“Da domani faccio il koala: non fanno
un cazzo e vivono cent'anni”. Vale la pena provarci.
I koala non fanno altro che masticare e sonnecchiare, se non nel
periodo della riproduzione. Secondo Gigi, essendomi già riprodotto a
sufficienza, potrei stare anche più tranquillo e fare una vita da
vecchio koala in pensione dall'attività riproduttiva.
La metamorfosi è stata immediata. Dopo
l'arrivo ho passato quasi 6 ore sonnecchiando in prossimità del
traguardo saldamente incuneato sul mio eucalipto ad aspettare Paolo
mangiando germogli di malloreddus e foglioline di vino e guardando
giù .
Ho visto Matteo detto Stefano e
Cristina detta Stefano, stanchissimi ma sempre sorridenti nonostante
tutto il lavoro e le imprecazioni che i maledetti organizzatori di
una gara così massacrante si prendono sempre ingiustamente.
Ho visto quelli già arrivati: tutto il
podio maschile con i fortissimi Marco Pajusco e Nicola Bassi e gli
amici Stefano ed Enrico che, più koala di me, si addormentava in
qualsiasi posto, perfino sul tavolo della giuria.
Poi, via via, vedevo quelli che
arrivavano; Ivan, che rivendicava il titolo di “primo dei veri
sardi” Gianni che mostrava fiero i suoi piedi a tutti: “guarda
che belli, neanche una vescica, neanche un'unghia nera”,
Massiccione che, non ricordando i nomi, chiamava tutti “massiccio”
o, quelli con cui era in confidenza, “Stefano”. Martina,
ammutolita dalla fatica con lo sguardo rivolto in dentro, a cercare
dentro di sé risposte alla grande domanda “ma chi me l'ha fatto
fare?”; i volontari dei vari ristori che via via rientravano dopo
il passaggio di Paolo, allegri e festosi quasi come se avessero
bevuto un po' di birra.
E poi ho visto arrivare Paolo al limite
del tempo limite e dell'umana resistenza, che si è gustato come
pochi il traguardo e i festeggiamenti riservati all'ultimo.
Il giorno dopo, ho partecipato alla
gita in barca alle stupende cale del golfo di Orosei. Giusto un paio
di tuffi per rinfrescare il pelo e due passi sul granitino fine fine
delle cale per svegliare le vesciche plantari dal torpore, poi,
sonnecchiando sul mio asciugalipto, ho visto l'altro lato della
magnifica Cala luna, quello fresco e riposante. Ho visto tantissimi
amici che il giorno prima erano andati via prima del mio arrivo, oggi
tutti un po' koala: Tore, Giuseppe, Vincenzo e Agnese che per fare
l'ultima foto stava perdendo la barca del rientro.
Ritornato sul mio albero di Capoterra
ho passato dieci giorni sonnecchiando e mangiando germogli di maiale
e foglioline di cannonau. Nessuna corsa notturna, nessuna discesa a
rotta di collo su sentiero, solo corsette da pensionato e qualche ora
di uscita sonnecchiante sul mio bicicalipto.
Il koala però ora comincia a soffrire
d'insonnia; masticare non basta a far smettere di girare i cento pensieri rotondi della vita. Le zampe scalpitano e i cent'anni del koala, per
fortuna, sono già finiti. È già ora di scendere dall'albero. Domani
e dopodomani sarò a Macomer per la sardinia ultramarathon a correre
come una gazzella, mangiare come un maiale e a riempire di vita la
mia esistenza.
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