2012 4h43
2013 5h09
2014 5h17
2016 5h44
Il percorso sembra sempre uguale ma si
sta allungando, sempre di più, è evidente. Una dilatazione del
tempo di circa 15 minuti l'anno che, di pari passo con il
riscaldamento globale, sta cambiando per sempre questo pianeta.
La poco gloriosa gara del giorno prima
mi ha lasciato le gambe indolenzite. Per non svegliarle, decido di
calzare le scarpe-cuscino “hoka” ma non le trovo. Chi mi ha
rubato le scarpe? Quelli che ieri bevevano acqua sono molto sospetti
ma il colpevole sono io che le ho scordate ieri sull'auto di Nello,
ormai tornato a Capoterra. Ho le adidas, abbastanza confortevoli ma
che non ho mai usato per corse lunghe. Mentre mi preparo, le hoka
tornano a Macomer grazie a Benedetto e Gavino ma ormai ho calzato le
altre e non ho voglia di cambiarle. Le lascio al ristoro del 30esimo
per emergenza. Parto con Vincenzo, dietro alla prima donna, mentre il
trio di testa si allontana e il podio è fatto. Ci raggiunge Walter,
l'unico insieme a me ad aver corso tutti i 90 km di Baunei. Che ci
facciamo qua?
Ad ogni passo sento dolere le cosce; sono tantissimi
passi e altrettanti colpi. Mi costringono a rallentare per soffrire
di meno Intorno al ventesimo mi raggiungono e superano Flavio e Bruno
con Luca e Emanuele. Non riesco a seguirli, fa troppo male Non si
sono accorti che il pianeta si è dilatato? Lo so solo io? Non riesco
a seguirli, fa troppo male. Devo continuare con la mia stupida
corsetta solitaria. Che senso ha proseguire? Salita, discesa pianura,
non cambia niente. Ho una sola prospettiva: finire il primo giro,
cambiare le scarpe e vedere se la situazione migliora. Altrimenti
ritirarmi, se ne sono ancora capace. Da quando ho terminato la TdH
temo di avere perso la capacità di ritirarmi. Il dolore
“insopportabile” è diventato un possibile compagno di viaggio,
sgradito certo, ma quando il treno è in corsa e non puoi cambiare
scompartimento te lo devi tenere. Intanto mi raggiungono anche Mario
e un altro che non conosco e anche loro mi staccano. Finalmente
finisce il primo giro. Cambio scarpe. Indosso le hoka ed è come
mettere uno strato di gommapiuma sul martello che mi colpisce le
cosce ad ogni passo. È quasi piacevole soffrire di meno. Credo che
riuscirò ad arrivare ma sarà molto lunga!
Einstein scoprì che, a grandi
velocità, lo spazio si dilata. Io ho scoperto che lo stesso fenomeno
si ripete identico a grandi lentezze. Le strisce tagliafuoco si
infilano nei ghirigori dello spazio-tempo e ne escono allungate a
dismisura. L'ultima curva prima del prossimo ristoro non è mai
l'ultima e i ristori compaiono all'improvviso quando ormai si è
persa ogni speranza.
La percezione della realtà è
deformata, e in questi spazi dilatati, mi sento formica che fa tanti
passetti quasi senza avanzare.
Al ristoro del 40esimo chiedo se
abbiano una birra fresca . Non ce l'hanno ma ormai è chiaro che,
anche questa volta, la mia gara si è trasformata in un giro dei bar.
Il riscaldamento globale si manifesta
sotto forma di “caldo” proprio qui sulle tagliafuoco intorno al
monte sant'Antonio provocando fenomeni fisiologici catastrofici come
“sudore”. Ogni tanto alzo lo sguardo e mi appare un panorama
infinito o un bel bosco o ancora un nuraghe che non avevo mai notato.
Sono sprazzi di sollievo. All'improvviso ecco uno dei carinissimi
figli di Leonarda. “Cosa vuoi da bere?” “Chiedi se hanno una
birra fresca” e il ragazzino corre molto più veloce di me a
portare l'ordine. È il ristoro del 55esimo, l'ultimo prima
dell'arrivo; una gentile signora mi porge la birra e un uomo con
indosso maschera e boccaglio mi offre da mangiare. “Ma dov'è
Antioco?” gli chiedo. La signora aggiunge “se finisci tutta la
birra ti regalo una banana” La guardo bene … “cazzo, non ti
avevo riconosciuto!” Spazi dilatati, deformazioni, riscaldamenti
globali, donne uomo, questo pianeta è sempre meno ospitale ma mi
viene da ridere. Non ho mai fumato una canna così stupefacente.
Non mi resta che arrivare, non vedo
l'ora. All'arrivo mi aspettano festeggiamenti da eroe, birre senza
fine e quella sensazione di ebrezza da fatica che fa alzare gli
angoli della bocca in un sorriso permanente. L'anno prossimo il
percorso sarà ancora più lungo, lo so, e soffrirò ancora di più
ma non potrò perdermi tutto questo.
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