Dopo 7 km di prologo con gli amici
ultratrailer e un'altra ventina con Paolo e il gruppo dell'atletica
Pula, manca l'epilogo. Sono stanco, un po' per il ritmo sostenuto,
brillante, anche se intervallato da numerose soste per ricompattare il gruppo,
un po' per stanchezza arretrata, un po' per la bottiglia di vino che
mi sono scolato ieri sera per mandar giù tutte quelle castagne che
mangiavo per riuscire a vuotare il bicchiere. L'ultimo fondo
nell'ultimo bicchiere poi aveva un forte retrogusto di zampirone e
anche se non sono una zanzara mi ha lasciato un segno a spirale
nell'intestino.
Teo, Stefano e K. Decidono di fermarsi
e tornare a casa. Resto solo, stanco, completamente fuori zona
comfort; sono le condizioni ideali per cercare nuovi equilibri.
La prima salita mi porta, prima su strada
poi su sentiero, verso i 500m di Conca Mojo. Non riesco a salire
veloce perché mi viene l'affanno. Devo dimenticare il mio ritmo
abituale e cercare un equilibrio diverso. Ma quando sono arrivato su
pensando che per oggi ne avevo avuto abbastanza e che la strada
comoda per la discesa era ormai raggiunta, si è inserito il pilota
automatico che al bivio mi ha portato, senza esitare, nell'altra
direzione. Come una signorina tom-tom, cerco di ricalcolare una nuova
rotta che mi consenta di tornare all'auto col minor sforzo possibile.
Ma niente da fare: automaticamente, imbocco il sentiero che allunga
salendo ancora nel bosco. La stanchezza mi fa soffrire e non mi
diverto più a correre, neanche in discesa, ma non sto male. Quando
sono circondato dal bosco, con i rami che mi sfiorano o con i piedi
nell'acqua dei ruscelli, mi sento nel posto giusto. Ho raggiunto un
nuovo equilibrio fra sofferenza e piacere che mi potrebbe portare
avanti quasi all'infinito. In altre tre occasioni mi ha portato a
scegliere non già la strada più comoda ma quella più bella, senza
esitare, come se ci fossero le indicazioni segnaletiche di una gara.
È l'equilibrio che cercavo, non solo per raggiungere lo zen, ma
soprattutto per raggiungere traguardi altrimenti impossibili.
Sì, perché non si può sperare di
raggiungere un traguardo dopo 60, 90 o più chilometri senza mai
andare in crisi. Dopo ogni crisi bisogna cercare un nuovo equilibrio
e io sono contento perché oggi ne ho trovato uno buono, di quelli
che trascinano in avanti.
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