Piazzale della chiesa di Santa Maria
Navarrese, di notte; colonna sonora degli AC/DC. Alle 6 in punto
un'orda di una cinquantina di zombie con zainetto sulle spalle e
lampada in fronte parte all'inseguimento di qualcuno o qualcosa. Sto
ancora sognando? Non svegliatemi; questa gara la voglio fare in
anestesia totale, per soffrire di meno. Il gruppo si allunga subito
sulla leggera salita che porta alla parte alta di Santa Maria
Navarrese. Una decina di atleti si avvantaggia e quando arrivo al
sentiero non li vedo già più; solo di tanto in tanto ne vedrò
ancora la traccia spettrale che si allontana sotto forma di striscia
di luce nel buio della notte; in quel punto luminoso c'è la gara con
Pajusco e Bassi che tirano e gli amici Enrico e Stefano che
proveranno a resistere; io oggi sono già lontano e dovrò cercare
altre motivazioni per faticare e soffrire verso il traguardo. Oggi mi
farò il giro dei bar
Pedra longa e la striscia di luce. Foto di Fabio Moro |
Il sentiero che da Santa Maria porta a
pedra longa è pulitissimo. Me lo avevano anticipato su FB: “la
prima parte è pulitissima, così l'impatto col calcare sarà meno
brusco” “un po' come darsi martellate sui coglioni cominciando
piano piano” avevo risposto. Ma è davvero bello, martellarsi
dolcemente correndo su quei saliscendi con la guglia di pedra longa
che prende forme sempre meglio definite con le prime luci dell'alba.
Sto correndo dietro a Giuseppe Taras e K.. “Non mi piace stare in
fila. Preferisco avere spazio davanti. Voglio la libertà del vento
in faccia, dello spazio libero, del passo libero, della visuale
libera per vedere i panorami ed evitare gli ostacoli sul sentiero”
con questi pensieri in testa inciampo e cado lungo in terra
sporcandomi di terra e di uno schizzetto di sangue.
Poco dopo pedra longa inizia la salita
vera. Spengo la frontale sperando, invano, di non doverla riaccendere
quando scenderà la sera: mi aspetta invece una lunghissima giornata!
K e Giuseppe, avanti a me hanno raggiunto altri due atleti e uno ci
ha raggiunti da dietro. Mi trovo a disagio dietro al gruppetto.
Potrei superarli ma il cuore traballa e mi consiglia di non farlo.
Allora con la scusa di mettere la lampada nello zainetto, mi lascio
sfilare riguadagnando spazio libero davanti e vento in faccia.
Intanto si continua a salire e la visuale aumenta al quadrato col
prodotto della luce per l'altezza. Di fronte a noi si staglia, sempre
più maestosa, una parete verticale di 4 -500 metri. Quasi per caso,
mi rendo conto che sto correndo su una cengia e anche sotto di me ci
sono centinaia di metri di vuoto: che meraviglia!
Sulla cengia Giradili - foto di Fabio Moro |
All'undicesimo chilometro, primo
ristoro, prima festa; c'è anche la birra fresca! Mi trattengo; sono
le 7:30 del mattino, è ancora presto, al bar dell'ovile è ora di
colazione.
Ormai siamo sull'altopiano del
supramonte. Il tracciato prosegue su una carrozzabile prima in dolce
salita e poi in discesa. Una freccia ci fa tornare su sentiero che
ora scende veloce fino ad innestarsi su un altro sentiero. Questo lo
riconosco: è quello che risale da cala goloritzé. Mi volto per
cercare lo spettacolo della guglia e mi sembra di intravederla fra
gli alberi ma il tracciato risale fra rocce e lecci maestosi e
primitivi ricoveri per animali. Mi rendo conto di avere una piccola
vescica sotto la pianta del piede destro. Cazzo è troppo presto per
iniziare a soffrire! Mancano ancora più di 70 chilometri. Maledico
le calze nuove e stringo la scarpa per ridurre il movimento del piede
e il dolore.
Al ventunesimo chilometro ecco il
secondo bar. Ora sono quasi le 9 e una birretta ci sta.
Seguendo un'indicazione turistica, con
una brevissima deviazione dal percorso di gara mi affaccio su una
voragine dantesca: su sterru. Impressionante. Sembra il culo del
mondo!
Saltellando su pietroni per recuperare
la strada, ecco la seconda caduta della mia via crucis. Mi rialzo con
finta disinvoltura e inseguo il gruppetto che mi aveva superato
approfittando della mia deviazione.
Altra freccia. Lasciamo la comoda
carrabile che porterebbe direttamente a cala Sisine per un sentiero
pietroso molto tecnico. Iniziano le vere martellate. Presto capisco
il motivo della deviazione. Sento le urla di entusiasmo di Giuseppe
poco avanti a me. Stiamo arrivando sul bordo del supramonte, su un
terrazzo che si affaccia a picco verso il mare. Cerco il posto
migliore per fare una pisciata panoramica, 200 metri di getto: la
pisciata del niagara! Queste sono soddisfazioni! Mezz'ora dopo
Gianni appoggerà il suo zainetto proprio lì e, sono sicuro, farà
una pisciata (o almeno mezza) anche lui.
Scendendo per una pietraia,
si ritorna sulla carrozzabile lasciata in precedenza che segue la
larga e lunghissima codula di sisine, correndo sinuosamente fra
pareti verticali piene di buchi e di alberi in posizioni impossibili,
fino a raggiungere il mare. Si corre bene, anche se la vescica del
piede destro ha ora una sorellina sotto il sinistro e la spallina
sinistra dello zaino ad ogni passo picchia dolorosamente contro
un'abrazione alla base del collo. Poco prima delle 11 arrivo al bar
di Cala Sisine, al km 37. “Come va?” “È tutto molto bello ma
sono stanco” “Non puoi essere stanco, il duro deve ancora
cominciare”. Bevo una birra al limone, mangio una peretta
freschissima e dolce di un albero della cala, un'altra la prendo in
mano per il viaggio e riparto. Al di là della bellissima spiaggia
riprende il sentiero che risale un fitto bosco. Raggiungo Giuseppe
che è praticamente fermo, bloccato da una crisi di fame. Cerco di
incoraggiarlo raccontandogli di riprese miracolose come quella di
Enrico alla Trans d'Havet ma la salita è ancora lunga, ogni tanto
sembra finire ma poi riprende; sembra interminabile a me che sto
relativamente bene e capisco che lui non riuscirà ad arrivare.
Finalmente si scende lungo un bellissimo sentiero a tratti liscio e
veloce. Dopo un tornante, cala luna si svela magnifica come una
striscia bianca fra la laguna verde e il mare celeste. È mezzogiorno
passato, il caldo comincia a diventare opprimente e sogno di buttarmi
in mare. Dopo un ultimo tratto di discesa più pietrosa, alle 12:40
arrivo al bar della cala.
Lo zainetto di Gianni
|
Ho corso 48 km con almeno 2km di
dislivello dopo essermi svegliato alle 4 e mezza. Le motivazioni che
mi hanno portato fin qui, correndo per quasi 7 ore e che mi
porteranno a fare altrettanto per arrivare al traguardo devono essere
davvero forti e profonde … “potrei avere una birra?”
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