Alla partenza, i miei obiettivi erano
chiari:
- arrivare fra i primi tre della squadra per dimostrare di non essere solo una mascotte
- arrivare fra i primi 5 vecchietti ultracinquantenni per salire sul podio e conquistare il sacchetto
- battere il molise nella classifica delle regioni
- raggiungere entro 5 ore e mezza il boccalone di birra riservato ai finisher
- ultimo ma più importante di tutti: divertirmi!
Il molise, forse per paura, non si è
neanche presentato; quindi, l'obiettivo numero 3 è stato raggiunto
senza colpo ferire.
La mattina è bella ma fredda. L'ideale
per provare la maglia termica comprata il giorno prima. Con 50 euro
di maglia termica, vuoi che non riesca a battere Teo e la sua maglia
decathlon da 20?
Mentre Enrico si scalda correndo
con i top runners, noi ci scaldiamo col calore umano della folla
ammucchiata dietro la linea di partenza. Lui partirà veloce, come al
solito e sono sicuro che non lo vedrò più fino al traguardo. Noi si
sta come spumanti a capodanno: conto alla rovescia, qualcuno toglie
il tappo e sgorghiamo.
Scena prima. Strade di Castiglion
Fiorentino. Si corre in salita verso il centro del paese. Diego mi
supera a gran velocità. Non vedrò più neanche lui, penso. Stefano
mi ha superato poco prima e Teo è partito davanti. Sono ultimo della
squadra maschile. L'incubo “mascotte” si sta realizzando. Tengo
lo sguardo attaccato a Teo, non è lontano e ci giocheremo i posti di
mascotte e portaborse. In un tratto di leggera discesa lo raggiungo e
supero con uno sguardo di sfida. Ricambia lo sguardo ma non mi segue.
Sposto lo sguardo su Stefano, l'unico dei nostri ancora in vista. Si
passa nella bella piazza del paese ma ho occhi solo per lui e lo vedo
allontanarsi.
Scena seconda. Km 4. Ora siamo nel
bosco, su un sentiero in ripida salita. È difficile superare ma
stare in coda non mi piace e colgo ogni occasione buona per passare
qualcuno. Poco avanti a me ecco di nuovo Stefano; lui sta buono in
fila, è prudente e conserva energie per dopo; io non penso al
futuro, sono qui, ora, vivo, mi diverto e lo raggiungo. Un saluto,
una mano sulla spalla e supero anche lui.
Scena terza. Ristoro del km 17. “Ciao
Lorenzo” “Ciao Diego, non ti avevo riconosciuto! Cosa fai qui? Ti
sei fermato a mangiare?” “Sì ma ora riparto”. Riparto anche
io. Poco dopo, in salita, inserisco la spinta dei glutei, lo supero e
lo perdo di vista.
Scena quarta. Sono quasi al trentesimo
chilometro.“Oh Lorè” mi volto e dietro di me si materializza
Enrico. “che ci fai là dietro??” “Mi sono dovuto fermare per
problemi intestinali, è la terza volta”. “Allora sono primo dei
sardi!” Io vado a passo costante. Enrico invece alterna momenti in
cui va piano ad altri in cui corre veloce. Ho ancora buone gambe,
sono un po' doloranti ma obbediscono e quando Enrico accelera, provo
a seguirlo aumentando un po' il livello di sofferenza e ci riesco.
Quando poi rallenta, lo supero. Continuiamo così, alternandoci per
qualche chilometro. Mi diverto perché sto bene … forse qualcuno
non capisce come si possa stare bene soffrendo, ma è così.
Scendendo sul fondo erboso di in un
frutteto, lo vedo un po' rigido e lo supero. Lungo la successiva
salita forzo leggermente il passo, mi volto e non lo vedo più. Mi sento un
drago. L'orsetto di peluche questa volta ha staccato, con le sue
zampette pelose, uno alla volta, tutti i componenti della squadra.
Scena quinta. Astronave “Nostromo”
in rotta veloce verso il traguardo con a bordo i 5 obiettivi.
Lasciata la strada si entra nel bosco. Il terreno è morbido e
correrci sopra è una goduria. Non c'è sottobosco e si corre in
piena libertà, su fondo naturale, slalomando fra alberi e rocce.
