All'aeroporto di Pisa, sono con Teo,
Enrico, e Martina della rappresentativa sarda, Tito che accompagna
Martina e Rossano, anche lui in viaggio per la Ronda. “Rossano, vai
pure con Tito e Martina, che ci sono Stefano e K che ci aspettano
fuori”. Stefano è fuori dall'aeroporto, ma molto fuori. È ancora
in liguria e questo innervosisce Teo. Come mascotte, tento di
convincere Teo che tutto è a posto e al massimo in un'ora e mezza
arriveranno a prenderci.
E infatti, dopo 90 minuti di piacevole
soggiorno all'aeroporto Galileo Galilei, arrivano e finalmente si
parte per Castiglion Fiorentino. Salgo in auto con Tito, Martina e
Rossano che ci avevano aspettati.
La signorina, alle rotonde non dice mai
di andare dritto; per paura che qualcuno possa prenderla alla lettera
e seguire il diametro, dice: “prendere la seconda uscita per
proseguire dritto”, così è più chiaro. Al casello
dell'autostrada è sempre lei, la stessa voce, che ci dice dove
infilare la scheda. Tito obbedisce. Tutti obbediamo. Senza
accorgercene, siamo entrati nella dittatura della signorina tom tom.
Sbagliamo direzione, imboccando la A1
verso Bologna invece che verso Roma. La signorina si irrita perché
non la stavamo ascoltando e si vendicherà. Spero solo di non
sbagliare domani ad imboccare le scarpe A1 calzando la destra sul
piede sinistro, né ad imboccare il percorso di gara.
Ho spento il telefono, e quando lo
riaccendo, non ricordo il codice. Non l'ho dimenticato abbastanza da
rinunciare e quindi tento tutte le permutazioni dei numeri 567, una
volta più dei tentativi ammessi. “Rivolgersi al gestore”, mi
scrive la signorina. Sarò off-line, senza telefono né internet fino
a lunedì, ma almeno mi sono liberato dalla mia signorina personale;
in auto però ce ne sono altre tre che si divertono a prenderci in
giro: prima ci indirizzano su strade improbabili – mai più di un
km e mezzo sulla stessa strada – poi, trattenendosi dal ridere,
annunciano: “siete arrivati a destinazione”. Guardiamo
esterrefatti. Il punto gps inviato da Matteo per la cena risulta al
centro di un campo di foraggio. Non siamo mucche! Ho capito, è una
caccia al tesoro. Qui infatti ci viene trasmesso un nuovo punto. Non
male come inizio. La mascotte non sono io, dev'essere salita
nell'altra macchina visto che gli altri sono ormai seduti a tavola.
Quando arriviamo al palazzetto sono
quasi le 9 di sera. I gamberoni del pranzo sono ormai digeriti e me
ne rimane solo il profumo sulle dita che ogni tanto passo sotto il
naso per ricordo. Grattiamo il fondo delle pentole del pasta party e
incontriamo Matteo con il padre e Diego, il fortissimo oriundo, ora
residente in val d'Aosta, che l'anno scorso ha finito il mitico Tor
des Geants. Mi presento: “Ciao, io sono Lorenzo, la mascotte della
squadra”. Diego resta serio. Forse sembro davvero una mascotte.
“Teo, prendi la borsa al signor atleta Diego” Ho scelto il ruolo
di mascotte perché portare le borse potrebbe farmi male alla
schiena. Ma forse portare fortuna è ancora più pesante: non ne sono
proprio capace, non riesco a portare fortuna, oggi è stato un
disastro. Devo trovare un altro ruolo. Non mi resta, domani, che
trovare il modo di sembrare uno degli atleti.
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