Le gambe, crampi permettendo,
dovrebbero in teoria portarmi senza troppi problemi a correre una
cinquantina di chilometri in montagna. Ne voglio approfittare per
vedere posti nuovi, o almeno ci voglio provare.
La vita è bella perché è
stocastica; per gustarla appieno bisogna evitare di rifugiarsi
nell'abitudine, nella strada conosciuta, nella sicurezza di un
risultato o di un ritorno a casa.
A Santa Lucia incontro per caso Marta e
Alessandra che si stanno anche loro preparando a partire. “Che giro
devi fare?” Mi chiedono. “Non so, comincio a salire poi forse,
prima o poi, giro a destra”. Poco dopo incontro un bel gruppo di
podisti di Assemini che stanno rientrando. Gianluigi mi chiama:
“Presidente, quanti chilometri devi fare? 100?” “Non lo so”
Le comodità tendono, con
l'abitudine, a trasformarsi in necessità. Da piaceri diventano
schiavitù. Ogni tanto bisogna liberarsene per riuscire a risentirne
il vero sapore.
La poltrona, per il sedentario, non
è un piacere ma una necessità e perfino la corsetta giornaliera se
ripetuta sempre uguale può diventare più necessaria che bella e, in
questo, poco diversa dal gesto di fumare una sigaretta.
Continuo a salire lungo la facile
carrozzabile perché voglio andare più lontano possibile, a vedere
posti nuovi, a perdermi in sentieri sconosciuti. Solo dopo 10
chilometri mi concedo una piccola deviazione per immergermi nel bosco
e rompere la bellissima monotonia della provinciale.
La più bella delle melodie dopo
averci commosso fino alle lacrime, dopo un certo numero di ascolti
perde la capacità di emozionarci. Così anche nella vita, l'armonia
perfetta sembra un orgasmo ma quando la si raggiunge si trasforma
inevitabilmente in placida noia.
Rientro sulla strada risalendo fino al
passo. Mi sento stanco ma non ho fatto ancora venti chilometri. In
teoria posso andare ancora più lontano. Dopo 2-3 chilometri di
discesa finalmente decido che è ora di girare a destra, a cercare i
sentieri che una volta, dieci anni fa, avevo percorso in bici.
Quant'è bello
sentire i raggi del sole sulla pelle in primavera quando l'aria è
ancora fresca e nell'intimità del sentiero mi tolgo la maglietta;
sulla pelle si alternano i baci del sole e le carezze del cisto.
Nonostante
non conosca quasi per niente la zona, non riesco a perdermi. Il primo
sentiero sfiora la carrozzabile in corrispondenza del passo e
comincia subito il secondo. Azzecco d'istinto un paio di bivi e sbuco
in prossimità di Porcili Isidori. L'imbocco del terzo non è molto
evidente ma lo indovino facilmente ed è bellissimo quando si alza
percorrendo a mezza costa la verdissima valle, fra rocce e torrenti
spumeggianti. A Mitza Fanebas, dopo ore di solitudine, mi trovo per
qualche minuto, immerso nella folla di villeggianti venuti a fare un
pic-nic. Scappo verso il quarto sentiero; lo trovo sporco: il fondo è
pieno di pietre e la vegetazione lo ha invaso, rendendo difficile la
corsa. Finalmente, inseguendo la primavera, lascio la retta via per
una deviazione luminosa che però in breve si perde fra la
vegetazione.
Ne approfitto per stendermi sul prato fiorito e per fare
il primo selfie della mia vita. Inseguivo la primavera e l'ho
raggiunta. Ritorno sui miei passi ritrovando facilmente il sentiero.
Guado il torrente attento a non bagnarmi i piedi ma appena arrivato
sull'altra sponda sento che mi chiama; tolgo le scarpe e mi butto
nell'acqua freschissima. Il tom-tom mi ha abbandonato già da un po'
liberandomi dalla schiavitù del tempo.
Rientro
sulla strada. Gli ultimi 10 chilometri scorrono veloci. Il torrente
gelato ha la funzione terapeutica di anti-infiammatorio e le gambe
sono di nuovo relativamente fresche. Approfitto del fondo regolare
per volgere lo sguardo verso l'alto, verso i boschi e le montagne e
dopo quasi 5 ore rientro all'auto.
Non esiste “lieto fine”.
L'equilibrio perfetto, stabile, si raggiunge solo sul letto di morte.
Intanto, se non vogliamo sdraiarci anzitempo sul sudario, dobbiamo
muoverci, cercare posti nuovi, nuove persone o nuove sostanze che ci
sorprendano e le troveremo solo uscendo dalla pancia della gaussiana,
dalle ricette dei libri di cucina o dalle istruzioni della signorina tom-tom.
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