Starei proprio bene, non fosse per una strana sensazione di alieni
sottopelle che tentano di uscire. I polpacci si stanno per ribellare
e cominciano a tremolare scossi da piccole contrazioni estemporanee.
Mancano meno di 10 km e nel punto in cui il sentiero esce dal bosco
per ritornare sulla strada, arriva il primo crampo duro. Mi devo
fermare per scioglierlo. La battaglia con l'alieno dura una ventina
di secondi e riesco a domarlo. Riparto con grande cautela. Dietro non
arriva nessuno. Progressivamente riesco ad accelerare anche se sento
una nidiata di xenomorfi che mi cresce nei polpacci. Si sale di
nuovo e riesco anche a raggiungere un ragazzo più in crisi di me. Mi
accorgo che la maglia da bici è bagnata di sudore e che la borraccia
con i sali è ancora piena. Non è la prima volta che faccio questi
errori. È un po' tardi per rimediare ma ci provo. Sfilo la maglia e,
a piccoli sorsi, comincio a svuotare la borraccia. Piccole
contrazioni si alternano su entrambi i polpacci. Devo correre come un
tapascione per non usarli e non svegliare i bebè xenomorfi che
stanno sonnecchiando là dentro. Cerco di atterrare col tallone ma
non mi viene naturale e le forzature stimolano ulteriori contrazioni.
In discesa, basta un piccolo inciampo del piede destro, per
svegliare, nel polpaccio sinistro prima ancora di toccare il suolo,
il secondo crampo duro. Mi devo fermare di nuovo per scioglierlo e
ripartire con ancora maggior prudenza. Ecco l'ultimo ristoro. Chiedo
sali. Mancano 5 km quasi tutti in discesa. Prima guardavo solo in
avanti, ora mi guardo sempre indietro ma non si vede ancora nessuno.
Altra contrazione del 4 grado richter. Mi fermo e questa volta si
scioglie subito. Mi volto ancora. Immagino Enrico e Stefano che
sopraggiungono a tutta. In una situazione molto simile, al trail dei
cervi, Stefano mi aveva soffiato il secondo posto assoluto
superandomi nell'ultima discesa come un falco. E Diego? E Teo? Se
sarò costretto a rallentare ancora, perfino Teo potrebbe superarmi e
dal trionfo passerei alla gogna di mascotte a vita. Come un bambino
stanco dal viaggio chiedo in continuazione: “Babbo, quanto manca?
Fra quanto arriviamo?” Ad ogni persona che incontro faccio la
stessa domanda. 5000 2000 1000 … mi volto sempre più spesso.
L'ultimo chilometro inizia con un passaggio in bilico su un argine.
Il passaggio è stretto e irregolare e arriva un altro morso. Gli
alieni si stanno espandendo: dal polpaccio sono arrivati alla coscia
e me la stringono fra i denti. Non so come liberarmi, provo a
continuare camminando ma mi devo fermare. Riesco ad indovinare la
posizione giusta e mollano la presa. Si torna su strada e torno a
correre. Mancano 100 metri, ormai è fatta! Ecco l'arrivo. Sono
41esimo su quasi 500 partenti, terzo su quasi 100 di categoria, primo
della rappresentativa sarda, 5 ore e 9 minuti. Mi riempiono un bel
boccale di birra e Matteo e il padre mi accolgono festosamente. Ci
sarebbe da essere raggianti ma l'ultima penosa ora ha lasciato il
segno. Mi è mancato, nel finale, l'obiettivo 5, il più importante e
mi ci vuole un po' a realizzare quanto mi fossi divertito prima.
Enrico arriva 2 minuti dopo di me e Teo
e Stefano arrivano insieme a 5 minuti. Diego arriverà un po' più
tardi attardato da un'infiammazione. Poi K, Maria Vittoria e Martina.
L'ego intanto comincia a gonfiarsi e si gonfierà così tanto che
continuerà a sfiatare per buona parte della notte.
Anche oggi, dopo 5 giorni, ogni tanto,
mentre sto qui a scrivere, uno sbuffetto d'ego mi fuoriesce dal
colon.
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