Sabato ho provato, per voi, il percorso
di gara della Villacidro Skyrace del 9 aprile. Per capire le
sensazioni di un runner di medio livello, ho portato la mia
controfigura: un podista anzianotto irrigidito dalla ronda.
Contento di rivedere gli amici, anche
se assetati di vendetta. Lascerò che si sfoghino contro questo
pupazzo che mi assomiglia.
Sulla prima salita di “riscaldamento”
al 30%, Zac guida con una corsetta leggera. Enrico e Teo lo seguono
con lo stesso passo. Io penso “sono pazzi” e arranco dietro
camminando. Continuo a pensare: “li lascio stancare poi li supero”
Per un po' riesco a tenere la loro andatura, poi cedo qualche metro,
finché si fermano ad aspettarmi. In termini tecnici, mi stanno
“asfaltando”. Dopo una breve discesa, si segue il profilo
orografico: la via più naturale per non bagnarsi i piedi nel rio
coxinas è seguire la linea di cresta. Non siamo pesci, siamo aquile
e voliamo sulle creste di Monte Omu, punta Margiani e Santu Miali.
Sempre più in alto. Si corre obliqui, piegati dal vento a 50 km/h e
da pendenze al 30%.
Profumo di timo selvatico riempie il
naso, balsamo per i polmoni scoppiati, viste aeree riempiono gli
occhi dalle creste spoglie. Pietre riempiono i piedi. È terreno per
capre; non avendo portato le ali, l'ideale sarebbe avere quattro
zampe motrici.
Ultima discesa. Inseguo a distanza Zac
e Teo che scendono come fulmini sul sentiero pietroso. Io soffro ma
cerco di non farmi staccare troppo. Enrico mi sta dietro e in certi
tratti mi sembra che si stia staccando. Poi mi spiegherà che stava
dietro e a distanza di sicurezza perché aveva paura che gli cadessi
addosso. Piedi, caviglie, ginocchia e cosce sono irrigiditi dalla
stanchezza in parte residua dalla ronda, in parte fresca di giornata
e il mio passo è insicuro. Mi rendo conto che qualche incapace qui
potrebbe cadere e decido di provare per loro la qualità del terreno
in caso di caduta. Inciampo col destro su una pietra e Enrico mi vede
per terra. Se lo aspettava: “ecco, lo sapevo” ma non riesco a
cadere. “Tranquillo, sono abituato a questi mezzi inciampi” ma
nell'ultimo tratto pietroso, già in vista del paese, riprovo e
questa volta finisco per terra, sulle pietre. La sensazione è di
terreno duro, non troppo abrasivo ma contundente. I punti di contatto
con le pietre del suolo lasciano una sensazione intensa di “legnata
con bastoni di rovere” che sfuma lentamente lasciando un retrogusto
di bastonata di mandorlo. Mi rialzo subito ma ho dolori al ginocchio
e alla caviglia e scendo piano piano scortato da Enrico e Teo mentre
Zac va avanti a prendere l'auto per risparmiarmi l'ultimo tratto di
asfalto in paese. Che umiliazione. Ritiro in prova percorso! Teo ed
Enrico, almeno in apparenza, si sono presi una bella rivincita.
Tranquilli, quello che hanno asfaltato non ero io ma la mia
controfigura. Io tornerò in tutto il mio splendore per la prossima
gara al Marganai.
In conclusione, percorso bellissimo e
molto duro, l'ho sentito sulla pelle. Le difficoltà non vanno
sottovalutate e qualche incapace potrebbe anche cadere. Riservato
agli amanti della montagna che verranno ampiamente ripagati dalle
sofferenze e agli amanti della sofferenza che godranno a sbattere
contro la durezza della montagna.
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