Il fango è la mamma primordiale da
cui, secondo la bibbia, l'uomo sarebbe nato. Oggi a Selargius le sue
braccia materne uscivano dalla terra a carezzarmi i polpacci cercando
di trattenermi: “dove corri, che fretta hai, stai già andando via?
Resta ancora un po', un minuto ancora …”
Tutti lo evitano come fosse merda.
Somiglia ma l'odore è diverso, sa un po' di vecchia zia. L'acqua
scioglie e libera dalla terra residui organici che un tempo forse
facevano parte dei nostri antenati: gli spiriti di grandi uomini o
forse solo le loro autorevoli feci. Altroché merda.
La mia discendenza da progenitori suini
mi ha lasciato, insieme ad altre somiglianze genetiche, un atavico
piacere nell'entrare nella melma. Mi diverte potermi inzaccherare
fino alle mutande senza che il papà mi sgridi perché il papà ora
sono io. Mi divertono le sorprese che cela, gli schizzi marroni, le
mezze scivolate; è un po' come correre al buio, i miei piedi sono reattivi e riescono a superare le insidie. Sono un figlio del fango e nonostante i 25 km corsi ieri in montagna, la mancanza di scarpe chiodate, nonostante la mancanza di allenamento specifico, sono riuscito a conquistare un insperato podio di categoria.
“Torno subito, mamma, ancora un giro; aspettami, non ti seccare … ”
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