tappa.
Il dottor Cesaraccio, medico sportivo, dopo aver suggerito, con in mano un'istantanea del mio cuore “non sarà il caso di ripensare agli obiettivi?” senza che gli avessi ancora detto quali fossero, ha firmato la grazia per un altro anno. Sono idoneo! Alla pratica e alla teoria dell'atletica ma solo di quella leggera. Nessun problema. In questi dodici mesi ho imparato ad ascoltare i soffi del cuore, ho studiato nuovi passi per danzare giù per i sentieri, ho coltivato l'arte del recupero facendo ripetute di riposo e lunghi sul divano strisciando fra i cuscini, ho imparato a svuotare la testa ascoltando l'Armando e altra musica leggera.
Sarà così leggera che mi farà superare volando 4 chilometri di dislivello e 100 chilometri di distanza lineare senza lasciare traccia se non qualche mucchietto di feci e qualche parola sul blog.

domenica 3 maggio 2015

Chia Laguna Half Marathon – Alla conquista del sacchetto.


Per una gara che si propone come “evento” di livello nazionale ed internazionale, ricca di un budget straordinario per il mondo del podismo sardo e giunta ormai alla quarta edizione, ho visto cose “strane”.
  • I pacemaker avevano dei palloncini gonfiati a bocca e dovevano quindi tenerli su con le mani (non potevano permettersi un po' d'elio?)
  • Ai ristori non davano acqua liscia ma solo quella effervescente offerta dallo sponsor. Molti podisti hanno avuto problemi di stomaco.
  • Lo speaker durante le premiazioni, era nervoso, diciamo pure apertamente antipatico. Dopo ore di lavoro, forse aveva esaurito la sua dose di simpatia forzata mostrando la sua vera natura.
  • Abbiamo fatto scuola. L'errore di percorso nel trail di Capoterra è stato un tale successo che la maratonina internazionale di Chia ha pensato bene di imitarci, facendo percorrere 3 chilometri in più alla maggior parte dei concorrenti della 10 km, compresi tutti i top runners.

Per il resto è stata una bella mattinata di sport, arricchita dalla partecipazione straordinaria di circa 3000 podisti. Dopo l'inno nazionale si parte sotto una nuvola di coriandoli. La caccia al sacchetto è iniziata.
Foto di Arnaldo Aru

Quando passo accanto ai primi cartelli chilometrici tiro fuori dal taschino dei pantaloncini il resto fossile di un vecchio cronometro; i primi 2 km scorrono in circa 3'50, poi si allungano fino a quasi 4'. Mi guardo intorno. Fra molti sconosciuti, riconosco qualche volto noto, qualcuno anche della mia categoria ma non so chi farà la mezza e chi invece si fermerà al decimo e mi pongo quindi in uno stato di controllo attendistico. Intanto, cerco di interpretare, guardando bene capelli e viso, la categoria degli sconosciuti. L'empasse tattica si scioglie all'ottavo chilometro, quando il percorso della 10 km si stacca e il gruppo si sfoltisce facendo sparire anche tutti i miei rivali, noti o presunti, di categoria. Il caldo si fa sentire e cominciano le salite, a tratti ripide. Sicuro che i tempi si stanno allungando, non guardo più il cronometro. Alcuni atleti sono fermi a bordo strada, cotti. Anche io sono cotto ma sono coriaceo e continuo a correre inseguendo i miei obiettivi. Al quindicesimo c'è un giro di boa che, a partire da un chilometro prima, mi permette di incrociare ed applaudire grandi campioni come Ruggero Pertile e Valeria Straneo, alcuni fra i migliori specialisti sardi come Vincenzo Tanca e Giuseppe Stara e … pochi altri! Arrivato al giro di boa, mi rendo conto che davanti a me sono davvero pochi, meno di venti, e nessuno, che io sappia, della mia categoria. Dietro invece sono tantissimi e quando li incrocio ricevo innumerevoli e graditissimi incitamenti. Non mi resta che cercare di mantenere questa posizione per raggiungere l'agognato sacchetto. Intorno a me si aggirano Efisio Erriu, sicuramente più giovane di me e Marco De Lucchi, di età indefinita. Per un po' resisto ma alla fine la domanda da sacchettaro è inevitabile: “sei master 50?” “no, tranquillo sono 45”. Stabilita la tregua, l'adrenalina ha assunto un retrogusto di camomilla e non mi è rimasto che correre tranquillamente fino al traguardo. Il tempo che leggo sul cronometro posto all'arrivo, 1h27'40, è davvero mediocre ma mi consolo ampiamente con un 15esimo posto assoluto (su un migliaio di partenti) e, soprattutto, con un primo su 115 di categoria: il sacchetto è conquistato. Ma c'era un altro obiettivo che mi ha spinto su per le calde salite e mi ha sostenuto quando la stanchezza cercava di buttarmi giù. Le piacevoli chiacchiere del dopo gara e il buffet sotto il sole battente, non mi distolgono da quell'idea. Ci dovrebbe essere tempo prima delle premiazioni. No, non è la solita birra fresca.

Quando entro nell'acqua, il calore accumulato da ore di sole sulla pelle, di lavoro muscolare, di sfregamenti articolari, viene finalmente dissipato nell'acqua gelida. I muscoli si rilassano nella gravità zero del galleggiamento. La perfetta trasparenza dell'acqua proietta effetti spettacolari di luci e colori che illuminano uno dei tuffi in mare più piacevoli che io ricordi.

venerdì 1 maggio 2015

L'importante non è vincere ma partecipare con spirito vincente.

Ero facile in testa. Dietro di me una quindicina di atleti, non di più. Giuseppe, il più forte degli altri non lo vedevo da qualche chilometro. Avrei vinto, certo, ma senza grande soddisfazione. Quando mancavano circa 4 degli 11 km del percorso, sono arrivato ad un bivio. I nastri erano da entrambe le parti. Mi sono fermato qualche secondo per cercare di capire e alla fine ho scelto il sentiero di sinistra perché era segnato anche da una freccia. Non ero per niente sicuro della scelta anche perché mi sembrava di essere già passato da lì. Dopo circa 500 metri ho visto davanti a me le schiene di altri podisti e il dubbio è diventato certezza – stavo facendo un secondo giro! Ho fatto inversione. Sapevo che i 5 minuti persi mi sarebbero costati quasi sicuramente la vittoria ma non mi son fatto prendere dalla rabbia né dallo sconforto. Anzi, finalmente iniziava una bella sfida! Appena rientrato sul percorso mi sono buttato all'inseguimento. In uno strappo in salita ho superato di slancio Maria Grazia e poi giù a capofitto. In breve ho raggiunto e superato Ezio e poi Giuseppe, anche lui vittima del mio stesso errore. Davanti, in fondo ad un lungo rettilineo di almeno 400 metri, ho scorto Luca, inconsapevolmente primo. Lo spirito vincente mi ha fatto incrementare ulteriormente il passo. Le gambe correvano a meraviglia e Luca si avvicinava a vista d'occhio. All'ultima curva era a meno di 100 metri, ma il traguardo, l'unico in grado di fermare il mio spirito vincente, era subito lì dietro.

A parte il gusto di correre – che c'è sempre – quant'è meglio un secondo posto, combattuto, sudato, cercato con impegno, di una facile vittoria? Quanto aveva ragione Decoubertin quando diceva “l'importante non è vincere ma partecipare con spirito vincente”.

Questo pensavo … almeno fino al momento delle premiazioni (grrr, Luca ha portato a casa 3 bottiglie di vino e io solo 2 … maledetto!)